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martedì 12 marzo 2019

Storia dell'Europa n.53: dal 1.102 al 1.145 e.v. (d.C.)

Il Sacro Catino conservato nella
cattedrale di S. Lorenzo a Genova.
Nel 1.102 - Vittoria di Baldovino a  Ramla  presa di Cesarea.
genovesi avevano capito a quel punto quale fosse la posta in gioco in Medio Oriente, la possibilità di mettere le mani su una ricchezza inimmaginabile e sarà con la conquista di Cesarea che Guglielmo Embriaco darà ancora segno del suo grande valore militare e dell’ardimento individuale che lo sosteneva.
Come racconta il Caffaro, che oltre a essere storico e annalista fu anche un soldato valoroso, Guglielmo, in prima fila tra chi assaltava le mura, nelle concitate fasi della battaglia rimaneva solo a causa di un cedimento della scala che lo aveva portato sin lì. Urla ai suoi, attoniti nel vederlo ancora più spavaldo piuttosto che impaurito vista la situazione, “Salite, salite e prendete in fretta la città!” mentre infilzava e uccideva tutti gli avversari che gli si paravano davanti.
Carta con gli stati cristiani in Terrasanta nel 1140:
Contea di Edessa, Principato di Antiochia, Contea
di Tripoli e Regno di Gerusalemme. Da "Asia
minor 1140" di Alexander G. Findlay - Classical
Atlas of Ancient Geography: https://commons.
Un’avventura che varrà per l’Embriaco il soprannome di “Testa di maglio” ma anche ricchezze inesauribili e una antichissima reliquia tutt’oggi conservata nel tesoro della cattedrale, un piatto esagonale di pietra verde traslucida ritenuto già il sacro Graal e poi ancora che fosse stato utilizzato da Gesù nell’ultima cena, il Sacro Catino. L’Embriaco è uno dei più chiari rappresentanti di figure militari eroiche del Medioevo. Genova, in genere matrigna, onorò il suo condottiero quando venne deciso di abbassare le torri cittadine nel 1.196; la torre dell’Embriaco non venne toccata per rendere omaggio alle imprese di “Testa di maglio” e ancora oggi campeggia in alto a proteggere, simbolicamente, la città.

- Raimondo cercò così di conquistare l'ultimo Stato crociato che si costituirà in Terra Santa, la Contea di Tripoli. Qui il governo era affidato all'epoca al qadi Fakhr al-Mulk, della tribù dei Banū ʿAmmār, favorevole a un accordo coi Crociati che salvaguardasse la città. Grazie a una flotta genovese, Raimondo strappò Tortosa ai Banū ʿAmmār e pose l'assedio a Tripoli, infliggendo con solo 300 cavalieri un'incredibile rotta ai difensori che, coi loro 3.000 uomini aiutati da altri 4.000 soldati provenienti da Damasco e Hims, corroborarono nei musulmani l'idea dell'invincibilità degli uomini venuti dall'Europa. Proprio l'esiguità degli uomini a sua disposizione impedì tuttavia al conte di Tolosa di superare le difese murarie di Tripoli. Alla fine del 1.103, con l'aiuto bizantino, fu completata la costruzione del castello di Monte Pellegrino che servì a stringere d'assedio Tripoli. Raimondo morì di lì a poco (1.105) in seguito a una ferita fortuitamente procuratasi l'anno prima ed il problema della sua successione si risolse con difficoltà solo più tardi, con l'assunzione del potere da parte del figlio naturale Bertrando. Le sconfitte inflitte ai crociati consentirono a Qilij Arslan di trasferire la propria capitale a Konya.
Stemma della Marina
Militare italiana, con
i blasoni delle 4
maggiori Repubbliche
Marinare.
Inoltre provarono al mondo islamico che i crociati non erano per nulla invincibili, diversamente dall'impressione suscitata dalla prima crociata.
Crociati e Bizantini si accusarono a vicenda per la disfatta, ma nessuno dei due era in grado di garantire una via di terra sicura attraverso l'Anatolia, dove invece i Selgiuchidi avevano rafforzato la propria posizione.

- L'unica via aperta verso la Terrasanta rimaneva quella marittimae ad approfittare di questa circostanza furono, una volta di più, le repubbliche marinare italiane. La mancanza di un collegamento sicuro via terra avvantaggiò anche il Principato d'Antiochia, dove Tancredi di Tiberiade, che lo governava per conto di suo cugino Boemondo, riuscì a consolidare la propria autonomia da Bisanzio. Sia la seconda che la terza crociata conobbero, nel tentativo di attraversare l'Anatolia, un destino simile a quello della crociata del 1.101.

Nel 1.109 - Presa di Tripoli e Beirut da parte dei Crociati e conseguente  fondazione della contea di Tripoli.

Ubicazione della fortezza di Alamūt
Nel 1.090/1.109 - La fortezza di montagna di Alamūt, nelle aride colline a sud del Mar Caspio, nella Provincia di Qazvin, vicino alla cittadina di Mo'allem Kalayeh, circa 100 km dall'odierna Teheran in Iran, è invasa e occupata dalla potenza degli Haššašin ("fumatori di hascisc", termine dispregiativo dell'epoca divenuto in italiano "assassini"), una minoranza sciita dell'epoca nota con il nome di ismailiti nizariti. L'Ismailismo è una corrente dell'Islam sciita. I suoi membri sono chiamati ismailiti e talvolta, "settimani" per il fatto di riconoscere come legittima e non più revocata o mutata successione quella del settimo Imam, Ismāʿīl, figlio di Ja'far al-Sadiq. Gli ismailiti sono la seconda in ordine di grandezza tra le correnti in cui è diviso l'islam sciita dopo i duodecimani. Il loro nome deriva dalla convinzione che il settimo imam fosse Ismāʿīl ibn Jaʿfar e non il fratello minore Mūsā al-Kāẓim la cui legittimità è invece sostenuta dagli altri sciiti. Con l'avvento della dinastia dei Fatimidi in Egitto tra il decimo e il dodicesimo secolo l'Ismailismo divenne non solo la più importante tra le correnti dello sciismo, ma giunse anche a mettere in discussione il primato dei sunniti. L'Ismailismo ha sempre dato grande rilevanza agli elementi esoterici della religione islamica: dai duodecimani li separano infatti, oltre alle ragioni politiche, anche una disquisizione sulla natura mistica della figura dell'Imam e del suo rapporto con Allah. Il vocabolo "assassini", per indicare i suoi fanatici seguaci sanguinari, venne usato in Occidente fin dal XII secolo, ma nel generico significato di omicida, "assassino" è utilizzato già da Dante nell'Inferno (Dante Alighieri, La divina Commedia, Inferno, XIX, 50). La fortezza di Alamūt, che ha un inusuale sistema di approvvigionamento d'acqua, era stata costruita nell'840, secondo Hamdollah Mostowfi, ad un'altezza di 2.100 metri, lungo una via che aveva solo una possibile entrata, così da rendere la sua conquista estremamente difficile. Fonti arabe, persiane e perfino cinesi illustrano la storicità della vicenda, secondo cui il persiano al-Hasan ibn as-Sabbah era stato l'iniziatore della diramazione eretica musulmana sciita detta degli ismailiti; dopo esserne diventato gran maestro nel 1107, nel 1109 si era impadronito della fortezza di Alamūt, che diventerà il centro del suo potere. Fra le denominazioni usate dagli autori musulmani per i seguagi di al-Hasan quella di "hashishiyyah" risulta rarissima, tuttavia è quella che allude all'hashish e che dovette predonimare nell'uso popolare così da dar origine al vocabolo europeo "assassino". Le stesse fonti asiatiche riferiscono dell'inebriamento e testimoniano del potere assoluto esercitato dal capo.
Rovine della fortezza di Alamūt,
Il Vecchio della Montagna o Veglio della Montagna è l'espressione utilizzata da Marco Polo in un brano de Il Milione, per indicare al-Hasan ibn as-Sabbah, maestro della cosiddetta setta degli "ismailiyyah". Il vocabolo "assassini", per indicare i suoi fanatici seguaci sanguinari, venne usato in Occidente fin dal XII secolo, ma nel generico significato di omicida, "assassino" è utilizzato già da Dante nell'Inferno (Dante Alighieri, La divina Commedia, Inferno, XIX, 50). Fonti arabe, persiane e perfino cinesi illustrano la storicità della vicenda. Il persiano al-Hasan ibn as-Sabbah fu iniziatore della diramazione eretica musulmana sciita detta degli ismailiti; dopo esserne diventato gran maestro nel 1107, nel 1109 s'impadronì della fortezza di Alamūt, che diventò centro del suo potere. Fra le denominazioni usate dagli autori musulmani per i seguagi di al-Hasan quella di "hashishiyyah" risulta rarissima, tuttavia è quella che allude all'hashish e che dovette predominare nell'uso popolare così da dar origine al vocabolo europeo "assassino". Le stesse fonti asiatiche riferiscono dell'inebriamento e testimoniano del potere assoluto esercitato dal capo: la dottrina ismailitica ammetteva del resto l'omicidio politico, con una spregiudicatezza che consentì di allearsi persino con i crociati. Nel 1256, sotto il regno del gran maestro Alaaddin, terzo successore di al-Hasan, i mongoli di Hulagu espugnarono la fortezza ritenuta imprendibile. Il racconto di Marco Polo descrive un luogo protetto da un castello fra le montagne in cui il capo (Ḥasan-i Ṣabbāḥ) aveva creato un paradiso terrestre con cibo e divertimenti come quelli descritti da Maometto, con vino, latte e miele e dove i giovani da lui selezionati provavano tutti i piaceri della vita. Da questo luogo i predestinati potevano entrare e uscire solo profondamente addormentati. Quando il Vecchio aveva bisogno di un assassino, faceva cadere in un sonno profondo tramite hashish (da cui il termine "assassini") oppure oppio un adepto e lo faceva svegliare fuori dal "paradiso". Il malcapitato disperato e confuso, sarebbe potuto rientrare solo dopo aver portato a termine la propria missione e quindi avrebbe fatto tutto quanto richiestogli.  
«Quando lo Veglio ne facea mettere nel giardino a 4, a 10, a 20, egli gli facea dare oppio a bere, e quelli dormía bene 3 dí; e faceali portare nel giardino e là entro gli facea isvegliare.
Calligrafia sciita che simboleggia
Ali come Tigre di Dio. Da: https://
Quando li giovani si svegliavano e si trovavano là entro e vedeano tutte queste cose, veramente credeano essere in paradiso.» (Il Milione, capitolo 40 e segg.). La dottrina ismailitica ammetteva del resto l'omicidio politico con una spregiudicatezza che consentì di allearsi persino con i Cavalieri Templari. In seguito si favoleggiò dei suoi giardini e delle sue biblioteche. Le rovine di 23 altre fortezze rimangono ancor oggi visibili nelle vicinanze. Nel 1.256, sotto il regno del gran maestro Alaaddin, terzo successore di al-Hasan, i mongoli di Hulagu Khan espugnarono la fortezza ritenuta imprendibile e la distrussero il 15 dicembre 1256, come parte dell'offensiva mongola contro il sud-ovest asiatico islamico al fine di distruggere la temuta setta sciita. La fortezza di per sé stessa era inespugnabile, ma Rukn al-Din Khor-shah, figlio di Alaaddin, si arrese senza un reale combattimento, nella vana speranza che Hulagu sarebbe stato misericordioso, ma furono tutti sterminati in massaAga Khan è il titolo ereditario dell'Imam dei Nizariti, in precedenza chiamati anche "Setta degli Assassini", o più semplicemente "Assassini".

Nel 1.111 - Patto di Sutri. I successori di papa Gregorio VII, tra i quali Pasquale II, a proposito della lotta per le investiture, furono più inclini al compromesso, limitandosi a pretendere che i sovrani laici non attribuissero cariche religiose (quella vescovile su tutte), mentre per i regnanti era fondamentale che i vescovi investiti del potere temporale riconoscessero l'autorità del sovrano. Con il patto di Sutri (1.111), l'imperatore rinunciava alle investiture e i vescovi avrebbero restituito tutti i terreni ottenuti dall'impero. Enrico V, riconoscendo il ruolo politico di pacificazione che aveva assunto Matilde di Canossa, decise di incoronarla fra il 6 e il 10 maggio 1.111 con il titolo di Vicaria Imperiale e Vice Regina d'Italia presso il Castello di Bianello a Quattro Castella (RE).

Nel 1.114 - Prime Fiere nella regione francese della Champagne.
Sigillo dei Templari.

Nel 1.118 - Hugues de Payns (o Payens) è il primo Gran Maestro dell'Ordine del Tempio, la più alta carica dell'Ordine. Quello dei "Pauperes commilitones Christi templique Salomonis" (Poveri Compagni d'armi di Cristo e del Tempio di Salomone), meglio noti come Cavalieri Templari o semplicemente Templari, uno dei primi e più noti ordini religiosi cavallereschi cristiani medioevali. La nascita dell'Ordine si colloca nella Terrasanta al centro delle guerre tra forze cristiane e islamiche scoppiate dopo la prima crociata indetta nel 1.096. La motivazione ufficiale della nascita dell'ordine, narra che in quell'epoca le strade della Terrasanta erano percorse da pellegrini provenienti da tutta Europa, che venivano spesso assaliti e depredati. Per difendere i luoghi santi e i pellegrini nacque così anche quest'ordine religioso. Intorno al 1.114, un pugno di cavalieri decise di fondare a Gerusalemme il nucleo originario dell'Ordine Templare, ottenendo da re Baldovino, come sede, quelle  che erano state le stalle del tempio di Salomone, da cui presero anche il nome "Templari".
Gerusalemme nel XII sec. da "Il Santo
Graal" di Baigent, Leigh e Lincoln.
Per dieci anni i cavalieri franchi, tutti imparentati fra di loro, rimasero nel numero di nove. L'Ordine venne ufficializzato nel 1.129, assumendo una regola monastica redatta da San Bernardo di Chiaravalle, abate dell'ordine dei Cistercensi e nipote di uno dei nove cavalieri, André de Montbard. Il doppio ruolo di monaci e combattenti, che contraddistinse l'Ordine Templare negli anni della sua maturità, fu sempre fonte di perplessità in ambito cristiano. L'ordine Templare si dedicò nel corso del tempo anche alle attività agricole, creando un grande sistema produttivo e a quelle finanziarie, gestendo i beni dei pellegrini e arrivando a costituire il più avanzato e capillare sistema bancario dell'epoca.
La croce "patente" dei
Cavalieri Templari.
I Templari furono i primi in Europa ad emettere lettere di credito, veri e propri assegni, che permettevano così di versare in qualsiasi presidio dell'ordine denaro, e potere incassarlo in altri presidi Templari. Cresciuto nei secoli in potere e ricchezza, l'ordine si fece nemico il re di Francia Filippo il Bello (che era indebitatissimo con l'ordine) e andò incontro, attraverso un drammatico processo, alla dissoluzione definitiva tra il 1.312 e il 1.314. I templari erano identificabili per la loro sopravveste bianca, a cui in seguito si aggiunse una distinta croce rossa (la croce patente), ricamata sulla spalla, che assunse infine grandi dimensioni sul torace o sulla schiena, come si vede in molte rappresentazioni dei cavalieri crociati.
Beauceant.
Accanto alla croce rossa in campo bianco, fra i simboli dei templari c'era il beauceant, il vessillo, ed era una bandiera o uno scudo. La sua particolarità consisteva nella caratteristica divisione in due parti simmetriche, i cui colori erano il bianco ed il nero, forse la rappresentazione del dualismo tra il Bene e il Male, riferimento esoterico a forze cosmiche opposte e complementari. Questo dualismo comunque, molto diffuso nel medioevo, si ritrova in molteplici rappresentazioni, tra cui le matrici sigillari classiche e quelle criptiche. Nell'immaginario popolare la figura dei Templari rimane una delle più controverse, sia per il valore etico dell'ordine stesso, sia per gli enormi dubbi sollevati contro la storiografia ufficiale, da parte di alcuni studiosi, riguardo un'evidente resistenza occulta dell'ordine alla scomparsa ufficiale. Tale resistenza farebbe sopravvivere i Templari fino ai giorni nostri, tramite moderne associazioni come la Massoneria. In "Il Santo Graal" di Michael Baigent, Richard Leigh, Henri Lincoln - 1982 Arnoldo Mondadori Editore, si ipotizza che i Templari siano stati l'emanazione di un ordine segreto (l'Ordine iniziatico e cavalleresco di Nostra Signora di Sion, chiamato brevemente ordine di Sion, istituito il 15 luglio 1099 a Gerusalemme da Goffredo di Buglione l'abbazia sul monte omonimo (http://www.prieure-de-sion.com/1/storia_del_priorato_di_sion_1011194.html) che affidava loro il compito di proteggere la stirpe del Sang Raal, il sangue reale della stirpe di Gesù e Maddalena, che era confluito nella stirpe merovingia e da questa era affluito in vari casati fino a Goffredo di Buglione, a cui venne offerta la fatidica corona di Gerusalemme. Nello stesso "Il Santo Graal" si trova l'elenco dei Gran maestri dei Cavalieri Templari fornito da Henri Lobineau nei Dossiers segreti:
1) Hugues de Payen dal 1118 al 1131,
2) Robert de Bourgogne dal 1131 al 1150,
3) Bernard de Tremblay dal 1150 al 1153,
4) Bertrand de Blancfort dal 1153 al 1170,
5) Janfeders Fulcherine o Gaufridus Fulcherius o Geoffroy Foucher dal 1170 al 1171,
6) François Othon de St Amand dal 1171 al 1179,
7) Théodore o Theodoricus o Terricusde Glaise dal 1179 al 1184,
8) François Gérard de Riderfort dal 1184 al 1190,
quindi dalla fondazione pubblica dell'ordine del Tempio fino alla sua separazione dall'ordine di Sion e all'episodio del «taglio dell'olmo» a Gisors nel 1188.
Anche Raimondo di Saint-Gilles era imparentato sia con i sovrani merovingi che con quelli carolingi. La parentela fra i sovrani merovingi e i conti di Tolosa era dovuta all'antenato di Raimondo di Saint-Gilles che era stato il nono conte di Tolosa prima di lui, Raimondo I di Rouergue (820 circa - 865 circa), che fu conte di Quercy dall'849 e poi conte di Tolosa dall'852 all'863 e anche conte di Rouergue dall'849 fino alla morte. Raimondo I fu il figlio secondogenito del conte di Rouergue, Fulcoaldo (? - † 849 circa) e di Senegonda, sorella di San Guglielmo di Gellone, discendente diretto della stirpe morovingia; entrambi erano figli di Alda o Audana, sorella di Pipino il Breve e figlia di Carlo Martello, moglie di Teodorico I o Thierry, signore di Settimania (Gothia) e conte di Autun, di discendenza merovingia. Alda o Audana fu quindi nonna di Raimondo I di Tolosa e zia di Carlomagno. Tutto questo risulta dal documento n° 160 del 3 novembre 862 delle Preuves de l'Histoire Générale de Languedoc in cui il conte di Tolosa, Raimondo, fece una donazione per l'anima del padre Fulcoaldo, la madre Senegonda ed il fratello Fredelone.
Uno dei primi sigilli
dei Militum
Christi.
La data ufficiale della nascita dell'ordine è il 1.118 -1.120. La povertà di questi cavalieri, testimoniata dal loro primo sigillo, con due cavalieri su un cavallo, verrà poi smentita dalla grande ricchezza che accumularono, dovuta anche al principio che, chi entrava nell'ordine, doveva lasciare all'ordine stesso tutti i suoi averi e le sue eredità, oltre al fatto che facendo voto di celibato, i monaci-guerrieri non potevano riconoscere figli come legittimi eredi. Il crogiuolo da cui scaturirono i Templari, San Bernardo e i romanzi del Santo Graal è stata la corte di Champagne, a Tyre. Guillame de Tyre riferisce che il fondatore dell'ordine del tempio fu Hugues de Payen, un nobile vassallo del conte di Champagne, che gli dovette giurare sottomissione e fedeltà quando divenne lui stesso templare nel 1.124. Con il tempo, la loro rete di presidi si sparse in Europa e nel Medio Oriente, e organizzarono anche, a tassi d'interesse modesti, il trasferimento sicuro ed efficiente del denaro per conto dei mercanti, una classe che finì per dipendere sempre più da loro. Il denaro depositato in una città, ad esempio, poteva essere richiesto e ritirato in un'altra, per mezzo di lettere cambiarie redatte in codici complicati. I Templari divennero così i più importanti cambiavalute dell'epoca, e il presidio di Parigi diventò il centro della finanza europea. I Templari non si occupavano soltanto di denaro: diffondevano anche il pensiero, grazie ai continui contatti, caratterizzati da una mentalità aperta, con la cultura islamica e con quella giudaica. l'Ordine assunse per così dire un ruolo di « stanza di compensazione » per nuove idee, nuove dimensioni della conoscenza e nuove scienze. I Templari avevano un vero e proprio monopolio della tecnologia più avanzata del loro tempo: quanto di meglio veniva prodotto dagli armaioli, artigiani del cuoio, i muratori, gli architetti e gli ingegneri militari. Contribuirono allo sviluppo dei rilevamenti topografici, della cartografia, delle costruzioni stradali e della navigazione. Possedevano porti, cantieri e una flotta commerciale e militare che fu tra le prime ad adottare la bussola. Inoltre, poiché erano combattenti, la necessità di curare le ferite e le malattie li rese esperti nell'uso delle medicine. L'Ordine possedeva ospedali propri, propri medici e chirurghi i quali, tra l'altro, usavano estratti di muffe che precorrevano gli antibiotici. Inoltre, avevano una concezione piuttosto moderna dell'igiene e della pulizia. E con una mentalità non meno in anticipo sui tempi, consideravano l'epilessia non già una possessione demoniaca ma una malattia controllabile. Ispirato da tanti successi, in Europa l'Ordine del Tempio divenne sempre più ricco, potente e fiero dei propri successi. Non è sorprendente, forse, che diventasse anche sempre più arrogante, brutale e corrotto. « Bere come un Templare » era una frase molto comune a quel tempo. E certe fonti affermano che l'Ordine non mancava mai di reclutare cavalieri scomunicati. A Troyes, alla corte del conte di Champagne, fin dal 1.070 era fiorita un'influente scuola di studi cabalistici ed esoterici, e fu nel 1.128, al concilio di Troyes, che i Templari furono ufficialmente riconosciuti. Durante i due secoli sucessivi Troyes fu un centro strategico dell'Ordine e ancora oggi c'è un bosco, vicino alla città, chiamato Forêt du Temple. Va detto che il conte di Champagne fu fra i cavalieri-monaci dell'ordine dei Templari dal 1.124, e che già nel 1.115 aveva donato a San Bernardoprotettore dei Templari, il terreno su cui costruì la celebre abbazia cistercense di Clairvaux.
Ingresso dell'antica abbazia di
Clairvaux, che oggi è un
penitenziario, nel dipartimento
dell'Aube, nel nod-est
francese, regione
Champagne-Ardenne.
La grande fortuna incontrata dall'ordine cistercense era parallela a quella dei Templari, crocevia di conoscenze gnostiche, cabalistiche e alchemiche... ma non solo. Con i cistercensi, in Francia si costruiscono le cattedrali gotiche utilizzando conoscenze nuove (o riscoperte) e rappresentando simboli palesemente alchemico-esoterici, come scrive Fulcanelli in "Mistero delle Cattedrali".
Affinità fra la forma della
costellazione della Vergine
e la mappa delle località
in cui i cistercensi fecero
costruire le cattedrali gotiche
in Francia. Da: http://
Chrétien de Troyes, ispirato dagli ideali cavallereschi occitani e probabilmente informato sugli eventi riportati sopra, scriverà poi, fra il 1.175 e il 1.190, "Le Roman de Perceval ou le conte du Graal", romanzo in versi che aprirà il filone narrativo del Sangraal, re Artù, il primo re, nella saga bretone, cristiano, e che narrerà di Perceval (Parsifal). Sempre "Parzival" poi, è uno dei maggiori poemi epici medievali attribuito al poeta tedesco Wolfram von Eschenbach, che lo compose intorno al 1.210 e scrisse inoltre un'opera su Guglielmo di Gellone, o San Guglielmo d'Aquitania, di stirpe merovingia: "Willehalm". "Parzifal" è il primo Bildungsroman (romanzo di formazione), che narra le avventure di Parzival alla ricerca di una umanità interiore migliore, superiore in qualità agli ideali di vita cortese che i cavalieri dell'epoca seguivano. Nel suo romanzo epico, Wolfram cita i Templari come i cavalieri che custodiscono il Santo Graal, il castello del Graal e la famiglia del Graal. La fonte primaria del poema è proprio l'incompiuto "Le Roman de Perceval ou le conte du Graal" di Chrétien de Troyes, di 12.000 versi, suddiviso in 16 canti; il "Parzival" è composto da 16 libri, a loro volta suddivisi in una trentina di stanze di distici in rima. Nella narrazione Parzival, un giovane pieno di ardore e assetato di avventure, giunge alla corte di Re Artù, e dopo alcune esperienze con i cavalieri, saranno gli insegnamenti di Trevrizent, suo zio eremita, ad indicargli la via della saggezza nell'andare in soccorso al re Amfortas che gli consegna il regno del Graal. Altro personaggio centrale del romanzo è Gawain, (Galvano, in italiano: esiste anche una spada nella roccia in Italia, nell'Abbazia di San Galgano, edificata nell'ordine cistercense e situata tra i paesi di Monticiano e Chiusdino, 30 Km. a ovest di Siena) cavaliere di re Artù anch'egli, con tutta una serie di amori e avventure che si intrecciano. “Sir Gawain e il Cavaliere Verde o "Sir Galvano e il Cavaliere Verde" è invece un romanzo allitterativo scritto in medio inglese e risalente al tardo XIV secolo, narrante un'avventura di Galvano, un cavaliere appartenente alla Tavola Rotonda. In questo racconto Galvano accetta la sfida lanciata da un misterioso cavaliere completamente verde nei capelli, vestiti e pelle. Il Cavaliere Verde dichiara che permetterà a chiunque di infliggergli un colpo di ascia senza che esso si difenda se egli stesso potrà restituire il colpo esattamente dopo un anno e un giorno. Gawain accetta la sfida e con un sol colpo decapita lo sfidante, questi non muore ma raccoglie la sua testa, balza a cavallo e rimembra a Galvano che gli deve soddisfazione alla data concordata. La storia di Sir Galvano, impegnato nell'avventuroso viaggio per raggiungere il luogo prescelto ove riceverà il colpo, dimostra il suo spirito di cavalleria e lealtà. Il poema ci è giunto in un singolo manoscritto, codificato come Cotton Nero A.x, che contiene altre tre opere Pearl, Cleanness e Patience (Perla, Purezza e Pazienza). Si sospetta che l'autore sia sempre lo stesso anonimo chiamato, per tanto, "Pearl Poet" o "Gawain Poet". Tutti e quattro i poemi sono scritti in un dialetto del Medio inglese parlato nel nord-ovest delle Midlands. La storia nasce quindi dal folklore gallese e inglese, con prestiti evidenti dai più antichi racconti sul "gioco della decapitazione" e vengono messi in risalto l'importanza che la cavalleria e l'onore hanno nelle situazioni di pericolo. Oltre alla trama complessa e all'uso di un ricco linguaggio, il poema interessa molto i critici letterari per il suo sofisticato uso del simbolismo medievale. Il Cavaliere Verde, il gioco della decapitazione o la cintura magica di Galvano per protezione sono simboli importanti che affondano le loro radici nelle antiche culture celtiche, germaniche e nel folklore popolare. Per esempio il Cavaliere Verde viene visto da qualcuno come la rappresentazione dell'Uomo Verde delle leggende celtiche, mentre altri ci vedono un'allusione a Cristo. "Sir Galvano e il Cavaliere Verde" è un importante poema appartenente alla letteratura cavalleresca, dove troviamo un eroe impegnato in un'avventura per dimostrare il suo valore. Tuttavia l'ambiguità che circonda la fine della storia lo rende molto più complesso di altre opere. La popolarità moderna dell'opera è da imputarsi a testi di critica letteraria scritti da J.R.R. Tolkien, da Simon Armitage e da diversi film e adattamenti recenti. C'è un nesso che, nel mito del Graal, unifica la cultura celtica, il pensiero dei Templari e i valori d'amor cortese occitani. Nel DNA occitano si è inserita la cultura celtica: ancora oggi, nelle danze occitane, il circolo circasso ha gli stessi ritmi e movenze del circolo canadese celtico.

- Dal 1.118 la politica ambigua degli imperatori bizantini nei confronti dei veneziani, temuti come troppo potenti, favorisce i rivali pisani, portando ad un'aperta rottura di Costantinopoli con Venezia, ormai totalmente indipendente come Repubblica marinara; a ricordo di ciò il leone di San Marco, emblema della Serenissima, appare nelle insegne marine della bandiera italiana unitamente ai simboli di Genova, Pisa ed Amalfi. Venezia s'impegna allora in imprese militari contro Costantinopoli e, in Siria, contro i Turchi, che le fruttano la conferma e l'estensione dei privilegi del 1082 nell'impero (1126) e nuovi privilegi e colonie nel regno di Gerusalemme (Ashqelon e Tiro). Con le crociate ha inizio il grande impero veneziano del Levante: basi in area bizantina (Costantinopoli, Tessalonica, Corinto, isole Ionie, Creta, Cipro ecc.) e gerosolimitana (Tiro, Haifa, Sidone, Ashqelon, Acri ecc.), nonché ad Alessandria d'Egitto. La gestione di questa vastissima rete d'interessi essenzialmente commerciali era affidata all'iniziativa dei privati: lo stato si limitava a proteggerli. Intanto emergeva dall'Assemblea popolare un sistema di Consigli destinati a integrare il governo dogale.

Nel 1.122 - Concordato di Worms che pone fine alla lotta per le investiture (lotta per chi detenesse il diritto di nominare vescovi e papi) fra imperatori e papi, nata dopo l'abolizione del "Privilegio Ottoniano" del 1.059. Già nel 1.049 il papa tedesco Leone IX  iniziò, da un incontro con l'alto clero a Reims, una riforma della Chiesa e cominciò ad avversare il "Privilegium Ottonianum" quando Enrico III era imperatore e di cui non si fidava. Il "Privilegio Ottoniano" fu abolito da Niccolò II nel Concilio lateranense del 1.059: il papa emanò un decreto con il quale veniva stabilito che, da allora in poi, l'elezione del pontefice sarebbe stata una prerogativa esclusiva di un collegio di cardinali, riuniti in Conclave. L'abolizione del Privilegio scatenò la lotta per le investiture, che contrappose la chiesa e l'impero dal 1.076 al 1.122. Il Concordato di Worms, anche noto come "Pactum Calixtinum", fu un patto stipulato a Worms (in Germania) il 23 settembre del 1.122 fra l'imperatore Enrico V di Franconia (quarto imperatore della dinastia salica del Sacro Romano impero) e il Papa Callisto II (Guido dei Conti di Borgogna). Facendo seguito agli sforzi del cardinal Lamberto Scannabecchi (futuro Papa Onorio II) ed in base a quanto stabilito alla Dieta di Würzburg (1.121), il concordato sancì delle precise regole in materia di investiture ecclesiastiche, ponendo quindi fine alla cosiddetta "lotta per le investiture" iniziata oltre trent'anni prima tra Papa Gregorio VII e l'imperatore Enrico IV. In base ai termini dell'accordo, l'imperatore rinunciava al diritto di investire i vescovi  dell'anello e del bastone pastorale, simboli del loro potere spirituale, riconoscendo solo al Pontefice tale funzione, e concedeva che in tutto l'impero l'elezione dei vescovi fosse celebrata secondo i canoni e che la loro consacrazione fosse libera. Il Papa, a sua volta, riconosceva all'imperatore il diritto, in Germania, di essere presente alle elezioni episcopali, purché compiute senza simonia né violenza (e anzi come garante del diritto e sostenitore del vescovo metropolitano), e di investire i prescelti dei loro diritti laici (cioè i diritti feudali). Inoltre, sempre e soltanto in Germania, l'investitura feudale precedeva quella episcopale, con un divario massimo di sei mesi. In Italia e in Borgogna, invece, la consacrazione episcopale precedeva quella feudale. Questa difformità di regole ebbe come conseguenza che mentre in Germania gli eventuali contrasti insorti tra l'episcopato e l'imperatore venivano risolti attraverso la mediazione dei vescovi metropoliti e dei loro suffraganei, nei "regni" d'Italia e di Borgogna, mancando queste figure intermedie, il rapporto tra l'episcopato e la Santa Sede era diretto, per cui i Pontefici potevano intervenire in prima persona in tutti i casi di elezioni contrastate. Ciò significava che dove c'era un regime di "governo" imperiale si votava per prima l'imperatore e viceversa nei luoghi dove vigeva il governo ecclesiastico. Logica conseguenza del concordato di Worms fu la convocazione di un concilio ecumenico. L'ultimo concilio si era svolto tre secoli prima a Costantinopoli; il nuovo si tenne a Roma in Laterano e fu il primo concilio celebrato in Occidente (il nono della storia). Il Concordato di Worms del 1.122, concluso tra Papa Callisto II ed Enrico V, rappresentò un modello per gli sviluppi successivi delle relazioni tra la Chiesa e l'Impero. Secondo il concordato, la Chiesa aveva il diritto di nominare i vescovi, quindi l'investitura con anello e pastorale doveva essere ecclesiastica. Le nomine, tuttavia, dovevano avvenire alla presenza dell'imperatore, o di un suo rappresentante, che attribuiva incarichi di ordine temporale ai nuovi vescovi mediante l'investitura con lo scettro, un simbolo privo di connotazione spirituale. Nonostante il concordato di Worms, la Chiesa nel Medioevo non ottenne mai un controllo completo nella nomina dei vescovi, ma le basi per la progressiva divisione dei poteri erano state gettate. Dopo tale Concordato, in Italia i vescovi sarebbero divenuti proprietari terrieri solo dopo essere stati nominati dal Papa; in Germania, invece, l'Imperatore nominava feudatario di un terreno qualsiasi persona, che in seguito sarebbe stata nominata con il titolo ecclesiastico di vescovo dal Papa.

L'impero romano orientale (bizantino) alla morte di
Giovanni II Comneno, nel 1143, da: https://it.wiki
- Nell'agosto del 1122 si combatte la battaglia di Beroia fra i Peceneghi e l'imperatore bizantino Giovanni II Comneno nell'attuale Bulgaria, presso la città di Beroia (oggi Stara Zagora) che provocherà la scomparsa dei Peceneghi come popolo indipendente. Nel 1091 i Peceneghi avevano invaso l'Impero bizantino ed erano stati sconfitti dal padre di Giovanni II Comneno, Alessio I Comneno, nella battaglia di Levounion. Questa battaglia aveva significato l'estinzione quasi totale di tutti i peceneghi che avevano partecipato alla spedizione; tuttavia, un certo numero di peceneghi era sopravvissuto, benché attaccati nel 1094 dai cumani. I superstiti dalla battaglia, nella maggior parte dei casi, si erano stabiliti nei Balcani, senza tuttavia integrarsi con gli abitanti del luogo. Nel 1122 c'era stata una nuova invasione dei peceneghi dalle steppe russe, che avevano invaso l'Impero bizantino attraversando la frontiera sul Danubio. Secondo Michele Angold, è possibile che questa invasione sia stata causata da Vladimir II di Kiev (1113-1125), Re di Kiev. L'Imperatore Giovanni II Comneno di Bisanzio (1118-1143) era fortemente determinato per fermare gli invasori, che rischiavano di fargli perdere il controllo della parte settentrionale dei Balcani, quindi aveva trasferito il suo esercito dalla frontiera dell'Asia Minore (dove nel frattempo i bizantini stavano combattendo contro i turchi), in Europa e si metteva in marcia per andare a combattere i peceneghi. La vittoria bizantina a Beroia decretò la fine del problema dell'invasione dei peceneghi. Per un certo periodo, i peceneghi rimasti si raggrupparono in Ungheria, ma erano solo una minoranza e ben presto si unirono alla gente del luogo, e così il popolo dei peceneghi scomparve. Per i bizantini, tuttavia, la vittoria non condusse immediatamente alla pace nei loro domini nei Balcani: dal 1128 al 1130, l'Impero subì diversi attacchi degli ungheresi, che si conclusero solo dopo che l'Ungheria cadde in una guerra civile. Tuttavia, la battaglia viene contrassegnata come continuazione del ripristino dei Comneni dell'Impero bizantino; queste vittorie sui peceneghi e poi sugli ungheresi permisero ai bizantini di stabilizzare la loro frontiera sul Danubio, permettendo all'imperatore Giovanni II Comneno di concentrare i propri sforzi nella lotta contro i turchi selgiuchidi nell'Asia Minore.

- L'accresciuta potenza di Venezia e l'alto numero di privilegi che ha ottenuto, mettono nel tempo in rotta Bizantini e Veneziani, portando ad un succedersi di contrasti, con le guerre del 1122-1126 e del 1171-1175, che favoriranno l'espansione commerciale genovese in Oriente.

Stemma della Repubblica
marinara di Venezia.
Nel 1.124 - Si sottoscrive un trattato di alleanza tra il regno di  Gerusalemme e la Repubblica di Venezia, che si era affrancata dalla dipendenza di Costantinopoli nel IX secolo, prima dell'inizio dell'assedio di Tiro nel febbraio 1.124 (la città capitolò ai crociati più tardi quello stesso anno). Il trattato fu negoziato dal Patriarca Guermondo e quindi è conosciuto come "Pactum Warmundi" dalla forma latina del suo nome, Warmundus. Precedenti trattati erano stati negoziati tra Gerusalemme e Venezia ed altre città-stato italiane, ed agli stessi veneziani erano stati concessi privilegi nel 1.100 e nel 1.110 in cambio di aiuto militare, ma questo trattato fu molto più ampio. Il Pactum concesse ai veneziani di avere proprie chiese, strade, piazze, bagni, mercati, unità di misura, mulini e forni in ogni città controllata dal re di Gerusalemme, ad eccezione di Gerusalemme stessa, dove la loro autonomia era più limitata. Nelle altre città, furono autorizzati ad utilizzare le unità di misura veneziane per fare affari e commerciare con altri veneziani, per il resto dovevano usare le unità di misura ed i prezzi stabiliti dal re. In Acri, fu loro concesso un quartiere della città, dove ogni veneziano "possa essere libero come nella stessa Venezia." .
In Tiro ed Ascalona (sebbene non ancora conquistate), fu loro concesso un terzo della città ed un terzo della campagna circostante che probabilmente, nel caso di Tiro, comprendeva ventuno villaggi. Questi privilegi erano totalmente esenti da tassazione, mentre le navi veneziane sarebbero state assoggettate ad imposizione se avessero trasportato pellegrini e in questo caso il re aveva personalmente diritto ad un terzo della tassa. Per il loro aiuto nell'assedio di Tiro ai veneziani furono assegnati 300 "bisanti saraceni" per anno dalle entrate di quella città. Essi furono autorizzati ad utilizzare le proprie leggi nelle cause civili tra veneziani o nel caso in cui era un veneziano ad essere convenuto, mentre se l'attore era veneziano la questione sarebbe stata decisa nei tribunali del Regno Se un veneziano naufragava o moriva nel Regno, le sue proprietà sarebbero state inviate indietro a Venezia invece che essere confiscate dal re. Tutti coloro che vivevano nel quartiere veneziano di Acri o nei distretti veneziani nelle altre città erano soggetti alle leggi veneziane. Il Pactum fu firmato dal Patriarca Guermondo; Ebremaro, arcivescovo di Cesarea; Bernardo, Arcivescovo di Nazaret; Aschetino, vescovo di Betlemme; Ruggero, vescovo di Lidda; Guildin, abate di Santa Maria di Giosafat; Gerardo, priore della Santo Sepolcro; Aicardo, priore del Templum Domini; Arnaldus, priore di Monte Sion; Guglielmo di Buris ed il cancelliere Pagano (probabilmente Hugues de Payns, Ugo de Pagano in latino, Gran Maestro dell'ordine dei cavalieri templari, la "Militia Christi templique Salomonis"). A parte Guglielmo e Pagano, nessuna autorità secolare fu testimone al trattato, forse a indicare che i veneziani consideravano Gerusalemme un feudo papale.

Nel 1.125 - Muore Enrico V, imperatore del Sacro Romano Impero e inizia la lotta per la corona imperiale tra la casata sassone-bavarese dei Welfen (pronuncia velfen, da cui la parola guelfi) e quella sveva degli Hohenstaufen, signori del castello di Waiblingen, nei pressi di Stuttgart (anticamente chiamata Wibeling, da cui la parola ghibellini).

L'occitana Alienor o Eleonora,
duchessa d'Aquitania e
Guascogna, contessa
di Poitiers, regina di
Francia e d'Inghilterra.
Nel 1.137 - Il 22 luglio, sposando Luigi VI, Eleonora d'Aquitania  diventa regina di Francia. Eleonora d'Aquitania (Bordeaux, 1.122 - Fontevrault, 1º aprile 1.204), fu  duchessa  d'Aquitania  e di Guascogna,  contessa  di  Poitiers,  Regina consorte di Francia dal 1.137 al 1.152 e poi d'Inghilterra dal 1.154 al 1.189. Fu anche una mecenate dei trovatori, nella sua fastosa corte aquitana. Era la figlia primogenita del duca di Aquitania, duca di Guascogna e conte di Poitiers, Guglielmo X il Tolosano e della sua prima moglie, Aénor di Châtellerault, figlia del visconte Americo I di Châtellerault e della Maubergeon, che al momento della sua nascita era l'amante di suo nonno Guglielmo IX il Trovatore. Eleonora fu battezzata Alienor (interpretato poi in seguito come l'Aliena, l'Estranea) che in ”langue d'oc” vuol dire "l'altra Aénor" (poi francesizzato in ”langue d'oïl” in Eléanor). Fu allevata alla corte d'Aquitania, una delle più raffinate del secolo XII, che, per merito di suo nonno, alla fine del secolo precedente aveva visto nascere ”l'amor cortese” nelle diverse residenze dei duchi d'Aquitania, soprattutto Poitiers e Bordeaux. L'amor cortese è un termine creato dal critico francese Gaston Paris nel 1.883 per indicare la concezione filosofica, letteraria e sentimentale del concetto dell'amore, all'epoca del  trobar  (poetare in provenzale) dei poeti nelle corti provenzali, e si basa sul concetto che solo chi ama possiede un cuore nobile. Il concetto di amor cortese appare per la prima volta nel corso del XII secolo nella poesia dei lirici provenzali che scrivono in lingua d'oc, tuttavia avrà fortuna anche nella letteratura del nord della Francia e sopravviverà nel tempo tramite il "dolce stil novo" dantesco. L'amor cortese del trobador è un sentimento capace di nobilitare e affinare l'uomo. Nasce come un'esperienza ambivalente fondata sulla compresenza di desiderio erotico tensione spirituale. Tale "ambivalenza" è detta mezura, cioè la "misura", la giusta distanza tra sofferenza e piacere, tra angoscia ed esaltazione. Per questa ragione, anche, esso non può realizzarsi dentro il matrimonio, e l'amor cortese è quindi adultero per definizione. Esso è desiderio fisico. Si instaura fra la dama e l'amante un rapporto d'amore esclusivo, così come il poeta deve rivolgersi ad una sola dama, essa deve accettare al suo servizio non più di un amante. Nel caso in cui una delle due parti trasgredisse, allora il rapporto potrebbe cessare. Per l'amante il marito non è assolutamente un pericolo, mentre per questi un pericolo si rivela quella cerchia di uomini che si trovano nella sua stessa posizione di "amante cortese", poiché essi tenteranno in ogni modo di infangarlo. Gli elementi caratterizzanti l'amor cortese sono:
- Il culto della donna, vista dall'amante come un essere sublime, irraggiungibile, in certi casi anche divino.
- L'inferiorità dell'uomo rispetto alla donna amata: l'amante si sottomette completamente e obbedisce alle volontà della donna. Tale rapporto fra i due sessi è definito "servizio d'amore". L'amante presenta il suo omaggio alla donna e resta in umile adorazione di fronte a lei. Si tratta di un "amore-vassallaggio" in cui il rapporto tra l'uomo e la donna è simile a quello intercorrente tra il vassallo e il suo signore.
- L'amore inappagato, cioè l'amante non chiede nulla in cambio dei suoi servigi. Non si tratta però di amore spirituale, platonico, anzi si presenta con note sensuali.
- La gioia, o meglio una forma di ebbrezza ed esaltazione, di pienezza vitale, formata dall'amore impossibile, che genera però anche sofferenza e tormento.
- L'amore adultero, che si svolge al di fuori del vincolo coniugale: addirittura, si teorizza che nel matrimonio non possa esistere veramente "amor fino". Il matrimonio, infatti, spesso era un contratto stipulato per ragioni dinastiche o economiche. 
- Il carattere adultero dell'amore esige il segreto, che tuteli l'onore della donna: per questo il suo nome non viene mai pronunciato dai poeti.
- Il conflitto tra amore e religione, scaturito dal culto per la donna divinizzata con il culto per Dio; inoltre la Chiesa condanna notoriamente il peccato dell'adulterio.
Eleonora ricevette l'educazione di una giovane nobile del suo tempo: imparò a leggere e scrivere in latino, la musica, la matematica e la letteratura dell'epoca, inoltre imparò a cavalcare ed a partecipare alla caccia. Suo nonno, Guglielmo IX, morì il 10 febbraio 1.126 e suo padre Guglielmo X gli succedette. Il 3 marzo 1.130, secondo lo storico e archeologo francese, Jacques-Joseph Champollion, suo padre Guglielmo X fece una donazione alla chiesa di Sant'Ilario de La Celle (nei dintorni di Poitiers) che veniva controfirmata dal padre, dalla madre Aénor, da Eleonora e dal fratellino, Guglielmo l'Ardito (Willielmi ducis Aquitanorum, Aenordis comitissæ, Alienordis filiæ eorum, Wilelmi Aigres filii eorum). Non si conosce l'anno esatto, ma tra il 1.130 ed il 1.137, Eleonora divenne l'erede dei ducati d'Aquitania e Guascogna, fra i più importanti domini del regno di Francia (e che non erano vassalli della corona di Francia) per la morte del fratello, Guglielmo l'Ardito. Nel contempo, rimasto vedovo, dopo il 1.130, suo padre, Guglielmo X sposò, in seconde nozze, Emma di Limoges, figlia del conte di Limoges, Ademaro III . Infatti, suo zio Raimondo di Poitiers (ca. 1.115-1.149), nel 1.136, sposò la principessa Costanza (come viene ricordato dall'arcivescovo Guglielmo, della città di Tiro, nell'odierno Libano), di 10 anni, figlia ed erede di Boemondo II, Principe d'Antiochia e di Alice di Gerusalemme per cui poi divenne principe d’Antiochia. Guglielmo X, alla fine del 1.136, iniziò un pellegrinaggio per Santiago de Compostela ma morì, forse per un'intossicazione alimentare, durante il viaggio, nel 1.137, sembra di Venerdì Santo; secondo la Chronique de Guillaume de Nangis, morì la vigilia di Pasqua (il 9 aprile) e fu sepolto a Santiago de Compostela. Lasciò due figlie: Eleonora e Petronilla. Comunque, prima di morire si raccomandò che la primogenita Eleonora, che gli subentrava nei titoli di duchessa d'Aquitania e di Guascogna e di contessa di Poitiers, portando in dote l'Aquitania, fosse data in sposa a Luigi (1.120-1.180), figlio ed erede del re di Francia, Luigi VI. Luigi VI, pensando che il regno di Francia dalla Loira si sarebbe esteso sino ai Pirenei ed al Mar Mediterraneo, accettò di buon grado e così Luigi il Giovane, con un folto seguito si diresse in Aquitania. Il matrimonio tra Eleonora e Luigi di Francia fu celebrato, a Bordeaux, il 22 luglio 1.137, nella Cattedrale di Sant'Andrea. La prima notte di nozze fu nel castello di Taillebourg. Secondo l'usanza dell'epoca le feste durarono alcuni giorni e si svolsero nei dintorni di Bordeaux, al palazzo di Ombrière; le feste accompagnarono gli sposi anche durante il viaggio verso Parigi. Durante il viaggio, gli sposi furono incoronati duchi d'Aquitania nella cattedrale di Poitiers, ma il ducato non venne riunito alla corona di Francia, Eleonora rimase duchessa e Luigi duca consorte; fu altresì stabilito che il loro primo figlio sarebbe stato re di Francia e duca d'Aquitania, quindi la fusione dei due domini sarebbe avvenuta con una generazione di ritardo. Secondo Orderico Vitale, Luigi VII, fu incoronato a Poitiers, re di Francia e re consorte di Aquitania, dopo la morte del padre, Luigi VI, morto il primo di agosto del 1.137 (dopo essersi ammalato nella foresta vicino a Compiègne), quando gli sposi erano ancora in viaggio per Parigi. Nel giorno di Natale del 1.137 Eleonora venne incoronata a Bourges, mentre il marito veniva reincoronato (essendo già stato incoronato all'età di 11 anni, il 25 ottobre 1.131, a Reims). Di spirito libero e vivace, non è ben accettata alla corte di Francia, fredda e riservata; ella è criticata per la sua condotta ritenuta indecente (così come era già avvenuto per un'altra regina del sud della Francia, Costanza d'Arles, moglie di Roberto II di Francia, circa un secolo prima): i suoi lussi, dai gioielli alle tappezzerie, sorpresero i cortigiani e poi i trovatori che lei faceva venire alla corte non erano graditi: il Marcabru, addirittura, fu cacciato dal re in persona per le canzoni, un poco spinte, composte per la sua amata, che forse era la regina; il trovatore in seguito dovette recarsi presso le corti spagnole per poter continuare a vivere della sua arte. Eleonora era soprattutto criticata per l'influenza che esercitava sul re. La giovane coppia (entrambi avevano meno di vent'anni) prendeva decisioni avventate come la spedizione (che si risolse in un insuccesso) contro la contea di Tolosa su cui Eleonora vantava dei diritti, per via della nonna Filippa di Tolosa oppure il conflitto col Papa Innocenzo II per la nomina del nuovo arcivescovo di Bourges (Pietro de La Châtre) a cui il re proibì di entrare in città; oppure la pressione esercitata su Rodolfo di Vermandois (1.085-1.152) affinché ripudiasse la moglie, Eleonora di Champagne, per risposarsi con la giovane Petronilla d'Aquitania (1.125-1.153, invaghita del maturo Rodolfo), sorella della duchessa Eleonora; Rodolfo accettò, fu scomunicato dal papa assieme a Petronilla e, nel 1.142, dovette sostenere un conflitto vittorioso contro il conte di Champagne Tibaldo IV di Blois (presso il quale si era rifugiato Pietro della Châtre), fratello della moglie ripudiata, Eleonora di Blois. Durante il conflitto in cui il re appoggiò Rodolfo, ci fu la conquista della città di Vitry-en-Perthois; gli abitanti della città, sembra circa 1.300, si rifugiarono nella chiesa, a cui fu dato fuoco. Sul regno di Francia e sulla coppia reale, ancora senza figli, cadde l'Interdetto della Chiesa. Eleonora si recò a consiglio da Bernardo di Chiaravalle, che consigliò la riappacificazione dei conflitti; cosa che avvenne, la Champagne fu restituita a Tibaldo e Pietro poté ottenere l'arcivescovato di Bourges. La scomunica fu ritirata e nel 1.145 la coppia reale ebbe una figlia, Maria. Affinché l'Interdetto fosse tolto ed anche per ottenere la nascita del sospirato figlio maschio, Eleonora, influenzata sempre dalle prediche di Bernardo di Chiaravalle (che aveva ricevuto l'incarico da papa Eugenio III di predicare la crociata in Francia, cosa che Bernardo fece con ottimi risultati e poi si recò a predicarla anche nei territori dell'impero, dove ebbe un altrettanto buon risultato), spinse Luigi a partecipare alla Seconda crociata; lei lo avrebbe accompagnato in Terra Santa come pellegrina, come sostiene lo storico Steven Runciman, nel volume II del suo "A history of the Crusades". La seconda crociata francese, essendovi al seguito la regina e parecchie dame dei crociati, cariche di bagagli, si ritrovò un convoglio sovraccarico, che procedeva lentamente. Partì nel giugno del 1.147, mentre la crociata tedesca, partita a maggio, arrivò molto prima in terra Santa. Con la crociata cominciarono i dissapori tra i coniugi:
- lei si fece accompagnare dal trovatore Jaufré Rudel,
- la strage alla battaglia del monte Cadmo, nel 1.148, dove l'avanguardia (con la regina), comandata da un vassallo aquitano, Goffredo di Rancon, contravvenendo agli ordini non attese la retroguardia (con il re) ed i pellegrini, che subirono un massacro da parte dei Turchi; il re si salvò miracolosamente. La colpa ricadde su Goffredo, ma i dubbi su Eleonora rimasero.
- l'incontro con lo zio Raimondo di Poitiers, che accolse i Crociati in Antiochia, ma non fu ricambiato in alcun modo. Allora circolò la diceria che tra zio e nipote nascesse un incestuoso adulterio, nei mesi che Luigi ed i francesi furono a Gerusalemme, mentre la regina e gli aquitani rimanevano in Antiochia.
- anche l'esito negativo della crociata (la mancata conquista di Damasco) e la colossale menzogna Bizantina che nascose ai francesi il disastro a cui erano andati incontro i tedeschi, portò dissapori tra i coniugi.
Nel 1.149 Luigi VII ed Eleonora ritornarono dalla crociata e arrivarono in Italia, via mare, separatamente. Incontrarono il Papa Eugenio III nell'Abbazia di Montecassino, che riuscì a farli riconciliare. Rientrarono in Francia e nel 1.150, nacque una seconda figlia, Alice. Nel 1.151 il rapporto tra i coniugi era ancora buono, come ci conferma il documento n° XXIX del Cartulaire de l'abbaye royale de Notre-Dame de Saintes, in cui Eleonora con l'approvazione del marito, re di Francia e duca d'Aquitania (Ludovici regis Francorum et ducis Aquitanorum collateralis nostri), conferma i privilegi all'abbazia di Notre-Dame de Saintes. Ma i dissapori continuarono. L'11 marzo 1.152 si riunirono nel sinodo di Beaugency gli arcivescovi di Bordeaux, Rouen, Reims ed il primate di Francia, che il 21 marzo, dinnanzi a Luigi ed Eleonora, sancirono, con la benedizione papale, che il loro matrimonio era stato nullo per consanguineità di quarto grado, ambedue discendevano da Roberto II di Francia (dal primogenito Enrico I di Francia attraverso Filippo I di Francia e Luigi VI di Francia discendeva Luigi; mentre dal secondogenito, duca di Borgogna Roberto di Francia attraverso Hildegarda di Borgogna (che aveva sposato Guglielmo VIII di Aquitania), Guglielmo IX di Aquitania e Guglielmo X di Aquitania, da cui discendeva Eleonora). Le due figlie venivano dichiarate legittime e sarebbero rimaste presso la corte francese e tutti i possedimenti di Aquitania e Guascogna venivano restituiti ad Eleonora.

Sultanato selgiuchide di Rûm o Sultanato di Nicea o
Sultanato di Iconio nella sua espansione. Da: https://
Dal 1.141 - Nell'impero selgiuchide, dopo essere emerso come Gran Sultano da una lunga serie di guerre dinastiche, nel 1141 lo shah Ahmed Sanjar, preoccupato per l'espansione dei mongoli Kara Khitay, che avevano appena occupato la Transoxiana, marciò contro di loro affrontandoli a Samarcanda: disastrosamente sconfitto, riuscì a stento a salvare la propria vita fuggendo. La battaglia provocò per i Selgiuchidi la perdita della Corasmia (regione asiatica corrispondente all'attuale regione uzbeka del Khwārizm, in passato corrispose al khanato di Khīwa. È situata lungo il corso inferiore dell'Āmū Daryā, ovvero Oxus, gravitante intorno al Lago d'Aral), che divenne stato vassallo dei Kara Khitay e iniziò una campagna di aggressione contro i propri precedenti signori. Il sovrano corasmio Anushtigin, approfittando della debolezza dei Selgiuchidi nell'Iran, iniziò una rapida espansione ai loro danni, che portò nel 1153 alla cattura dello stesso Gran Sultano Ahmed. Liberato nel 1156, Ahmed morì l'anno successivo e venne sepolto a Merv.

Nel 1.145 - Papa Eugenio III, con la bolla Quantum praedecessores (scritta a Vetralla), bandisce la Seconda Crociata. La seconda crociata fu la diretta conseguenza della caduta della contea di Edessa nel dicembre del 1.144, ad opera dell'atabeg Zengī (arabo ‘Imād al-Dīn Zengi) di Aleppo e Mossul - che, con la città anatolico-mesopotamica di Harrān, costituiva la regione che gli Arabi chiamavano Jazira (letteralmente "l'isola"), solo nominalmente dipendente dai Selgiuchidi e ancor più simbolicamente, dal Califfo Abbaside. Con gli sforzi di papa Callisto II, mirante ad una spedizione su larga scala, si accorparono nella crociata anche la spedizione in Spagna e contro gli Slavi Vendi dell'est Europa.
Carta con gli stati cristiani in Terrasanta nel 1140:
Contea di Edessa, Principato di Antiochia, Contea
di Tripoli e Regno di Gerusalemme. Da "Asia
minor 1140" di Alexander G. Findlay - Classical
Atlas of Ancient Geography: https://commons.
La caduta di Edessa fece impressione, ma probabilmente molto meno di quanto si possa pensare, perché l'indizione di una nuova crociata contro i musulmani stentò a partire: furono necessari tutti gli sforzi del papa Eugenio III e di Bernardo di Chiaravalle, futuro santo, per darle lo slancio iniziale. Il teologo san Bernardo di Chiaravalle (Bernard de Clairvaux) teorizzò, in risposta alla difficoltà per un cristiano di conciliare la guerra non difensiva con la parola di Dio, la teoria del malicidio: chi uccide un uomo intrinsecamente cattivo, quale è chi si oppone a Cristo, non uccide in realtà un uomo, ma il male che è in lui; dunque egli non è un omicida bensì un malicida. Questa episodica giustificazione, in risposta a un espresso quesito dei cavalieri templari, non assunse tuttavia il carattere di giustificazione generalizzata di quella che fu, in effetti, una campagna per la ripresa di Edessa. In risposta all'appassionata azione predicatoria messa in atto da Bernardo di Chiaravalle, il 1º dicembre 1.145 papa Eugenio III, con la bolla Quantum praedecessores (scritta a Vetralla), bandì quindi una nuova Crociata per recuperare la perduta contea che, per essere la più settentrionale era anche quella più difficile da difendere. Con la bolla il papa estese l'indulgenza collegata alla crociata a tutti quelli che sarebbero andati in soccorso della Chiesa Orientale. Il 1º marzo 1.146 il papa modificò la bolla e, rifacendosi all'appello del suo predecessore Urbano II, dichiarò che la perdita di Edessa era da imputare solo ai peccati dei cristiani e perciò esortava tutti a combattere contro i nemici di Cristo, in qualsiasi luogo essi si trovino. Ribadì, inoltre, che i privilegi dei crociati erano l'indulgenza dei peccati, sospensione da eventuali processi in corso, moratoria sugli interessi dei debiti, protezione della persona del crociato e dei suoi beni da parte della Chiesa. Alla nuova Crociata risposero questa volta due importanti sovrani, e non più semplici nobili di maggiore o minor caratura: l'Imperatore germanico Corrado III (che in realtà non fu però mai incoronato come tale) e il sovrano francese capetingio Luigi VII, col loro seguito di mogli e cortigiani. Nonostante che Ruggero II, re normanno di Sicilia, si fosse offerto di trasportare tutti gli uomini via mare direttamente in Terrasanta, i due sovrani decisero di seguire l'itinerario via terra, sia perché suggerito dall'imperatore bizantino Manuele I quando questi era stato interpellato nell'estate del 1.146, sia perché entrambi i sovrani, come pure lo stesso papa, erano molto diffidenti nei confronti del normanno. La Seconda Crociata ebbe un primo grave rovescio ancor prima di affacciarsi in Terra Santa perché l'esercito franco-germanico, in cui i francesi erano all'avanguardia e i tedeschi in retroguardia, invase i domini dei turchi danishmendidi. I soldati di Corrado incapparono in un'imboscata nell'ottobre del 1.147 (Battaglia di Dorylaeum) e nel 1º gennaio del 1.148 in Pisidia, davanti ad Antiochia l'esercito di Corrado venne massacrato. Le difficoltà di approvvigionamento - dovute alle violente razzie con cui i Crociati provvedevano a risolvere i propri problemi logistici ma che inducevano le popolazioni cristiane locali a nascondere i propri beni e se stesse - segnarono negativamente i guerrieri, al cui interno le rivalità avevano assunto le tinte assai più gravi d'una semplice cameratesca rivalità etnica. In realtà a rendere vana l'impresa era l'inadeguata capacità di questi nuovi Crociati di leggere in modo appropriato la delicata situazione strategica che reggeva Outremer. L'indecisione del sovrano francese - inutilmente spronato dalla moglie Eleonora d'Aquitania (dalla quale sarà costretto poco più tardi a divorziare) - a concepire in modo più ampio e organico la sua venuta e a non limitarsi a un puro e semplice assolvimento del votum crucis da esaurire a Gerusalemme, costituì la vera debolezza della Seconda Crociata che decise di conquistare Damasco ritenendola punto nodale di un'azione di affermazione cristiana in Terra Santa. La decisione fu quanto mai deleteria perché in quel modo ci si inimicava l'unica importante entità politica islamica che intendeva seguitare a mantenere rapporti cordiali e pacifici con i Crociati. La locale dinastia dei Buridi temeva infatti di cadere sotto il controllo dei potenti Zengidi di Norandino, degli ancor più potenti Selgiuchidi o dei Fatimidi che non avevano mai abbandonato l'idea d'inglobare la città e i suoi domini al loro Imamato. L'importanza strategica di Damasco per Outremer era tutta nella sua collocazione lungo la sua frontiera orientale e nella sua capacità di impedire che si saldasse il cerchio anti-crociato da parte delle forze musulmane ostili, senza dimenticare la valida sponda che a Outremer i Buridi garantivano anche sul piano economico e commerciale. Ciò nonostante i due sovrani decisero l'assedio di Damasco, malgrado le loro truppe fossero decimate, demoralizzate e cariche di reciproco astio. Il 24 luglio 1.148 l'assedio cominciò ma la resistenza incontrata fu inaspettatamente assai forte mentre - cosa che i Crociati avrebbero a tutti i costi dovuto evitare - l'emiro buride Onor chiedeva aiuto a Norandino. L'assedio terminò con un nulla di fatto il 28 luglio 1.148, dopo soli quattro giorni di offensive e controffensive di limitata entità, con un avvilente ritiro degli assedianti e con il loro definitivo abbandono della scena siriana. Alla Crociata prese parte anche Cacciaguida, antenato di Dante Alighieri, come il poeta ricorda nel suo Paradiso.


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