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martedì 22 gennaio 2019

Storia dell'Europa n.6: dal 6.000 al 3.500 p.e.v. (a.C.)

Cartina degli spostamenti e migrazioni degli Indoeuropei
nel 3.500/2.500 a.C. di Dbachmann (discussione contributi)
- Opera propria, CC BY-SA 3.0, QUI.  
Nel 6.000 a.C. - E' in corso la migrazione Indoeuropea  verso l'Europa, verso l'Iran, l'Afganistan e verso i fiumi Indo e Gange, in India. Nella penisola iberica, dall'Africa affluisce la stirpe camita-berbera.
Ricostruzione del
lago Ligustico.
E' dal Neolitico che abbiamo le testimonianze di una popolazione che verrà poi chiamata  Ligure, nome derivato dalla parola indo-europea liga che significa «luogo paludoso» o «acquitrino», un termine che troviamo ancora oggi nel francese «lie» nel provenzale «lia», forse per l'ubicazione palustre del Lago Ligustico, situato presso la foce del fiume Guadalquivir (l'antico Betis o Tartesso), nel territorio dove oggi sorge Siviglia, in Spagna. Non sappiamo come i Liguri chiamassero se stessi: presumibilmente ogni tribù aveva il proprio nome, derivato da un capostipite, come nel caso dei Siculi o degli Ambrones, o da una zona geografica, come Ingauni e Intemeli, o ancora dalla loro divinità, come i Jenuensis da Jano (Giano).

INVASIONE O DIFFUSIONISMO?
Gimbutas sosteneva che le espansioni della cultura kurganica fossero essenzialmente una serie di incursioni militari attraverso le quali la nuova ideologia guerriera e patriarcale si fosse imposta sulla pacifica cultura matriarcale della Vecchia Europa, processo osservabile tramite la comparsa di insediamenti fortificati e delle tombe dei capi-guerrieri: «Il processo di indoeuropeizzazione è stato un processo di trasformazione culturalenon fisica. Questo processo deve essere inteso come una vittoria militare attraverso la quale venne imposto un nuovo sistema amministrativo, la lingua e la religione ai gruppi indigeni.» Marija Gimbutas, p.309. Successivamente Gimbutas evidenziò sempre più la natura violenta di questo processo di transizione dal culto della Dea Madre a quello patriarcale esplicitato dal culto del dio celeste (Zeus, Giove, Dyauṣ Pitā). Molti studiosi che accettano lo scenario generale della teoria kurganica sostengono che il passaggio fu probabilmente molto più graduale e pacifico rispetto a quanto suggerito da Gimbutas. Le migrazioni non furono certo il frutto di operazioni militari studiate e concordate ma l'espansione durata generazioni di varie tribù e culture scollegate fra loro. Fino a che punto le culture indigene siano state amalgamate pacificamente o violentemente cancellate rimane ancora un punto controverso fra i sostenitori dell'ipotesi Kurgan. James Patrick Mallory ha accettato l'ipotesi Kurgan come teoria standard sull'origine dei popoli indoeuropei ma giustifica le critiche allo scenario dell'invasione militare proposto da Gimbutas:
«Si potrebbe pensare in un primo momento che le evidenze a sostegno della soluzione Kurgan ci obblighino ad accettarla completamente. Ma i critici esistono e le loro obiezioni si possono riassumere molto semplicemente: Quasi tutti gli argomenti a sostegno di una invasione e trasformazione culturale sono maggiormente spiegabili escludendo l'espansione Kurgan e la maggior parte degli indizi presentati o sono contraddetti da altri indizi o sono il risultato di una sbagliata interpretazione della storia culturale dell'Europa orientale, centrale e settentrionale.».
Un'ulteriore critica ad uno degli aspetti centrali della cultura kurganica come la intende Gimbutas proviene dagli storici militari. Questi fanno notare che fino al 1000 a.C. (o poco prima) i cavalli non erano cavalcabili, o meglio non erano cavalcabili in battaglia. La cultura kurganica allevava i cavalli, dal 4.000 a.C. fin verso il 2.100-2.000 a.C. sia per mangiarli che come animali da soma. Imparò in seguito ad usare cavalli per trainare agili carri da caccia, corsa e guerra e a cavalcarli in maniera incontrollata (con nasiere e senza sella o sottopancia); finalmente dopo circa un millennio di tentativi e di selezioni del cavallo, fu possibile montarlo in maniera utile per poterlo impiegare in battaglia, controllandolo quindi con una mano o con le gambe e contemporaneamente poter brandire un'arma.
I kurganici non avrebbero quindi avuto quella superiorità militare sui popoli privi di cavalleria, oltretutto fino alla scoperta del carro leggero, e soprattutto a quelle del morso e dell'arte equestre. Nessun popolo fu "veramente" nomade e i Kurgan, in particolare, vanno interpretati come l'espressione di una civiltà dedita ad una pastorizia transumante con al centro insediamenti fluviali. La scoperta della cavalcabilità del cavallo (tra il 1100 e il 1000 a.C.) fu una rivoluzione che mise in moto le steppe occidentali mentre forse ad est degli Altaj, con l'addomesticazione della renna, si era verificato un fenomeno analogo poiché la renna, a differenza di buoi, pecore, capre e cavalli usati dai kurganici, poco si adatta a condizioni di vita semi stanziali e transumanti.

Cartina degli spostamenti e migrazioni degli Indoeuropei
dal 3.500 - 2.500 a.C..   

Dal 5.600/5.500 al 4.500 a.C. circa - Si diffonde in Europa una Cultura della ceramica lineare a partire dal medio corso del Danubio e dal corso medio e superiore dell'Elba e del Reno, probabilmente originata dalle influenze dovute alla cultura di Starčevo-Körös dei Balcani. Nella sua prima fase ha un'estensione orientale, in quella intermedia sviluppa la "cultura della ceramica a note musicali", mentre nella sua fase tarda è nota come "cultura della ceramica decorata a punzone". La Cultura della ceramica lineare giungerà ad occupare l'area tra la Moldavia e la valle della Senna. Nello specifico:
- Dal 5.500/5.400 al 2.750/2.700 a.C. circa - Si sviluppa lungo il corso alto e medio del fiume Nistro (il Dniester), nell'attuale Moldavia, la Cultura di Cucuteni-Trypillian (dai siti di Cucuteni, in Romania, e di Trypillja o Tripolje, in Ucraina;), che si estende verso nord-est fino al fiume Dnepr (o Dnieper), nell'attuale Ucraina.
- Dal 4.900 al 4.000 a.C. circa - Appare la Cultura di Lengyel (sito dell'Ungheria centrale;), che si diffonde parallelamente alla cultura di Rössen in Slovacchia sud-occidentale e in Ungheria occidentale, mentre si propaga in Austria, Croazia e Polonia.
- Dal 4.600/4.500 al 4.300 a.C. circa - La Cultura di Rössen succede alla cultura della ceramica lineare in gran parte della Germania, nei Paesi Bassi sudorientali, nella Francia nord-orientale, nel nord della Svizzera e dell'Austria.
- Tra il 4.500 e il 3.500 a.C. - Cultura di Chassey (dal sito presso Chassey-le-Camp, Saona e Loira), che si diffonde nella valle della Senna e nell'alta Valle della Loira.

Dal 5.500 a.C. circa - Si diffonde la cultura della ceramica impressa dalle coste occidentali della penisola balcanica verso quelle adriatiche dell'Italia meridionale, espandendosi fino alla Sicilia e lungo le coste tirreniche. Una variante è la ceramica impressa detta "ligure", diffusa nell'Italia nord-occidentale e sulle coste francesi, con occupazione di aree differenti da quelle con tracce di frequentazione mesolitica, il che non fa intavvedere una continuità fra culture mesolitiche e neolitiche, perlomeno in queste aree.
- In Italia meridionale la cultura neolitica della ceramica impressa si è diffusa, tra la seconda metà del VI millennio a.C. e gli inizi del V, soprattutto nella regione del Tavoliere e nella valle dell'Ofanto, in Puglia, e in Basilicata, da dove si diffuse verso nord, verso l'interno e verso la costa tirrenica. Sono presenti insediamenti all'aperto lungo le coste e le valli dei fiumi ed è attestata un'economia basata sulla cerealicoltura e sull'allevamento, integrata dallo sfruttamento delle risorse spontanee. Si tratta di zone dove le comunità locali mesolitiche erano state probabilmente poco consistenti, in modo analogo a quanto sembra sia avvenuto in Grecia. Si susseguirono in quest'ambito varie facies, caratterizzate dallo stile della decorazione ceramica, prima impressa e incisa, poi dipinta. Una forma di comunicazione espressiva extralinguistica è rappresentata in Salento dall'arte pittorica parietale in grotta, il cui più importante esempio è costituito dai pittogrammi figurativi e simbolico-astratti presenti a migliaia nella Grotta dei Cervi di Porto Badisco (nei pressi di Otranto), scoperta nel 1970 dal Gruppo Speleologico Salentino di Maglie.
- In Sicilia è presente una maggiore continuità rispetto alle locali comunità mesolitiche, in analogia a quanto si riscontra nell'area di diffusione della ceramica cardiale: il sito della grotta dell'Uzzo ha restituito stratigrafie che proseguono senza interruzione dal mesolitico, evidenziando una transizione più graduale, con un'accentuazione delle attività di pesca e raccolta di frutti spontanei nei livelli immediatamente precedenti a quelli neolitici. Anche in quest'area si svilupparono una serie di culture locali nell'ambito della ceramica impressa. L'isola di Lipari venne colonizzata all'inizio del V millennio a.C. da genti provenienti dalla Sicilia per lo sfruttamento dei suoi giacimenti di ossidiana.
- In Sardegna lo sfruttamento dei giacimenti di ossidiana del Monte Arci portò al precoce sviluppo delle culture neolitiche, introdotte con la cultura della ceramica impressa agli inizi del VI millennio a.C. Vi erano largamente diffusi diversi tipi di monumenti megalitici e si manifestarono diverse culture locali. Nell'ultima fase si introdusse nella parte nord-occidentale dell'isola la cultura del vaso campaniforme, transitata di seguito in Sicilia assieme ad aspetti culturali tipici dell'Occidente atlantico, tra cui la produzione di piccoli edifici funerari a forma di dolmen (fine III millennio a.C.) che raggiungeranno anche la vicina isola di Malta.
- In Italia centrale la presenza dell'Appennino ha determinato la formazione di aree culturali differenziate sul versante tirrenico e su quello adriatico, con diverse facies culturali che si susseguirono l'una all'altra, con parziali sovrapposizioni.
- In Italia settentrionale la variante della cultura della ceramica impressa ligure, si affermò sulla costa della Liguria nella prima metà del VI millennio a.C. Alla fine del millennio l'area della pianura padana era interessata da un mosaico di culture accomunate dalla decorazione ceramica. Alla colonizzazione degli agricoltori neolitici, che avevano probabilmente seguito percorsi commerciali già solidamente stabiliti in precedenza, si mescolò l'assimilazione delle pratiche neolitiche da parte delle comunità locali mesolitiche, portando ad attardamenti nell'industria litica e nel mantenimento degli usi di caccia e raccolta. All'inizio del V millennio a.C. il precedente mosaico culturale venne sostituito dall'unitaria cultura dei vasi a bocca quadrata, diffusa dalla Liguria al Veneto. Alla fine del millennio l'area venne progressivamente influenzata dalla cultura di Chassey (in Italia anche detta cultura di Lagozza), originaria della Francia, che finì con il sostituire la cultura precedente.

Dal 5.400 a.C. - Si diffonde sulle coste mediterranee della penisola iberica e fino a quelle atlantiche, la cultura della ceramica impressa cardiale, nella quale la decorazione a impressione era ottenuta mediante l'impressione del margine della conchiglia di Cardium.
La conchiglia Cardium.
In generale rimasero numerosi gli insediamenti in grotta e le testimonianze di uno stile di vita forse seminomade, che induce ad ipotizzare una diffusione, attraverso piccole comunità neolitiche, di agricoltori provenienti dal mare che andarono ad occupare le aree lasciate libere dalle comunità mesolitiche locali di cacciatori e raccoglitori, le quali vennero progressivamente, ma lentamente assimilate. Dalle coste si ebbe inoltre una lenta penetrazione verso l'interno continentale europeo (valle del Rodano, valle dell'Ebro).
Una variante della ceramica impressa è la ceramica impressa detta "ligure", diffusa nell'Italia nord-occidentale e sulle coste francesi, con occupazione di aree differenti da quelle con tracce di frequentazione mesolitica. In Liguria la Ceramica Impressa Ligure è stata ritrovata quasi esclusivamente in depositi in grotta che presentano frequentazioni dell'Epigravettiano ma non del Mesolitico. Alcuni autori (P. Biagi - R. Nisbet, Popolazione e territorio in Liguria tra il XII e il IV millennio b.c., in AA.VV., Scritti in ricordo di Graziella Massari Gaballo e di Umberto Tocchetti Pollini, Milano 1986, pp. 19-27) sostengono un'origine autonoma di tale cultura a seguito di una crisi economica e tecnologica di gruppi mesolitici. La Ceramica Impressa ligure è stata individuata in numerose grotte e in siti transappenninici all'aperto e posti nei pressi dei corsi d'acqua. Lo scavo nella grotta delle Arene Candide ha permesso di raccogliere una ricca documentazione.
Orcio in ceramica impressa cardiale
rinvenuta a Valencia, in Spagna.
Sono attestati dei collegamenti ad ampio raggio fra questa facies e altri ambienti culturali, in particolare padani, dalla circolazione di pietre verdi e giadeiti liguri per la realizzazione di manufatti levigati.
La ceramica si distingue in due classi: una d'impasto grossolano di colore grigio o rossiccio decorata ad impressioni e cordoni ed un'altra con impasto depurato e con superfici ben levigate.
Le forme tipiche della prima classe sono le tazze semisferiche e semiovoidali, ciotole a calotta, ollette globulari ad apertura ristretta, vasi a fiasco, orci ovoidali o troncoconici e vasetti con prese a linguetta forata e cordoni orizzontali.La decorazione impressa è eseguita con unghiate, con punzoni di vario tipo o con la conchiglia del Cardium (da cui ceramica cardiale). La fascia al di sopra delle prese può essere decorata con motivi angolari o a denti di lupo, mentre nella zona ventrale sono presenti fasce orizzontali interrotte da fasci verticali in corrispondenza delle anse.
Le forme tipiche della seconda classe sono vasi a fiasco, tazze, bicchieri e piccoli vasetti.
Antiche ceramiche prodotte intorno al I millenio
a.C. nel nord italico: di Canegrate (proto-
celtiche), proto-Golasecca (proto-celtiche),
Liguri, di Golasecca (celtiche) di Villanova e
d'Este. Per "Cultura di Golasecca" clicca QUI  
Diffuse sono le accette e le asce in pietra verde levigata. Tra gli oggetti di ornamento prevalgono le conchiglie forate; sono presenti anche metacarpali di lepre forati ad un'estremità e un canino di cervo. Dallo studio dei resti faunistici si deduce che in associazione agli animali selvatici (cervo, capriolo, orso) erano presenti, anche se in misura minore, gli animali domestici (ovicaprini, suini, bovini). Nell'economia infatti giocava ancora un ruolo importante la caccia, la pesca (attestata da vertebre, mandibole di pesce e due ami) e la raccolta dei molluschi (Trochus, Patella). Nello strato IIb della grotta della Pollera la ceramica recuperata è decorata quasi esclusivamente con una tecnica a graffito molto accurata, con incrostazioni di pasta gialla e rossa. I motivi decorativi sono costituiti da denti di lupo, triangoli e bande campiti prevalentemente a graticcio. Lo stile, denominato "stile della Pollera" è documentato anche nello strato 13 delle Arene Candide in cui sono presenti anche fasci di linee spezzate a zig-zag e il motivo a "bandierine". Tale orizzonte, in base alle datazioni radiocarboniche, si può datare alla seconda metà del V millennio a.C. Le datazioni radiocarboniche più antiche che provengono dalle Arene Candide e dalla Pollera si inquadrano tra la fine del VI e la prima metà del V millennio a.C.
Durante il Neolitico Antico c’era, presumibilmente, una circolazione via mare, a lunga distanza, di persone e merci (incluse le ceramiche). Il reperimento di un cilindro di terracotta,  con una serie (5×12) di incisioni lineari, sulla sua superficie, ortogonali fra loro, formanti 60 caselle quadrate, rappresenta un oggetto unico nel panorama del neolitico italico. Si tratta, probabilmente, di un “Token”: termine inglese che si può tradurre come “segno stampato”, “contrassegno stampato”, ma che in termini archeologici indica un sistema di registrazione numerica. Il manufatto presenta, in 8 delle 60 caselle, un punto, impresso prima della cottura e, verosimilmente, sarebbe un antichissimo sistema di numerazione. Reperti simili si trovano in aree archeologiche, di epoche contemporanee al sito in esame, situate, soprattutto, in Medio Oriente: l’oggetto sarebbe unico fra i reperti del Neolitico italiano e potrebbe dimostrare la vastità delle influenze culturali e commerciali con popoli ed aree distanti del Mediterraneo Orientale, a loro volta legate a popolazioni più lontane di quanto fino ad ora considerato.
- Nelle isole britanniche si ebbe probabilmente una lunga coesistenza di entrambe le culture: comunità di colonizzatori agricoltori neolitici e gruppi locali di cacciatori e raccoglitori di cultura mesolitica. In queste zone ebbero particolare sviluppo i monumenti megalitici di cui l'esempio più celebre è il sito di Stonehenge.
- La diffusione della cultura della ceramica lineare si è arrestata prima di raggiungere le coste dell'Atlantico e del Baltico, probabilmente a causa della presenza di comunità di cacciatori e raccoglitori mesolitiche che si limitarono a scambiare con le comunità neolitiche oggetti, materie prime e specie domestiche. In alcune culture comunque, vi furono produzioni di tipo neolitico:
- Dal 4.200/4.000 al 2.700 a.C. circa, preceduta dalla "cultura di Ertebølle", si diffonde dalla foce dell'Elba alla foce della Vistola e dalla Scandinavia meridionale, alla Danimarca, ai Paesi Bassi e alle coste tedesche e polacche, la Cultura del bicchiere imbutiforme, di cacciatori-raccoglitori.
- La Cultura di Narva, era diffusa nei paesi baltici, nella Prussia Orientale e nelle vicine aree della Polonia e della Russia. Successa alla mesolitica cultura di Kunda, si prolungherà fino alla prima età del bronzo, subendo l'influsso delle culture della ceramica cordata, del bicchiere imbutiforme e dell'anfora globulare.
- La Cultura dell'anfora globulare occupa, tra il 3.400 a.C. e il 2.800 a.C., la stessa area della cultura del bicchiere imbutiforme, ormai nella sua ultima fase, e si sovrappone alla zona di diffusione della cultura della ceramica cordata.
- A sud le è contemporanea la cultura di Baden e a nord-est la fase finale della cultura di Narva.
- Tra il 3.200/2.800 a.C. e il 2.300/1.800 a.C. si sviluppa nel tardo Neolitico, fiorendo nel calcolitico perdurando fino alla prima Età del bronzo, una Cultura della ceramica cordata o "dell'ascia da combattimento" o "della sepoltura singola", nell'area tra il Reno e il Volga e nella Scandinavia meridionale, arrivando a sud fino alla Repubblica Ceca e alla Slovacchia.
- La cultura del vaso campaniforme si diffonde tra il 2800 e il 1900 a.C. circa, dal Portogallo alle regioni della Germania fino al fiume Elba, all'alto corso del Danubio e in Ungheria e ancora nelle isole britanniche, in Sardegna e Sicilia. La sua origine è stata riconosciuta nei Paesi Bassi e nella regione renana.

Nel 5.300 a.C. - La produzione di ceramica interessa anche la Finlandia. Le ceramiche più rappresentative appartengono alle culture della ceramica a pettine, note per i loro caratteristici motivi decorativi.

Scrittura dei Sumeri e Sumerico cuneiforme.
Dal 5.000 a.C. - I Sumeri si stanziano in Mesopotamia.
I Sumeri (abitanti di Šumer, egiziano Sangar, biblico Shinar, nativo ki-en-gir, da ki = terra, en = titolo usualmente tradotto come Signore, gir = colto, civilizzato, quindi "luogo dei signori civilizzati") sono la prima popolazione sedentaria al mondo, dopo le civiltà della valle dell'Indo, che possa essere considerata "civilizzata". Prima grande civiltà della nostra storia, i Sumeri possedevano conoscenze matematiche, ingegneristiche e cosmiche tali da fare ipotizzare a Zecharia Sitchin una loro origine extraterrestre. Il biblico Abramo, patriarca per l'ebraismo, il cristianesimo e l'islam, le 3 religioni monoteiste e patriarcali, era sumero, originario della città di Ur. I Sumeri appartenevano ad un'etnia della Mesopotamia meridionale (odierno Iraq sud-orientale), autoctona o stanziatasi in quella regione dal tempo in cui vi migrò (dal 5.000 a.C.) fino all'ascesa di Babilonia (attorno al 1.500 a.C.).
Il pannello "Faccia della guerra"
denominato "Stendardo di Ur"
rinvenuto nel Cimitero Reale
della città di Ur del 2600 a.C. circa:
h 20 cm, di lapislazzuli, conchiglie
e bitume. Si vedono i carri sumeri
trainati da onagri che travolgono
i nemici sconfitti.
I Sumeri rivestono grande importanza per l'Europa e per il mondo anche perché introdussero la scrittura. La loro scrittura cuneiforme sembra aver preceduto ogni altra forma di scrittura codificata e compare attorno alla fine del IV millennio a.C.
Le antiche città di Sumer.
Il sistema di numerazione  sumero era sessagesimale cioè in base 60, lo stesso che usiamo noi per misurare gli angoli. Le tavolette del 3.000 a.C. dimostrano che era presente un simbolo per l’1, uno per il 10, uno per il 60, uno per il 600 e uno per il 3.600. Il sistema era posizionale, dunque il numero si evinceva in base alla posizione dei simboli stessi. La civiltà sumerica praticava l'agricoltura organizzata e pianificata livello di massa, oltre all'allevamento. Solo l'agricoltura diffusa infatti, permette ad una popolazione di essere stanziale e di strutturare una società complessa, con classi sociali che non devono occupare il proprio tempo a procacciarsi il cibo e che possono invece interpretare, specializzandosi, nuovi ruoli sociali rispetto ai cacciatori-raccoglitori. L'oroscopo con le previsioni per il futuro aiutavano quindi gli agricoltori sumeri a prevedere anche il tempo meteorologico e i momenti più adatti per le semine e i raccolti, oltre ai tipi di colture idonee ai tempi. Da li si originò la ricerca del principio cosmico...l'archè dei greci, da cui derivare gli effetti terreni. Talete stesso, il primo filosofo greco, si arricchì in seguito ad una sua previsione astrologica inerente ed una super produzione di olive e quindi di olio. Tutte le pratiche divinatorie cercano delle risposte fondandosi sul principio che nulla è casuale. La ricerca è infatti incentrata sul causale, nell'individuare quali cause potranno agevolare determinati effetti. I Sumeri assunsero quindi grandi conoscenze astronomiche, e per primi sovrapposero agli astri la valenza di divinità, scoprendo le meccaniche di causa ed effetto cosmiche, (l'Astrologia) influenzando per sempre la visione cosmogologico-religiosa delle successive civiltà del Mediterraneo e del vicino Oriente.
Sigillo cilindrico sumero VA243
al Museo delle civiltà Mediorientali
di Berlino, con la rappresentazione
del sistema solare eliocentrico
e una divinità che consegna un aratro
ad un astante. Da https://www.lal
Si tratta di uno dei popoli più antichi, che fissò per primo la sfera delle idee morali e delle concezioni religiose, che per primo creò delle leggi (il Codice di Ur-Nammu fu redatto quasi tre secoli prima del Codice di Hammurabi), e soprattutto il popolo che per primo inventò la scrittura, ovvero una serie di simboli scritti (o meglio incisi) che avessero corrispondenza con le idee pronunciate, dando così inizio a quella che chiamiamo storia e alla prima letteratura
Il percorso che ci ha portato alla quasi completa comprensione della cultura sumera è stato lungo e tortuoso, spesso fuorviante, sicuramente complicato anche dalla differenza concettuale tra la nostra scrittura a lettere e la loro particolare scrittura, chiamata cuneiforme dalla forma appunto a cuneo dei caratteri utilizzati. È opportuno precisare che, concettualmente, la scrittura sumera è molto simile a quella cinese o giapponese: un ideogramma, o un cuneo nel caso sumero, poteva indicare non un solo oggetto, ma altri oggetti, idee o gesti correlati allo stesso.
Divinità solare alata di Sumer, il
Mazda zoroastriano, oppure
rappresentazione di astonave.
Ad esempio, il simbolo designato per indicare la parola "bocca", che ha una determinata pronuncia, poteva essere utilizzato in altri contesti, e con pronunce diverse, per indicare la sfera di concetti legati alla bocca: "parlare", "dente", "parola" e via dicendo. Questo fece cadere in errore i primi sumerologi, quando scoprirono le tavolette che descrivevano l'Epopea di Gilgamesh, re di Uruk: la prima traslitterazione del nome "Gilgamesh" fu infatti "Izdubar", errore che in seguito venne notato e corretto.
Carta della mezzaluna fertile con il
dominio di Sumer.
Questo non è che un esempio delle difficoltà che gli studiosi incontrarono nel catalogare e tradurre le tavole di Sumer. Man mano che gli studi procedevano si scopriva un mondo fatto di uomini, eroi e dei (gli Annunaki) strettamente legati gli uni e gli altri ed alla natura stessa. Ai giorni nostri ancora si discute se la mitologia sia un insieme di semplici favole, oppure un tentativo di spiegare i fenomeni naturali, oppure un insegnamento morale nato dalla coscienza collettiva di un popolo; per quanto riguarda i sumeri, tutte queste congetture sono probabilmente da ritenersi ugualmente valide. La civiltà sumera si è sviluppata intorno al 5.000 a.C., quando il mondo era giovane e l'uomo aveva appena preso coscienza di sé e della propria collettività. Per accostarsi correttamente alla mitologia sumera, occorre avere ben presente quale fosse la concezione che i sumeri avevano della vita stessa; ci si può basare sui fatti, senza dubbio, ma la sociologia e l'antropologia ci possono venire in aiuto nella comprensione di un popolo ormai scomparso. E queste scienze, insieme alle ottime traduzioni dei testi in nostro possesso, ci presentano un mondo in cui l'uomo non è completamente padrone del proprio destino: ovverosia, lo è nel momento in cui si rende consapevole del fatto che si trova sulla Terra con il solo ed unico scopo di servire gli dei. Egli non è ancora l'homo faber dei latini, e la morte è l'unica sorte che lo aspetta: solo gli dei sono immortali, e questa è la legge ineluttabile della vita. La locuzione latina Faber est suae quisque fortunae, tradotta letteralmente significa "Ciascuno è artefice della propria sorte". L'espressione è caratteristica della teoria dell'homo faber, secondo cui l'unico artefice del proprio destino è l'uomo stesso; viene talvolta vista come un iniziale contrapporsi dell'uomo romano all'idea del fato (dominante nel mondo classico), per essere responsabile protagonista delle sue azioni o nella lotta contro il bisogno e la miseria.

Ricostruzione di scenario del
Neolitico di Zdenek Burian. Da:
- La civiltà agricola e dell'allevamento, comporta una nuova maniera di inquadrare la vita sociale: con la capacità di creare grandi riserve alimentari, attraverso l'agricoltura e l'allevamento, il nomadismo caratteristico delle bande e tribù di raccoglitori-cacciatori (società egualitarie) cessa, e nella stanzialità il tessuto sociale si suddivide in classi e categorie. Le riserve alimentari e la ricchezza in generale, vengono gestite dalle élite, che le ottengono sottoforma di tasse e tributi: per fare il rendiconto dei tributi serve la scrittura, e servono nuove corporazioni con nuove competenze per gestire le nuove tecnologie. Nascono quindi le cleptocrazie, società non egualitarie in cui alcuni gruppi sociali sottraggono la loro ricchezza dai redditi dei sottomessi.
Da "Armi, Acciaio e Malattie. Breve storia del mondo negli ultimi tredicimila anni" di Jared Diamond:
"Cosa deve fare un'élite per avere il consenso popolare e allo stesso tempo mantenere il suo stile di vita?Nei secoli, le soluzioni preferite sono state queste quattro:
1Disarmare le masse e trasformare l'esercito in una casta elitaria. Questo è molto più facile oggi, perché si può avere il monopolio delle armi tecnologiche prodotte in modo industriale; in passato, chiunque poteva fabbricarsi da sé una lancia o un mazza.
2Rendere le masse felici ridistribuendo i tributi in modi a queste graditi. È un principio valido per i capi hawaiani come per i politici del giorno d'oggi.
3Usare il monopolio della forza per mantenere l'ordine pubblico e calmare la violenza, facendo contenti i bravi cittadini. Questo è un vantaggio delle società centralizzate che viene spesso trascurato. Gli antropologi un tempo pensavano che le società organizzate in bande e tribù fossero non violente, citando come esempio tipico gli studi di qualche collega che non aveva osservato alcun omicidio durante una permanenza di tre anni in un gruppo di 25 persone. Beh, è del tutto ovvio: è facile calcolare che una dozzina di adulti con una dozzina di bambini, soggetti alle normali cause di morte, si estinguono se iniziano ad uccidersi tra loro ad un ritmo di uno ogni tre anni. Studi più approfonditi condotti per periodi di tempo più lunghi rivelano che l'omicidio è una delle principali cause di morte nelle società tradizionali. Mi capitò di essere presente mentre un'antropologa intervistava alcune donne della tribù guineana degli iyau. Una dopo l'altra, alla domanda «come si chiama tuo marito» rispondevano con una serie di nomi e di morti violente. Ecco una risposta tipica: «Il mio primo marito fu ucciso in un attacco degli elopi. Il mio secondo marito fu ucciso da un uomo che mi desiderava e che divenne il mio terzo marito. Questo fu ucciso dal fratello del secondo marito, per vendetta». Biografie di questo tipo non sono rare tra i «pacifici» indigeni, e fanno capire perché l'accettazione di un'autorità centrale sia stata sempre più generalizzata.
4Fabbricare un'ideologia o una religione che giustifica la cleptocrazia. Gli uomini delle bande e delle tribù credevano già nelle entità soprannaturali, ma questo non giustificava l'esistenza dell'autorità o del trasferimento di ricchezze, e non bastava a frenare la violenza. Quando un insieme di credenze fu istituzionalizzato proprio a questo scopo, nacque ciò che chiamiamo religione. I capi hawaiani erano assai tipici in questo, visto che si proclamavano dei, o figli di dei, o per lo meno in stretto contatto con gli dei. Cosi potevano dire al popolo che lo servivano facendo da intermediari con il soprannaturale, recitando le formule rituali per ottenere la pioggia, un buon raccolto o una pesca abbondante. Nelle chefferies troviamo in genere un'ideologia che anticipa le religioni istituzionalizzate, e che serve a rafforzare l'autorità del capo. Il capo può essere un leader politico e religioso allo stesso tempo, o può mantenere una casta di sacerdoti che provvede alla bisogna. Ecco perché una così larga parte dei tributi serve per costruire i templi, che servono sia come luoghi di culto della religione ufficiale sia come segni visibili di potere. Oltre a fornire questo tipo di giustificazione, la religione porta due importanti vantaggi alle società centralizzate. 
Carta dei siti di rilievo per presenza
di costruzioni megalitiche
databili dal 4800 a.C. al 1200 a.C.
Innanzitutto, aiuta a risolvere il problema della convivenza pacifica tra estranei, provvedendo a fornire un legame comune che va al di là della parentela. In secondo luogo, fornisce qualche motivazione di carattere idealistico per il sacrificio della vita: così, al prezzo di pochi soldati che muoiono in battaglia, una società diventa più efficiente nelle conquiste e nel resistere agli attacchi esterni." Per "Le origini del nostro ordinamento economico: il governo dei ladri" clicca QUI.

Vie di penetrazione in Europa della
civiltà megalitica proto-ligure, da sud.
Dall'Atlante storico di Hermann
Kinder e Werner Hilgemann, 1964.
Dal 4.800 a.C. - Prende avvio la prima fase di costruzione di megaliti in numerose aree europee. Secondo alcuni studiosi, fra cui il prof. Adolf Schulten, sono opere, perlomeno in parte, di una civiltà proto-Ligure.

- Genti Liguri hanno iniziato a cospargere di petroglifi le vallate e i rilievi nei pressi del monte Bego. Nella Valle delle Meraviglie (in francese Vallée des Merveilles), che fa parte del massiccio del Mercantour, nei pressi del confine fra Liguria, Piemonte e Francia, sono state scoperte più di 35.000 incisioni rupestri preistoriche, tra le quali numerose figure di armi (pugnali e alabarde) risalenti soprattutto all'età del Rame (III millennio a.C.) e in misura minore all'antica età del Bronzo (2.200-1.800 a.C.). Sono presenti anche figure più antiche, in particolare reticolati e composizioni topografiche (nell'area di Fontanalba), databili al Neolitico (V e IV millennio a.C.).
Incisioni rupestri della Valle
delle Meraviglie.
La Valle delle Meraviglie si trova nel comune di Tenda.
Carta del Mercantour con la Valle
delle Meraviglie.
Fino al 1861 faceva parte della Contea di Nizza sabauda, poi dal 1861 al 1947 ha fatto parte dell'Italia ed era compresa nella provincia di Cuneo, col Trattato di Parigi del 1947 passò alla Francia. A partire dal 1967 è stata avviata un'indagine sistematica della zona da parte di un gruppo di universitari, museisti e scienziati finanziato dal Ministero della Cultura francese e dal Consiglio Regionale delle Alpi Marittime. Ad oggi sono state registrate oltre 35mila incisioni preistoriche (50mila comprendendo quelle storiche), la maggior parte delle quali si trova intorno al Monte Bego, da molti considerata una montagna sacra per gli antichi Liguri al pari del Monte Beigua, fra le province di Savona e Genova (non a caso altra zona ricca di incisioni rupestri). La ripartizione dei graffiti è di circa metà nella Valle delle Meraviglie, situata a ovest del Bego e metà a nord, nella Valle di Fontanalba. Vi sono anche altre zone più a nord con presenza di incisioni, ma di minore importanza. Si possono quindi identificare i seguenti settori in ordine decrescente di importanza:
Riproduzione di alcuni petroglifi della Valle delle Meraviglie.
- Valle delle Meraviglie
- Valle di Fontanalba (in francese
   Fontanalbe)
- settore di Valauretta (in francese
  Vallaurette)
- settore del Colle del Sabbione (in
   francese Col du Sabion) (tra
   Francia e Italia)
- settore del Lago di Santa Maria
- settore di Valmasca (Valmasque)
- settore del Lago Vej del Bouc, in Italia.
Il tutto è compreso in un'area di 40 km².

Dalla fine del quinto millennio alla fine del terzo millennio a.C. (periodo che comprende il Neolitico e l'Età del Bronzo), si manifestarono in Europa delle civiltà che erigevano monumenti litici (in pietra) finalizzati al culto.  I Dolmen e i Menhir sono tra i più antichi monumenti esistenti, perlopiù databili al neolitico, anche se fanno pensare ad espressioni di culture più antiche, poiché non richiedono la manipolazione di materie prime al fine di creare nuovi prodotti, come ad esempio la ceramica, ma sottintendono invece a grandi conoscenze nell'arte della costruzione, necessaria allo spostamento e posta in loco di grandi masse di pietra, sbozzatura e sovrapposizioni con pesi enormi e precisi equilibri. Nessuno sa con certezza quale fosse la loro funzione ma ciò che li rende misteriosi è il fatto che, sebbene i più famosi dolmen e menhir del mondo si trovino in Irlanda, a Stonehenge in Inghilterra e nella bretone Carnac in Francia, sono sparsi per tutta l’Europa, specialmente nella parte occidentale. Il termine Menhir deriva da due parole bretoni, “men” (pietra) e “hir” (fitto o alto) e vuol dunque dire “pietra alta o conficcata”. L’etimologia della parola “dolmen”, invece, deriva dall’unione di due termini bretoni: “t(d)aol” (forse imparentato con il latino tabula), tavolo e “men” che significa pietra. Occorre però evidenziare che la parola è coniata e non appartiene alla lingua bretone. Il vero termine bretone per designare un dolmen è, infatti, “Liah vaen”, insieme con altre varianti. Altri dizionari etimologici rintracciano l’origine di dolmen nella lingua celtica parlata in Cornovaglia, precisamente nella parola “tolmen”, che avrebbe designato in origine un cerchio di pietre o una roccia scavata.
Altare sopra Arma Strapatente, in
provincia di Savona.
Di Alfredo Pirondini QUI : Vennero erette costruzioni megalitiche come Menhir semplici ed allineati, Dolmen, Cromlech (recinti megalitici), spesso vicino a rocce incise, considerate contemporanee dei megaliti limitrofi. Il significato di tale prossimità potrebbe essere spiegato come un segno della presenza del “sacro”. Le raffigurazioni di “oranti” avvalorerebbero, inoltre, questa ipotesi. Coppelle e canalette potrebbero, invece, essere state utilizzate come contenitori e collettori di liquidi (organici e/o meteorici) a scopi rituali. I “cruciformi” incisi su queste pietre sarebbero, invece segni di Cristianizzazione e, quindi, potrebbero essere considerati di epoca meno remota. Ciò indicherebbe una frequentazione di questi siti in periodo romano, medievale e, forse anche più recente, con finalità anche differenti da quelle originali (per cacciare o per allevare animali).
Menhir a Bric di Pianella, in
provincia di Savona.
Nella zona di Finale Ligure sono presenti strutture orientate astronomicamente: “Osservatorio” di Bric Pianarella (con annessa “casella”), Menhir e Dolmen di Verezzi, Dolmen di Monticello, Rocce Altare e Tavole in Pietra di Finale presenti sui maggiori rilievi della zona (Altari di Monte Cucco, di Bric Pianarella, della Rocca degli Uccelli, del Bric del Frate, dell'Arma Strapatente, del Bric di Sant'Antonino). Tutte queste strutture megalitiche sono in stretta vicinanza con rocce incise ampiamente conosciute  come il Ciappu de Cunche (o Ciappo delle Conche: il termine "ciappo", nel Finalese, indica una lastra di pietra), il Ciappu de Cunchette (Ciappo dei Ceci), il Ciappu du Sà (Ciappo del Sale), il Ciappo Pianarella, il Ciappo della Valle dei Frassini (per citare solo quelli più noti) con presenza di incisioni di oranti, croci, coppelle e canalette. La datazione dei reperti descritti costituisce un problema di difficile soluzione, in quanto i petroglifi si trovano in un luogo “aperto”, facilmente modificabile da fattori meteorici ed umani.
Dolmen "dei tre pè" di Castellermo,
in provincia di Savona.   
La presenza di altre strutture simili in area Europea è, comunque, ben conosciuta. Ricordiamo, infatti, quanto riportato in numerosi studi che fanno riferimento al santuario di Panoias, (Portogallo settentrionale). Qui, accanto ad una grande roccia con vasche, canali e coppelle, scalini scavati nella roccia, vi è la seguente iscrizione latina risalente al III sec. d.C.: "HUIUS HOSTIAE QUAE CADUNT HIC IMM(ol)ANTUR EXTRA INTRA QUADRATA CONTRA CREMANTUR - SAN(gu)IS LAC(i)CULIS (iuxta) SUPERFU(ndi)TUR" (traducibile con: “Qui sono consacrate agli dei le vittime che vi vengono abbattute: le loro interiora vengono bruciate nelle vasche quadrate e il loro sangue si diffonde nelle piccole vasche circostanti”). I grandi affioramenti rocciosi, con caratteristiche simili a quelle descritte per il santuario di Panoias, presenti nel Finalese, potrebbero, almeno per un certo periodo, avere avuto una funzione analoga.
Dolmen di Monticello, in provincia
di Savona.
Il fatto, inoltre, che le “pietre-altare” siano costruite su luoghi elevati indica, probabilmente, la volontà di scegliere un sito appropriato dal quale si potesse avere una sorta di controllo visivo del territorio sottostante, in rapporto anche alla sacralità delle postazioni di altura e delle cime montane, tipica delle popolazioni celto-liguri.
Dolmen e Menhir non sono, quindi, estranei all'area culturale del Finalese e subalpina come si pensava fino a poche decine di anni addietro. Si riteneva, infatti, che la cultura megalitica si fosse arrestata nella regione transalpina, senza  oltrepassare le Alpi. 
Dolmen di San Giovanni presso
Massafra, in provincia di Taranto.
Unica eccezione era l'area pugliese, i cui dolmen, pietre-fitte e specchie erano però attribuiti all'influsso di popolazioni provenienti dalla penisola balcanica, attraverso l'Adriatico, in quanto, nel restante bacino del Mediterraneo, il megalitismo è ben rappresentato. Il lavoro di Puglisi "La Civiltà Appenninica. Origine delle comunità pastorali in Italia " alla fine degli anni '50 del secolo scorso e la scoperta, negli anni '60, della necropoli megalitica di Saint Martin de Corléan, ad Aosta, dimostrarono l'infondatezza di questa tesi. Del tutto recentemente sono stati descritti reperti di possibile interesse megalitico anche in Val Ceresio, come menhir, dolmen, strade megalitiche, incisioni rupestri. La zona interessata dalle ricerche è poco conosciuta dal punto di vista archeologico, pur facendo parte dell'area golasecchiana. Con le dovute cautele, la datazione di tali reperti può essere fatta risalire al Neolitico ed all'Età del Bronzo, ad opera di popoli pre e/o protoceltici. Recenti studi, basati sulle nuove metodiche di ICP/OES o AAS (acronimi per Induced Coupled Plasma/Optical Emission Spectroscopy o Atomic Absorption Spectroscopy) hanno dimostrato che la metallurgia era ampiamente conosciuta, nell'area oggetto del presente studio, già nella Media Età del Bronzo (1.600 - 1.350 a.C.) e che l'attività estrattiva era praticata anche in località minerarie della Valle stessa. La Val Ceresio sarebbe stata, quindi, fin dall'Età del Bronzo, parte di vie di scambio dei metalli fra il Mediterraneo, la Val Padana e l'Europa Transalpina. Nella seconda metà degli anni '80 del secolo scorso, sono stati identificati a Nord di Sanremo (nella provincia di Imperia) due tumuli sepolcrali circolari. Uno di questi, studiato con metodi stratigrafici dalla locale sezione dell'Istituto Internazionale di Studi Liguri, ha potuto essere attribuito alla fase finale dell'Età del Bronzo. [Alessi C. (2009) Sanremo (IM). Siti Archeologici a Monte Bignone. Archeomedia - Rivista di Archeologia On-line (settembre 2009)].
Menhir presso Carmo
dei Brocchi, Andagna,
in provincia di Imperia.
Percorrendo, per circa 15 Km, la strada provinciale che da Molini di Triora (provincia di Imperia) conduce a Rezzo, si raggiunge Passo Teglia (1.387 m. s.l.m). Dalla sommità del valico si prende il sentiero che conduce, percorrendo trasversalmente la faggeta del Bosco di Rezzo, al Passo della Mezzaluna. Fra Passo Teglia ed il Passo della Mezzaluna , lungo la "Via Marenca" (o Marenga, del mare) di origine e frequentazione millenaria, troviamo il "Sotto" di San Lorenzo. Qui possiamo ammirare un masso altare, probabilmente utilizzato per sacrifici animali, con una coppella e relativo canaletto di scolo. Il masso è situato ai margini di una depressione del terreno (ora una dolina, probabilmente sede di un laghetto), nel punto illuminato per ultimo dal sole prima del tramonto. Nei pressi un antico insediamento pastorale sottoroccia, ricavato in uno sfasciume di massi adattati a ripari. Nel punto più alto della valletta (Passo delle Porte, nei pressi della cima di Carmo dei Brocchi), dal quale è possibile vedere il mare, una pietra conficcata nel terreno, contrassegna un luogo di raduno di particolare significato. Il menhir è alto circa due metri, largo 60 cm e spesso 10, e si presenta oggi inclinato su un fianco. Anche se non è possibile attribuirgli un'età, si tratta evidentemente di una testimonianza del mondo pastorale, che rispecchia quindi schemi di vita e di pensiero protrattisi immutati nei secoli. E' curiosa l'analogia (luna e stelle) dei nomi delle località: Mezzaluna e San Lorenzo, la cui notte (10 agosto) è la notte delle stelle cadenti.  
Il dolmen di Verezzi, in provincia di
Savona.
Anche altri manufatti presenti in Liguria, come il Menhir ed il Dolmen di Verezzi, fino ad allora attribuiti, pur con riserve, alla civiltà contadina recente, hanno assunto un significato diverso e la scarsità di reperti megalitici in Italia, differentemente dalle regioni transalpine (specie nord-occidentali ed insulari), potrebbe spiegarsi con il maggiore avvicendamento di civiltà nel corso del tempo, fatto che avrebbe trasformato radicalmente l'aspetto del territorio, comportando la perdita di molti di questi artefatti. La presenza di Megaliti, può essere dunque considerata come un marcatore dei legami esistenti, già dal Neolitico, fra MediterraneoItalia Nord Occidentale ed Europa Transalpina. In questa prospettiva, la Liguria, grazie alle peculiarità geologiche, paleontologiche e paletnologiche descritte, può rappresentare un crocevia per tali scambi commerciali e culturali, già ampiamente documentati per le successive epoche preistoriche e protostoriche. La diffusione delle Culture della Ceramica Impressa e dei Vasi a Bocca Quadrata nell'Italia Settentrionale e nella restante Europa continentale, dimostra attivi scambi commerciali e culturali con il Nord. Il ritrovamento del “Token” di Pian del Ciliegio, prova rapporti culturali e commerciali, fin dal Neolitico Antico, con regioni Mediorientali, quali la Fenicia e la Mesopotamia. Da: Del Lucchese A. "Il Riparo di Pian del Ciliegio. Quaderni del Museo Archeologico del Finale. 2009" Il reperimento di un cilindro di terracotta con la una serie (5×12) di incisioni lineari, sulla sua superficie, ortogonali fra loro, formanti 60 caselle quadrate, rappresenta un oggetto unico nel panorama del neolitico italico. Si tratta, probabilmente di un “Token”: termine inglese che si può tradurre come “segno stampato”, “contrassegno stampato”, ma che in termini archeologici indica un sistema di registrazione numerica. Il manufatto presenta, in 8 delle 60 caselle, un punto, impresso prima della cottura e, verosimilmente, sarebbe un antichissimo sistema di numerazione. Reperti simili si trovano in aree archeologiche, di epoca contemporanee al sito in esame, situate, soprattutto, in Medio Oriente: l’oggetto in esame sarebbe unico fra i reperti del Neolitico italiano.

Dal 4.400 a.C. - Prime emigrazioni di genti indoeuropee (Cultura di Sredny Stog) dalle steppe pontico-caspiche nei Balcani ("Prima ondata Kurgan" 4400 - 4300 a.C.) dove emerge la Cultura di Cernavodă.
Si sviluppano fra i proto-indoeuropei delle steppe le culture di Majkop (nel Caucaso settentrionale) e di Jamna.

Dal 4.000 a.C. - La cultura kurganica alleva cavalli, dal 4.000 a.C. fin verso il 2.100-2.000 a.C. sia per mangiarli che come animali da soma. Imparò in seguito ad usare cavalli per trainare agili carri da caccia, corsa e guerra e a cavalcarli in maniera incontrollata (con nasiere e senza sella o sottopancia); finalmente dopo circa un millennio di tentativi e di selezioni del cavallo, fu possibile montarlo in maniera utile per poterlo impiegare in battaglia, controllandolo quindi con una mano o con le gambe e contemporaneamente poter brandire un'arma. Inizialmente quindi, i kurganici non avrebbero avuto molta superiorità militare sui popoli privi di cavalleria, oltretutto fino alla scoperta del carro leggero e soprattutto a quelle del morso e dell'arte equestre. Nessun popolo fu "veramente" nomade e i Kurgan, in particolare, vanno interpretati come l'espressione di una civiltà dedita ad una pastorizia transumante con al centro insediamenti fluviali. La scoperta della cavalcabilità del cavallo (tra il 1100 e il 1000 a.C.) fu una rivoluzione che mise in moto le steppe occidentali mentre forse ad est degli Altaj, con l'addomesticazione della renna, si era verificato un fenomeno analogo anche se la renna, a differenza di buoi, pecore, capre e cavalli usati dai kurganici, poco si adatta a condizioni di vita semi stanziali e transumanti.

- Dal 4.000 a.C., secondo risultati degli scavi di Çatalhöyük realizzati da James Mellaart, nel 1955 e da Fritz Schachermeyr nel 1979, i Pelasgi sono emigrati dall'Asia Minore verso il bacino dell'Egeo. Altri studiosi hanno attribuito ai Pelasgi un certo numero di caratteristiche culturali e linguistiche non-indoeuropee:
In rosso l'isola di Lemnos, in Grecia.
- presenza di prestiti linguistici non-indoeuropei nel greco, introdotti nel suo sviluppo preistorico,
- presenza di toponimi non greci nella regione contenenti la sequenza "-nth-" (esempio Corinth), oppure "-tt-", in Attica, o "-ss-"(esempio Larissa),
- alcuni miti e divinità (spesso dee) che non hanno corrispondenza in altri popoli indoeuropei come Germani, Celti o Indiani,
- un piccolo numero di iscrizioni in una lingua non greca.
Quelle meglio conosciute provengono dall'isola di Lemnos, e sono affini all'etrusco.

Palafitta.
- Il sito palafitticolo di Fiavè, in Trentino, uno dei più importanti d’Europa è stato recentemente inserito nel Patrimonio mondiale dell'Unesco: le palafitte di Fiavè costituiscono un punto di riferimento di eccezionale importanza per la storia delle palafitte preistoriche in Europa. La loro rilevanza archeologica, già nota dalla seconda metà dell’800, emerge grazie agli scavi sistematici diretti da Renato Perini tra il 1969 e il 1975, che hanno portato alla luce diversi tipi di abitati palafitticoli. I ritrovamenti, nonché le analisi paleoambientali estese a tutto l’antico bacino lacustre, oggi completamente intorbato, permettono di ricostruire la storia del lago, che inizia circa 15.000 anni fa, e quella delle comunità umane che si avvicendarono lungo le sue sponde e che va dal Mesolitico (VII-VI mill.a.C.) fino all’età romana. L'insediamento stabile più antico, resti di capanne erette anche su una bonifica della sponda lacustre, è databile alla prima metà del IV millennio a.C.

Antica rappresentazione di Eingana.
Il ricordo degli Euganei si conserva
nelle leggende e nelle favole delle
eingane o anguane/angane/aivane,
ecc. Gli antichi Euganei abitavano
palafitte lungo laghi e fiumi e le
Anguane sono la loro mitica
rappresentazione che ne determina
il nome nelle varianti etnonimiche:
in retico Anauni, in ligure Ingauni.
- Una popolazione italica, ligure e preindoeuropea, fu quella degli Euganei. Gli Euganei furono un popolo insediatosi originariamente nella regione compresa fra il Mare Adriatico e le Alpi Retiche. Successivamente essi furono scacciati dai popoli Veneti in un territorio compreso tra il fiume Adige ed il Lago di Como, dove rimasero fino alla prima età imperiale romana. Catone il Censore, nel libro perduto delle Origines, annoverava tra le maggiori tribù euganee i Triumplini della Val Trompia ed i Camuni della Val Camonica. Si trattava probabilmente di un popolo preindoeuropeo di stirpe affine a quella dei Liguri Ingauni, come testimoniato dall'analogia dei nomi. Appartengono alla stessa stirpe degli Euganei, secondo Plinio il Vecchio anche gli Stoni in Trentino. Si dedicavano alla raccolta e alla caccia ed erano nomadi. Scoprirono l'agricoltura e l'allevamento e diventarono sedentari costruendo villaggi di capanne e palafitte e radunandosi in tribù. Già nei tempi antichi conoscevano l'uso dei metalli. Testimonianze apprezzabili risalgono al neolitico indicando una società piuttosto primitiva: tracce di abitazioni, ma soprattutto manufatti di osso, selce e vasi di terracotta ad uso religioso. Gli insediamenti principali sono stati ritrovati sulle colline vicine a Padova; scendevano in pianura per celebrare riti religiosi, in particolare in prossimità delle sorgenti termali dove adoravano varie divinità, fra cui forse il dio Apono, più tardi entrato a far parte dei culti delle popolazioni Venete. Ad essi si deve il termine "Venezia Euganea" usato in passato per definire la regione Veneto.
Resti di castellaro a Bric Camulà,
nel comune di Arenzano (GE).
Quando i Veneti raggiunsero il loro territorio fra il XII e l'XI secolo avanti Cristo, provenienti da un'imprecisata regione dell'Europa orientale, in parte spostarono verso Ovest gli Euganei ed in parte li assorbirono fondendosi con loro. Nel II secolo a.C. vennero sottomessi dai Romani e si fusero con i popoli vicini.

Muro di cinta di castellaro a
Verezzi (SV).
A partire dal IV millennio a. C. si accrescono le  conoscenze  riguardanti il  trattamento  dei   minerali metalliferi e in seguito allo sviluppo della metallurgia, le società si organizzano in assetti sempre più complessi, con vere e proprie strutture gerarchiche. Sono costruite fortificazioni di altura, note con il nome di castellieri o castellari.

Nel 3.800 a.C. - Secondo Zecharia Sitchin, a Sumer ha inizio la civiltà urbana quando gli Anunnaki vi rifondano le antiche città, a cominciare da Eridu e Nippur. Anu arriva in pompa magna sulla Terra. Una nuova città, Uruk (Erech), viene costruita in suo onore; egli fa del tempio la dimora della sua amata pronipote Inanna/Ishtar.

Nel 3.760 a.C. - Secondo Zecharia Sitchin, il genere umano ottiene la sovranità. La civiltà sboccia a Sumer (la Prima Regione) in cui Kish è la prima capitale, sotto l'egida di Ninurta. Nippur viene creato il calendario.

- Il calendario ebraico pone nel 3.760 a.C. o p.e.v. il proprio anno 1, che era considerato quindi l'anno della Creazione.

- Dai ritrovamenti archeologici, sappiamo come Sumeri sostenessero che la loro civiltà fosse stata portata, già completamente formata, alla città di Eridu dal loro dio Enki (o Ea) o dal suo aiutante Adapa (chiamato Oannes da Berosso). Questa rivendicazione forse deriva dal fatto che Eridu si trovava allora sulla linea costiera del golfo Persico ed era la più antica città della Mesopotamia meridionale. Per quanto riguarda la ricostruzione cronologica delle più antiche dinastie sumeriche, ci possiamo basare sulla Lista Reale Sumerica, che annota i nomi dei primi re antidiluviani che sono contraddistinti da regni di durata lunghissima. La prima città ad assumere la regalità sarebbe stata, secondo la lista, Eridu, quindi a seguire Bad-tibira, Larak, Sippar e infine Šuruppak. Nel periodo di egemonia di Shuruppak la lista descrive l'avvento di un diluvio universale che mise fine al regno, riconosciuto dagli archeologi come fatto storico in quanto è stata confermata la presenza di uno spesso strato di limo (spesso 3 metri), depositato subito dopo l'oscillazione di Piora (un repentino periodo umido e freddo, di durata relativamente breve, nella storia climatica dell'Olocene. Viene generalmente datato tra il 3.200 e 2.800 a.C., periodo a cui viene datata anche la mummia del Similaun, il corpo dell'uomo ritrovato nel ghiacciaio del Similaun, al confine tra Italia e Austria), concentrato soprattutto sulla città di Šuruppak ed esteso fino a Kish. Il diluvio in questione sarebbe quindi avvenuto fra il 2900 e il 2700 a.C..
Il sito di Nippur fu oggetto di studio, da parte degli americani, per più di un secolo. Era il 1888 quando l'Università della Pennsylvania organizzò la sua prima spedizione. A dirigere le operazioni fu allora il dott. Robert F. Harper. Lo straordinario ritrovamento di più di 30.000 tavolette d'argilla in cuneiforme (più dell'80% di tutte le opere letterarie sumeriche conosciute sono state trovate a Nippur) spinse la spedizione a lavorare fino al 1900. Oltre alle tavolette furono individuate: la ziqqurat e il tempio di Enlil. Fra le tavolette furono trovate le versioni più antiche, fra quelle conosciute, della storia dell'inondazione (Diluvio), di Gilgamesh e dozzine di altre opere. Fu trovato un gruppo importantissimo di testi in lessico e parecchi documenti scritti in due lingue (Sumerico/Accadico) che permisero agli eruditi del tempo di fare enormi passi per la comprensione del sumerico.

- In questi anni compaiono i primi monarchi che accentrano nella loro persona poteri politico-militari e connessioni col divino, spesso considerati figli degli dèi o semidèi, come Narmer (o anche Meni e Menes), primo sovrano della I dinastia egizia che regnò dal 3150 a.C. al 3125 a.C., identificato con il faraone semi-leggendario che unificò l'Alto e il Basso Egitto. 

Resti di fortificazione dei Liguri
sul monte Vallasa (AL).
Dal 3.600 a.C. - Nel territorio Ligure, il nuovo uso delle risorse porta ad un miglioramento delle condizioni di vita, ad un aumento della popolazione e ad una società più complessa, in cui prendono a manifestarsi delle specializzazioni nei vari settori produttivi, che consentono attività quali il riconoscimento e lo sfruttamento dei giacimenti di minerali. Nella Liguria orientale (a Monte Loreto, nell'entroterra di Sestri Levante) sono state ritrovate le tracce delle più antiche miniere di rame finora note in Europa occidentale (3.600-2.400 a.C.). 

Rappresentazione della Storia.
Dal 3.500 a.C. - Secondo gli organi ufficiali della comunità scientifica finisce la  PROTOSTORIA e inizia la STORIA. Per convenzione, si considera Storia il periodo da cui esistono documenti scritti e in questo periodo la Civiltà di Sumer aveva già adottato un alfabeto e quindi una scrittura. In questo periodo inizia a diffondersi la civiltà dei metalli. La prima "civiltà dei metalli" inizia con l'uso dell'oro, si presume a scopi ornamentali anche se scarseggiano certezze e prosegue con l'età del rame, epoca in cui avvengono anche la domesticazione del cavallo e l'invenzione della ruota. Migliorando le tecniche di fusione, l'uomo impara a formare una lega del rame con lo stagno ottenendo così il bronzo, molto più duro ed utile per utensili ed armi.


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