Dal 1.200 a.C. - Si sviluppa in Europa un'Età del Ferro i cui maggiori centri sono Halstatt,
Huttenberg e Cnosso.
- Mario Liverani in "Mutamenti climatici nell’antichità vicino-orientale e mediterranea", Torino 17-18 maggio 2012 scaricabile in formato pdf da http://www.accademia
dellescienze.it/media/986: "I dati climatici (in particolare le sequenze dendrocronologiche e polliniche) mostrano un episodio di brusca aridità, breve ma intensa, intorno al 1200 a.C. seguita poi da una fase di prolungata instabilità e aridità fino alla metà del IX secolo. I dati archeologici mostrano una serie di distruzioni dei centri urbani e palatini in Grecia (è il collasso della civiltà micenea), in Anatolia e nel Levante siropalestinese all’inizio del XII secolo, e poi una prolungata fase di localismo, dimensione di villaggio e campi pastorali per tutta la prima età del Ferro, fino appunto alla metà del IX secolo. E i testi documentano bene sia la carestia alla fine del XIII secolo, sia la famosa invasione dei cosiddetti “Popoli del Mare” - genti di provenienza balcanica che si riversano dapprima nell’Egeo (è quella che le tradizioni classiche definivano l’invasione dorica) e poi in Anatolia e nel Levante - nel 1190 a.C., con il crollo dell’impero hittita e il restringimento di quello egiziano. Infine i testi documentano bene il successivo “effetto domino” anche nelle zone ad est dell’Eufrate (Assiria e Babilonia) ma con un décalage di un secolo buono rispetto all’invasione dei Popoli del Mare. In questo caso dunque le coincidenze sembrano già così ben documentate e circostanziate da renderci sicuri della spiegazione. Ovviamente la presentazione di questi casi andrebbe meglio articolata, e altri casi si potrebbero e dovrebbero aggiungere, sia per l’area circum-sahariana, sia per quella dell’Indo, sia per quella dell’Asia centrale. Ma l’esemplificazione mi pare già così sufficiente per chiarire come gli studi di proto-storia e di storia antica del mondo mediterraneo e vicino-orientale abbiano ormai ben superato il tabù della storiografia idealistica, si stiano attrezzando per metabolizzare le procedure (e comunque i risultati) di ambito scientifico, e stiano contribuendo alla costruzione di una storia delle società umane in cui il fattore ambientale e le variazioni climatiche occupano il posto che loro compete.
Resta escluso, almeno spero, ogni riduzionismo: i processi e gli eventi messi in moto dai fattori climatici hanno una loro complessità di concause, di meccanismi e di effetti di natura sociale e tecnologica, economica e politica, culturale e simbolica, nonché le loro peculiarità regionali e diacroniche, che costituiscono il valore della storia nel suo senso più pieno.".
- Il periodo che va dal 1.200 a.C. al 1.000 a.C. è perciò abbastanza oscuro, ma ci si sta convincendo che la
carestia del 1.200 p.e.v. (o a.C.) sia stato l'evento scatenante il riassetto
del quadro politico mediterraneo e mediorientale: secondo la ricerca
pubblicata sulla rivista on line Plos ONE da David Kaniewski,
dell’Università di Paul Sabatier, a Tolosa, assieme a colleghi di
altre istituzioni, i ricercatori sono giunti alla conclusione che la
crisi della tarda età del bronzo, piuttosto che imputabile ad una
serie di eventi non correlati, sia stata un complesso, unico evento
che avrebbe avuto la principale causa scatenante nella siccità
prodotta dal cambiamento radicale del clima, cui sarebbero seguite
carestie, invasioni dal mare di popoli in cerca di fonti di
sostentamento e inevitabili conflittualità politiche. Gli studiosi
sottolineano anche che questo evento è in stretto rapporto con la
sensibilità alle variazioni climatiche di queste società, basate
essenzialmente sulle risorse agricole. Sensibilità e struttura
economica, un binomio che, con il variare del clima, avrebbe portato
inevitabilmente alla rovina. Tutto il Mediterraneo stava vivendo un
periodo caratterizzato da catastrofi naturali con conseguenti
migrazioni di popoli e da oriente giunse l'ultima ondata di tribù
indoeuropee che, con lo sviluppo del fenomeno celtico, completò
l'opera di mutamento culturale destinato a modificare per sempre il
volto dell'Europa, in cui l'economia era ridotta a pastorizia e
agricoltura.
Carta con le antiche Micene,Troia,
Sparta e l'isola di Chio.
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Carta con l'antica Troade.
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Carta con la Grecia antica e i
territori occupati dai Dori,
fra cui è evidenziata l'isola di Milo.
|
Hippos fenicia, da cui l'errata
traduzione di "cavallo di Troia"
|
Genealogia degli dei dell'Olimpo
nei poemi omerici. |
La mitica città di Troia ricevette il nome dall'altrettanto mitico re "Trōs" (in greco "Têukros"). La città e la guerra portata contro di essa da una coalizione di popoli greci nel XII secolo a.C., sono state immortalate da Omero nell'Iliade. La Troia della saga omerica sarebbe stata fondata da Dardano, figlio di Zeus ed Elettra, il quale, giunto nella Troade, ebbe dal re Teucro in dono il territorio su cui fece innalzare l'acropoli che chiamò Dardania. I suoi successori ottennero che le mura di Troia fossero costruite da Apollo e Poseidone.
Laomedonte non volle pagare la ricompensa pattuita alle divinità, quindi Poseidone per punizione mandò nella città un mostro marino, che fu poi scacciato da Eracle. Ancora una volta Laomedonte rifiutò di pagare la giusta ricompensa ad Eracle. Quest'ultimo scatenò una guerra contro la città, che venne distrutta, la famiglia reale fu sterminata, tranne l'ultimogenito di Laomedonte, Priamo, che divenne re. Questi sposò prima Arisbe, da cui ebbe un figlio, poi Ecuba, con la quale generò diciannove figli tra maschi e femmine, e Laotoe, che gli dette due maschi; ebbe altri figli dalle varie concubine. Paride, figlio di Priamo e di Ecuba, rapì Elena, sposa di Menelao re di Sparta, provocando una nuova guerra contro Troia, terminata con la conquista e l'incendio della rocca dopo dieci anni di assedio.
Dopo la caduta della città i superstiti fuggirono in Italia: parte con Enea, che giunse nel Lazio, (tema trattato nell'Eneide dell'etrusco Virgilio Marone) parte con Antenore, destinato a fondare Padova. Da altre fonti (fra cui Tucidide) pare che un altro gruppo di Troiani scampati su navi e alla caccia di Achei, sarebbero approdati nelle coste occidentali della Sicilia e stabilita la loro sede ai confini con i Sicani, sarebbero stati tutti compresi sotto il nome di Elimi, e le loro città sarebbero state chiamate Erice e Segesta.
Inoltre si sarebbero stanziati presso di loro anche un gruppo di greci originari della Focide, reduci anch'essi da Troia. Nell'Odissea, il secondo racconto della saga omerica, si descrive il decennale viaggio di Ulisse, ideatore del cavallo di Troia e re di Itaca, al ritorno del conflitto troiano.
Intorno al 1.190-1.180 a.C. quindi, gli Elladi-Micenei si aprirono la strada verso il Mar Nero con una spedizione militare contro la città di Troia, di cui non si è certi ne da che etnie fu abitata, ne che lingua si parlasse. Il processo della decadenza micenea parrebbe iniziare proprio con la guerra di Troia, l'invasione dorica del 1.100 a.C., quasi un secolo circa più tarda, invece, ne sarebbe stato il colpo di grazia.
- Nel XII secolo a.C. due nuove ondate migratorie, una dal nord, i cosiddetti Popoli del Mare e una dai Balcani, i Dori, una
popolazione indoeuropea, pongono fine all'egemonia Elladico-Micenea, causando un periodo di decadenza.
Il viaggio di Odisseo (Ulisse) al
ritorno dalla guerra
di Troia a Itaca immortalato
nell'Odissea.
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Il viaggio di Enea da Troia al Lazio
immortalato da
Virgilio nell'Eneide.
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Sicilia arcaica con Elimi, Sicani,
Siculi.
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Intorno al 1.190-1.180 a.C. quindi, gli Elladi-Micenei si aprirono la strada verso il Mar Nero con una spedizione militare contro la città di Troia, di cui non si è certi ne da che etnie fu abitata, ne che lingua si parlasse. Il processo della decadenza micenea parrebbe iniziare proprio con la guerra di Troia, l'invasione dorica del 1.100 a.C., quasi un secolo circa più tarda, invece, ne sarebbe stato il colpo di grazia.
L'antica Grecia con le invasioni
di Ioni e Achei dal 2000 a.C.
e dei Dori dal 1200 a.C. I monti:
Olimpo, Parnaso, Elicona
e Taigeto.
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popolazione indoeuropea, pongono fine all'egemonia Elladico-Micenea, causando un periodo di decadenza.
-
La scomparsa della civiltà micenea determina ad Atene la
nascita di un nuovo ordine sociale
di tipo oligarchico e
l'avvento nelle magistrature dei rappresentanti delle quattro
tribù emergenti in Attica
(la regione di Atene) a loro volta suddivise in fratrie (unione di
più clan), che divennero un'importante espressione della vita
sociale e religiosa ateniese.
La migrazione del nuovo popolo guerriero, i Dori, provvisti di armi e armature in ferro, destabilizzò l'ordine politico e militare Elladico-Miceneo nella penisola greca, che era rimasto nell'Età del Bronzo, o verosimilmente era già avviato verso la decadenza.
Le genti doriche, che fecero del loro dio eponimo Doro (il quarto figlio di Elleno), il capostipite degli Elleni, abitavano originariamente la regione danubiana per poi passare nella valle del Vardar.
Nella tradizione antica questa migrazione è rappresentata dalla leggenda del ritorno degli Eraclidi, i discendenti dell'eroe semi-dio Heracle, o Eracle, l'Ercole dei Latini, e alcuni studiosi hanno individuato in questo episodio mitologico una prova della cosiddetta "invasione dorica", ultima responsabile della decadenza della civiltà micenea.
Gli Eraclidi, nella mitologia greca, sono sia i figli di Eracle, in particolare di Eracle e Deianira, sia i loro discendenti, e vengono definiti Eraclidi anche i 50 figli che Eracle ebbe dalle figlie di Tespio, chiamati poi Tespiadi, mentre soggiornava presso di lui. Secondo la testimonianza di Erodoto e Tucidide i Dori, discendenti di Eracle, si sarebbero spinti nel Peloponneso, in Laconia, dal nome di Lacedemone che vi aveva fondato Sparta, il nome di sua moglie, e nella Messenia. Sotto la spinta dell'invasione dorica, le popolazioni che erano stanziate nell'area Elladica diedero luogo alla prima migrazione colonizzatrice dei greci, soprattutto verso est, sud-est e sud.
L'antica Grecia con l'invasione
dei Dori del 1200 a. C. e i
conseguenti spostamenti
a est di Ioni ed Eoli. |
Con il declino della civiltà Micenea ha inizio un periodo di decadenza, denominato dagli storici con il nome di "medioevo greco" che durerà tre secoli, a partire dal XII secolo a.C.
Il Medioevo ellenico sarà caratterizzato da una commistione dei tratti peculiari della precedente cultura micenea e delle innovazioni doriche, quali l'introduzione dell'uso del ferro, dell'incinerazione dei morti e della costruzione dei primi templi.
-
Atene riesce in
qualche modo a sfuggire alle invasioni doriche
e durante il cosiddetto medioevo ellenico inizia a
svilupparsi.
Il Tempio dorico di Era (o Hera),
detto anche Tempio di
Poseidon o Tempio di Nettuno,
eretto a Paestum,
l'antica Poseidonia, intorno
alla metà del V secolo a.C. |
Έλληνες) è stata conosciuta in tutto il mondo, mentre i Romani hanno utilizzato la parola Greci, per riferirsi a queste genti, poiché i colonizzatori di Cuma in Campania, la più antica colonia greca della penisola italica e della Sicilia, fondata nel 750 a.C. dai Calcidesi e dagli abitanti di Cuma, piccolo centro dell'isola Eubea, si autodefinivano Graikòi, nome distintivo di alcune genti marittime della Beozia e della limitrofa costa dell'Eubea, nome che i Romani erroneamente recepirono come appellativo di tutte le genti elleniche, trasmettendolo fino a noi come Graeci. Le lingue europee, quindi, usano tale appellativo; in Oriente invece si usano nomi derivati da Ioni.
Conseguentemente all'invasione dorica compariranno gradualmente le póleis, le città-Stato. La conformazione del territorio, principalmente montuosa, contribuirà in modo determinante ad ostacolare l'unificazione dei villaggi e a favorire la nascita di piccole città-Stato indipendenti. Le città-Stato passarono inizialmente da regimi monarchici a tirannidi. Ciascuna città aveva divinità protettrici e leggi proprie (ogni città era strenuamente attaccata alle proprie tradizioni: arrivavano al punto da avere ciascuna un proprio calendario). Tuttavia, frequenti erano le anfizionie, alleanze tra città limitrofe, non necessariamente di carattere militare. L'Arcadia, nel Peloponneso, in cui si parlava il dialetto arcado-cipriota, rimase un territorio abitato dai discendenti dei Pelasgi, i primi a stabilirsi in Grecia. Alcuni studiosi Albanesi sostengono che dai Pelasgi sono derivati Tirreni ed Etruschi oltre a Illiri e Albanesi, e che i linguaggi di questi popoli sono quindi affini. Seguono alcuni elementi su cui basano le loro ipotesi. Pausania (Arcadia, Libro VIII, 1,4,6) scrive: “Gli Arcadi dicono che Pelago fu il primo a nascere nella terra dell’Arcadia. Dato che Pelago divenne re, il paese si chiamò Pelasgia in suo onore”. Pindaro (Carminia, Fragmenta Selecta, I, 240) scrive: “Portando un bel dono, la Terra fece nascere per primo l’essere umano nell’Arcadia, il Divino Pelasgo, molto prima della luna”.
- Intorno al XII secolo a.C., i Tirreni, o Tirseni, Tyrseni, Raseni, Turuscha, forse uno dei Popoli del Mare o discendenti dei Pelasgi e sicuramente gli antenati degli Etruschi italici, che chiamavano se stessi "Rasenna", giunsero dall'Asia Minore e fondarono una colonia nei territori della mitica Tartesso, nell'attuale Spagna, su un'isola tra la foce del Guadalquivir (l'antico Betis) e l'oceano. Da Tartesso inizia l'invasione dei Tirreni e la sottomissione della zona, gestita fino ad allora da Liguri, Iberici e coloni orientali, ma presumibilmente era Ligure (come indica il toponimo Lago Ligur, il Lagus Ligustinus per i Romani) il substrato predominante nella zona. Gli invasori approntarono una fiorente oligarchia commerciale e militare la cui capitale fu Tartesso stessa. Nel regno furono stabiliti due principali centri: presso la foce del Guadalquivir, Tartesso stessa e l'antica Olba, (nei pressi dell'attuale Huelva, sul fiume Tinto, nel nord ovest del territorio di Tartesso, vicino all'attuale frontiera col Portogallo), che doveva fungere da deposito di Tartesso dei minerali di rame provenienti dalle miniere del Rio Tinto, Aznacòllar e Linares.
Dal Blog "Sanremo Mediterranea":
per il post "Tartesso: l'Economia", clicca QUI,
per il post "Tartesso: prima i Liguri, poi Fenici e Greci", clicca QUI,
per il post "Ercole e altri miti a Tartesso", clicca QUI,
per il post "Il Lago Ligure nella mitica Tartesso", clicca QUI.
- Gli Umbri furono un popolo giunto dal nord in Italia nel XII secolo a.C., che si sovrappose e si sostituì a quelli presenti (in Umbria la presenza dell'uomo è attestata sin dal primo Paleolitico). Parlavano una lingua indoeuropea del gruppo osco-umbro, l'umbro, scritta con alfabeto proprio di derivazione greco-occidentale, non molto dissimile dagli altri alfabeti italici.
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- Gli Umbri furono un popolo giunto dal nord in Italia nel XII secolo a.C., che si sovrappose e si sostituì a quelli presenti (in Umbria la presenza dell'uomo è attestata sin dal primo Paleolitico). Parlavano una lingua indoeuropea del gruppo osco-umbro, l'umbro, scritta con alfabeto proprio di derivazione greco-occidentale, non molto dissimile dagli altri alfabeti italici.
I dialetti Italici parlati nel
centro-sud nel 400 a.C.
|
Occuparono un'area che in epoca classica si estendeva dall'alta e media valle del Tevere fino al mar Adriatico, comprendendo anche l'odierna Romagna: delimitata dal Tevere ad ovest e dall'Adriatico ad est. Inizialmente gli Umbri avevano occupato anche i territori dell'odierna Toscana e della Valle Padana, solo successivamente conquistati da Etruschi e Galli (questo territorio viene chiamato "Grande Umbria"). L'espansione di Celti ed Etruschi li confinò quindi nella zona ad est del medio corso del Tevere, mentre ad ovest del fiume fioriva la potenza etrusca. Non è noto se gli Umbri indicassero se stessi con un endoetnonimo, né quale forma avesse. Il termine "Umbri" è l'etnonimo con il quale il popolo era indicato dai vicini Latini e dai Greci (greco Ὄμβροι o Ὀμβρικόι). L'ingresso dei popoli osco-umbri in Italia, provenienti dall'Europa centro-orientale dove si cristallizzarono come gruppo linguistico autonomo all'interno della famiglia indoeuropea, è generalmente collocato intorno al XII secolo a.C. L'arrivo degli Osco-umbri in Italia è stato posto da alcuni studiosi in correlazione allo sviluppo della cultura protovillanoviana, cronologicamente compatibile; tale ipotesi è rafforzata dal fatto che gli insediamenti storici degli Umbri, soprattutto nella fase della "Grande Umbria", coincidono sostanzialmente con l'area villanoviana. Descrivendone l'origine, Plinio il Vecchio afferma: « La popolazione umbra è ritenuta la più antica d'Italia, si crede infatti che gli Umbri fossero stati chiamati Ombrici dai Greci perché sarebbero sopravvissuti alle piogge quando la terra ne fu inondata. È attestato che gli Etruschi sottomisero trecento città umbre » (Plinio il Vecchio, "Naturalis historia", III, 112-113). Questa descrizione, è oggi considerata con attenzione. Sebbene sia certo che la zona fosse abitata già da millenni prima dell'arrivo degli Indoeuropei, ai tempi di Plinio gli Umbri erano oramai la popolazione "più antica d'Italia" tra quelle allora esistenti nella penisola italica, cioè Italici ed Etruschi. Le conoscenze che si hanno fino ad ora sul popolo umbro, emergono attraverso i dati combinati delle fonti storiche (Scilace, Erodoto, Dionisio di Alicarnasso, Strabone, Plinio il Vecchio, etc.) dei rinvenimenti epigrafici e delle evidenze archeologiche. Plinio il Vecchio, parlando della sesta regione Umbra con l'Agro Gallico scrive che: ”I Siculi e i Liburni ne occuparono molti territori; li cacciarono gli Umbri, che furono cacciati dagli Etruschi e questi dai Galli". Per quanto riguarda la sistemazione geografica prendiamo da Strabone alcuni passi della sua Geografia: « [Nella terza parte dell'Italia] scorre dagli Appennini il Tevere che si arricchisce di molti fiumi in parte attraversando la stessa Etruria, per il resto separandone prima l'Umbria, quindi i Sabini ed i Latini, che vanno dai pressi di Roma fino al mare. Questi popoli confinano pertanto con il fiume e con gli Etruschi in larghezza e reciprocamente in profondità: dagli Appennini, nel punto in cui si avvicinano all'Adriatico, si estendono per primo gli Umbri, dopo questi i Sabini, ultimi gli abitanti del Lazio, tutti dipartendosi dal fiume [...] Gli Umbri poi, che stanno nel mezzo, fra Sabina ed Etruria, superando le montagne si spingono però fino ad Ariminum e Ravenna. [...] con l'Etruria confina, nella parte orientale, l'Umbria che ha inizio dagli Appennini, ed anche oltre, fino all'Adriatico. » (Strabone, Geografia, V, 2,1.)
QUI, per il post "Antichi Liguri: dai Primordi ai Megaliti" clicca QUI, per il post "Antichi Liguri: Alleanza e fusione con i Celti", clicca QUI. Vedi anche http://culturaprogress.blogspot.it/2014/12/la-cultura-di-golasecca.html.
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Carta con gli insediamenti degli
Euganei, Carni, Veneti
(Venetici), Reti, Camuni e Celti
Leponzi e Cenomani.
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Reitia, divinità dei Veneti
(e dei Reti) dell'Italia
nord-orientale.
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Agli antichi Veneti del nord-est italico ci si riferisce talvolta con "Paleoveneti", "Veneti adriatici" o "Venetici" per distinguere il popolo dell'antichità dagli attuali abitanti della regione italiana del Veneto. Nel periodo antico vi erano rapporti culturali fra i nostri Veneti e la Civiltà villanoviana, l'Egeo, l'Oriente e successivamente anche con gli Etruschi. Nelle pianure del Veneto meridionale fra il 1150 e il 900 a. C. sorse il grande centro pre-urbano di Frattesina, crocevia di traffici fra il Baltico, le Alpi Orientali e Cipro, con sistema socio-economico fortemente gerarchizzato; quindi si sviluppano Villamarzana, e poi Montagnana.
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