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sabato 13 dicembre 2014

Storia dell'Europa n.3: da 130.000 anni fa al 40.000 p.e.v. (a.C.)

Strombo giga, da: https://pixnio
130.000 anni fa - Durante l’interglaciazione Riss-Würm (da 130.000 a 110.000 anni fa) la zona dei Balzi Rossi è stata interessata da una fase di trasgressione del livello marino che aveva riportato la costa a lambire le caverne, sulla cui spiaggia il mare depositava anche caratteristiche conchiglie, gli strombi, grandi molluschi della classe dei Gasteropodi (Strombus gigas) e lungo la fascia costiera, dove erano accampati, in ripari e numerose capanne, gruppi di cacciatori-raccoglitori, pascolavano elefantiippopotami e rinoceronti.

Da 110.000 a 12.000 anni fa circa - Si verifica la glaciazione di Würm, effetto prodotto dalla precedente glaciazione di Riss su zone specifiche come le Alpi e la Sierra Nevada (complesso montuoso della Spagna meridionale, nella regione dell'Andalusia), ma per convenzione viene estesa anche a livello globale come l'equivalente di ultimo periodo glaciale nell'attuale era glaciale, avvenuto nel Pleistocene (110.000 anni fa - 11.700 anni fa). Su tutto il pianeta Terra si verificò un abbassamento generale della temperatura e un'ulteriore espansione dei ghiacciai nell'attuale zona temperata, con diversi mutamenti tra l'avanzamento e l'arretramento dei ghiacciai. La massima estensione della glaciazione avvenne approssimativamente 18.000 anni fa. Durante questa glaciazione i livelli dei mari si abbassarono di oltre 120 m. e solo alla fine della glaciazione, la temperatura e le precipitazioni raggiunsero gradualmente i valori attuali, dall'inizio del periodo chiamato Olocene, 11.000 anni fa. I cicli glaciali, in Europa, sono stati quattro e prendono il nome, dal più antico al più recente, da quattro affluenti minori del Danubio in Germania (più precisamente in Baviera), Günz, Mindel, Riss e Würm. Questa scelta di nomi è dovuta al fatto che fu proprio nelle vallate tedesche che si rinvennero tracce dell'attività dei ghiacciai. Non a caso è sulle Alpi che nacque la moderna glaciologia, infatti le quattro glaciazioni ricoprono le Alpi con una calotta di ghiaccio spessa fino a 2.000 metri. Così le glaciazioni Günz, Mindel, Riss e Würm sono riscontrabili man mano che ci si avvicina al Neozoico e quindi sono identificabili le seguenti quattro ere glaciali: Günz, da circa 1.200.000 a 900.000 anni fa, Mindel, da circa 455.000 a 300.000 anni fa, Riss, da circa 200.000 a 130.000 anni fa e Würm, da circa 110.000 a 11.700 anni fa, intervallate da tre fasi interglaciali: Günz-Mindel, Mindell-Riss e Riss-Würm.

100.000 anni fa - Secondo Zecharia Sitchin, il clima torna a riscaldarsi. Gli Anunnaki (i biblici Nefilim), con crescente disappunto di Enlil, sposano sempre più spesso le figlie dell'Uomo.

75.000 anni fa - Secondo Zecharia Sitchin, comincia la "maledizione della Terra"- una nuova era glaciale. Tipi regressivi di uomo vagano per la Terra. Sopravvive l'uomo di Cro-Magnon.

Il lago Toba, nell'isola di Sumatra.
75.000/70.000 anni fa - La teoria della catastrofe di Toba sostiene che tra 75.000 e 70.000 anni fa l'esplosione di un supervulcano al di sotto del Lago Toba (un lago vulcanico di 100 km di lunghezza e 30 km di larghezza situato nella parte settentrionale dell'isola di Sumatra in Indonesia), probabilmente il più grande evento eruttivo negli ultimi 25 milioni di anni, rese ancora più rigido il clima del pianeta che già stava attraversando una glaciazione. Da studi filogenetici sul DNA mitocondriale umano alcune ricerche suggeriscono che circa 75 000 anni or sono la specie umana fu ridotta a poche migliaia di individui. Questo collo di bottiglia nella numerosità della popolazione umana spiega in parte la scarsa variabilità genetica nella nostra specie. Alcuni ricercatori fanno risalire all'eruzione del Toba la causa di quella drastica riduzione. Questa teoria per ora non appare in contraddizione con le datazioni matrilineari dell'Eva mitocondriale e patrilineari dell'Adamo Y-cromosomiale. Secondo questa teoria un evento simile lasciò delle conseguenze molto gravi in tutto l'ecosistema mondiale del tempo portando molti organismi sull'orlo dell'estinzione. Questa teoria è stata proposta nel 1998 da Stanley H. Ambrose, dell'Università dell'Illinois, all'Urbana-Champaign. L'effetto collo di bottiglia dovuto all'eruzione di Toba si troverebbe anche per altre specie di mammiferi. Le popolazioni di scimpanzè dell'Est africano, degli orangutan di Borneo, dei macachi dell'India, dei ghepardi e delle tigri hanno tutte recuperato a partire da un numero molto basso di esemplari circa 70.000-55.000 anni fa. L'evento, fra l'altro, spiegherebbe la separazione genetica fra gorilla, che si stima essere avvenuta circa 77.000 anni fa.

Ubicazione di Denisova, in Siberia
e di Dmanisi in Georgia.
70.000 anni fa - L'Homo di Denisova o donna X è il nome dato ad un ominide i cui scarsi resti (una falange, ritrovata nel 2008 a Denisova, nella Siberia meridionale) sono stati ritrovati nei Monti Altaj in Siberia. La scoperta è stata annunciata solo nel marzo 2010, quando al termine della completa analisi del DNA mitocondriale (mtDNA) è stato ipotizzato che potesse trattarsi di una nuova specie. Questo esemplare di ominide è vissuto in un periodo compreso tra 70.000 e 40.000 anni fa in aree popolate principalmente da sapiens e in parte da neanderthal; ciononostante, la sua origine e la sua migrazione apparirebbero distinte da quelle delle altre due specie, e il mtDNA del Denisova risulterebbe differente dai mtDNA di H. neanderthalensis e H. sapiens. L'uomo di Denisova è strettamente imparentato con l'uomo di Neanderthal: le due specie si sarebbero separate circa 300.000 anni or sono. L'analisi del mtDNA ha inoltre suggerito che questa nuova specie di ominidi sia il risultato di una migrazione precoce dall'Africa, distinta da quella successiva, associata a uomini di Neanderthal e umani moderni (sapiens), ma anche distinta dal precedente esodo africano di Homo erectus. Pääbo ha rilevato che l'esistenza di questo ramo lontano, crea un quadro molto più complesso del genere umano nel tardo Pleistocene. Studi genetici indicano che approssimativamente il 4% del DNA dell'Homo sapiens non africano sia lo stesso trovato nell'Homo neanderthalensis, suggerendo un'origine comune. I test che mettano in comparazione il genoma dell'Homo di Denisova con quello di 6 differenti Homo sapiens come un ǃKung dal Sudafrica, un nigeriano, un francese, un Papua della Nuova Guinea, un abitante dell'isola di Bougainville (una delle più grandi isole dell'arcipelago delle Isole Salomone, nel sud-ovest dell'Oceano Pacifico, che politicamente fa parte di Papua Nuova Guinea) e uno della stirpe Han, dimostrano che dal 4 al 6% del genoma dei melanesiani (rappresentato dagli uomini dell'isola di Bougainville), derivano dalla popolazione di Denisova. Questi geni sono stati verosimilmente introdotti durante la prima migrazione umana degli antenati dei melanesiani nel sud-est asiatico. Quindi, concludendo, è verosimile ipotizzare un'ibridazione tra Homo di Denisova e Homo sapiens, che ha interessato le popolazioni del sud-est asiatico antico e quelle, loro dirette discendenti,  australiane. L'apporto genetico denisoviano alle altre popolazioni asiatiche è limitato e, come in quelle europee e amerindie, deriva in buona parte dall'ibridazione, avvenuta in precedenza, con i Neanderthal (che a loro volta si erano ibridati con i Denisova). Nel 2019, un team internazionale di ricercatori, dopo aver analizzato il genoma completo di 161 persone provenienti da 14 gruppi differenti in Indonesia e Papua Nuova Guinea, suggerisce l'ipotesi che un gruppo di denisoviani si sia ibridato tardivamente con le popolazioni locali di Homo sapiens circa 15.000 anni fa. Come affermato nello studio, gli abitanti della Papua Nuova Guinea recano infatti tracce nel dna di due popolazioni denisoviane differenti, denominate D1 e D2, e divergenti tra loro di circa 283.000 anni. Mentre la seconda tipologia è molto più diffusa, la prima è identificabile unicamente negli abitanti dell'isola. Non tutto il mondo accademico tuttavia si è detto convinto delle conclusioni della ricerca. Un altro scenario ipotizzato prevede un primo incontro tra umani moderni e denisoviani. Dopo un'ibridazione iniziale, il gruppo si sarebbe separato portando con sé due differenti "set" di geni denisoviani. Infine, le due popolazioni sarebbero venute nuovamente a contatto, incrociando nuovamente il dna. Data l'estrema limitatezza dei reperti, ben poco si sa sulle caratteristiche fisiche di questi individui. Il sequenziamento del genoma estratto dalla falange ritrovata nel 2008 a Denisova (Siberia meridionale) ha permesso di definire che il soggetto esaminato, una femmina, avesse carnagione scura con occhi capelli castani. Dalle ultime analisi del mtDNA e del DNA nucleare risulta che l'Uomo di Denisova si sarebbe separato dal comune antenato di Neanderthal e uomo moderno circa 1.000.000 di anni fa e che in seguito si sarebbe incrociato con l'Homo sapiens progenitore dei moderni abitanti della Papua Nuova Guinea, con i quali condivide il 4-6% del genoma; provando così (come già con l'uomo di Neanderthal) l'Ipotesi multiregionale di interscambio genetico tra antichi e moderni Homo sapiens. Nello stesso studio del 2010, gli autori hanno effettuato l'isolamento e il sequenziamento del DNA nucleare dell'osso del dito del Denisova. Questo esemplare ha mostrato un insolito grado di conservazione del DNA e un basso livello di contaminazione. Sono stati in grado di raggiungere quasi il completo sequenziamento genomico, consentendo un confronto dettagliato con i Neanderthal e gli umani moderni. Da questa analisi hanno concluso, nonostante l'apparente divergenza della loro sequenza mitocondriale, che gli uomini di Denisova e i Neanderthal hanno condiviso un ramo comune ancestrale che porta ai moderni esseri umani africani, il che accumunerebbe il loro colore scuro della pelle con i denisoviani.. Il tempo medio stimato di divergenza tra le sequenze dei denisoviani e dei Neanderthal è di circa 640.000 anni fa, mentre il tempo di divergenza tra le sequenze di ciascuno di essi e le sequenze degli africani moderni è di 804.000 anni fa. Ciò suggerisce che la divergenza dei risultati mitocondriali del Denisova derivi o dalla persistenza di un lignaggio epurato dagli altri rami attraverso deriva genetica oppure da un'introgressione di un lignaggio di un ominide più arcaico. Nel 2013, la sequenza di mtDNA prelevata dal femore di un Homo  heidelbergensis di 400.000 anni fa, proveniente dalla Grota Sima in Spagna, è risultata essere simile a quella di Denisova.

- Vicino a Loano, nel savonese, sono state trovate tracce dell'Uomo di Neandertal di questo periodo, e anche ai Balzi Rossi.
Iscrizione rupestre ritrovata
nei Balzi Rossi.
Graffito di equide nella grotta
del Caviglione, ai Balzi Rossi.
Nelle grotte dei Balzi Rossi, come le acque si ritirarono, circa 70.000 anni fa, durante la glaciazione di Würm, l'uomo riprese a frequentare le caverne, lasciandovi tracce di focolari e iscrizioni rupestri come mostrato dalle immagini. Nell'iscrizione rupestre qui a destra, è ancora possibile scorgere il profilo di un cavallo. Gli uomini che vissero ai Balzi Rossi durante il Medio Paleolitico non lasciarono scheletri ma si suppone che appartenessero all'Uomo di Neanderthal. Questo gruppo di abitanti continuò a vivere nelle grotte durante la Glaciazione Würm.

49.000 anni fa - Secondo Zecharia Sitchin, Enki e Ninharsag elevano alcuni umani imparentati con gli Anunnaki al ruolo di comandanti di Shuruppak. Enlil, furioso, trama la rovina del genere umano.

Dente da latte del più antico reperto
di Homo Sapiens, di 45.000 anni fa,
ritrovato in Europa, nel Salento.
45.000 anni fa - L'Homo sapiens è presente in Europa, dove già vive l'Homo neanderthalensis. Di 45.000/43.000 anni fa è la datazione dei fossili venuti alla luce nel 1964 all’interno della grotta del cavallo, in Salento, nel sud della Puglia, appartenenti a soggetti di Homo sapiens, fino ad ora i resti più antichi dei nostri progenitori vissuti in Europa. Lo studio di questi fossili ha consentito di retrodatare l'arrivo dell'homo sapiens in Europa. Che l’homo sapiens più antico d’Europa vivesse in Romania 35.000 anni fa, è quanto abbiamo sempre saputo e ciò che gli scienziati credevano e sostenevano, fino ad oggi, ma i recenti studi pubblicati da “Nature”, ad uno dei quali ha collaborato anche l’Università di Pisa, infatti, hanno sorprendentemente  retrodatato la presenza dei nostri antenati in Europa, sulla base delle analisi condotte su alcuni fossili ritrovati decenni addietro in Italia e Gran Bretagna. Da una parte c’è un frammento di mascella superiore a cui sono attaccati tre denti, ritrovata nel 1927 nella Kent’s Cavern nel Devon in Gran Bretagna, ritenuta appartenente fino a poco tempo fa ad un uomo di Neanderthal e che studi più recenti ed approfonditi esami hanno attribuito, invece, ad un esemplare di homo sapiens vissuto in un arco di tempo compreso tra 44.000 e 41.000 anni fa; la scoperta è stata effettuata dai ricercatori dell’Università di Oxford.
La penisola italiana alla fine della glaciazione
di Würm, in cui la massima estensione dei
ghiacci è avvenuta circa 18.000 anni fa.
Dall’altra due denti da latte (di cui un’immagine nella foto sopra), venuti alla luce nel 1964 all’interno della salentina grotta del cavallo, anch’essi ritenuti di un Homo neanderthalensis: analisi condotte con l’ausilio di modelli digitali in tre dimensioni hanno rivelato che anche questi fossili appartenevano, in verità, a degli Homo sapiens e, grazie al radiocarbonio, è stato possibile stabilirne la datazione: tra 45.000 e 43.000 anni addietro. Essi sono, dunque, fino ad ora, i resti dei più antichi, tra i nostri progenitori, che vissero in Europa e sono italiani. Alla ricerca hanno contribuito ben 13 enti internazionali, tra cui l’Università di Pisa; l’antropologo dell’ateneo, Francesco Mallegni, ha fornito dettagli sui due dentini, rinvenuti a due metri e mezzo di profondità: «Il primo dei denti trovati spunta tra 15 ed i 18 mesi dalla nascita e, siccome è senza usura, il bambino alla morte poteva avere 18 mesi; il secondo spunta a due anni ed essendo usurato in questo caso il bambino alla morte poteva avere dai 3 ai 4 anni o forse leggermente di più». Un dente consumato perché, molto probabilmente, questo popolo di cacciatori-raccoglitori che abitava le nostre terre, pur conoscendo il fuoco, non cuoceva ancora i propri cibi. Al tempo, le terre emerse occupavano una superficie maggiore di quella attuale, il clima era fresco ed asciutto e l’epoca era quella della glaciazione Würm: insomma, il panorama dinanzi a questi giovanissimi italiani doveva essere molto differente da quello che siamo abituati a vedere noi. Morti presumibilmente per caso in quella grotta e non sepolti appositamente lì, di essi sono sopravvissuti i denti perché ricoperti dalla durezza dello smalto: accanto ad essi «strumenti ricavati da ossa o conchiglie usate per ornamento», gli oggetti della vita quotidiana, più di 40.000 anni fa. Da 40.000 a 10.000 anni fa è il periodo denominato Paleolitico Superiore, che terminerà prima dell'avvento dell'agricoltura, e corrisponde a parte del Pleistocene superiore comprendente parte del periodo glaciale di Würm, durato da 70.000 a 15.000 anni fa.  

Mappa degli aplogruppi Y del DNAeuropei.

Secondo la storia genetica, circa 45.000 anni fa, i primi esseri umani moderni sarebbero entrati in Europa da sud. Per storia genetica si intende l'insieme delle scoperte effettuate tramite la genetica delle popolazioni, una branca della genetica che analizza la costituzione genetica delle popolazioni mendeliane in termini qualitativi (varianti alleliche presenti all'interno di una popolazione) e quantitativi (frequenze alleliche e genotipiche). Tali scoperte hanno permesso, mediante l'analisi delle parentele e delle differenze geniche, a livello sia delle etnie che delle popolazioni umane, di ricostruire i flussi migratori, gli incroci, l'emersione o l'eliminazione dei caratteri che contraddistinguono le attuali etnie e popolazioni umane, sia nello spazio sia nel tempo, aiutando a ricostruire la storia dell'uomo sin dalla sua comparsa. Principali aplogruppi del cromosoma Y (lettere A - T) correlati filogeneticamente in un albero. Adamo cromosomico Y = Progenitore comune patrilineare. In genetica umana, il cromosoma Y viene suddiviso in aplogruppi definiti sulla base della mutazione di un singolo nucleotide nella sequenza non ricombinante del cromosoma Y chiamata NRY. Ogni mutazione corrisponde ad un aplotipo e il cromosoma Y viene ereditato di padre in figlio. Dal momento che la mutazione colpisce una sequenza non ricombinante (cioè che non subisce modificazioni quando viene ereditata), è possibile risalire, andando a ritroso di generazione in generazione, alla linea di discendenza maschile.
Aplotipi europei legati alla linea paterna Y-DNA. Lo studio degli aplotipi ovvero della combinazione delle varianti alleliche lungo un cromosoma o lungo un segmento cromosomico contenente loci strettamente associati tra di loro, e che in genere, vengono ereditati insieme, ha permesso di identificare due aplotipi europei definiti Eu18 e Eu19 i quali hanno permesso, tramite metodiche di comparazione delle sequenze, di identificare tracce di migrazioni di popolazioni Europee risalenti all'epoca paleolitica, si ritiene che le migrazioni delle popolazioni europee siano dovute a fenomeni ambientali, quali glaciazioni, competizione fra popolazioni e ricerca di cibo, essendo gli aplotipi ereditati insieme, sono stati identificati due nuclei isolati di popolazioni, rispettivamente: Eu18 i nuclei nella penisola Iberica e Eu19 i nuclei in Ucraina.
Questi aplotipi costituiscono il 50% dei cromosomi Y europei. L'aplotipo Eu19 è diffuso anche nel Pakistan settentrionale e nell'Asia centrale a supporto dell'ipotesi che queste due popolazioni siano migrate sia verso il centro Europa che verso l'Asia.
Aplotipi italiani legati alla linea paterna Y-DNA. Distribuzione percentuale degli aplotipi del  cromosoma Y italiani:
Regione:                 I1    I2a     I2b     R1a    R1b    G2a      J2        J1    E1b1b  T + (L)   Q
Italia settentrionale 6%  2.5%  2.5%  3.5%  55%    2.5%  11.5%  0.5%  11%     4.5%    0%
Italia centrale          3%   2%     5%    3.5%  43%    8.5%  19.5%   2%    10%     3.5%    0%
Italia meridionale  2.5% 2.5% 2.5%   2.5%  29%    8.5%   23.5%   5%    18%     5.5%    0%
Sicilia                      3%   1%    1%     4.5%  30%    5.5%   26.5%   4%   17.5%    6%     1%
Sardegna               0%   37%   0%      0%    22%   15%      10%   2.5%   10%    1.5%    2%
di cui:
I1        : ramo europeo settentrionale/nordico con le più alte frequenze in Scandinavia, Islanda, e Europa
L'aplogruppo I in Europa.
             nord-orientale. Nelle Isole britanniche la mutazione I1-M253
             è spesso usata come marcatore delle invasioni vichinghe o
             anglosassoni.
I2a      : è la forma più comune nei Balcani e in Sardegna (dove
             rappresenta l'aplogruppo più cospicuo nella variante I2a1  
I2b      : raggiunge discrete frequenze lungo le coste nord-occidentali
             dell'Europa continentale e in Sardegna.
             Dalla linea I2b è derivato I2b1a (M284) in Europa nord-
             occidentale ed Isole Britanniche.
R1a     : è prevalente nelle popolazioni slave dell'Europa orientale e
             nella regione del Pamir, fra l'Asia  centrale e meridionale.
             La R1a potrebbe essersi originata nelle steppe euroasiatiche a nord del Mar
             Caspio e del Mar Nero. È associato alla cultura kurgan, nota per la domesticazione del cavallo
             (circa 5000 anni fa). Questa linea è attualmente presente in Asia centrale e occidentale, India,
             e nelle popolazioni slave dell'Europa orientale.
R1b     : è prevalente nell'Europa atlantica, dove rappresenta l'aplogruppo più diffuso e nel Camerun
             settentrionale. La linea R1b è la più comune nelle popolazioni europee. Nell'Irlanda occidentale
             raggiunge una frequenza prossima al 100%. Si è originata prima della fine dell'ultima glaciazione e si
             è concentrata nei rifugi del sud-Europa per poi riespandersi verso nord con il progressivo mitigarsi
             del clima a partire da 14.000 anni fa. Presente anche nel Vicino Oriente, Caucaso e Asia Centrale.
             L'Aplogruppo R1b (Y-DNA), viene ritenuto essere la più antica linea genetica europea,
             associata ad un effetto del fondatore verificatosi nell'Europa centro occidentale. Le popolazioni
             stanziatesi in Italia dal Mesolitico sono caratterizzate da alte frequenze di R1 (xR1a1), condizione
             che si ritrova ad oggi nelle popolazioni basche, ritenute le più somiglianti geneticamente ai primi
             europei, durante il Neolitico i migranti introducono le varianti E3B1 e J2, il 27% delle variazioni
             genetiche totali, basate sull'analisi dei polimorfismi indicano un chiaro gradiente di distribuzione
             della  popolazione italiana sull'asse nord-sud della penisola.
Frequenza dell'aplogruppo R1b in Italia.
             Le variazioni introdotte nel Neolitico non sembrano
             essere dovute a flussi migratori provenienti dalla
             Spagna, ma si configurano come migrazioni
             provenienti dall'Asia o dall'Anatolia attraverso
             l'attuale area Balcanica; diversi autori hanno
             suggerito che l'asse di distribuzione Nord-Sud delle
             differenze genetiche fra le popolazione italiana siano
             dovute agli eventi di colonizzazione greca nel Sud,
             tuttavia nuovi studi suggeriscono che in epoca
             Neolitica fu l'influenza delle popolazioni provenienti
             dall'Anatolia la causa principale delle differenze nel
             bacino genetico italiano, assegnando ai greci un ruolo
             di secondaria importanza; attualmente si assume che
             durante il Neolitico si consolidò l'aplotipo principale
             R1(xR1a1) mentre gli aplotipi HGS, E3B1 e J2
             risultano assenti o presenti a bassa frequenza, in
             particolare nel nord d'Italia si ritrova a bassissima
             frequenza E3b2 di origine africana.
G         : Le maggiori frequenze si riscontrano nel Caucaso ma è
             presente anche tra i Mediorientali e nell'Europa meridionale.
             L'aplogruppo G, originatosi in Medio-Oriente, o forse più a Est in Pakistan, intorno a
             30.000 anni fa, secondo alcuni studi potrebbe essersi diffuso in Europa nel Neolitico, oppure, vista
             la sua forte discontinuità, aver raggiunto l'Europa già nel Paleolitico. La maggiore frequenza di
             questo cromosoma si ha oggi nel Caucaso, in Ossezia del nord (60%) e nella Georgia (30%), un'alta
             frequenza si ha poi in Sardegna (15%), Iran, Pakistan, India (21%), nel Tirolo austriaco (15%),
             nell'isola di Creta (11%), fra gli ebrei (10%), nella Germania alpina, in Boemia e Ungheria (7%).
            Si ritiene che il cromosoma sia stato portato nell'area europea con le invasioni dei Sarmati i quali si
            dividevano probabilmente in 4 tribù: Roxolani (o Rossolani), Iazigi, Aorsi e Alani ed erano tutti popoli
            discendenti dagli iraniani Sciti. È inoltre presente nell'8-10% dei maschi spagnoli, sardi, tirolesi, corsi,
            italiani peninsulari, greci, e turchi. L'aplogruppo G ha due sub-aplogruppi principali: G1 (comune in
            Iran) e G2 (più diffuso nell'Europa occidentale).
J2       : ramo mediorientale settentrionale/anatolico. La diffusione dell'aplotipo J2 nel bacino del Mediterraneo
            viene spesso associata all'espansione dei popoli agricoli durante il periodo Neolitico. La comparsa
            di J2 è stimata a circa 18.500 anni fa con scarto di 3.500 anni.  Taluni studiosi lo inseriscono fra
            gli aplogruppi dell'Asia occidentale e sud-orientale, associandolo alla presenza di reperti archeologici
            del neolitico, come statuette e ceramiche dipinte è stata avanzata l'ipotesi che il subclade J2a-M410
            appartenga ai primi agricoltori. Tuttavia altri studiosi ipotizzano un possibile evento di dispersione nel
            post-neolitico, in particolare legato alla dominazione della Grecia antica. In Europa, la frequenza di
            aplogruppo J2 scende drammaticamente muovendosi verso nord dal Mediterraneo.
            In Italia, J2 si presenta con frequenze regionali che variano tra il 9% e il 36%.
            È stato proposto che il subclade J2a-M410 sia collegato alle popolazioni dell'antica Creta.    
            L'aplogruppo J2b-M12 è stato associato con la Grecia del Neolitico (ca. 8500 - 4300 aC) ed è 
            stato segnalato all'interno di siti Cretesi (3,1%).
J1       : ramo mediorientale meridionale/arabico. Negli studi meno recenti viene denominato UE10, questo
            aplogruppo si trova con frequenze importanti nel Medio Oriente, Caucaso, Nord Africa, Corno
            d'Africa. Si trova anche meno frequentemente, ma ancora occasionalmente in quantità significative, in
            Europa e in Estremo Oriente come il subcontinente indiano e nell'Asia centrale.
            J1 viene diviso in diversi sub-cladi, alcuni dei quali sono stati riconosciuti prima ancora di J1, per
            esempio J-M62. Con la sola eccezione di J1c3, la maggior parte dei subcladi non risultano comuni.
            La frequenza e la diversità di J1 (e anche di J2) rendono questo aplotipo uno dei marcatori candidati
            tramite i quali si ipotizza che si possa ricostruire la diffusione della tecnologia agricola durante il
            Neolitico.
E1b1b: il sub-clade E1b1b è di origine africana e si disperse per tutto il mediterraneo raggiungendo
            la frequenza del 27% in Grecia. Si ritine che l'aplogruppo compaia in Africa orientale circa 22.400
            anni fa. Alcuni studiosi hanno ipotizzato che questa mutazione possa rappresentare il marcatore di
            un'antica migrazione avvenuta nel tardo Pleistocene dal Nord Africa verso l'Europa, Sinai ed Egitto.
T + (L): Aplogruppo T (Y-DNA) Africa del nord, Corno d'Africa, Asia sudovest, Mediterraneo, Asia del
             sud, precedentemente noto come aplogruppo K2.
             Aplogruppo L (Y-DNA) Asia centrale, del sud, del sudovest, Mediterraneo
Q        : Aplogruppo Q (Y-DNA) verificatosi 15.000-20.000 anni fa. Riscontrato in Asia e nelle Americhe.
Cronologia del popolamento da parte materna (mtDNA) in Italia. Similarmente al cromosoma Y, il DNA mitocondriale (mtDNA) contenuto nei mitocondri, viene ereditato da parte materna, consente quindi di risalire alla via patrilineare femminile, l'aplogruppo mitocondriale U5b3 ha permesso di identificare un effetto del fondatore verificatosi circa 10.000 anni fa in Italia, si ritiene che le femmine portatrici siano successivamente migrate in Provenza, probabilmente fra i 9.000 e 7.000 anni fa, dove si sviluppò la variante U5b3a1. Fenomeni di migrazione successivi avrebbero poi permesso l'introduzione dell'aplotipo U5b3a1 dalla Provenza alla Sardegna, presumibilmente seguendo i commerci di ossidiana, ad oggi circa il 4% della popolazione femminile in Sardegna appartiene a questo aplotipo.
Aplotipi legati all'mtDNA in Europa. L'aplogruppo più comune in Europa e in Italia risulta essere l'aplogruppo H originatosi probabilmente circa 20.000 anni fa in Europa meridionale e nel Vicino Oriente, sempre in Europa circa 15.000 anni fa in Spagna si differenzia l'aplogruppo V. L' aplogruppo J si ritiene essersi originato nel Vicino Oriente o nel Caucaso mentre nel nord-est circa 25.000 anni fa si origina l'aplogruppo W, l'aplogruppo T si origina in Mesopotamia circa 17.000 anni fa, l'aplogruppo U si origina in Asia occidentale circa 60.000 anni fa, l'aplogruppo I circa 30.000 anni fa probabilmente in Europa, l'aplogruppo K circa 16.000 anni fa nel Vicino Oriente, l'aplogruppo X2 oltre 30.000 anni fa nel nord-est europeo.
Mappa Genetica dell'Europa. Recentemente diversi ricercatori hanno contribuito allo sviluppo di una mappa genetica dell'Europa, questa mappa mostra un evidente grado di somiglianza strutturale alla mappa geografica. Le principali differenze genetiche si sono riscontrate fra le popolazioni del nord e del sud. I ricercatori ipotizzano tre principali eventi di colonizzazione a partire da sud, avvenuti circa 45.000 anni fa, i primi esseri umani moderni entrerebbero in Europa da sud, dopo questo ingresso si verificò un'interruzione dei flussi migratori dovuto ad un massimo glaciale, circa 20.000 anni fa, la seconda colonizzazione avvenuta al ritiro dei ghiacci risalirebbe a circa 17.000 anni fa a partire da popolazioni di ritorno dalle zone di rifugio a sud, l'ultima colonizzazione si ebbe intorno ai 10.000 anni fa con l'espansione, dal Vicino Oriente, dell'agricoltura. Sono state individuate due barriere genetiche all'interno dell'Europa. La prima divide i finlandesi dal resto degli europei e si ritiene che questa barriera sia dovuta al fatto che i finlandesi siano derivati da un piccolo e recente nucleo che conteneva individui molto simili geneticamente e la seconda barriera si colloca fra le popolazione italiana e il resto dell'Europa, e si ritiene che sia dovuta all'effetto delle Alpi che avrebbero separato geneticamente l'Italia dal resto d'Europa.

Cartina con la ricostruzione dei limiti dei ghiacci in Europa durante la
glaciazione di Würm e la colonizzazione delle genti Homo di Neanderthal,
di cui sono segnalati i siti di ritrovamento di reperti fossili.
Nel 40.000 a.C. - In Europa, mentre sono presenti gli Homo neanderthalensis,  si diffondono gli Homo sapiens, che si ipotizza appartenenti ad un ipotetico gruppo linguistico mediterraneo (secondo le teorie di Alain Danielou, antenati di Iberi, Pelasgi, Etruschi, Berberi, Minoici di Creta, Ciprioti, Egiziani, Ittiti, Sumeri e Dravidi) diffusi, da ovest a est, dalla Spagna alle rive del Gange, mentre alcuni tipi del gruppo sinodenecaucasico (antenati dei Baschi) sono già presenti, come i protoliguri, dello stesso ceppo linguistico basco. Si hanno inoltre le prove dei primi insediamenti dell'uomo moderno in Grecia settentrionale: Tracia, Penisola Calcidica e Tessaglia (forse da parte degli antenati dei Pelasgi).


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