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sabato 13 dicembre 2014

Storia dell'Europa n.4: dal 40.000 al 15.000 p.e.v. (a.C.)

Carta con la ricostruzione dei limiti
dei ghiacci in Europa durante la
glaciazione di Würm e la
colonizzazione delle genti
 Homo di Neanderthal,
di cui sono segnalati i siti di
ritrovamento di reperti fossili.
Nel 40.000 a.C. - In Europa, mentre sono presenti gli Homo neanderthalensis,  si  diffondono  gli Homo sapiens, che si ipotizza appartenenti ad un ipotetico gruppo linguistico mediterraneo (secondo le teorie di Alain Danielou, antenati di Iberi, Pelasgi, Etruschi, Berberi, Minoici di Creta, Ciprioti, Egiziani, Ittiti, Sumeri e Dravidi) diffusi, da ovest a est, dalla Spagna alle rive del Gange, mentre alcuni tipi del gruppo sinodenecaucasico (antenati dei Baschi) sono già presenti, come i protoliguri, dello stesso ceppo linguistico basco. Si hanno inoltre le prove dei primi insediamenti dell'uomo moderno in Grecia settentrionale: Tracia, Penisola Calcidica e Tessaglia (forse da parte degli antenati dei Pelasgi).

Nel 34.000 a.C. - Inizia il periodo più recente del Paleolitico, il  Paleolitico superiore. E’ stato stabilito che in questa fase storica fosse ancora presente  l'Homo neanderthalensis, che condivideva con Homo sapiens, a cui era accomunato culturalmente, la produzione di sculture antropomorfe (che nella quasi totalità, sono semifrontali o laterali) e quindi pratiche spirituali e religiose. Nella scultura rupestre e nei menhir del Paleolitico le raffigurazioni di neanderthaliani sono frequenti (e precedenti), mentre quelle di Homo sapiens sono meno frequenti.

Tabella con le caratteristiche del Paleolitico
superiore, da 36ka fa a 12ka fa.

Ricostruzione di femmina con
bambino di Cro-Magnon.
Dal 30.000 a.C. circa - Termina la lunga convivenza tra vari tipi di ominidi. Da questo momento in poi i paleoantropologi hanno rinvenuto quasi esclusivamente reperti di Homo sapiens, unico discendente degli ominidi sopravvissuti. L'uomo di Cro-Magnon è una antica forma, ascrivibile a popolazioni umane moderne (Homo sapiens), largamente diffusa nel paleolitico superiore in Europa, Asia, Nordafrica, Nord America. È rappresentato da quattro scheletri provenienti dal riparo sottoroccia di Cro-Magnon, presso Les Eyzies-de-Tayac-Sireuil in Dordogna (in Francia) e da sette scheletri raccolti nelle Grotte dei Balzi Rossi (Liguria), definiti a suo tempo come cromagnonoidi.
Carta della Francia con l'ubicazione
di Cro-Magnon a Les Eyzies-de-
Tayac-Sireuil in Dordogna, in
rosso, a nord-est di Montferrand
du Périgord, in rosso.
I resti più antichi, scoperti dal geologo francese Louis Lartet, sono datati intorno al 30.000 a.C., anteriori quindi all'Uomo di Combe-Capelle, i cui ritrovamenti più antichi risalgono al 25.000 a.C.. Antropologicamente, le caratteristiche cromagnonoidi sono essenzialmente di tipo europoide: 
Ricostruzione dell'Uomo
di Cro-Magnon.
- alta statura (media 1,80 m per gli uomini, con punte oltre 1,90 m) con gambe lunghe e braccia corte;
- faccia larga e bassa con cranio lungo dalla fronte all'occipite (dolicocefalia e cameprosopia), spesso denotata come disarmonica;
- orbite basse e rettangolari;
- naso prominente e spesso aquilino;
- grande capacità cranica (1.650 cm3).
È stato proposto che i tipi Cro-Magnon fosse essenzialmente di Rh negativo (come i Baschi odierni), ipotesi non comprovata. La sequenza del DNA mitocondriale eseguita nel 2003 da un team italo-spagnolo diretto da David Caramelli, su due fossili di Cro-Magnon identificati come Pelosi 1 e 2, risalenti rispettivamente a 23 e 24.000 anni fa, ha identificato il DNA mitocondriale come aplogruppo N. Questo aplogruppo si ritrova nelle moderne popolazioni del Medio Oriente, Nord Africa e Asia centrale, mentre gli aplogruppi derivati si trovano anche in popolazioni eurasiatiche, polinesiane e tra i nativi americani. Secondo Bryan Sykes, professore di genetica umana presso l'università di Oxford, nel suo libro pubblicato nel 2001 "The Seven Daughters of Eve", l'uomo di Cro-Magnon si sarebbe accoppiato con sette tipi di donne successivamente, che in base al loro DNA mitocondriale vengono nominate: Ursula (aplogruppo U) trovata in Siberia, Xenia (aplogruppo X), Tara (T) e Helena (H) trovate in Europa nel paleolitico e poi Katrine (K) e Velda(V) evolutesi nel mesolito e infine Jasmine (J) venuta dal levante nel neolitico, per dare origine ai principali aplogruppi mitocondriali diffusi nelle popolazioni europee moderne. Per quanto riguarda gli aplogruppi del cromosoma Y, si hanno a disposizione meno dati visto che solo gli individui di sesso maschile ne possiedono uno e inoltre si degrada più facilmente nel tempo rispetto all'mtDNA. In Siberia, è stato rinvenuto uno scheletro di un bambino di 3-4 anni appartenente alla Cultura di Mal'ta-Buret', il cui aplogruppo Y-DNA è risultato essere l'R, antenato dei moderni R1 (da cui R1a e R1b, gli aplogruppi più diffusi in Europa) e R2. Mentre la mandibola di Oase 1 ritrovata in Romania, risulta invece appartenere all'aplogruppo F, antenato degli aplogruppi Y-DNA che rappresentano il 90% della popolazione mondiale. Analisi genetiche effettuate sugli scheletri dei cromagnoidi cacciatori-raccoglitori mesolitici della cava di Loschbour in Lussemburgo e Motala in Svezia, hanno rivelato che gli uomini di Cro-Magnon hanno contribuito anche al genoma autosomico degli odierni Europei, assieme agli agricoltori neolitici e un terzo ceppo ancestrale correlato ai Siberiani paleolitici. Si definisce autosoma un cromosoma che non contiene informazioni genetiche specifiche alla caratterizzazione sessuale dell'individuo ed è solitamente presente in duplice copia negli individui di entrambi i sessi. Attualmente, le popolazioni europee che hanno più DNA autosomico correlato ai cacciatori-raccoglitori europei (Cro-Magnon) sono gli abitanti dei Paesi Baltici.
Dalle moderne indagini genetiche sembra potersi affermare che i cromagnonoidi entrarono in Europa dall'Asia centrale verso il 30.000 a.C., portando il particolare marcatore genetico M173, derivato da M45, che pare fosse diffuso in popolazioni asiatiche del paleolitico da cui sarebbero derivate anche alcune popolazioni siberiane e amerinde (marcatore M242 e discendenti).
Tabella con l'arte nel Paleolitico.
I Cro-Magnon avevano una dieta di carne, grano, carote, cipolle, rape ed altri alimenti; nel complesso, una dieta molto bilanciata. Tra gli artefatti Cro-Magnon giunti fino a noi vi sono capanne, pitture murali, incisioni e sembra inoltre che fossero in grado di intrecciare vesti. Le capanne erano costruite in roccia, argilla, ossa, rami e pelo di animali.
Grotta delle mani, in Patagonia
(nel sud dell'Argentina), 10.000 a.C.,
immagini create a spruzzi di colore
con la tecnica del negativo.
Utilizzavano manganese e ossido di ferro per le loro pitture rupestri e potrebbero aver creato, circa 15.000 anni fa, il primo calendario. I Cro-Magnon devono essere entrati in contatto con gli uomini di Neanderthal e sono spesso indicati come la causa dell'estinzione di questi ultimi; in realtà, sembra che umani moderni dal punto di vista morfologico, abbiano convissuto con i Neanderthal per circa 60.000 anni nel Levante (ampia area del Sudovest asiatico a sud delle Montagne del Tauro, delimitata ad ovest dal Mar Mediterraneo, a sud dal deserto Rub' al-Khali e ad est dalla Mesopotamia, che non include l'Anatolia, le montagne del Caucaso e la Penisola Arabica) e per più di 10.000 anni in Francia. Nella località di Oberkassel, presso Bonn in Germania, sono stati ritrovati nel 1914 due scheletri in una doppia sepoltura, datati al 10.000/15.000 a.C. e riferibili al Maddaleniano, uno maschile e uno femminile con caratteristiche piuttosto diverse tra loro. Il cranio maschile è molto capace (1.600 cc), leggermente dolicocefalo e con faccia fortemente cameprosopa e orbite molto basse, in qualche modo accentuando le caratteristiche cromagnoidi, mentre il cranio della donna è più alto e più stretto, evidentemente non cromagnoide e ricorda invece il tipo di Brünn (Brno in Moravia). La statura è di 166 cm nell'uomo e 147 cm nella donna. Fossili di uomini di Cro-Magnon sono stati ritrovati anche a Monaco, nel Bayern, in Germania.
Europa 18.000 anni fa, nella massima
estensione dei ghiacci, durante
l'ultima glaciazione, di Würm.
Il massimo della diffusione si ha intorno al 20.000 a.C.
Tra le varianti di Cro-Magnon si possono menzionare:
- le popolazioni di Mechta-Afalou (Berberi), in Nord-Africa
- la popolazione maglemosiana (proto-nordici della varietà dalo-falica) in Scandinavia,
- le popolazioni neolitiche delle culture del Dneper-Donets e di Sredny-Stog (forse i proto-Indoeuropei) nella Russia meridionale,
- i Guanci delle isole Canarie, ormai estinti, probabilmente discendenti dei Berberi,
- i nativi americani Dakota in Nordamerica.
Poiché la depigmentazione compare (o compariva) con una certa frequenza in tutte le popolazioni menzionate eccetto, per quanto è noto, i Dakota, è stato anche suggerito che questa fosse una caratteristica piuttosto diffusa tra i Cro-Magnon. Invece non è chiaro come i Cro-Magnon abbiano contribuito alla genetica delle popolazioni odierne in Asia, ma è stato rilevato che in Asia i portatori delle culture siberiane Afanasevo e Tagar erano essenzialmente cromagnonoidi.

I Balzi Rossi, con a destra la grotta
del Caviglione.
- Ai Balzi Rossi, solo l'Homo sapiens ha usato le grotte come sepolcri, lasciandovi le testimonianze più interessanti. Le Grotte dei Balzi Rossi sono situate in prossimità del confine Italo-Francese in Liguria, nel comune di Grimaldi, a pochi chilometri da Ventimiglia, e si aprono ai piedi di una barriera rocciosa composta da calcare Jurassico-Dolomitico la cui altezza è di circa 100 metri. Il nome del luogo deriva dal colore delle rocce, che nel dialetto locale vengono indicate come "Baussi Russi" (Pietre Rosse). Il sito consiste di 7 grotte chiamate: Grotta del Costantini, Grotta dei Fanciulli, Grotta del Florestano, Grotta del Caviglione, Barma Grande (Barma vuol dire grotta), Barma du Bausu da Ture (che nel dialetto vuol dire Grotta della rocca della torre) e Grotta del Principe. Solo le grotte del Caviglione e Florestano possono essere visitate ma i due piccoli musei offrono ampie e dettagliate spiegazioni sul contenuto delle grotte e vi si trovano anche numerosi scheletri o calchi dei medesimi, foto e oggetti rinvenuti durante gli scavi archeologici. 
Graffito di equide nella grotta
del Caviglione - Balzi Rossi.
Le grotte sono state frequentate dall'uomo dal Paleolitico Inferiore, tracce di queste antiche presenze sono molto limitate a causa delle frequenti variazioni del livello dei mari, verificatesi nel corso delle fluttuazioni climatiche del Pleistocene. Le ossa più antiche ritrovate appartenevano ad una femmina di Homo Erectus (età assoluta oltre i 230.000 anni) vissuta durante la Glaciazione Riss. Come le acque si ritirarono, 70.000 anni fa, all'inizio della glaciazione di Würm, l'uomo riprese a frequentare le caverne, lasciandovi tracce di focolari e iscrizioni rupestri. Nell'iscrizione rupestre qui a destra è ancora possibile scorgere il profilo di un cavallo, probabili testimonianze dell'Homo neanderthalensis, mentre l'Homo Sapiens  ha utilizzato le grotte come sepolcri, lasciandovi le testimonianze più interessanti.
Donna di
Mentone.
Durante gli scavi, gli archeologi scoprirono infatti molte sepolture paleolitiche ed il cosiddetto "Uomo di Mentone", assimilabile all' Uomo di Cro-Magnon, che in effetti si è poi capito che fosse una donna. L'uomo di Cro-Magnon è una antica forma, ascrivibile a popolazioni umane moderne (Homo sapiens), largamente diffusa nel paleolitico superiore in Europa, Asia, Nordafrica, Nord America. È rappresentato da quattro scheletri provenienti dal riparo sottoroccia di Cro-Magnon, presso Les Eyzies-de-Tayac-Sireuil in Dordogna (in Francia) e da sette scheletri raccolti nelle Grotte dei Balzi Rossi (Liguria), definiti a suo tempo come cromagnonoidi. Le caratteristiche cromagnonoidi sono essenzialmente di tipo europoide: alta statura (media 1,80 m. per gli uomini, con punte oltre 1,90 m.) con gambe lunghe e braccia corte; faccia larga e bassa con cranio lungo dalla fronte all'occipite (dolicocefalia e cameprosopia), spesso denotata come disarmonica; orbite basse e rettangolari; naso prominente e spesso aquilino; grande capacità cranica (1.650 cm3).
Ricostruzione del
copricapo in conchiglie,
da https://loveculturelan
guage.blogspot.com/201
8/11/grotte-balzi
-rossi.html
È stato proposto che l'uomo di Cro-Magnon avesse essenzialmente il sangue di Rh negativo, come i Baschi odierni. Tornando alla "donna di Mentone", la sua sepoltura conteneva un singolo scheletro, appoggiato sul lato sinistro con le mani vicino al volto e le gambe leggermente piegate. 
Ossa e terreno attorno allo scheletro mostravano un intenso colore rosso, causato dalla polvere di ocra con cui la sepoltura venne cosparsa. Il teschio era adornato con conchiglie marine e canini di cervo forati, una volta fissati tra loro in una sorta di copricapo. Il radio scomposto, una frattura ridotta, mostra che la donna era riuscita a superare un trauma osseo. La donna sepolta appartiene all'Uomo di Cro-Magnon, uno dei tipi umani vissuto durante il Paleolitico Superiore, i cui tratti distintivi erano un viso corto con orbite rettangolari, la grande robustezza dello scheletro e l'alta statura. La qualità delle sepolture rinvenute sembra mettere in luce l'importanza sociale dei quegli individui ed è sorprendente l'altezza di quegli individui: gli scheletri degli adulti misurano mediamente circa 180/190 centimetri, i più alti nella popolazione paleolitica europea
Duplice sepoltura.
Due scheletri di bambini la cui età si aggirava sui 2 e 3 anni, sono stati  scoperti nella Grotta dei Fanciulli, deposti uno a fianco dell'altro. Al livello dell'anca e del femore c'erano molte conchiglie marine forate (Nassa Neritea), che sembra facessero parte di un ornamento funerario.
Triplice Sepoltura con scheletri
di tipo Cro-Magnon dalla Barma
Grande, Grotte dei Balzi Rossi.
Museo Preistorico Balzi Rossi,
Ventimiglia. Crediti: DeAgostini
Picture Library/Scala, Firenze.
La sepoltura più interessante è senz'altro la Tripla Sepoltura. I tre individui sono stati sepolti nella stessa buca, uno al fianco dell'altro, cosparsi di ocra rossa e accompagnati da un ricco addobbo funebre. Due di loro erano individui giovani mentre il terzo era molto più vecchio. Le stesse peculiarità anatomiche riscontrate sul lato destro dell'osso frontale dei teschi, suggeriscono una relazione genetica tra i tre individui. Il più vecchio era alto circa 190 centimetri e possedeva una struttura scheletrica di ragguardevole robustezza.
Corredo funebre della
triplice sepoltura, nella
Barma Grande, da https

Gli ornamenti funerari consistevano di grosse lame di pietra, collane, elementi decorativi composti da spine dorsali di pesci, denti canini di cervo, pendenti di avorio decorato con linee incavate e conchiglie forate (Nassa Neritea).
Tra le varie scoperte, l'ultima, la più eccitante, è stato il ritrovamento dei cosiddetti Negroidi di Grimaldi. La tomba conteneva gli scheletri di un adolescente e di una donna adulta con tratti somatici differenti da quelli degli individui contenuti nelle altre sepolture. Il capo dell'adolescente era ornato da un copricapo fatto di conchiglie marine (Nassa Neritea), mentre la donna aveva le stesse conchiglie vicino al polso e gomito sinistro, forse usate come braccialetto.
Doppia sepoltura dei
negroidi, da https://
loveculturelanguage.
blogspot.com/2018/
11/grotte-balzi-
rossi.html
La sepoltura dei due individui avvenne sicuramente in momenti successivi e gli scarsi riguardi avuti nel seppellire la donna suggeriscono un modello funerario atto a dare importanza alla figura maschile, proprio come si è rinvenuto nelle altre sepolture scoperte nell'area dei Balzi Rossi. Tutte le sepolture possono essere datate al periodo chiamato Gravettiano o Epigravettiano, un intervallo temporale tra 29.000 e 19.000 anni fa.
Veneri dei Balzi Rossi, rappresentazioni
del culto della Dea Madre.
Molteplici sono le Veneri ritrovate ai Balzi Rossi, piccole statue femminili prodotte durante l'era del Paleolitico Superiore, distinguibili grazie ad una particolare industria litica Gravettiana (tra 29.000 e 21.000 anni fa). Ricavate da ossi, pietre o in avorio, sono statuette la cui altezza è mediamente di circa di 10 centimetri.
Profili e forma presentano un'esagerato volume di seni, ventre e fianchi, mentre le altre parti del corpo e le gambe sono sottodimensionate, un'accentuazione degli attributi fisici femminili abbinati alla procreazione, caratteristici del culto della Dea Madre.
Veneri ritrovate ai Balzi Rossi.
Alcune di queste statuette mostrano rilevanti riserve di adipe nei glutei,  simili alle donne Ottentotte, per cui gli scheletri dei Negroidi e queste raffigurazioni femminili fanno pensare che gli stanziamenti più recenti siano stati di genti africane.
Venere di Willendorf.
Un'altra Venere di 34.000/24.000 anni fa, è la famosa Venere di Willendorf, tra le più antiche espressioni artistiche della scultura.



Carta dell'Europa nel Paleolitico con i siti di ritrovamenti di Veneri, effigi
della dea Madre, fra cui i Balzi Rossi. Clicca sull'immagine per ingrandirla.

Osso di Les Eyzies-de-Tayac
-Sireuil, sito in cui era
presente il tipo
Cro-Magnon.
- L'interesse per il cielo, unico stabile riferimento, dovette essere enorme per gli antichi. Noi oggi non possiamo capirlo, perché sommersi da una tecnologia e da oggetti che danno per scontato quasi tutto; ma come riusciremmo a stabilire un rapporto col fluire delle cose se non osservando lo spettacolo del cielo stellato e il sorgere e tramontare degli astri? Così facevano i nostri antenati 30.000 anni fa. Così continuarono a fare per millenni. Nel paleolitico il computo del tempo era scandito dalle fasi lunari, in particolar modo dai "pleniluni", molto importanti per la luminosità dell'astro. Questo vistoso mutamento dell'aspetto della Luna veniva già registrato intorno al 30.000 a.C. su un osso lavorato ritrovato nella regione di Les Eyzies de Tayac, nel Perigord francese. Ci sono gli ossi, poi, decorati con tacche trasversali, segni interpretati da alcuni archeologi come dei "giochi aritmetici" ma che non hanno avuto a tutt'oggi una chiara e definitiva spiegazione. Un'ipotesi assai accreditata vedrebbe questi segni non come semplici decorazioni ma come particolari "tacche per conteggi". Secondo Alexander Marshack, ricercatore associato del Peabody Museum dell'Università di Harvard, si tratterebbe delle prime testimonianze di registrazioni del mutamento dell'aspetto della Luna. Questa ipotesi pone in evidenza un probabile conteggio dei giorni che compongono le lunazioni (mese sinodico). Questo, probabilmente, perché tale periodo si prestava abbastanza bene a scandire le uscite per la caccia o per altre attività confortate dalla luce della luna piena. In età antica, pare che fosse in uso incidere su osso le prime osservazioni astronomiche.
Osso di
Abri Lartet.
Si conservano ancora: un osso inciso da tacche trasversali proveniente da Kulna, in Cecoslovacchia; un osso inciso da piccole tacche trasversali disposte su una linea continua a forma di "U", proveniente da Gontzi, in Ucraina; il già menzionato osso istoriato da incisioni di forma circolare proveniente da Abri Blanchard, regione di Les Eyzies de Tayac, sita nel Perigord francese. Ma quello che ci pare di maggiore interesse è un osso istoriato di tacche trasversali e da incisioni di forma circolare proviene da Abri Lartet, ancora regione di Les Eyzies de Tayac. Questo oggetto, appartenente al Periodo Aurignaziano (30.000 a.C.), presenta serie di incisioni di 29 e 30 segni abbinate a cinque gruppi di tacche. I segni circolari sembrerebbero, anche in questo caso, avere la forma delle varie fasi lunari, riprodotte con la medesima sequenza con cui appaiono nella realtà. Secondo A. Marshack il conteggio delle lunazioni su questo oggetto venne fatto più volte e rappresenterebbe i giorni contenuti in un mese sinodico. Insomma, l'interesse dell'uomo per il cielo è più antico di quanto si possa credere. Si creò così una casta di specialisti, scienziati-sacerdoti, che ebbe il compito di tramandare agli altri le enormi conoscenze acquisite. E da qui, poi, la cosa passò nelle mani dei poeti, degli scrittori, dei filosofi (che furono essenzialmente degli scienziati, privi di un metodo, ma che per primi si posero delle domande sul perché dei fenomeni).

Ricostruzione di
banda di cacciatori-
raccoglitori paleolitici
nel Finalese. Clicca
sull'immagine
per ingrandirla.
Dal 26.000 a.C. - Nella grotta delle Arene Candide si effettuano sepolture, e tale pratica si protrarrà fino al VII secolo. La Caverna delle Arene Candide è un importante sito archeologico in grotta situato nel comune di Finale Ligure in provincia di Savona. Le Arene Candide erano una duna di sabbia quarzosa, bianca (candida) che i venti dell'ultima glaciazione, che soffiavano con potenza doppia di quella attuale, avevano addossato al versante occidentale del promontorio della Caprazzoppa. Ritratta in alcune fotografie dei primi anni venti del Novecento, la duna è stata completamente rimossa dall'industria degli abrasivi. La cava di sabbia di quarzo ha successivamente lasciato il posto ad una grande cava di calcare che ha determinato l'attuale (degradata) situazione paesaggistica. L'ampia caverna, localmente nota un tempo come "Armassa", (“Arma” in ligure antico, lo conferma la toponomastica locale, significa grotta, riparo) che si apriva presso uno dei vertici della duna, è entrata nella letteratura archeologica come Caverna delle Arene Candide dopo gli scavi che Arturo Issel, fondatore dell'Istituto di geologia dell'Università di Genova, vi condusse fra il 1864 e il 1876 per provvedere reperti al nascente Museo Nazionale Etnografico e Preistorico (ora Museo Nazionale Preistorico Etnografico Luigi Pigorini) di Roma - EUR. La caverna è ora ubicata sul margine superiore del ciglio ovest della ex- cava Ghigliazza, circa 90 metri sul livello del mare, verso il quale presenta tre grandi aperture che la rendono, oggi come nel passato, relativamente illuminata ed asciutta. Attualmente si accede alla caverna dall'alto, con un percorso via Borgio che implica circa 30 minuti a piedi. La celebrità internazionale deriva dai fortunatissimi scavi che Luigi Bernabò Brea (primo Soprintendente Archeologo della Liguria) e Luigi Cardini (membro dell'Istituto Italiano di Paleontologia Umana) condussero negli anni 1940-42 e 1948-50 nella porzione sud orientale della caverna. Come noto quegli scavi conseguirono quella che ancora oggi è la più articolata stratigrafia del bacino del Mediterraneo (dal Paleolitico superiore gravettiano fino all'epoca bizantina, dal 26.000 a.C. al VII secolo d.C), in un contesto ambientale di giacitura estremamente favorevole alla buona conservazione dei reperti, soprattutto delle ossa e del materiale combusto. I resti delle ben 19 sepolture paleolitiche rinvenutevi, oltre a costituire uno dei più consistenti complessi funerari paleolitici del mondo, sono senz'altro quelli di gran lunga meglio conservati, con tutte le implicazioni sulla qualità delle informazioni scientifiche che gli antropologi possono attingere. Si segnala in particolare la ricchezza del corredo funebre di un adolescente che lo farà definire il giovane principe. Si tratta di quindicenne rinvenuto su uno strato di ocra rossa a sette metri dalla superficie, rivolto a sud, con un copricapo di nasse dorate, monili di conchiglie, ossa, corna di cervo lavorate e una lunga selce in mano. La ferita mortale al mento risultava ricomposta con ocra gialla prima della sepoltura. Numerosi materiali ceramici, strumenti in pietra scheggiata, osso, conchiglia e altre materie prime impiegati dalle popolazioni del Paleolitico e del Neolitico che abitarono nella Caverna delle Arene Candide sono esposti presso il Museo Archeologico del Finale (Finale Ligure Borgo - SV).

Carta della Francia con l'ubicazione
di Montferrand du Périgord, in rosso.
Dal 25.000 a.C. - Dal Paleolitico Superiore, si diffonde in Europa l'odierno Homo sapiens, di cui l'Uomo di Combe-Capelle è un tipo o varietà, con reperti che risalgono al 25.000 a.C.. Secondo la tesi comunemente accettata, proveniva dall'Asia. Il tipo di Combe-Capelle è così chiamato dal luogo in cui è stato rinvenuto un suo scheletro, nel 1909, presso Monferrand (nel Perigord francese). Inizialmente datato al 40.000 a.C., in seguito ad analisi isotopiche il reperto è stato fortemente postdatato al 7.575 a.C., togliendolo di fatto dai sapiens più antichi d'Europa. Viene a volte considerato come paleo-mediterraneo e a volte anche come paleo-australoide. Le sue caratteristiche essenziali sono:
- Cranio di contorno pentagonoide-ellissoide, con fronte piuttosto sfuggente e volume di 1400 cc.;
- Arcate sopraciliari prominenti con orbite basse, ma meno dei Cromagnon;
- Volta abbastanza alta e rotondeggiante;
- Statura media o anche bassa;
- Faccia tendente alla leptoprosopia e quindi non larga come nei Cro-Magnon;
- Prognatismo totale e naso largo (camerrinia);
Al tipo di Combe-Capelle vengono attribuiti esemplari diversi, tutti accompagnati da cultura Gravettiana: due esemplari di Brünn (Brno in Moravia, del 25.000 a.C.), due esemplari di Pavlov nella Russia europea (del 25.000 a.C.) e con anche alcune caratteristiche cromagnonoidi, lo scheletro di un giovane delle Arene Candide in Liguria (del 18.000 a.C.) e lo scheletro di un giovane nella Grotta Paglicci nel Gargano (18.000 a.C.). Gli aborigeni dell'Australia e gli Ainu dell'isola di Hokkaidō, in Giappone (che però si distinguono per il fatto di avere la fronte piuttosto diritta), ricordano particolarmente il tipo Combe-Capelle, ma si sottolinea che a oggi, questa tipologia è abbastanza diffusa in tutte le popolazioni europoidi, giacché la morfologia di Combe-Capelle può essere considerata paleomediterranea.

Nel 18.000 a.C. - Si ha la massima estensione dei ghiacci durante la glaciazione di Würm. Si ritiene che in questo periodo sia avvenuta l'invenzione dell'arco, seguita all'invenzione della lancia, avvenuta diverse migliaia di anni prima, che permetterà la pratica abituale della caccia grossa

- A Settepolesini di Bondeno (Ferrara) i ricercatori dell'Università di Ferrara hanno recuperato, a 30 m di profondità del paleoalveo del Po, numerosi resti fossili di animali che vivevano lungo il fiume.
Settepolesine di Bondeno, la
draga che aspira sabbia dal
paleoalveo del Po. Archivio
privato B. Sala.
Il sito fluviale contiene sedimenti alluvionali del Po dell’Ultimo Glaciale. Scavando la sabbia fino ad una trentina di metri di profondità per attività industriali, la ditta SEI dei signori Orpelli ha messo in luce numerosi resti fossili di animali che vivevano lungo il grande fiume padano le cui carcasse, dopo un periodo di galleggiamento e trasporto, finivano a brani sul fondo del fiume. Essendo un punto di stanca di corrente, l’area di Settepolesini è molto ricca di questi resti fossili perché presumibilmente le carcasse terminavano la loro corsa proprio lì. Grazie ad un consorzio di tre enti ferraresi, Provincia, Cassa di Risparmio e Università, è stato possibile, con il permesso dei proprietari della ditta di scavo, per alcuni anni seguire il vaglio del materiale di risulta e raccogliere i resti fossili sotto la direzione del prof. Sala. 
Megacero, ricostruzione in pelle
eseguita dall'IBC della Regione
Emilia-Romagna (archivio
privato B. Sala)
Si sono così collezionate alcune centinaia di ossa, anche intere. 
Esse sono state determinate e il loro studio ha permesso di ricostruire il popolamento a grandi mammiferi della Pianura Padana durante l’Ultimo Glaciale (Gallini & Sala, 1999; 2000; 2001; 2002; Sala, 2001; 2002; Sala & Gallini, 2002). La ricerca ha fornito inoltre la possibilità di ricostruire alcune fasi climatiche distinte, la più interessante delle quali è quella fredda, relativamente umida, che ha favorito nell’area della Pianura Padana e nell’Alto Adriatico, allora emerso, la formazione di una steppa arida a mammut (Rekovets, 2001). L’importanza di questo sito ha fornito l’occasione per la sua divulgazione con attività didattiche, mostre e la ricostruzione in grandezza naturale di cinque fra i più importanti mammiferi fossili presenti: il rinoceronte lanoso, il mammut, il bisonte, il megacero e l’alce. Le ricostruzioni sono state possibili grazie al generoso intervento della Regione Emilia Romagna (Sala, 2012; 2016; 2017).

Nel 15.000 a.C. - Alla fine della glaciazione di Würm, in cui l'estensione massima dei ghiacci risale a circa 18.000 anni fa, in concomitanza al ritiro dei ghiacci avviene la seconda colonizzazione dell'Europa  continentale da parte di popolazioni di ritorno dalle zone di rifugio nel sud europeo.

Menhir di Carnac.
- Alcuni menhir (come a Carnac in Bretagna, Francia) sono enormi. Mentre i menhir e i dolmen, nell’Europa occidentale, sono generalmente datati dal III° al II° millennio a.C. e sono perlopiù grandi pietre sbozzate e allungate con forme armoniose o accatastate nel caso del dolmen, altri megaliti sono antropomorfi o zoomorfi. In tutti e tre i casi è arte applicata al monumento a fini di culto, ma i menhir antropomorfi  sono molto più antichi rispetto agli altri e alcuni sono paleolitici, cioè hanno oltre 12.000 anni; questa è l’opinione degli archeologi che ricercano l'arte megalitica antropomorfica. I menhir antropomorfi e la sculture rupestri antropomorfe, rappresentano soggetti di culto a cui si ispiravano gli stessi che li producevano. Nelle zone in cui c’erano delle rupi, si scolpivano le rupi e dove non ce n’erano, si faticava di più, dovendo estrarre ed innalzare  i massi dal terreno oppure trasportarli nei luoghi di culto da lontano, ma con lo stesso risultato, applicando comunque una tecnica di costruzione, sbozzatura e logistica pesante, oltre alla determinazione di precisi equilibri. Al Paleolitico superiore sono attribuiti molti grandi menhir antropomorfi di Carnac. Nel Paleolitico superiore in Europa troviamo civiltà molto diverse da zona a zona, ma le due più importanti sono quella degli scultori della pietra con soggetti di culto antropomorfi (con forma umana) che non conoscevano la pittura, e quella dei pittori con soggetti zoomorfi (a forma di animali), che dipingevano nelle grotte (Francia, Spagna, ecc.) e che non scolpivano la pietra. Per interpretare il significato della scultura antropomorfa paleolitica è necessario fare parallelismi storici ed etnografici con civiltà che hanno avuto o che adottano ancora, la scultura antropomorfa. 

"Cavallo Cinese" delle
Grotte di Lascaux.
- Al 15.000 a.C. risalgono i più antichi graffiti nelle Grotte di Lascaux, a proposito delle culture dei pittori con soggetti zoomorfi (a forma di animali), che dipingevano nelle grotte (come dai ritrovamenti in Francia, Spagna, ecc.) e che non scolpivano la pietra. Le Grotte di Lascaux sono un complesso di caverne che si trova nella Francia sud-occidentale. Le grotte si trovano vicino al villaggio di Montignac, nel dipartimento della Dordogna. Nelle grotte si trovano esempi di opere di arte parietale risalenti al Paleolitico superiore: molte di queste opere vengono fatte risalire ad una data compresa fra il 13.000 ed il 15.000 a.C. Il tema più comunemente rappresentato è quello di grandi animali dell'epoca (fra i quali l'uro, oggi estinto), resi con grande ricchezza di particolari. Il complesso di caverne venne scoperto il 12 settembre 1940 da quattro ragazzi francesi: Marcel Ravidat, Jacques Marsal, Georges Agnel e Simon Coencas. Dopo la fine della seconda guerra mondiale le caverne vennero aperte al turismo di massa, ma nel 1955 l'anidride carbonica prodotta da 1.200 visitatori al giorno aveva visibilmente danneggiato le pitture. Nel 1963 le caverne vennero chiuse al pubblico e i dipinti vennero restaurati al loro stato originale.
Insieme di pitture rupestri nelle
Grotte di Lascaux.  
Dal 1998, infestazioni fungine hanno invaso ampie parti del complesso e richiesto interventi straordinari di manutenzione; dal 2008, a seguito del peggioramento della situazione (con una nuova infestazione avviatasi nel 2007) e delle difficoltà per rimuoverne le tracce, le grotte sono state completamente chiuse al pubblico. È stato attivato un comitato scientifico internazionale, finalizzato a studiare le migliori modalità di tutela e ripristino ambientale del complesso. Oggi i dipinti sono monitorati regolarmente, per cercare di evitare il loro ulteriore deterioramento.
Grotta Ruffignac: pitture rupestri di
animali fra cui i mammuth.
Le sale più famose che compongono il complesso di grotte di Lascaux sono:
- la grande sala dei tori,
- il passaggio laterale,
- la lancia dell'uomo morto,
- la galleria dipinta,
- il diverticolo dei felini.
Nel 1983 è stata aperta Lascaux II, una replica della grande sala dei tori e della galleria dipinta, situata a circa 200 metri dalle grotte originali. Ad alcuni chilometri da Montignac, nel parco di Le Thot, sono esposte altre riproduzioni dei dipinti delle grotte di Lascaux.
La grotta di Lascaux viene anche chiamata la "Cappella Sistina del Paleolitico".
Scena del pozzo a Lascaux.
Di un interesse particolare è la cosiddetta "scena del pozzo" di Lascaux, la più antica rappresentazione della danza e del ballo in un graffito che rappresenta uno stregone nell'atto di svolgere una danza rituale. Qui, secondo Michael Rappenglück, della Facoltà di Matematica e di Scienze Informatiche dell'Università "Ludwig-Maximilians", a Monaco di Baviera, l'immagine dello sciamano che affronta lo spirito del bisonte è da porre in relazione ad alcune costellazioni che passavano in meridiano alla mezzanotte del solstizio d'estate del 16.500 a.C.

Grotte di Borgio Verezzi,
limitrofe alle grotte di Toirano.
- Nelle grotte di Toirano sono visibili segni di frequentazioni riconducibili a questo periodo.
Reperto di Orso delle caverne
alle grotte di Toirano.
Le grotte di Toirano, in provincia di Savona, sono un complesso di cavità carsiche di rilevanza turistica, particolarmente note per la varietà di forme di stalattiti e stalagmiti, per la loro estensione, per la perizia con cui le guide illustrano il percorso turistico lungo oltre un chilometro, per il ritrovamento di tracce dell'Homo Sapiens di oltre 12.000 anni fa e resti di ursus spelaeus di circa 25.000 anni di età.
Ricostruzione dello scheletro di
orso delle caverne.  
L’orso delle caverne che viveva in Liguria durante il grande freddo dell’ultima glaciazione, era più grande dell’orso bruno attuale e trascorreva nelle grotte il letargo invernale; si è estinto 10.000 anni fa per motivi ancora poco chiari. 
È stato ritrovato nelle grotte di Toirano, che sono uno dei più importanti complessi di cavità naturali in Italia, con oltre 50 caverne naturali attrezzate.
Impronte umane fossili nelle grotte
di Toirano.
Le straordinarie grotte di Toirano sono di origine calcarea e si sono create da fiumi sotterranei ritiratisi nel corso dei secoli, formando eccezionali effetti scenici: ampi saloni con stalattiti e stalagmiti di ogni dimensione e fiori di cristallo rarissimi.
Uomo-bisonte, graffito alto 25 cm., da
Le Gabillou in Dordogna, Francia, del
13.000-12.000 a.C.. Di José-Manuel
Benito - Opera propria, Pubblico
=2050910 presa QUI
La Grotta del Colombo e la Grotta di S. Lucia, sono le cavità più note, con mille stalattiti affusolate.
Nella Grotta della Strega si susseguono incontri affascinanti, dal "cimitero degli orsi", dove si sono sovrapposte nel tempo ossa d'orsi delle caverne, al "corridoio delle impronte", caratterizzato dai calchi umani di mani annerite dall'uso di torce nelle pareti, graffi, unghiate e impronte d`orso e impronte di piedi umani a terra, alla "sala dei misteri", luogo probabilmente ad uso rituale.

Carta con antichi siti preistorici europei. In ordine cronologico: la
la Grotta del Vallonet a Mentone, i Balzi Rossi a Ventimiglia, Cro-
Magnon a Les Eyzies-de-Tayac-Sireuil, la Grotta delle Arene
Candide a Finale Ligure, le Grotte di Lascaux in Dordogna, le
Grotte di Toirano nel savonese e Combe-Capelle a Montferrand
du Périgord.


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