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martedì 22 gennaio 2019

Storia dell'Europa n.7: dal 3.500 (inizio della Storia) al 2.500 p.e.v. (a.C.)

Rappresentazione della Storia.
Dal 3.500 a.C. - Secondo gli organi ufficiali della comunità scientifica finisce la  PROTOSTORIA e inizia la STORIA. Per convenzione, si considera Storia il periodo da cui esistono documenti scritti e in questo periodo la Civiltà di Sumer aveva già adottato un alfabeto e quindi una scrittura. In questo periodo inizia a diffondersi la civiltà dei metalli. La prima "civiltà dei metalli" inizia con l'uso dell'oro, si presume a scopi ornamentali anche se scarseggiano certezze e prosegue con l'età del rame, epoca in cui avvengono anche la domesticazione del cavallo e l'invenzione della ruota. Migliorando le tecniche di fusione, l'uomo impara a formare una lega del rame con lo stagno ottenendo così il bronzo, molto più duro ed utile per utensili ed armi.

Cartina degli spostamenti e migrazioni degli Indoeuropei
nel 3.500/2.500 a.C. di Dbachmann (discussione contributi)
- Opera propria, CC BY-SA 3.0, QUI.  

- Seconda migrazione dalle steppe/caucaso (Cultura di Majkop) nei Balcani e in Europa centro-orientale ("Seconda ondata Kurgan" 3500 - 3000 a.C.) e conseguente diffusione della cultura di Baden e Coţofeni e della cultura delle anfore globulari che ricalca in parte l'area geografica occupata dalla precedente cultura del bicchiere imbutiforme (pre-indoeuropea).

- La cultura dell'ascia da combattimento (o della ceramica cordata) è considerata come la culla dei popoli germanicicelticibaltici e slavi. Per i sostenitori dell'ipotesi kurgan lo sviluppo iniziale di questo vasto complesso archeologico (derivante dalla cultura delle anfore globulari e da influssi della cultura di Jamna) è da attribuire agli immigrati indoeuropei giunti dalle steppe. A partire dal nucleo originario, localizzabile nell'Europa centro-orientale, si estenderà fino a raggiungere la Scandinavia e la Russia centrale e nord-orientale (cultura di Fatyanovo-Balanovo).

- Gli Ittiti emigrano in Anatolia dai Balcani (Cultura di Ezero) o dal Caucaso (Cultura di Majkop). In Siberia meridionale, presso i monti Altaj, si sviluppa la cultura di Afanasevo, imparentata con quella di Jamna e associata ai Tocari o proto-Tocari.

Nel 3.450 a.C. - Secondo Zecharia Sitchin, il primato a Sumer passa a Nannar/Sin. Marduk proclama Babilonia "Porta degli Dèi". Episodio della Torre di Babele. Gli Anunnaki confondono le lingue dell'uomo. Fallito il suo "golpe", Marduk/Ra torna in Egitto, depone Thoth e cattura il suo fratello minore Dumuzi, che si era fidanzato con Inanna. Dumuzi viene accidentalmente ucciso; Marduk viene imprigionato vivo nella Grande Piramide. Liberato poi attraverso un condotto di emergenza, va in esilio.

Dal 3.250 a.C. - Inizia la migrazione dall'India di quelli che noi chiamiamo Fenici e che erano gli stessi che abitavano sulle coste orientali dell’italia meridionale, che allora si chiamavano Yoni perchè portavano un bastone biforcuto per simbolizzare i genitali femminili (erano portatori di una cultura matriarcale).
La Y degli Ioni.
Quando proseguirono per il medio oriente li chiamarono Pallis (palo, bastone, pastori), a causa del bastone, e dopo che si insediarono nel territorio circostante le rive del giordano denominarono quella terra “Pallis-tan (tan = terra), che signica “Terra dei Pastori”, italianizzato Palestina. Alcuni fra questi preferirono la vita nomade e si fusero con i popoli delle sabbie, ara-bac, quelli che gli Egizi chiamarono poi Hixos = capi pastori. Venivano dall’India, dopo la scissione del grande impero bianco, che gli Ari avevano sovrapposto al grande impero nero, a causa del conflitto sulla causa prima del mondo, maschile o femminile. Costoro erano i perdenti, cioè la feccia dell’India protostorica.  Erano i primi Hindi che si riversavano, a partire del 3250 a.C., in altre parti del mondo. Quelli che seguirono il principe Hirsou che aveva perso la sua battaglia per l’affermazione femminile, vennero chiamati Hirsity e poi Hittiti. Alcuni di questi si stanziarono in Hirpinia (capito il senso) e Malevento. Questi Hindi portarono con loro la scrittura che già da millenni usavano nella loro patria, l’India. Anche il colore delle proprie vesti, il rosso, era un simbolo matriarcale, il mestruo, da cui Fenici = rossi, mentre i patriarchi vincitori Hindi che rimasero nella loro terra adottarono il bianco, simbolo maschile derivante dal colore dello sperma, adottato dai Bramini. Tratto da http

Carta con le migrazioni indoeuropee dal 3.500 a.C.
Nal 3.100 a.C. - La cultura di Jamna si estende dall'Ucraina ai Balcani ("Terza ondata Kurgan" 3100 - 2900 a.C.). Le tombe a tumulo si propagano in tutta la penisola balcanica sino alla Grecia settentrionale, cambiamento culturale associato alla penetrazione degli Elleni (2300 - 2200 a.C.). È probabile che anche le altre lingue paleobalcaniche (oltre il greco), almeno in parte, siano da far risalire a questa terza ondata. Il kurgan è il tumulo funerario usato dagli Sciti per inumare i feretri della propria aristocrazia. Non solo monumento funebre ma, al tempo stesso, espressione del potere e della ricchezza raggiunti, simbolo distintivo in una società guerriera fortemente stratificata.

- Nel 3.100 a.C. secondo Zecharia Sitchin, dopo 350 anni di caos, il primo faraone egizio si installa a Menfi. La civiltà arriva nella Seconda Regione, la valle del Nilo.

Dal 3.000 a.C. - Prende avvio la seconda fase di costruzione di  megaliti in numerose aree europee.
Siti di rilievo per la presenza di
costruzioni megalitiche databili
dal 4800 a.C. al 1200 a.C..
Dolmen e i Menhir sono tra i più antichi monumenti esistenti, databili al neolitico. Nessuno sa con certezza quale fosse la loro funzione ma ciò che li rende misteriosi è il fatto che, sebbene i più famosi dolmen e menhir del mondo si trovino in Irlanda, a Stonehenge in Inghilterra e nella bretone Carnac in Francia, sono sparsi per tutta l’Europa, specialmente nella parte occidentale.
Menhir nei pressi di
Carmo dei Brocchi ad
Andagna, in provincia
di Imperia.
Il termine Menhir deriva da due parole bretoni, “men” (pietra) e “hir” (fitto o alto) e vuol dunque dire “pietra alta o conficcata”. L’etimologia della parola “dolmen”, invece, deriva dall’unione di due termini bretoni: “t(d)aol” (forse imparentato con il latino tabula), tavolo e “men” che significa pietra. Occorre però evidenziare che la parola è coniata e non appartiene alla lingua bretone. Il vero termine bretone per designare un dolmen è, infatti, “Liah vaen”, insieme con altre varianti. Altri dizionari etimologici rintracciano l’origine di dolmen nella lingua celtica parlata in Cornovaglia, precisamente nella parola “tolmen”, che avrebbe designato in origine un cerchio di pietre o una roccia scavata.
Dolmen a Roccavignale, in
provincia di Savona.
 In effetti i Dolmen sono costituiti da più pietre sistemate in modo da formare una sorta di grotta o di casetta di pietra. Alcuni, più profondi, possono perfino ospitare delle persone, mentre altri, molto più bassi, possono fungere da altari. Come i Menhir, i Dolmen sono precedenti alla cultura celtica, sebbene siano meno antichi. Anche sui Dolmen esistono differenti ipotesi, tra le quali che si trattasse di monumenti funerari. Secondo altre teorie, invece, svolgevano la funzione di altari e luoghi di culto. In realtà è piuttosto possibile che, nel corso dei secoli abbiano svolto entrambe le funzioni. Gli archeologi, infatti, hanno ritrovato all’interno o sotto i Dolmen, differenti ossa, chiare testimonianze di sepolture ed è dunque plausibile supporre che siano stati luoghi di culto.
Menhir di Carnac.
Alcuni menhir (come a Carnac, in Bretagna, Francia) sono enormi. I menhir e i dolmen, nell’Europa occidentale, sono generalmente datati dal III° al II° millennio a.C., e sono perlopiù grandi pietre sbozzate e allungate con forme armoniose (accatastate nel caso del dolmen). Altri megaliti sono antropomorfi o zoomorfi. In tutti e tre i casi è arte applicata al monumento a fini di culto, ma i menhir antropomorfi  sono molto più antichi rispetto agli altri e alcuni sono paleolitici, cioè hanno oltre 12.000 anni; questa è l’opinione degli archeologi che seguono il metodo megalitico antropomorfico. I menhir antropomorfi e la sculture rupestri antropomorfe rappresentano soggetti di culto in cui si identificavano coloro che li produssero e nelle zone dove c’erano le rupi, si scolpivano le rupi, dove non c’erano, si doveva faticare di più, dovendo estrarre ed innalzare  i massi dal terreno oppure trasportarli nei luoghi di culto da lontano, ma con lo stesso risultato. Al Paleolitico superiore (da circa 20.000 a 12.000 anni fa) sono attribuiti molti grandi menhir antropomorfi di Carnac. Nel Paleolitico superiore in Europa troviamo civiltà molto diverse da zona a zona, ma le due più importanti sono quella degli scultori della pietra con soggetti di culto antropomorfi (con forma umana) che non conoscevano la pittura, e quella dei pittori con soggetti zoomorfi (a forma di animali), che dipingevano nelle grotte (Francia, Spagna, ecc.) e che non scolpivano la pietra. Per interpretare il significato della scultura antropomorfa paleolitica è necessario fare parallelismi storici ed etnografici con civiltà che hanno avuto o adottano ancora la scultura antropomorfa. E’ stato stabilito di recente che in questa fase era ancora presente Homo sapiens neanderthalensis, il quale conviveva con Homo sapiens sapiens, a cui era accomunato culturalmente, anche per la produzione di sculture antropomorfe, e quindi con simili pratiche spirituali e religiose. Nella scultura rupestre e nei menhir del Paleolitico le raffigurazioni di Neanderthaliani sono frequenti (e precedenti), mentre quelle di Homo sapiens sapiens sono rare. Le sculture antropomorfe, nella quasi totalità, sono semifrontali o laterali.

Nel 3.000 a.C. l'Europa occidentale è abitata da una civiltà proto-Ligure che parla una lingua di cui il basco è una reliquia, secondo Adolf Schulten. Questa civiltà, autoctona e non indoeuropea, con vocazione megalitica, potrebbe essere derivata da gruppi del genere Cro-Magnon. Sono i Greci che ci danno una prima descrizione di chi aveva abitato l'Europa prima dei loro stanziamenti: la fonte più antica è rappresentata da una discussa versione di un frammento di Esiodo (fine VIII inizi VII secolo a.C.), riportato da Strabone, che cita i Liguri insieme agli Etiopi e agli Sciti come i più antichi abitanti dell’Europa.
Vie di penetrazione e di traffici in
Europa da parte della civiltà
megalitica proto-ligure, da
"Atlante storico" di Hermann
Kinder e Werner Hilgemann, 1964.
Nel "V Simposio Internazionale di Preistoria Peninsulare: Tartesso 25 anni dopo" tenuto a Jerez de la Frontera nel 1995, vennero illustrate le ipotesi contenute nei testi di O. Arteaga , H.D. Schulz e A.M. Roos sul tema: "Il problema del Lacus Licustinus. Ricerca geoarcheologica intorno alle paludi del Basso Guadalquivir". Ecco uno stralcio della relazione: "Il Professor Schulten, considera ligure l'intera penisola spagnola prima dell'invasione della stirpe iberica (camita-berbera) dall'Africa, e pensa che la lingua basca sia una reliquia ligure.". Da notare che il popolo basco è stato da lunghi decenni oggetto di numerosi studi, sia dal punto di vista etnico, linguistico e biologico, con l'intento di chiarire l'antica origine di questa popolazione, e dal punto di vita biologico è stata riscontrata la presenza, in una forte percentuale della popolazione (circa il 30% - 35%), del fattore Rh negativo. Gli studi condotti portano ad ipotizzare che l'origine del popolo basco sia da ricondurre alle antiche popolazioni umane che, autoctone, abitavano l'Europa durante il paleolitico e che, a seguito dell'ultima glaciazione, si sono insediate nell'attuale area dei Paesi Baschi. Prosegue la relazione "L'affermazione che le popolazioni primitive della penisola iberica fossero liguri, poggia su un brano di Esiodo del VII secolo a.C., chiamante ligues (ligure n.d.r.) tutta l'Europa occidentale. Scriveva Esiodo che l'Europa era stata abitata da Etiopi, Liguri e Sciti allevatori di cavalli, e sappiamo che gli Etiopi erano africani e gli indoeuropei Sciti migrarono in Europa nel 1.700 a.C. Eratostene, che riunì nella sua geografia le principali notizie conosciute nel suo secolo (III a. C.), nell'accennare alle tre grandi penisole del Mediterraneo, dopo l'ellenica e l'italica nomina come terza (la penisola iberica) la ligustica, cioè ligure, che diceva estendersi fino alle colonne d'Ercole, osservando inoltre che il mare ad occidente della Gallia fu chiamato ligustico per il fatto che le sponde meridionali della Gallia stessa furono anticamente occupate dai Liguri, indicati generalmente come i primi abitatori storici e popolo prevalente in quella regione prima dei Celti. Anche Eratostene chiama Ligustica l'intera Europa occidentale e Avieno (nell'Ora maritima), descrivendo l'attuale Andalusia, cita il lacus Ligustinus, e chiama la Galizia e il Portogallo Oestrimnios, nome identico a quello ligure per Bretagna.
Ricostruzione del Lago Ligur,
Ligustinus per i romani, alla
foce dell'antico Tartesso, il
Guadalquivir.
I caratteri della civiltà proto-Ligure presuppongono una popolazione dedita alla metallurgia." La penisola iberica aveva infatti giacimenti di rame e stagno, metalli necessari alla produzione del bronzo, nonché d'argento, che si trovava in grandi quantità, oltre a oro e ferro. Per i suoi metalli, Tartesso diventerà famosa in tutto l'Oriente. L'estrazione del rame veniva effettuata generalmente all'aperto, utilizzando principalmente martelli da minatore come strumenti di lavoro. I principali giacimenti e città minerarie coinvolti nell'estrazione e di fusione del rame sono stati trovati nei comprensori di Huelva e di Cordova. Forni metallurgici venivano utilizzati per l'estrazione del rame dal suo minerale (la malachite). I tunnel di drenaggio rinvenuti, ci raccontano di un'iniziale scarsa specializzazione industriale nell'estrazione del rame, con produzioni di carattere domestico, poi la domanda aumentò considerevolmente.
Cassiterite, minerale contenente
stagno.
Per ottenere il bronzo, talvolta si aggiungeva il minerale che conteneva lo stagno (la cassiterite) al rame, direttamente nei crogiuoli, in modo da semplificare il processo. A volte la cassiterite si trovava nei letti dei fiumi, ma per la forte domanda di bronzo da parte dei popoli orientali, i depositi di stagno che i Liguri avevano nel territorio iberico non furono più sufficienti a soddisfare la domanda e questo li costrinse alle importazioni dalle isole Cassiteriti (le attuali isole di Scilly).
Carta con i 7 fiumi importanti per la storia
dei popoli Liguri, dal Guadalquivir all'Arno.
Prosegue la relazione: "Tra le altre prove di insediamenti liguri in Galizia, vi sono le somiglianze di nomi galiziani nella popolazione con riferimenti alla costa ligure della Francia meridionale e del nord-ovest dell'Italia; anche se i nomi di origine ligure compaiono in diverse parti della penisola iberica, in particolare sembrano essere concentrati in Galizia. Inoltre, in Portogallo, la penisola più occidentale (Cáceres) e il fiume Sado hanno nomi tipici delle persone che occupano l'intera penisola occidentale ligure e in particolare le sue coste. Questo documento fornisce una nuova serie di ipotesi conseguenti ai risultati ottenuti dal Professor Schulten. Per questo ricercatore, l'etnia ligure è stato il principale substrato della popolazione nativa e popolazione dominante nella regione centrale della Andalusia prima della fondazione della città di Tartesso. Per noi, questo giustifica il nome del lago ligure che viene dato nel VI a. C. all'ambiente palustre che esiste nell'enclave stesso territoriale nella capitale e città portuale di Tartesso. Si noti anche l'esistenza di una città vicina chiamata Tartesso Ligustina. Per noi c'era una intesa commerciale tra i popoli Liguri ancestrali, originariamente associata alla diffusione della cultura megalitica. I Liguri, sparsi nel Mediterraneo occidentale e sulle coste atlantiche, su entrambe le vie commerciali marittime dell'Europa occidentale, hanno permesso la circolazione delle merci, minerali e prodotti in metallo. Il nostro contributo in questo documento si propone di evidenziare il fatto che la popolazione Ligure pre-tartessica ha raggiunto una parte prevalente in questa intesa, grazie alla sua posizione strategica e la straordinaria ricchezza di metalli nella sua area di influenza.
Carta con l'enclave dell'impero tartessico ed i suoi confini
in verde. Sono segnate anche le colonie greche e
cartaginesi sorte durante il primo millennio a.C.
In particolare è stato dominante il flusso di metalli pesanti dall'Atlantico, a nord (principalmente stagno e piombo) verso il Mediterraneo occidentale.  La longevità della civiltà dei Liguri è dovuta al ruolo decisivo che hanno avuto, dall'età del Bronzo in poi, nel reperimento di metalli preziosi e di minerali (come la cassiterrite, da cui si ricava lo stagno che, legato al rame, da il bronzo), nella conoscenza delle tecnologie metallurgiche per la produzione di metalli (bronzo, argento) e la commercializzazione stessa di bronzo, piombo, sale, oro, argento e l'ambra delle coste baltiche. Questo ha permesso loro di gestire i commerci in ambito mediterraneo e atlantico fino al 1.200 circa a.C., quando i di Tirreni occuparono la Tartesso Ligustica (nel delta acquitrinoso del Tartesso, il Guadalquivir, navigabile fin dopo l'attuale Cordova, territori ricchi di metalli fino alla Sierra Morena) e i fenici monopolizzarono il Mar Mediterraneo occidentale, difendendo con spaventosi racconti e, dove non bastavano, con la violenza, la conoscenza geografica e l'ubicazione delle materie prime delle terre oltre le colonne d'Ercole.".

- La civiltà pre-tartessica sarebbe stata costituita dal substrato culturale di diversi popoli: principalmente liguri, ma anche iberici e coloni orientali arrivati da Creta  intorno al  3.000 a.C. I Liguri di gestirono i commerci in ambito mediterraneo e atlantico fino al 1.200 a.C., quando i di Tirseni, o Tirreni, da cui derivarono gli Etruschi occuparono la Tartesso Ligustica (nel delta acquitrinoso del Tartesso, il Guadalquivir, navigabile fin dopo l'attuale Cordova, in territori ricchi di metalli fino alla Sierra Morena) e i fenici, dopo aver edificato Gadir, l'attuale Cadiz, dopo 200 anni monopolizzarono il Mar Mediterraneo occidentale, difendendo con spaventosi racconti e dove non bastavano, con la violenza, la conoscenza geografica e l'ubicazione dei metalli delle terre oltre le colonne d'Ercole.
Per il post "Liguri: storia e cultura" clicca QUI,
per il post "Antichi Liguri: i Miti e le Fonti storiche" clicca QUI,
per il post "Antichi Liguri: le Datazioni e le Fonti storiche" clicca QUI,
per il post "Antichi Liguri: dai Primordi ai Megaliti" clicca QUI,
per il post "Il Lago Ligure nella mitica Tartesso" clicca QUI,
per il post "Tartesso: prima i Liguri, poi Fenici e Greci" clicca QUI,
per il post "Ercole e altri miti a Tartesso" clicca QUI,
per il post "Tartesso: l'Economia" clicca QUI,
per il post "Antichi Liguri: Alleanza e fusione con i Celti" clicca QUI.

Cartina dell'isola di Creta con
foto dei vari siti e città.
Clicca sull'immagine per ingrandirla.
- A Creta si sviluppa una cultura del bronzo. C'è chi pensa che fossero Fenici, provenienti dall'attuale Siria, gl'iniziatori della civiltà minoica di Creta.

- Secondo una delle tante teorie sull'origine dei Celti, tra il 3.000 e il 2.500 a.C., tre popolazioni indoeuropee:  i Kurganici  della zona del Volga, nell'alto Mar Caspio,  i Transcaucasici  del Caucaso e i Nordpontini  della zona del Mar Nero, tutte di origine indoeuropea, si sarebbero mescolate e avrebbero proceduto ad una migrazione di massa che avrebbe coinvolto l'Anatolia (in cui sarebbero entrati in contatto con gli Ittiti), la Mesopotamia (in cui si sarebbero mescolati agli Arii), la Grecia Micenea e l'Europa centrale, dove avrebbero costituito contatto con la cultura di Unetice, in Boemia. Come gli Sciti, gl'indoeuropei che sarebbero divenuti i proto-celti erano patriarcali, adoravano dèi solari e avevano in comune con essi  molte usanzel'uso delle tombe  tumulo (i kurgan), l'allevamento del cavallo, ritenuto sacro, il rito di tagliare e conservare  la testa del nemico a protezione della propria capanna, la suddivisione in classi sociali (guerrieri, sacerdoti e allevatori), in cui gli aristocratici erano coloro che possedevano più cavalli.

- L'Europa centro-orientale, ormai completamente indoeuropeizzata linguisticamente e culturalmente, diventa una seconda Urheimat (= casa originaria), il secondo centro dal quale si irradieranno tutte quelle culture protostoriche che favoriranno l'indoeuropeizzazione dell'Europa occidentale e meridionale. La divisione centum-satem è così completata.

Mappa diacronica che mostra gli areali centum (blu) e satem
(rosso), la cui probabile area di origine è in rosso scuro, da:
- La divisione centum-satem (bisogna specificare, per il lettore italiano abituato alla pronuncia scolastica del Latino, che Centum va inteso nell'antica pronuncia dura della C, come K, altrimenti la derivazione dal termine indoeuropeo *ḱṃtóm non si comprende), è un'isoglossa (una linea che delimita la zona di un territorio che condivide un tratto linguistico comune) delle famiglia delle lingue indoeuropee, legata all'evoluzione delle tre consonanti dorsali ricostruite per il proto-indoeuropeo: *[kʷ] (labiovelare), *[k] (velare), e *[ḱ] (palatoalveolare). I due termini provengono dalle parole adottate per esprimere il numero "cento" (dall'indoeuropeo *ḱṃtóm) in due lingue rappresentative dei due gruppi (in latino centum e in avestico satəm). Le lingue centum sono caratterizzate da articolazioni velari, mentre nelle lingue satem ad articolazioni velari corrispondono articolazioni anteriorizzate (affricate palatali) o nettamente anteriori (sibilanti). Quanto a geografia, la divisione si presenta grosso modo verticale, con le lingue centum prevalentemente ad ovest (lingue germanicheceltichelatino e lingue romanzegrecovenetico e macedone antico) e le lingue satem specificatamente ad est, tra Europa orientale ed Asia, da cui derivarono i linguaggi *arya indoari del Rigveda e iranici dell'Avestā. Il tocario combina tutte le occlusive dorsali in una singola serie di velari e anche se la cronologia del cambiamento è sconosciuta, manca delle sibilanti tipiche delle lingue satem, perciò viene considerata centum. Le lingue satem includono le lingue indoarie, le lingue iraniche, le lingue baltiche, le lingue slave, l'albanese, l'armeno e altre poche lingue ormai estinte o assorbite, come il tracio ed il daco. Questo gruppo ha unito le velari e le labiovelari indoeuropee in un unico gruppo di velari e ha cambiato le palatoalveolari in sibilanti. Anche se si considera l'albanese una lingua satem, le velari e le labiovelari non si sono fuse in albanese e inoltre le palatovelari diventano sempre velari davanti alle sonanti (caratteristica centum). A lungo si è creduto che questa partizione rispecchiasse uno stato di fatto già indoeuropeo, ossia che già l'indoeuropeo in fase unitaria si presentasse diviso in un ramo occidentale di tipo centum e un ramo orientale di tipo satem. Teoria smontata in seguito alla scoperta, agli inizi del Novecento, di due lingue fino ad allora sconosciute, convenzionalmente battezzate tocario A e tocario B, nel nord-ovest della Cina, che si sono rivelate lingue centum. Ciò suggerisce che le lingue indoeuropee fossero in origine tutte centum e che solo successivamente le varie lingue indoeuropee centro-orientali abbiano anteriorizzato le occlusive velari divenendo quindi satem. Il proto-anatolico apparentemente non ha subito nessuno dei due cambiamenti. La serie delle velari rimane separata in luvio, mentre l'ittita può aver subito in un secondo tempo un cambiamento di tipo centum, ma l'esatta fonetica non è chiara.

- Originatasi verosimilmente nella penisola Iberica (Gimbutas la faceva derivare invece dalla balcanica cultura di Vučedol), la cultura del vaso campaniforme, giunta nell'area dei Paesi Bassi e del Reno si fonde con la cultura dell'ascia da combattimento assorbendo tratti indoeuropei, forse proto-celtici. Durante il III e il II millennio a.C. il popolo del vaso campaniforme ricolonizza, in un movimento detto di riflusso, una vasta porzione dell'Europa occidentale tra cui le isole britanniche, la penisola iberica, l'Italia centro-settentrionale e le due isole maggiori, Sardegna e Sicilia. Si tratta probabilmente della seconda apparizione di popolazioni indoeuropee in territorio italiano; infatti una prima possibile avanguardia indoeuropea in Italia è stata più volte associata alle culture eneolitiche di Remedello, del Rinaldone e del Gaudo. In particolare le statue stele erette dai Remedelliani presenterebbero segni distintivi riconducibili all'"ideologia indoeuropea" ; questa supposizione si basa sul fatto che vi sono alcune similitudini con le steli antropomorfe ritrovate in Ucraina appartenenti alla cultura indoeuropea di Jamna.

- Dal III millennio a.C. si avranno nel Mar Mediterraneo orientale due aree culturali corrispondenti a due diverse civiltà: la Civiltà Minoica nell'isola di Creta e la Civiltà Cicladica nelle isole Cicladi.

Carta con le isole Cicladi e l'isola di Creta con le sue
proto-città. Micene è indicata ma nel 3000 a.C. non
esiste ancora. Clicca sull'immagine per ingrandirla.
Le isole Cicladi nel dettaglio,
con i loro nomi.


- I Germani furono il risultato dell'indoeuropeizzazione, nella prima metà del III millennio a.C., della Scandinavia meridionale e dello Jutland da parte di genti provenienti dall'Europa centrale, già indoeuropeizzata nel corso del IV millennio a.C.
Carta dei primi insediamenti dei
Germani in: Scandinavia meridionale,
penisola Jutland e nord Germania.
Clicca sull'immagine per ingrandirla.
Sebbene la cronologia esatta di questa penetrazione sia ancora oggetto di disputa, è riconosciuto che entro il 2500 a.C. gli elementi culturali propri di questi popoli, quali la Cultura del vaso campaniforme (detta anche della ceramica a cordicella) e la Cultura dell'ascia da combattimento, avevano raggiunto un'ampia area dell'Europa settentrionale, dal Mar Baltico orientale all'odierna Russia europea, dalla Penisola scandinava alle coste orientali del Mare del Nord. Al momento del loro insediamento in quella che sarebbe divenuta la patria originaria dei Germani, gli elementi indoeuropei trovarono già sviluppata una civiltà agricola, autrice dei megaliti propri dell'Età della Pietra nordica. Non si conoscono i caratteri etnici propri di questi popoli, ma è possibile che fossero affini a quelli delle (relativamente) vicine genti finniche.
Ceramiche a cordicella
degli antichi Germani.
Clicca sull'immagine
per ingrandirla.
La fusione, più o meno pacifica, di questi elementi pre-indoeuropei con i gruppi indoeuropei provenienti da sud determinò la cristallizzazione dei Germani, che adottarono la lingua indoeuropea dei nuovi venuti. A partire soprattutto dal III secolo, numerose tribù germaniche migrarono in molteplici ondate verso ogni direzione, toccando gran parte del continente europeo e arrivando fino in Nordafrica e in Nordamerica. Dal III millennio, i Germani furono a lungo in contatto, linguisticamente e culturalmente, con i Celti e quei popoli che diventeranno Italici (sia Osco-umbri come UmbriVolsciSannitiMarsi Sabini, sia proto-Latini che proto-Veneti) a sud e con i Balti a est. I rapporti con gli Italici, certificati dalla linguistica storica, si interruppero alla fine del II millennio a.C., quando questi popoli avviarono la loro migrazione verso sud e sarebbero ripresi soltanto a partire dal I secolo a.C., quando con Gaio Giulio Cesare l'espansione di Roma sarebbe arrivata fino al Reno.

- I Balti o popoli Baltici (anche baltici, in lettone: balti, in lituano: baltai, in latgolico: bolti), definiti come coloro che parlano una delle lingue baltiche, sono un ramo dei popoli di origine indoeuropea, discendenti di un gruppo di tribù indoeuropee che si stabilirono nell'area tra il basso corso della Vistola e la Daugava ed il Dnepr, sulle coste sud-orientali del mar Baltico. Secondo alcune vecchie teorie, l'area di formazione dei balti si trovava, fino alla fine del secondo millennio a.C. vicino all'alto e medio corso del Dnepr, nell'odierna Ucraina, dove si riteneva che si fosse stabilita un'ipotetica proto-comunità balto-slava, cioè un popolo comune che in seguito si fosse scisso e avesse dato origine agli odierni balti e slavi. La grande quantità di laghi e paludi in quest'area isolò i balti, e il risultato di questo isolamento è l'alto tasso di arcaicismi e di caratteristiche conservative nelle lingue baltiche. Tra i popoli baltici si annoverano i lituani, i lettoni ed i latgolici, tutti balti orientali, così come le culture baltiche occidentali dei prussiani antichi, gli jotvingi ed i galindi, al giorno d'oggi completamente estinti. Il termine balti fu creato dal linguista tedesco Georg Nesselmann nel 1845, per descrivere i gruppi etnici simili fra loro che vivevano vicino al mar Baltico. La culla preistorica dei popoli baltici, secondo le ricerche paleogenetiche e gli studi archeologici, fu la zona tra il mar Baltico e l'Europa centrale tra la fine dell'ultima era glaciale e l'inizio del mesolitico. Si diffusero nell'area dal Baltico fino al fiume Volga ad est.

- La culla dei popoli Slavi fu, molto probabilmente, la regione tra Cracovia ed il Danubio, vicina alle zone di origine dei balti. Gli slavi si espansero nella pianura ucraina del Dnepr nel VI secolo DC, dopo l'invasione degli avari, conquistando ed assimilando la maggior parte degli slavi orientali. Secondo alcune vecchie teorie, l'area di formazione dei balti si trovava, fino alla fine del secondo millennio a.C. vicino all'alto e medio corso del Dnepr, nell'odierna Ucraina, dove si riteneva che si fosse stabilita un'ipotetica proto-comunità balto-slava, cioè un popolo comune che in seguito si fosse scisso e avesse dato origine agli odierni balti e slavi.

- L'arrivo di popoli Finnici, gli antenati degli estoni, finlandesi, livoniani sulle rive del Mar Baltico intorno al 3.000 a.C., venne associato con la cultura della ceramica a pettine. Tuttavia, un tale collegamento di entità culturali archeologicamente definite a delle entità linguistiche non possono essere provate, ed è quindi stato suggerito che l'aumento di reperti degli insediamenti nel periodo è più probabilmente associato ad un boom economico correlato al riscaldamento del clima. Alcuni ricercatori hanno anche argomentato che una forma di lingua uralica possa essere stata parlata in Estonia e Finlandia fin dalla fine dell'ultima glaciazione. I popoli finnici (o fennici) sono un gruppo storico-linguistico di genti i cui discendenti parlano lingue finniche: i finnici del Baltico, che vivono vicino al Mar Baltico, finnici del Volga, nei pressi del fiume Volga, i permiani, nella Russia centro-settentrionale. Il termine finnico è stato precedentemente usato per descrivere i parlanti delle lingue finno-lapponi, oggi denominati Sami, un popolo originariamente non ugro-finnico che adottò una lingua finnica. I Permiani, inclusi i Komi e gli Udmurti sono talvolta pensati come appartenenti ai Finnici del Volga poiché, secondo alcune teorie, la loro antica patria si trova nella parte settentrionale del bacino del Volga. I principali rappresentanti odierni dei Finnici Baltici, che hanno mantenuto la loro lingua, sono i Finlandesi ed Estoni. Altri gruppi includono i Careliani, principalmente situati nella Carelia, in Finlandia e nella Russia nord-occidentale, i Finlandesi Ingriani, Votes, e Vepsi che abitano intorno al Golfo di Finlandia e i laghi Onega e Ladoga, e vicino ai Setos e Võros, i quali vivono nell'Estonia sud-orientale. Nelle zone della Svezia settentrionale, una lingua finnica o un dialetto (Meänkieli) ha una considerevole presenza, mentre la minoranza dei Kveni della Norvegia parla il finnico. I parlanti nativi nei gruppi più piccoli sono spariti. Nel XX secolo i gruppi parlanti il livoniano e il votico erano rispettivamente ridotti a non più di un centinaio di individui. Gli attuali rappresentanti dei Finlandesi del Volga sono i Mari (altrimenti detti Cheremis) i quali vivono nella Mari El e i Mordvini (includendo i Moksha e gli Erzya) della Repubblica di Mordovia della Federazione Russa. Altri gruppi finnici del Volga come Muromiani, Merya e Meshchera, di cui si hanno attestazioni, sono da lungo tempo scomparsi. Gli studi del DNA mitocondriale (mtDNA)hanno rivelato che i finlandesi-baltici e i finlandesi del Volga hanno la stessa origine genetica degli altri europei che non parlano lingue ugrofinniche. Nello stesso tempo gli studi genetici hanno mostrato che, per esempio, i Sami (che sono imparentati linguisticamente, ma geneticamente distinti dai finlandesi-baltici) hanno la più alta frequenza dell'aplogruppo V mtDNA in Europa (40.9%), seguiti da catalani (26.7%) e baschi (20.0%), facendo dei Sami un unico e antico sottogruppo di europei.

- La ricerca moderna, si è trovata in sostanziale accordo con quanto sostenuto già dalla storiografia latina: i Veneti condividono con i Latini una comune origine protostorica, anche se non attraverso quel comune legame con l'Antica Grecia (e con Troia in particolare) postulato dai Romani mediante il mito di Antenore. L'insieme indoeuropeo veneto-latino si era formato come gruppo a sé in un'area dell'Europa centrale, probabilmente ubicato entro i confini dell'odierna Germania e parte di un vasto continuum indoeuropeo esteso nell'Europa centro-orientale fin dagli inizi del III millennio a.C. Da qui mosse verso sud nel corso del II millennio a.C., probabilmente intorno al XV secolo a.C.; mentre una parte di queste genti proseguì fino all'odierno Lazio (i Latini), il gruppo che avrebbe dato origine ai Veneti si insediò a nord del Golfo di Venezia e lì si attestò definitivamente. Sempre di origine indoeuropea sono altri popoli che diventeranno poi Italici, gli Osco-umbri come UmbriVolsciSannitiMarsi e Sabini,

Cnosso, a Creta. Resti del
palazzo di Minosse.
Dal 2.700 a.C. - Creta inizia la costruzione dei grandi palazzi minoici.

Creta - Resti del palazzo di Minosse a
Cnosso, con parziale ricostruzione.
Valle Lagorara
(Maissana - SP)
Il fronte di estrazione;
le caratteristiche fratture
concoidi prodotte dai colpi
inferti con percussioni
come in primo piano.
Valle Lagorara
(Maissana - SP)
L'affioramento
di diaspro.

Dal 2.600 a.C. - Al periodo compreso fra 2.600 e 2.300 a.C. appartengono le cave di diaspro rosso in Valle Lagorara presso Maissana, in Liguria, nel territorio di La Spezia. Dal diaspro gli antichi Liguri ottenevano schegge che, opportunamente lavorate, diventavano taglienti punte di freccia.

Dal 2.500 a.C. - A Creta prospera la Civiltà Minoica, con grande diffusione nelle isole e coste dell'Egeo, in Grecia continentale, Peloponneso, e nel Mar Mediterraneo orientale. 
Questa civiltà prende il nome dal mitico re cretese Minosse. Si è appurato che "minosse" non fosse un nome proprio, ma l'antico nome cretese per re, così come "faraone" nell'antico Egitto.
Cnosso, Rappresentazione delle labris,
ascie bipenne, da cui il nome labirinto.
Creta, interno del palazzo di
Minosse a Cnosso.
Nel palazzo di Minosse a Cnosso, nell'isola di Creta, c'erano 1.300 camere disposte su quattro piani, collegate fra di loro da chilometri di corridoi.
Il nome labirinto, attribuito al palazzo stesso, significa "la casa della scure" e deriva da labris, la scure bipenne. La labris, un'ascia a due tagli, simboleggiava il potere assoluto del monarca ed era utilizzata per i riti sacrificali: era rappresentata un po' ovunque nel palazzo.
Creta, interno del palazzo di
Minosse a Cnosso.
Creta, interno del palazzo di
Minosse a Cnosso.
Le protocittà della Civiltà Minoica sull'isola di Creta furono: Cnosso, Festo e Mallia, caratterizzate da grandiosi palazzi.
Creta arrivava certamente ad esercitare il proprio potere sul continente, e lo si può intuire leggendo fra le righe del mito greco.
Taurocatapsia o Danza del Toro, affresco nel Grande
Palazzo di Cnosso, a Creta.
La leggenda di Teseo che si oppone al tributo di giovani a Creta da parte di Atene e che sfida il Minotauro uccidendolo, indica un antico ruolo di sottomissione a Creta da parte di Atene.
Per quello che riguarda la  raffigurazione  delle corna di toro, nel periodo arcaico erano indubbiamente indice di divinità e quindi attributi degli dèi; la corona regale stessa supplisce alle corna.

- Nel III millennio a.C. è fondata Atene, probabilmente un piccolo centro miceneo concentrato solo sull'attuale collina dell'Acropoli. La città riuscì in qualche modo a sfuggire alle invasioni doriche e durante il cosiddetto medioevo ellenico inizierà a svilupparsi. Secondo il mito di fondazione, Atene fu fondata nel III millennio a.C. da due dei, Poseidone e Atena, i quali però successivamente iniziarono a litigare su chi di loro avrebbe dovuto dare il proprio nome e la propria protezione alla città. Le due divinità decisero di mettersi al giudizio degli ateniesi: Poseidone donò loro del sale e un toro e promise il suo appoggio in battaglia, Atena invece offrì un magnifico ulivo e promise agli abitanti il dono della saggezza, dell'intelligenza e della pace.
Atene e il porto del Falero da:
Gli ateniesi, dopo una lunga discussione, decisero di affidarsi proprio ad Atena, da cui derivò il nome. La dea della guerra nominò primo re l'egiziano Cecrope, che era mezzo uomo e mezzo serpente. Atene venne governata poi da dieci re (umani), tra cui Teseo e l'ultimo Codro che, avendo saputo dall'oracolo di Delfi che i Dori che stavano assediando Atene avrebbero perso solo se lo avessero ucciso, si intrufolò di nascosto fra di loro travestito ma questi, credendolo una spia, lo uccisero. Pare che ad Atene, in età "mitica", il comando fosse in mano al re, infatti Strabone, citando Filocoro, afferma che Cecropia era una delle dodici città fondate in Attica dal mitico re di Atene Cecrope. La sua ascesa, diversamente dalle altre polis, si concretizzò per "sinecismo", "abitare insieme", spontaneo processo di aggregazione di 12 villaggi fondati, secondo la leggenda, dal mitico re Cecrope e che in seguito Teseo aveva unito nella città di Atene. Cecropia fu proprio il nucleo iniziale di Atene. Si contano quattro re prima dell'eroe Teseo e altri sette fino alla calata dei Dori, poi altri sovrani. Atene si prodigò per la colonizzazione della Ionia non consentendo ad altre località di emergere, sfruttando così il porto del Falero e i contatti con le nuove colonie.


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