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mercoledì 23 gennaio 2019

Storia dell'Europa n.43: dal 554 al 600 e.v.(d.C.)

Maggiori centri della laguna veneziana nel VI secolo.
Nel 554 - Con la "prammatica sanzione" di Giustiniano, il Veneto è riunito all'impero romano d'oriente.
Per quello che riguarda l'urbanizzazione nella laguna veneziana, durante il VI sec. Murano è molto popolata e ascritta  fra le Isole Primarie dell'estuario veneto.
Tutto il territorio, denominato "Venezia Marittima", è ora una nuova pertinenza dell'impero romano d'oriente.

Dal 561 - In Hispania , durante il regno del re svevo Carriarico e quello del suo successore, Teodemaro, il popolo svevo si converte al cattolicesimo.
La penisola iberica nel 550.
La conversione avverrà anche per l'influenza di San Martino, vescovo di Braga,

Nel VI secolo - Gli Àvari , dopo essersi insediati in Pannonia, spingeranno i Longobardi a migrare verso l'Italia.
Con il capo (khagan) Baian (565-602) raggiungeranno il loro apice di importanza in Europa, guardando verso sud e arrivando nel 626 a cingere d'assedio la stessa Costantinopoli (grazie a un'alleanza con i persiani), mantenendo comunque saldo il controllo in una vasta area di Europa centrale.
Una situazione caotica seguirà all'ascesa al potere degli Àvari in Europa dopo il 550.
La dinastia bulgara Onoghur (580-685) mischierà il patrimonio avaro con quello bulgaro.
Il nome Onoghur deriva, probabilmente, da "Oghuz", mentre il nome "Ungheria" usato oggi, deriva da Onogur.

Dal 568 - I Langobardi, comunemente detti Longobardi, iniziano l'invasione dell'Italia. Paolo Diacono, nella sua "Historia Longobardorum", descrive l'Italia del VI secolo come paesaggio desolato, dominato dalla solitudine e dalla paura.
Romània (da cui Romagna) è il nome con cui i Longobardi indicavano i possedimenti dell'impero romano d'oriente, detto poi bizantino, in Italia, in particolare la zona di Ravenna. Così negli anni settanta del secolo i Longobardi posero la loro capitale a Pavia conquistando tutto il Nord della penisola tranne le coste della Liguria e del Veneto.
Cartina dell'Europa con il luogo di provenienza, la tappe
della migrazione nell'antica Pannonia dei Longobardi e
i loro insediamenti in Italia.
Al Centro e al Sud si formarono invece i ducati longobardi di Spoleto e Benevento, i cui duchi fondatori (Zottone a Benevento e Faroaldo a Spoleto) non sembrerebbero essere venuti in Italia con Alboino, ma secondo alcune congetture - ora divenute maggioritarie - sarebbero arrivati in Italia già prima del 568, come foederati al servizio dell'Impero d'oriente rimasti in Italia dopo la guerra gotica; solo nel 576, dopo il fallimento della spedizione contro i Longobardi del generale bizantino Baduario, i foederati Longobardi di Spoleto e Benevento si sarebbero rivoltati a Costantinopoli, formando questi due ducati autonomi. Dopo la formazione dei due ducati longobardi meridionali, ora Roma era apertamente minacciata e nel 579 fu essa stessa assediata; il senato romano inviò richieste di aiuto all'Imperatore romano d'Oriente Tiberio II, ma questi - essendo impegnato sul fronte orientale - non poté far altro che consigliare al senato di corrompere col denaro i duchi longobardi per spingerli a passare dalla parte dell'Impero e combattere in Oriente al servizio di Bisanzio contro la Persia, oppure di comprare un'alleanza con i Franchi contro i Longobardi.

- Si disgrega quindi l'unità territoriale dell'impero  parzialmente riunito da Giustiniano. Nella popolazione italiana è mal tollerata l'elevata imposizione fiscale imperiale, necessaria a ripagare le spese della riconquista, inoltre la principessa bavara Teodelinda (oggi chiamata Teodolinda), in qualità di regina Longobarda, trasferirà nel dominio Longobardo del nord Italia la fede cattolica tricapitolina, che sarà molto sentita nel nord e nord-est italico. Ormai le società barbarizzate occidentali stanno imboccando un percorso non comune a quello che percorrerà l'impero d'oriente, mentre iniziano lunghe guerre fra l'impero e gli invasori.

Maggiori centri lagunari nel VI sec.
- Il Veneto è travolto dalla calata dei Longobardi del 568. I bizantini perdono gran parte della zona, mantenendo solamente la fascia costiera. È da questo momento che il termine Venetia, un tempo riferito a tutto il Veneto, viene ad indicare solo la zona delle laguneSi trasferiscono in laguna le maggiori istituzioni religiose, come il Patriarca di Aquileia a Grado e il vescovo di Altino a Torcello.

Nel 580 - Stando alla "Descriptio orbis romani" di Giorgio Ciprio, sembra che l'imperatore d'Oriente Tiberio II divida in cinque province o eparchie l'Italia bizantina:
- Urbicaria, comprendente i possedimenti bizantini in Liguria, Toscana, Sabina, Piceno, e Lazio litoraneo (tra cui Roma);
- Annonaria, comprendente i possedimenti bizantini nella Venezia e Istria, in Æmilia, nell'Appennino settentrionale e nella Flaminia;
- Æmilia, comprendente i possedimenti bizantini nella parte centrale dell'Æmilia, a cui si aggiungono l'estremità sud-occidentale della Venezia (Cremona e zone limitrofe) e l'estremità sud-orientale della Liguria (con Lodi Vecchio);
- Campania, comprendente i possedimenti bizantini nella Campania litoranea, nel Sannio e nel Nord dell'Apulia;
- Calabria, comprendente i possedimenti bizantini nel Cilento, in Lucania e nel resto dell'Apulia.
Tale riforma amministrativa dell'Italia sembra motivata (secondo Bavant) dalla necessità di riorganizzare l'amministrazione dell'Italia in modo da conservare i territori sotto attacco rendendoli in grado di respingere gli assalti dei Longobardi. Essendo fallito, infatti, ogni tentativo (compresa la spedizione di Baduario) per liberare le terre occupate e prendendo dunque atto che per ora non era possibile risospingere al di là delle Alpi il popolo longobardo, fu introdotto il sistema dei «tratti limitanei», anticipando la fondazione dell'Esarcato, realizzata alcuni anni dopo.

Carta della penisola italiana nel 582 divisa fra
Longobardi e l'Esarcato d'Italia bizantino.
Dal 582 - Nuova amministrazione politico-militare dei domini in Italia e Africa dell'impero romano d'oriente nella figura dell'Esarca voluta dall'imperatore Maurizio (imperatore dal 582 al 602). In Italia, la militarizzazione dei residui territori bizantini fu dovuta all'esigenza di migliorarne le difese, per far fronte alla minaccia longobarda. La separazione del potere civile da quello militare era stato il cardine della politica imperiale, da Diocleziano a Costantino. L'unificazione dei due poteri fu una necessità imposta dagli eventi. L'autorità civile non venne subito soppressa, ma perse sempre maggiore importanza a vantaggio degli ufficiali militari, che accentrarono poteri sia civili che militari. Le province, pur perdurando le cariche civili (come quella di Prefetto del pretorio d'Italia), vennero subordinate al governo dei comandanti militari, detti duces, dux al singolare; nel tempo, il termine di ducato prese a sovrapporsi a quello di provincia. I duces, o magistri militum, erano a capo degli eserciti regionali, mentre a presidio delle singole città erano posti reggimenti (numeri) di 500 soldati circa a capo dei quali vi era un tribunus o un comes. I duchi dipendevano direttamente dall'esarca, il governatore generale dei domini bizantini in Italia. L'esarca riuniva in sé sia l'autorità civile che quella militare e risiedeva a Ravenna, nel palazzo di Teodorico. Nominato direttamente dall'Imperatore, reggeva teoricamente tutta l'Italia ("ad regendam omnem Italiam"). L'esarca era scelto nel ristretto novero di coloro che possedevano la carica di patricius (patrizio). L'imperatore romano Maurizio, nel 584, riformò l'organizzazione dell'Esarcato d'Italia ripartendone i territori in sette distretti, ducati (parola che deriva da chi li comandava, il dux) strettamente controllati e governati dall'esarca di Ravenna:
- l'Esarcato propriamente detto (dal fiume Panaro, fra Modena e Bologna fino a Ravenna);
- la Pentapoli formata da Ravenna, Forlì, Forlimpopoli, Classe, Cesarea;
- il Ducato romano;
- la Liguria;
- la Venezia e l'Istria;
- il Ducato di Napoli
- il Ducato di Calabria (comprendente il Bruzio e la parte meridionale dell'Apulia).
La popolazione locale fu tenuta a concorrere alla difesa del territorio, che andava ad affiancare i soldati di professione. Veniva così a formarsi un'efficiente macchina difensiva dei territori rimasti, principalmente situati sulle coste, dove maggiori potevano farsi sentire il potere imperiale e la flotta bizantina. L'Esarcato d'Italia aveva come capitale politicaRavenna e religiosa Roma. I bizantini decisero di proteggere solamente Ravenna, lasciando progressivamente Roma abbandonata a se stessa. Il papa, vescovo dell'Urbe si trovò così a dover supplire l'imperatore romano nell'amministrazione e nel mantenimento della città. Di fatto il pontefice iniziò a svolgere funzioni politiche nel proprio territorio.

Nel 585 - In Hispania, Andeca, l'ultimo re degli Svevi, viene sconfitto e rinchiuso in un monastero. Il regno svevo diventa una provincia del re dei Visigoti, Leovigildo.

Nel 589 -  La sola Chiesa di Roma celebra un suo Concilio a Toledo, sotto Papa Pelagio II. Nel Concilio ecumenico di Costantinopoli del 381 si era accettato il dogma che lo Spirito Santo procede dal Padre attraverso il Figlio (in latino: ex Patre procedit). La sola Chiesa di Roma, nel Concilio di Toledo, modificherà questo dogma e stabilirà che lo Spirito Santo promana dal Padre e dal Figlio (in latino: ex Patre Filioque procedit). Questa variazione non sarà accettata dagli altri patriarcati, soprattutto da quello di Costantinopoli, che intravvederà in questo cambiamento una sorta di negazione del monoteismo, e si arriverà, nel 1.054 ad uno scisma della chiesa cristiana in "cattolica", cioè universale e "ortodossa", cioè fedele al dogma del Concilio di Nicea nel 325.

- Il 17 ottobre 589 si verifica la rotta della Cucca, una disastrosa alluvione causata dallo straripamento dell'Adige che, secondo la tradizione storiografica veneta, sarebbe stata la causa dello sconvolgimento idrografico che tra il VI e l'VIII secolo modificherà sostanzialmente il panorama fluviale del basso Veneto.
La Cucca che dà il nome alla rotta è l'attuale Veronella, presso la quale anticamente passava un meandro dell'Adige oggi abbandonato. Oggi si tende a ridimensionare l'importanza di questo singolo evento e si pensa che gli sconquassi avvenuti nel basso Veneto siano da attribuire a un generale peggioramento delle condizioni climatiche avvenuto tra il VI e l'VIII secolo e alla scarsa manutenzione dei fiumi conseguente alla caduta dell'Impero romano d'Occidente. Il 17 ottobre 589 vi fu una piena eccezionale dell'Adige che ne causò lo straripamento provocando, secondo la cronaca tramandata da Paolo Diacono: « un diluvio d'acqua [...] che si ritiene non ci fosse stato dal tempo di Noè. Furono ridotti in rovina campagne e borghi, ci furono grosse perdite di vite umane e animali. Furono spazzati via i sentieri e distrutte le strade; il livello dell'Adige salì fino a raggiungere le finestre superiori della basilica di San Zeno martire, che si trova fuori le mura della città di Verona [...] Anche una parte delle mura della stessa città di Verona fu distrutta dall'inondazione. » (Historia Langobardorum Liber III, 23). Per la sua cronaca Paolo Diacono prese spunto anche dal resoconto di papa Gregorio I riguardante uno dei miracoli attribuiti a San Zeno: nonostante l'incredibile portata della piena infatti, poca acqua entrò nella basilica a lui intitolata. Oggi si ritiene poco plausibile che, per quanto disastroso, un singolo evento come quello narrato da papa Gregorio I e Paolo Diacono possa aver causato lo sconvolgimento improvviso del corso di tutti i fiumi che sfociavano nella laguna di Venezia; piuttosto, un tale sconvolgimento sarebbe stato il risultato di una serie di eventi, avvenuti nell'arco di più secoli, collegabili sia alla scarsa manutenzione dei fiumi, dovuto al progressivo abbandono delle terre che erano state bonificate in epoca classica e iniziato durante gli ultimi secoli dell'Impero romano d'Occidente, sia a un generale peggioramento delle condizioni climatiche avvenuto a livello globale tra il VI e l'VIII secolo, che portò al parziale scioglimento dei ghiacciai e ad un aumento delle precipitazioni con conseguente progressivo e drammatico incremento della portata dei fiumi. La laguna di Venezia è il frutto dell'opera di una complessa rete fluviale, comprendente i bacini dei fiumi Piave, Sile, Zero, Dese, Marzenego, Brenta, Bacchiglione, Agno, Adige, Tartaro e Po, che creavano un ampio e continuo sistema di foci e lagune lungo tutto l'arco compreso tra Comacchio e Grado: l'antica conformazione fluviale mutò però radicalmente a seguito di questi sconvolgimenti. A partire da nord il Piave, che anticamente sfociava assieme al Sile nei pressi dell'antica Heraclia, spostò il proprio corso a sud, sfociando in mare in corrispondenza di porto di Cavallino: il fenomeno sconvolse la posizione difensiva della città, allora capitale del distretto di Venetikà, che venne a trovarsi ricongiunta alla terraferma ed esposta alle minacce esterne, provocando così l'inizio della propria decadenza. Dal canto suo il Sile, invece, separandosi dal corso del Piave, andò a sfociare nella località ora detta Portegrandi, nei pressi dell'allora esistente porto di Treporti. I fiumi Dese e Zero presero invece a confluire nella laguna nei pressi della città di Torcello, raggiungendo poi il mare attraverso l'allora esistente porto di Sant'Erasmo: il forte afflusso di acque dolci mutò la salubrità della zona, favorendo il progressivo sviluppo di aree malariche, che determinarono il declino dei vicini centri urbani. Il Marzenego raggiungeva il mare attraverso il porto del Lido, entrando nella laguna presso la località detta Campalto e congiungendosi con le acque del Brenta tramite il canale di Cannaregio. Più a sud il Brenta e il Bacchiglione abbandonarono il proprio precedente delta, che condividevano e si estendeva tra il porto di Metamauco e il porto di Chioggia; i corsi dei due fiumi si separarono e il Brenta fu canalizzato e mandato a sfociare in corrispondenza dell'odierna Fusina, parte presso l'abitato di Olivolo e parte attraverso il vecchio porto della città di Metamauco e il vicino porto di Albiola. Sempre nei pressi della città di Chioggia presero a confluire le acque del Bacchiglione, il cui percorso si presentava sensibilmente diverso dall'attuale, poiché questo corso d'acqua, dopo aver lambito Vicenza, non doveva entrare in Padova, ma scorreva a sud della città e si univa, nella zona di Vallonga (il portus Aedro = mansio Evrone), alle acque del Brenta per uscire infine in Laguna. In questo contesto di modificazione fluviale venivano a trovarsi esposti alla forza del mare gli spartiacque interni alla laguna, che probabilmente in precedenza la dividevano negli attuali quattro bacini idrografici. Gli spartiacque (ove in terra emersa) vennero quindi spazzati e sommersi dalle acque, separando i lidi definitivamente dalla terraferma venendo a creare la laguna unita come oggi la conosciamo.
Poco più a sud, nell'oggi scomparso porto di Brondolo, prese invece a sfociare la continuazione dei fiumi Agno e Guà (oggi attraverso il canale di Gorzone).
Carta con i fiumi Tartaro, Adige, Po, Po di Volano e i
Canali eseguiti per ovviare gli interramenti del
Reno, in passato affluente del Po.
Sempre a seguito di questi sconvolgimenti, si estinse un ramo dell'Adige che passava per Bonavigo, Minerbe, Montagnana, Este, Sant'Elena, Solesino e sfociava nell'antico porto di Brondolo, mentre il letto del corso principale divenne inadeguato a gestire la nuova portata; i Longobardi, in guerra con l'Esarcato di Ravenna, lasciarono il fiume disalveato come difesa naturale contro potenziali attacchi e la campagna inondata si tramutò in palude per secoli. Il corso del Tartaro rimase pressoché inalterato: anticamente sfociava presso Pellestrina col nome di "canale Filistina", ma perse il tratto finale e confluì in queste paludi; presumibilmente in questo periodo, le sue acque riattivarono anche un antico ramo abbandonato del delta del Po, corrispondente al Po di Adria ossia all'attuale Canalbianco. La tradizione indica sempre il 589 come l'anno in cui il corso principale del Po mutò dal Po di Primaro al Po di Volano, ma dalla lettera del prefetto Cassiodoro ai Tribuni Marittimi Veneziani del 537 si evince che già in quell'anno il Po di Volano era il ramo più attivo.

- Il popolo visigoto (in massima parte ariano), seguendo come di consueto la decisione del re, in questo caso Recaredo, si converte al cattolicesimo.

Papa Gregorio Magno.
Nel 590 - Inizia il pontificato di Gregorio Magno, durante il quale i Longobardi, divisi fra cristiani di fede ariana e pagani, si convertiranno al cattolicesimo. Il romano, di fatto e di cultura, Gregorio, si sente suddito dell'imperatore d'oriente, ma deve difendere e tutelare il territorio di Roma dall'invasione longobarda da solo, poichè l'impero costantinopolitano ha problemi di maggiore e più vicina entità con la Persia.
Gregorio si erge quindi come tutore dell'integrità della cristianità occidentale. Nonostante lo scisma tricapitolino, è proprio in questa fase che si intenderà, per Europa, l'insieme della cristianità nei territori barbarizzati dell'ex impero romano d'occidente. Sarà un'Europa sempre più Germanizzata. Popolazioni Germaniche domineranno la Francia, l'Inghilterra, Belgio, Olanda oltre a Germania (con la Prussia nei territori russi), Scandinavia, Austria, Svizzera oltre a una vera e propria mescolanza con le popolazioni della Romania e della Russia (dove le aristocrazie erano di ceppo germanico) e mediterranee; Italia per prima, oltre all'area balcanica, i territori iberici e il nord-Africa.

Corona ferrea, corona dei Re d'Italia,
conservata nel duomo di Monza.
Nel 591 - A Milano, il langobardo Agilulfo è incoronato Re d'Italia, per la prima volta nella storia, con la Corona Ferrea, fatta assemblare da sua moglie Teodolinda che aveva sposato l'anno prima, nel 590. Teodolinda o Teodelinda (570 - 627) fu regina dei Langobardi e regina d'Italia dal 589 al 616. Figlia del duca dei Bavari, Teodolinda era una principessa di stirpe regale, discendente per parte materna della casata longobarda maggior portatrice del "carisma" regale, i Letingi.
Teodelinda (o Teodolinda).
Per suggellare l'alleanza tra Bavari e Longobardi venne data in sposa ad Autari, re dei Longobardi, asceso al trono dopo una fase di assenza di potere regio. Morto Autari, dopo solo un anno di nozze, Teodolinda si risposò con Agilulfo, duca di Torino, da cui ebbe un figlio, Adaloaldo, futuro re dei Longobardi e il primo ad essere battezzato nella fede cattolica.  Teodolinda, infatti, essendo cattolica, anche se aderente  allo  scisma dei Tre Capitoli, rappresentò il primo stabile  collegamento tra i  Longobardi ariani e la Chiesa di Roma, grazie ai suoi rapporti amichevoli con papa Gregorio Magno.
Nel 545 Giustiniano, in qualità di Pontefice Massimo, poiché da Costantino in poi l'imperatore era anche il capo della chiesa cristiana, aveva emanato l'Editto contro i "Tre Capitoli" che provocò uno scisma nella cristianità. Lo scisma tricapitolino o Scisma dei Tre Capitoli fu effettuato da un folto gruppo di vescovi dell'Italia Settentrionale, della Gallia e del Norico, fra cui quelli di Milano, Ansano e Aquileia, che interruppero le relazioni con gli altri vescovi e con il papa, rifiutando le posizioni dell'imperatore che sconfessava relativamente la posizione difisista assunta dal concilio di Calcedonia del 451. L'imperatore Giustianiano I (527-565), per salvaguardare l'unità dell'impero romano d'Oriente nel suo disegno di espansione dell'egemonia sui paesi dell'area mediterranea, cercava di ingraziarsi gli eretici monofisiti, numerosi e con molti agganci politici, compresa l'imperatrice Teodora, alla corte di Costantinopoli. Le tesi monofisiste, che racchiudevano in un'unica natura la divinità e per di Cristo, erano state condannate dal concilio di Calcedonia, ma l'imperatore decise di condannare a loro volta alcuni teologi del passato, assertori di teorie difisiste sospettate di nestorianesimo, che a Calcedonia avevano goduto di grande autorevolezza. Pertanto, con un editto imperiale intorno all'anno 545, Giustiniano condannò come eretici la persona e tutti gli scritti del teologo antiocheno Teodoro di Mopsuestia (morto intorno al 428), gli scritti di Teodoreto di Cirro (morto nel 457) contro il patriarca di Alessandria Cirillo, una lettera di Iba di Edessa (morto nel 457) a difesa dello stesso Teodoro. Questi scritti, raccolti appunto in tre "capitoli", venivano considerati di tendenza nestoriana. Con il termine nestorianesimo si intende la dottrina cristologica attribuita al vescovo di Costantinopoli Nestorio (381-451) e alla Chiesa cristiana afferente alla sua figura religiosa che afferma la totale separazione delle due nature del Cristo, quella divina e quella umana", negandone l'unione ipostatica. Afferma pure che Maria ha generato l'uomo Gesù, e non Dio, per cui rifiuta a Maria il titolo di «Madre di Dio» (Theotókos), riconoscendola solo come "Madre di Cristo" (Christotókos), e afferma che colui che fu nato da Maria era solo un uomo in cui Dio poi discese come discese nei profeti. Riconosce la presenza in Cristo, piuttosto che di due nature, di due persone (Dio e uomo), unite dal punto di vista "morale" più che sostanziale. L'umanità, il corpo di Gesù sarebbe stata una sorta di "tempio dello Spirito", in cui era accolta la divinità. Tale dottrina fu condannata dal Concilio di Efeso del 431, che insegnò come dogma della Chiesa l'applicazione a Maria della descrizione Theotókos. Il concilio fu perciò rigettato da quei cristiani che poi venivano chiamati nestoriani e in particolare da quelli dell'Impero persiano, che vivevano ad est dell'Impero romano, nella Chiesa d'Oriente.
Donna bella e intelligente, Teodelinda fu molto amata dal suo popolo, che poté godere durante il suo regno e quello di Agilulfo di anni prosperi e fruttuosi. La regina fu una grande mecenate e fornì Monza - la città da lei resa capitale estiva del Regno longobardo - di una ricca basilica dedicata a san Giovanni Battista, di un palazzo reale e di numerosi oggetti d'arte, tra i quali molte reliquie. Fondò molti altri edifici religiosi nell'intera zona brianzola e favorì la predicazione di San Colombano che approdò, nel 614, alla fondazione del monastero di Bobbio. In età medievale si afferma la centralità dell'incoronazione nella vita degli stati monarchici, come diretta continuazione delle tradizioni romano-costantinopolitane. Trait-d'union fra Oriente e Occidente sarà la Corona Ferrea, diadema dalle origini leggendarie carico di significati religiosi. Secondo la tradizione la lamina di ferro che la circonda al suo interno fu ricavata da un chiodo della Vera Croce di Cristo. La forte sacralità di questo diadema ne fece un segno potente di regalità per la cristianità latina, anche se il famoso chiodo della vera croce era stato trovato da Elena, madre dell'illirico Costantino il Grande, fondatore della Nuova Roma poi chiamata Costantinopoli, che non era stato un cristiano, ma adoratore del sol invictus. La storica Valeriana Maspero ritiene invece che la corona fosse il diadema montato sull'elmo di Costantino, dove il sacro chiodo era già presente. Secondo Socrate Scolastico e Sozomeno (V secolo), Elena fece incastonare uno dei tre o quattro chiodi della vera croce, nel morso del cavallo di Costantino e nell’elmo (o nella corona) per sua protezione.
Il sacro morso del cavallo di
Costantino il Grande, da: http
L'elmo e il morso, insieme alle altre insegne imperiali, furono portati a Milano dall'imperatore Teodosio I, che vi risiedeva e Ambrogio li descrive nella sua orazione funebre "de obitu Teodosii". Dopo la caduta dell'Impero Romano d'Occidente, l'elmo e il morso del cavallo di Costantino il Grande furono portati a Costantinopoli, ma in seguito furono reclamati dal goto Teodorico il Grande, re d'Italia, che aveva a Monza la sua residenza estiva e che secondo i documenti del Priorato di Sion era un discendente di Sarah-Damaris Principessa della Tribù di Giuda Bat Yeshuah nata nel 27, figlia primogenita di Gesù (Yeshuah Ben Yossef) e di Maddalena (Mariamne Migdal-Eder Principessa della Tribù di Beniamino). I bizantini inviarono a Teodorico il diadema trattenendo la calotta dell'elmo. Il "Sacro Morso" del cavallo di Costantino rimase a Milano e oggi è conservato nel duomo della città. Due secoli dopo papa Gregorio I avrebbe donato uno dei chiodi a Teodolinda, regina dei Longobardi, che fece erigere il duomo di Monza. Teodolinda fece fabbricare la Corona Ferrea e vi fece inserire il chiodo, ribattuto a forma di lamina circolare. La tradizione che legava la corona alla Passione di Cristo e al primo imperatore cristiano ne facevano un oggetto di straordinario valore simbolico, che legava il potere di chi la usava a un'origine divina e a una continuità con l'impero romano.
La corona Ferrea, corona del Regno
dell'Italia mediterranea nell'Europa,
entità cristiano-romana sorta con la
germanizzazione dell'impero romano
d'Occidente.
Nella cultura alto-medievale francese, il re diveniva tale solo con l'incoronazione, mentre nella cultura anglosassone diveniva tale subito dopo la morte del predecessore. Ciò spiega probabilmente la rapidità con cui in Francia si procedeva all'incoronazione, che invece in Inghilterra arrivava talvolta dopo mesi, a sancire a livello cerimoniale i poteri già solidamente detenuti del nuovo re.
Dopo la morte di Agilulfo, Teodelinda fu reggente per il figlio Adaloaldo, ma quando questi venne deposto da una congiura di corte - dopo dieci anni di regno - la regina si ritirò a vita privata e poco dopo morì. Fu sepolta con tutti gli onori nella basilica di San Giovanni, ora Duomo di Monza, dove fu venerata dal popolo locale come una santa. La sua figura, divenuta mitica, fu amatissima e divenne il fulcro di numerose leggende e storie popolari. Da alcuni Teodolinda è venerata come beata, anche se la Chiesa non ne ha mai confermato il culto.

L'Europa, entità cristiana nata dalle ceneri dell'Impero
Romano, coronata con la Corona d'Italia.
- La Corona Ferrea o Corona del Ferro è l'antica e preziosa corona che venne usata dall'Alto Medioevo fino al XIX secolo per l'incoronazione dei Re d'Italia. Per lungo tempo, gli imperatori del Sacro Romano Impero ricevettero questa incoronazione. All'interno della corona vi è una lamina circolare di metallo: la tradizione vuole che essa sia stata forgiata con il ferro di uno dei chiodi che servirono alla crocifissione di Gesù. Per questo motivo la corona è venerata anche come reliquia, ed è custodita nel duomo di Monza nella Cappella di Teodolinda. Secondo la tradizione cristiana verso l'anno 324 Elena, madre dell'imperatore Costantino I, fece scavare l'area del Golgota in cerca degli strumenti della Passione di Gesù. Fu rinvenuta quella che venne identificata come la "vera Croce", con i chiodi ancora conficcati. Elena lasciò la croce a Gerusalemme, portando invece con sé i chiodi: tornata a Roma, con uno di essi creò un morso di cavallo, e ne fece montare un altro sull'elmo di Costantino, affinché l'imperatore ed il suo cavallo fossero protetti in battaglia. La storica Valeriana Maspero ritiene invece che la corona fosse il diadema montato sull'elmo di Costantino, dove il sacro chiodo era già presente. L'elmo e il morso, insieme alle altre insegne imperiali, furono portati a Milano dall'imperatore Teodosio I, che vi risiedeva: Ambrogio li descrive nella sua orazione funebre "de obitu Teodosii". Dopo la caduta dell'Impero Romano d'Occidente, l'elmo fu portato a Costantinopoli, ma in seguito fu reclamato dal goto Teodorico il Grande, re d'Italia, il quale aveva a Monza la sua residenza estiva. I bizantini gli inviarono il diadema trattenendo la calotta dell'elmo. Il "Sacro Morso" rimase a Milano: oggi è conservato nel duomo della città. Due secoli dopo papa Gregorio I avrebbe donato uno dei chiodi a Teodolinda, regina dei Longobardi, che fece erigere il duomo di Monza; ella fece fabbricare la corona e vi inserì il chiodo, ribattuto a forma di lamina circolare. La tradizione che legava la corona alla Passione di Cristo e al primo imperatore cristiano ne facevano un oggetto di straordinario valore simbolico, che legava il potere di chi la usava a un'origine divina e a una continuità con l'impero romano. La Corona Ferrea fu usata dai re Longobardi, e poi da Carlo Magno (che la ricevette nel 775) e dai suoi successori, per l'incoronazione dei re d'Italia. Indagini storiche più recenti ritengono che la conformazione odierna della corona sia dovuta a interventi databili tra il V e il IX secolo. Essa potrebbe essere stata un'insegna reale Ostrogota, passata poi ai Longobardi e quindi ai Carolingi, i quali, dopo averla restaurata, la donarono al Duomo di Monza, chiesa reale fatta erigere da Teodolinda. Gli imperatori del Sacro Romano Impero venivano incoronati tre volte: una come Re di Germania, una come Re d'Italia, una come Imperatore (quest'ultima corona veniva imposta dal Papa). L'incoronazione con la Corona Ferrea si svolgeva a Milano, nella basilica di Sant'Ambrogio; altre volte tuttavia la cerimonia si svolse a Monza (nel Duomo o nella Chiesa di S.Michele) oppure a Pavia, e saltuariamente in altre città ancora. Tra un'incoronazione e l'altra, la Corona Ferrea risiedeva nel Duomo di Monza, che per questo motivo era dichiarata "città regia", proprietà diretta del re d'Italia (l'imperatore), e godeva di privilegi ed esenzioni fiscali. La corona attraversò tuttavia alcune vicissitudini: nel 1.248 fu data in pegno all'ordine degli Umiliati, a garanzia di un ingente prestito contratto dal capitolo del duomo per pagare una pesante imposta straordinaria di guerra, e fu riscattata solo nel 1.319. Successivamente fu trasferita ad Avignone, allora sede papale, dove rimase dal 1.324 al 1.345: durante questo periodo fu persino rubata, ma il ladro fu catturato e la refurtiva recuperata. Papa Innocenzo VI, nel quadro della lotta per le investiture, promulgò nel 1.354 un editto con il quale rivendicava il diritto di Monza all'imposizione della Corona Ferrea nel Duomo, subito disatteso. La tradizione della triplice incoronazione si interruppe con Carlo V, che fu incoronato nel 1.530 a Bologna: abdicando nel 1.556, egli divise l'impero in due, separando così i regni di Italia e Germania. Nel 1.576 san Carlo Borromeo istituì il culto del Sacro Chiodo, per celebrare la venerazione della Corona e legarla all'altro Chiodo della Passione nel Duomo di Milano. Due secoli dopo, però, il ducato di Milano passò all'Austria e la tradizione riprese: l'imperatore Francesco I ricevette la Corona Ferrea nel 1.792. L'incoronazione più famosa è però quella di Napoleone Bonaparte, che si incoronò re d'Italia nel 1.805: nel rito celebrato nel Duomo di Milano, egli si impose da solo la corona sul capo, pronunciando la frase: "Dio me l'ha data e guai a chi me la toglie!". Per devozione alla corona Napoleone istituì poi l'"Ordine della Corona del Ferro". Dopo la parentesi napoleonica, l'incoronazione ritornò prerogativa degli imperatori d'Austria, e Ferdinando I la ricevette nel 1.838. Durante le guerre di indipendenza italiane, la corona fu requisita da Monza e portata a Vienna, ma nel 1.866, dopo la sconfitta dell'Austria nella terza guerra di indipendenza, fu restituita all'Italia e ritornò a Monza. I Savoia tuttavia non la utilizzarono mai per le incoronazioni, poiché conservarono la corona del regno di Sardegna (anche nello stemma regio). Inoltre essa era diventata negli anni precedenti un simbolo della dominazione austriaca, oltre a ciò il Regno d'Italia era in conflitto con il Papato, in seguito alla presa di Roma, e l'utilizzo di una corona che era anche una preziosa reliquia era poco opportuno. In ogni caso la corona faceva parte delle insegne reali, come testimonia l'esposizione di essa ai funerali di Vittorio Emanuele II (1.878), il quale aveva anche istituito l'Ordine cavalleresco della Corona d'Italia. Il re Umberto I forse meditava di incoronarsi con la Corona Ferrea quando il clima politico fosse stato più favorevole: nel 1.890 egli inserì la Corona Ferrea nello stemma reale, e nel 1.896 donò al duomo di Monza, città in cui egli amava risiedere, la teca di vetro blindato in cui essa è tuttora custodita. Il suo assassinio nel 1.900 interruppe i suoi progetti, ma di nuovo alle sue esequie venne esposta la Corona e la sua tomba al Pantheon ne reca una copia bronzea. Il figlio Vittorio Emanuele III non volle alcuna cerimonia di incoronazione. Con la proclamazione della Repubblica Italiana nel 1.946, la Corona Ferrea smise definitivamente di essere un simbolo di potere, per essere solo una reliquia e un prezioso cimelio storico. L'ultimo viaggio della corona avvenne durante la seconda guerra mondiale: temendo che i tedeschi volessero impadronirsene, nel 1.943 il cardinale Ildefonso Schuster la fece trasferire segretamente in Vaticano, dove rimase fino al 1.946. Essa ritornò portata da due canonici del duomo di Monza, nascosta in una cappelliera dentro una valigia. Lo storico monzese Bartolomeo Zucchi, che scriveva intorno al 1.600, contò 34 incoronazioni avvenute fino a quel momento. Non tutte queste incoronazioni sono però comprovate da documentazioni storiche.Tra quelle sicure, oltre a quelle longobarde, si ricordano:
- Carlo Magno (800)
- Corrado (1.024)
- Corrado III (1.128)
- Federico Barbarossa (1.155)
- Enrico VI (1.186, in occasione delle nozze con Costanza d'Altavilla)
- Carlo IV (1.355, presente Francesco Petrarca)
- Carlo V d'Asburgo (1.530, a Bologna)
- Napoleone I (1.805)
- Ferdinando I d'Austria (1.838)
Per stilare l'elenco di chi è stato incoronato Re d'Italia, con la Corona d'Italia, dovremmo cominciare da Teoderico, Re Ostrogoto d'Italia nel 493, per concessione dell'Imperatore Romano d'Oriente, che probabilmente fece assemblare la corona con le gemme e le reliquie giunte da Costantinopoli; poi fu la volta dei Re Longobardi, di cui Agilulfo, che divenne Re nel 591. Nel  768 Carlo Magno Re dei Franchi, vinti i Longobardi divenne Re d’Italia, e fu incoronato imperatore del Sacro Romano Impero nell'800, con la Corona Ferrea. Dopo la sua morte, dalla ripartizione dell’Impero  dell’888 si formarono i regni di Francia, di  Borgogna, di Provenza,  d’Italia e di Germania. Nel 926 divenne Re d’Italia Ugo di Provenza, nel 946 gli  successe Berengario D’Ivrea. Nel 951 Ottone  di Sassonia  divenne Re di Germania e dopo Re d’Italia, si fece incoronare  Imperatore a Roma nel 962, dando vita al Sacro Romano Impero di Germania, dopo di lui Il titolo di Re d’Italia è di diritto senza investitura dell’Imperatore. Alla Casa di Sassonia, morto Enrico II nel 1024, vi  successe la Casa di Franconia e dopo  Enrico V °, seguì la Casa Sveva. L’Imperatore Enrico VI ° sposò Costanza D’Altavilla della Casa Normanna, erede al trono di Sicilia che includeva la Sardegna e la Corsica. Unificati i tre regni vi  successe il figlio Federico, I ° fra i Re di Sicilia e II ° fra gli Imperatori di Germania.  Federico ebbe quattro mogli: Costanza figlia del Re d’Aragona, madre di Enrico che diverrà Re di Germania, Iole figlia del Re di Gerusalemme e madre di Corrado VI°, ereditiera del trono di Gerusalemme, titolo che verrà tramandato a tutti i Re di Sicilia. Dal matrimonio con  Margherita D’Austria, nasce il piccolo Corradino che lascerà il titolo sotto tutela della madre. La terza moglie dell’Imperatore fu  la principessa Isabella  d’Inghilterra, sorella di Enrico III °. L’ultima  moglie fu Bianca Lanza dei Conti di Fondi. Nel 1249 il figlio Enzo Re di Sardegna, nella guerra contro i Comuni fu catturato dai bolognesi, e visse in prigione per venti anni in un palazzo della città di Bologna. Federico morì l’anno seguente nel mese di dicembre. Al trono Imperiale successe il figlio Manfredi che muore  a Benevento nel 1266 durante la guerra contro gli Angioini i quali, dopo la morte di  Corradino succederanno al trono di Sicilia. Re Pietro III d’Aragona avendo sposato la Sveva Costanza figlia di Manfredi  rivendica il Regno di Sicilia dando inizio alla guerra del Vespro. Nel 1302 con la pace di Caltabellotta, Carlo II D’Angiò pur mantenendo il titolo di Re di Sicilia e Gerusalemme appartenenti alla Casa Sveva, cederà  il Regno a Federico II ° D’Aragona, (III ° di Sicilia) con il titolo di Re di Trinacria. La perdita del Regno di Sicilia indebolì l’Impero Romano di Germania, con perdita di autorevolezza nella stessa Germania, e soltanto dopo anni della morte dell’Imperatore Federico II°, i grandi elettori rielessero un nuovo Imperatore, Rodolfo D’Habsburg (Asburgo o Absburgo) che consolidò la propria dinastia soprattutto in Austria.
Gli successero gli Imperatori Enrico VII ° del Lussemburgo, Ludovico di Bavaria, e Carlo IV °. Nel XIV° secolo il Regno D’Italia è smembrato in Signorie e Principati  di fazione Imperiali o papiste. Nel 1395 Gian Galeazzo Visconti ottenne dall’Imperatore il titolo di duca di Milano, gli succederà nel 1450 il genero Francesco Sforza. A metà del Quattrocento a Firenze si instaura la Signoria dei Medici. Venezia, da ducato dell'Impero Romano d'Oriente, diventa Repubblica. A Napoli morto il Re Roberto D’Angiò il figlio di Carlo II °, eredita il trono  la figlia Giovanna. Nel Regno di Sicilia nel 1442 successe Re Alfonzo di Aragona divenuto anche Re di Napoli. Ad lui successe il figlio Ferdinando, detto il Cattolico Re di Aragona, di Napoli e di Sicilia,  sposatosi con Isabella, ereditiera della Corona di Castiglia: crearono il Regno di Spagna. Sul finire del XV ° secolo il Re di Francia Luigi XII ° discendente di una Visconti di Milano, rivendica, occupandolo nel 1504, il Ducato di Milano e spodestando  Ludovico il Moro; il Regno di Napoli diverrà poi un Viceregno spagnolo. Figlia di Ferdinando il Cattolico e di Isabella di Castiglia, Giovanna, erede al trono di Spagna sposa Filippo il Bello, figlio dell’Imperatore Massimiliano D’Asburgo, e da questo matrimonio nascerà  Carlo V ° che tra il 1516 e il 1519 erediterà la Corona di  Spagna, i due viceregni di Napoli e Sicilia, le Colonie Americane, l’Austria, le Fiandre, e i Paesi Bassi e i diritti sulla Borgogna, dominio francese. Il 24 febbraio 1530 Carlo V° fu incoronato Imperatore nella città di Bologna dal Clemente VII°. A Carlo V ° successero i figli Filippo II ° erede del  Regno di Spagna con inclusi i viceregni di Napoli, Sicilia e Sardegna, e Ferdinando, erede dei reami di Casa D’Austria e del titolo di Imperatore dell’Impero Romano di Germania. Questi contesero quindi il Ducato di Milano ai Francesi, annettendolo al Regno di Spagna, raggruppando di fatto le regioni dell’antico Regno D’Italia, politicamente non più esistente, tramandato solo nel titolo di Reale D’Italia.

Europa e Mediterraneo nel 600.
A partire dal IV secolo (dopo l'Editto di Milano) la Diocesi di Roma divenne proprietaria di immobili e terreni, frutto delle donazioni dei fedeli. Il patrimonio terriero del vescovo di Roma, che era denominato "Patrimonium Sancti Petri" poiché le donazioni erano indirizzate ai santi Pietro e Paolo, patroni di Roma, nel VI secolo aveva assunto un'estensione di rilievo.


Cartina dell'Europa continentale
nel 600.
- Verso il 600 gli Slavi occuparono i territori dell'Europa centrale lasciati vuoti dai Germani, che si erano spostati all'interno di quello che era l'Impero romano. Evitando la pianura Pannonica, brulicante di Àvari, attraverso la Polonia giunsero fino alla Pomerania e poi scesero attraverso la "porta di Moravia" e valicarono il Danubio a Vindobona, attraversando la Serbia giunsero fino in Dobrugia e nel Pindo, sovrapponendosi alle popolazioni preesistenti quali Illiri, Daci e Traci, oppure mescolandosi a loro come con i Bulgari, ed alla fine s'infransero sulle mura di Costantinopoli, cosicché dovettero sedentarizzarsi.

Cartina dell'Europa e
Mediterraneo nel 600.
- L'antico Illyricum è invaso da varie tribù barbare fra cui i Goti, che qui rimarranno per 150 anni, gli Àvari e gli Slavi. L'invasione slava, feroce e sanguinaria, ha avuto conseguenze durature nella composizione etnica dei Balcani. Le popolazioni di ceppo illirico diminuiranno ed infine saranno assimilate. Nell'Illiria del sud, le odierne terre albanesi , la popolazione autoctona riuscirà a conservare una relativa identità etnica, ma il loro territorio originale si ridurrà ad una piccola estensione, soggetta alle varie occupazioni di Slavi, Bulgari e Serbi attraverso tutto il Medioevo.

Carta dell'Italia nel 652, alla morte del Re Longobardo
Rotari. In giallo i territori Bizantini, in arancio i
Longobardi, in fucsia i territori contesi fra
Longobardi e Bizantini. Sono indicate le
regioni, i monasteri cristiani e le maggiori città.
Nel 600 - L'invasione dell'Italia da parte dei Longobardi ha prodotto un regno longobardo d'Italia al centro-nord, con capitale Pavia, e due ducati longobardi al centro-sud, con Benevento e Spoleto come capitali. I Longobardi adottarono infatti il titolo nobiliare di Duca e Ducato come entità politica. I titoli Duca e Doge (adottato da veneziani, genovesi ecc.), Duchessa e Dogadessa al femminile, derivano tutti dal latino Dux, "Duce", condottiero. Da qui in poi iniziano i diversi destini fra le aree a nord e a sud della penisola, producendo nel tempo differenze che sono tuttora visibili.

Carta con i dialetti parlati nel
nord italico, di derivazione
gallica (gallico-cisalpino)
e del centro italico di
derivazione latino-autoctona.
- Nel nuovo assetto politico della penisola nasceranno nuovi  nomi per alcune regioni italiche: il cuore del regno longobardo verrà chiamato Longobardìa, da cui Lombardia, e Romània (da cui Romagna) era il nome con cui i Longobardi indicavano l'esarcato dell'impero romano d'oriente (i bizantini) in Italia, la cui capitale era Ravenna, tradizionale porto che permetteva il collegamento della penisola con Costantinopoli, porto a cui poi si preferirà Venezia, che al momento si stava urbanizzando nel contesto delle Venetie romano-orientali (bizantine). E' infatti in questo periodo che si intensifica l'urbanizzazione nell'arcipelago del Rivo Alto (Rialto), antico nome della città di Venezia, edificata su cinque isole lagunari, per non subire incursioni. Il popolamento della laguna veneziana, iniziato con le invasioni barbariche, si intensificherà dagli agli inizi del sec. VII per la pressione dei Longobardi sui possedimenti bizantini.
Carta dei dialetti parlati nel sud
italico e isole, derivati dalle lingue
delle popolazioni autoctone e
immigrate.
Intanto a sud, il ducato di Calabria bizantino, che occupava solo una piccola parte della Calabria di allora (regione in cui anticamente risiedevano gli Apuli e che infatti oggi chiamiamo Puglie) e che invece occupava interamente l'antico Bruzio (la regione anticamente abitata dai Brutii), adottando il nome di ducato di Calabria farà in modo che da lì in poi verrà riconosciuta come Calabria solo l'antico Brutio, che infatti oggi si chiama Calabria.

Carta con i dialetti ritenuti di origine
latina in Europa occidentale,
mentre in quella orientale lo sono
il Rumeno e Moldavo.
- Anche la viabilità subirà modifiche per l'attrito fra i nuovi potentati italici.
La via Francigena che collegava  l'Europa continentale a Roma valicando l'appennino tosco-emiliano, fino ad allora passava alla destra del fiume Panaro, attraversando  Zocca, antico punto montano di mercato, per poi  valicare il passo della Croce Arcana, situato fra gli odierni comuni di Fanano (MO) e Cutigliano (PT), aggirando il monte Cimone in senso orario, era controllata dall'Esarcato dell'impero romano d'oriente presso gli attuali Sassi di Rocca Malatina (MO), poco prima di Zocca, che da lì presidiava il confine con i territori controllati dai Longobardi.
Carta con i Sassi di Rocca
Malatina (MO) e i passi
dell'Abetone e di Croce Arcana.
I Longobardi allora approntarono  un percorso che valicasse il passo dell'Abetone, fra gli attuali comuni di Fiumalbo (MO) e Cutigliano (PT), percorrendo una nuova via alla sinistra del fiume Panaro, passando da Pavullo nel Frignano (l'antico Ferronianum dove vivevano i Celto-Liguri Friniati prima che i Romani li sterminassero) ed aggirando così il monte Cimone in senso antiorario.
Questa via di comunicazione nord-sud è utilizzata ancora oggi.
A testimonianza di quei giorni, è da segnalare che nel dialetto modenese della valle del Panaro, per "paiolo" si dice "calzeder", parola con lo stesso significato derivata dal greco, la lingua parlata nell'impero romano-orientale bizantino.
Sempre in valle, ci si distingue ancora oggi fra di qua o di là dall'acqua (il fiume Panaro stesso), intendendo così rimarcare profonde differenze culturali.


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