Pagine

lunedì 28 gennaio 2019

Storia dell'Europa n.51: dal 1.075 al 1.095 e.v. (d.C.)

Potere spirituale e temporale nello
stemma papale con le chiavi della
cattedra di Pietro. Parma, chiesa
di San Pietro.
Nel 1.075 - Papa Gregorio VII, nell'ambito di un'ampia azione che va sotto il nome di Riforma gregoriana, emette il famoso "Dictatus Papae". Con questo documento si dichiara che il pontefice è la massima autorità spirituale e in quanto tale, può deporre la massima autorità temporale (l'imperatore), mediante la scomunica; viene così espressa una vera e propria teocrazia.
La lotta diventa aspra tra il papa e l'imperatore di Germania Enrico IV, che raduna 24 vescovi tedeschi e 2 vescovi italiani a lui fedeli, i quali depongono il pontefice, che a sua volta scomunica l'imperatore.
La Riforma gregoriana riguardava inoltre l'assetto degli ordini monastici che mutava profondamente, per cui si assistette al tramonto dell'ordine cluniacense a favore di quello cistercense.

Carta della Romania attuale con
la Transilvania, da: https://commons
.wikimedia.org/w/index.php?
curid=581316
- Il primo documento in cui è usato il termine ultra silvam, cioè ‘oltre la foresta’, riferendosi alla Transilvania, risale al 1075. Il termine Partes Transsylvanæ ‘zone oltre la foresta’ risale allo stesso secolo (nella Legenda Sancti Gerhardi) e successivamente divenne l'espressione usata nei documenti in latino del Regno d'Ungheria (come Transsilvania). Anche il nome ungherese della Transilvania, Erdély, significa esattamente ‘oltre la foresta’. I due nomi sono quindi la semplice traduzione uno dell'altro. Nell'anno 1000 Vajk, principe d'Ungheria, aveva giurato lealtà al Papa e diventò re Stefano I d'Ungheria, adottando il Cristianesimo e cristianizzando gli ungheresi. Lo zio materno di Stefano, Gyula, reggente della Transilvania, si contrappose al nuovo re dando rifugio ai suoi avversari e mantenne anche il controllo delle importanti miniere di sale transilvane. Nel 1003, Stefano condusse un esercito contro Gyula il quale si arrese senza combattere. Ciò rese possibile l'organizzazione dell'episcopato cattolico in Transilvania, che si concluse nel 1009 quando il vescovo di Ostia, come legato del Papa fece visita a Stefano; assieme approvarono la divisione delle diocesi e i loro confini. Il potere dei re d'Ungheria sulla Transilvania fu consolidato nel dodicesimo e tredicesimo secolo.

Da sinistra a destra:
Ugo di Cluny, Enrico IV e
Matilde di Canossa. Ugo di
Cluny, detto Ugo di Semur o
sant'Ugo il Grande, fece da
mediatore a Canossa fra papa
Gregorio VII e l'imperatore
Enrico IV, del quale era stato
padrino di battesimo, episodio
per il quale è stato largamente
Nel 1.077 - L'imperatore del Sacro Romano Impero, Enrico IV, poiché  scomu­nicatoè costretto a chiedere perdono a Canossa per conservare la propria autorità agli occhi della cristianità. Il governo dell'imperatore Enrico IV fu caratterizzato dal tentativo di rafforzare l'autorità imperiale. In realtà si trattava di trovare un difficile equilibrio dovendo assicurarsi da una parte la fedeltà dei nobili senza, dall'altra, perdere l'appoggio del pontefice. Enrico mise in pericolo tutte e due le cose quando decise di assegnare la diocesi di Milano, divenuta vacante. Ciò fece scoppiare un conflitto con papa Gregorio VII, che è passato alla storia con il nome di lotta per le investiture. Quando Enrico IV nel 1.072 inviò il conte Eberardo in Lombardia per combattere i patari, nominando il chierico Tedaldo all'arcidiocesi di Milanoscatenò un'astiosa e lunga diatriba col papato. Gregorio VII replicò con una dura lettera, datata 8 dicembre, nella quale accusava l'imperatore di essere venuto meno alla parola data e aver continuato ad appoggiare i consiglieri scomunicati, mentre al tempo stesso inviò anche un messaggio verbale che lasciava capire che la gravità dei crimini, che gli sarebbero stati imputati a questo proposito, lo avrebbe reso passibile non solo del bando da parte della Chiesa, ma anche della privazione della coronaEnrico non si preoccupò affatto e al sinodo di Worms, tenutosi il 24 gennaio 1.076, il papa fu dichiarato deposto e ai romani fu chiesto di sceglierne uno nuovo. La reazione di Gregorio VII arrivò il 22 febbraio 1.076, quando pronunciò la sentenza di scomunica contro l'imperatoresciogliendo i sudditi dal giuramento di fedeltà e desacralizzandone l'impero. L'evento inimicò a Enrico IV i principi tedeschi, che nell'ottobre a Tribur gli imposero di ottenere la riconciliazione con il papa entro un anno, fissando inoltre un appuntamento per un'assemblea da tenersi con Gregorio ad Augusta il 2 febbraio dell'anno successivo. Enrico, appena seppe che il papa si apprestava a partire per Augusta, scese con il suo esercito in Italia in dicembre, diretto a Roma mentre Gregorio, appresolo, si rifugiò presso il Castello di Canossa, ospite di Matilde.
I domini in Italia dei Marchesi
di Canossa.
Nell'inverno fra il 1.076 e il 1.077 Enrico e la suocera, la contessa Adelaide di Susa, iniziarono la loro processione penitenziale a Canossa per ottenere la revoca della scomunica da parte di papa Gregorio VII. Con loro vi erano anche il cognato Amedeo II di Savoia e il marchese Azzorre d'Este. Per tre giorni e tre notti, dal 25 al 27 gennaio 1.077, Enrico fu costretto ad umiliarsi, dovendo attendere davanti al portale d'ingresso del castello della marchesa Matilde di Canossa d'essere ammesso al cospetto del papa: l'attesa ebbe luogo mentre imperversava una bufera di neve ed Enrico giaceva inginocchiato, a piedi completamente scalzivestito soltanto con un saioil capo cosparso di cenere, di fronte al portale chiuso. Solo grazie all'intercessione del padrino, l'abate di Cluny, Ugo, e della marchesa Matilde, poté essere ricevuto dal papa il 28 gennaio. L'umiliazione di Canossa ebbe un forte effetto morale ma i risultati pratici furono presto di altro tipo. Rientrato in Germania, Enrico si accorse che qui non aveva più seguito. Il 15 marzo a Forchheim i principi tedeschi lo avevano deposto eleggendo in sua vece il cognato Rodolfo di Svevia, che fu incoronato a Magonza dall'arcivescovo Sigfrido. Enrico sconfisse due volte il rivale in battaglia e Gregorio VII, il 7 marzo 1.080 lo scomunicò nuovamente con l'accusa di non aver rispettato i patti di Canossa e di aver impedito lo svolgimento dell'assemblea ad Augusta. La lotta per le investiture proseguì con
- la sconfitta di Rodolfo di Svevia che perse la vita in battaglia,
uomini fedeli ad Enrico che vennero investiti del titolo di vescovo,
- a Bressanone, in un concilio convocato da Enrico stesso il 25 giugno 1.080, venne considerato deposto papa Clemente VII e fu eletto come antipapa Guiberto, arcivescovo di Ravenna, che assunse il nome di Clemente III,
- la discesa di Enrico in Italia e la conquista da parte del suo esercito della città di Roma, con papa Gregorio VII asserragliato in Castel Sant'Angelo.
Quest'ultimo, per contrastare Enrico e l'antipapa, si alleò al normanno Roberto il Guiscardo, non prima di avergli tolto, il 29 giugno 1.080, a Ceprano, la scomunica che gli aveva comminato sei anni prima per aver invaso il territorio pontificio di Benevento.
Sconfitti gli imperiali, i Normanni si abbandonarono al saccheggio della città, provocando una rivolta nella popolazione romana, che costrinse il Papa a fuggire rifugiandosi presso i Normanni a Salerno, dove risiedette fino alla morte, avvenuta nel 1085. Enrico IV morì invece nel 1106. Il successore di Gregorio VII fu papa Pasquale II, il quale nel 1105 appoggiò una congiura ordita da Enrico V, figlio di Enrico IV, contro il suo stesso padre. Infatti c'erano ancora ostilità tra il papato ed Enrico IV, pertanto il papa vide con favore l'ascesa al trono imperiale di un nuovo imperatore. Dunque Enrico IV fu costretto ad abdicare e alla sua morte, avvenuta nel 1106, divenne imperatore suo figlio, il quale instaurò rapporti di maggiore collaborazione col papa.

Stemma della
Repubblica marinara
di Pisa.
Dal 1.081 - Abbastanza netta è l'evoluzione verso forme comunali delle città legate al commercio marittimo. Lasciando da parte Venezia, dove uno stato autonomo cittadino esisteva già da secoli, diverse e assimilabili all'evoluzione delle città dell'interno sono le situazioni di Pisa e Genova.
Pisa alla base dell'autonomia c'è la solidarietà tra i cittadini fondata sull'osservanza delle “consuetudini del mare”, che Enrico IV promette di rispettare (nel 1.081), nel medesimo tempo in cui riconosce ai pisani la possibilità di eleggere una sorta di consiglio straordinario di dodici cittadini, che prefigura evidentemente future magistrature comunali stabili; ampie sono le concessioni, politiche ed economiche, fatte in quest'occasione ai cittadini dall'imperatore. D'altra parte l'arcivescovo di Pisa – quel Daimberto che sarà il legato della prima crociata – non rinuncia alla sua autorità, come si vede dal giudizio pacificatorio fra le fazioni cittadine da lui pronunciato nel 1.088-92, con il quale stabilisce l'altezza massima delle torri, quelle case-fortezze dalle quali i membri dell'aristocrazia cittadina combattevano le loro guerre private.
Stemma della Repubblica
marinara di Genova.
A Genova, ancora più nettamente che a Pisa, il comune nasce verso la fine dell'XI secolo dalle stesse strutture associative del commercio per mare. La “compagna”, questo è il nome della struttura portante del comune genovese, veniva rinnovata periodicamente, ogni tre o quattro anni (appunto come una società commerciale). La città appare tutta orientata verso il commercio con il Levante. Dalla metà circa del XII secolo la struttura comunale si assesta; i consoli pronunciano un giuramento al momento dell'entrata in carica che va a costituire il nucleo originario degli statuti comunali (il Breve).

- Nello stesso 1081, il 18 ottobre, ha luogo la battaglia di Durazzo che vede contrapposti da una parte l'Impero Romano d'Oriente (bizantino) guidato da Alessio I Comneno, asceso al trono quell'anno e dall'altra i Normanni di Roberto il Guiscardo. La battaglia di Durazzo costituì una pesante sconfitta per Alessio. Già con la battaglia di Manzikert del 1071, l'Impero aveva perso quella parte dell'Anatolia che rappresentava il cuore del dominio bizantino e ora anche i Balcani erano prossimi a cadere in mano straniera. Il Guiscardo conquistò Durazzo e nel giro di pochi mesi sottomise buona parte della Grecia settentrionale. Alessio prese accordi con l'imperatore Enrico IV al fine di attaccare i Normanni in Italia, ma mentre il Guiscardo rientrava in patria per scongiurare diplomaticamente questa evenienza, Alessio subì da Boemondo altre due sconfitte e riuscirà ad espellere i Normanni dai Balcani solo nel 1083. Nel maggio del 1081, Roberto il Guiscardo si era stabilito in Albania per pianificare la conquista dei Balcani a danno dell'Impero Bizantino. Già all'epoca era chiaro l'intento del Guiscardo di impossessarsi del trono di Bisanzio, rivendicato da Costantino Ducas, figlio del deposto Michele VII e genero di Roberto, in quanto marito della figlia Olimpia. Ma l'imperatore romano d'Oriente Niceforo III, che aveva deposto Michele nel 1078, era stato a sua volta spodestato e all'arrivo di Roberto nei Balcani, sul trono di Costantinopoli sedeva Alessio I Comneno. Per dar forza alle proprie rivendicazioni, il Guiscardo pensò di spacciare suo figlio Costantino come l'imperatore deposto, anziché come suo erede. Nel giugno di quell'anno il Guiscardo marciò verso nord e cinse d'assedio Durazzo, capitale della regione, i cui abitanti non furono per nulla impressionati dall'arrivo del falso Michele. La città, infatti, adagiata su una penisola protesa verso l'Adriatico, era ben preparata sia agli attacchi da terra che da mare. I Veneziani inviarono una flotta in aiuto di Alessio e bloccarono le navi del Guiscardo all'interno del porto, costringendo il Normanno ad inviare il figlio Boemondo a trattare con loro. Quando essi si rifiutarono di riconoscere il falso Michele e insultarono Boemondo, Roberto passò all'attacco. Le sue navi furono distrutte nel corso di una breve battaglia navale, mentre la guarnigione di Durazzo, guidata da Giorgio Paleologo, sconfisse i Normanni fuori dalla città e distrusse le loro torri d'assedio. A questa prima sconfitta seguì in breve un'epidemia che colpì le truppe normanne. Nonostante l'infelice esordio, il Guiscardo continuo l'assedio, mentre Alessio lasciava Costantinopoli e gli andava incontro con le sue armate. Secondo le cronache di Anna Comnena, figlia di Alessio I, Roberto aveva ai suoi ordini circa trentamila uomini, mentre Alessio disponeva di un esercito di circa ventimila soldati, molto composito per origini e formazione: tagmata della Tracia e della Macedonia, unità d'élite excubita e vestiaritae, una schiera di cosiddetti manichei (eretici bogomili organizzati in unità militari), cavalleria tessalica, mercenari franchi e turchi (questi ultimi comandati dal generale eunuco Taticius), coscritti balcanici, fanteria armena, alcuni Variaghi e altre truppe leggere. Il 18 ottobre, mentre l'imperatore marciava in testa all'esercito, un contingente di arcieri fu posizionato dietro le linee dei Variaghi, che di tanto in tanto si spostavano in modo da permettere alle frecce di colpire i Normanni, per poi richiudersi a difesa degli arcieri. Il Guiscardo tentò di rimuovere i Variaghi dalla loro posizione con una carica di cavalleria, che fu però respinta dagli arcieri. Il conte Amico caricò congiuntamente le ali di centro e di sinistra ma i Vairaghi tennero le loro posizioni e Pacuriano riuscì a rompere l'attacco facendo fallire l'offensiva. Le truppe di Amico, prese dal panico, fuggirono verso il mare, inseguite dai Variaghi. Fu a questo punto che comparve sul campo di battaglia Sichelgaita, terribile principessa guerriera sposa del Guiscardo, descritta da Anna come "una seconda Atena". Sichelgaita raggiunse e tenne sotto scacco le file dei Variaghi, che presi dalla foga della battaglia avevano dimenticato una delle regole fondamentali della strategia militare bizantina: mai inseguire le truppe in fuga, poiché gli inseguitori, tagliati fuori dal resto dell'esercito, risultano vulnerabili ad un attacco separato. Ed è infatti quello che accadde: il Guiscardo inviò contro di loro i suoi fanti, che approfittando della stanchezza dei nemici, fiaccati dall'inseguimento dei fuggiaschi, inflissero loro pesanti perdite. I superstiti trovarono riparo in una chiesa, che fu data alle fiamme dai Normanni. Nel rogo morirono tutti. Sebbene entrambi gli schieramenti avessero perso un intero fianco, il Guiscardo poteva contare ancora sulla propria cavalleria pesante, rimasta fuori dal campo come riserva. I cavalieri, lanciati contro Alessio e il centro del suo esercito, seminarono un terrore tale da indurre i mercenari turchi e bogomili alla diserzione. Lo stesso imperatore, sprovvisto di forze sufficienti, si diede alla fuga, inseguito prima da Amico, che riuscì a sconfiggere, poi dalle lance normanne. Anna Comnena racconta che solo l'intervento divino poté salvargli la vita - scusandosi in seguito coi lettori per aver dedicato così tanto spazio alle sofferenze del padre. Alessio perse in battaglia circa cinquemila uomini, compreso Costantino, figlio dell'imperatore Costantino X, mentre i Normanni occuparono il suo campo e depredarono le sue ricchezze. Le perdite subite dall'esercito del Guiscardo ci sono ignote: all'epoca, essi si vantarono di aver perso solo trenta uomini, il che è ovviamente impossibile.

Alessio I Comneno da: https://
it.wikipedia.org/wiki/Alessio
_I_Comneno#/media/
File:Alexius_I.jpg
- Dal 1081, con l'ascesa al trono di Alessio I Comneno, si avvia la rinascita dell'impero bizantino, espressione utilizzata dagli studiosi della storia bizantina per indicare il periodo di governo della dinastia comnena, durante il quale l'impero attraversò una fase di grande ripresa economica e politica, dovuta soprattutto alla ricostituzione dell'antica potenza bellica ed alla vasta opera di espansione territoriale che ne seguì. Alla vigilia dell'ascesa al trono di Alessio nel 1081, l'impero versava in condizioni gravissime, circoscritto a Grecia e Macedonia, finanziariamente sul lastrico e scosso da violente lotte intestine. Mai in tutta la storia era stato così vulnerabile. La disastrosa sconfitta di Manzicerta ad opera dei Turchi selgiuchidi, avvenuta solo sette anni prima, aveva avuto pesanti strascichi: la perdita dell'Asia minore (circa metà dei possedimenti imperiali) privava Costantinopoli della vitale fonte di reclutamento per il suo esercito, costituita dalle provincie anatoliche, la indeboliva fortemente sul piano economico e lasciava la capitale direttamente esposta agli attacchi dei nemici. Inoltre, i Normanni della Sicilia avevano approfittato della temporanea debolezza militare dell'impero per sferrare un'offensiva decisiva contro le roccaforti greche in Italia, cacciando i Bizantini da tutto il meridione italico. Meno di un secolo dopo aver raggiunto il suo apogeo sotto Basilio II, l'impero bizantino era caduto in una situazione che faceva temere addirittura il suo collasso. La ripresa dell'impero bizantino sotto i Comneni è strettamente collegata con la riforma dell'esercito voluta da Alessio e proseguita dai successori, che permise alla macchina militare bizantina di tornare potente e temuta, grazie ad una organizzazione estremamente efficiente a dispetto delle scarse risorse disponibili. Con essa gli imperatori cercarono di ritornare ad un esercito fondato su truppe provenienti dai territori dell'impero, piuttosto che su mercenari stranieri, spesso costosi ed inaffidabili.
Tuttavia ciò non avvenne attraverso il ripristino del controllo della burocrazia imperiale sull'aristocrazia, ma attraverso l'alleanza con essa e l'affermazione di un modello simile a quello dell'Occidente feudale: il sistema dei themata restò formalmente in vigore, ma gli imperatori si rassegnarono ad affidare il comando di ciascuno di essi ai membri più eminenti della nobiltà locale piuttosto che a funzionari di propria esclusiva scelta. L'alleanza coll'aristocrazia permise una rapida ricostituzione delle forze bizantine, ma favorì le spinte disgregatrici: i primi Comneni furono in grado di tenerle sotto controllo (grazie anche alle proprie doti personali), ma nel lungo termine esse portarono al declino dell'impero. Le battaglie più importanti che segnarono le perdite e le riconquiste di gran parte dei territorio precedentemente perduti furono:
- prima battaglia di Manzicerta del 1054 tra l'esercito bizantino guidato da Basilio Apocapa ed i Turchi Selgiuchidi guidati dal sultano Toghrul Beg, vinta dai i Bizantini.
- seconda battaglia di Manzicerta del 1071 fra l'esercito del sultano selgiuchide Alp Arslān e quello bizantino dell'imperatore Romano IV Diogene dove i bizantini subiranno la peggiore sconfitta della loro storia.
- la battaglia di Durazzo del 1081, che vede contrapposti da una parte l'Impero Romano d'Oriente (bizantino) guidato da Alessio I Comneno, asceso al trono quell'anno e dall'altra i Normanni di Roberto il Guiscardo, costituisce una pesante sconfitta per l'impero romano d'Oriente (bizantino).
- la battaglia di Levounion del 1091 dove un grande esercito invasore di Peceneghi (un ramo dei turchi oghuz) è sconfitto pesantemente dalle forze dell'esercito bizantino sotto il comando dell'Imperatore Alessio I Comneno e dai Cumani, alleati dei bizantini, la prima vittoria decisiva per i Bizantini nella rinascita dell'Impero sotto i Comneni.
- la battaglia di Beroia del 1122 fra i Peceneghi e l'imperatore bizantino Giovanni II Comneno nell'attuale Bulgaria, presso la città di Beroia (oggi Stara Zagora) che provocherà la scomparsa dei Peceneghi come popolo indipendente.
- la battaglia di Sirmio del 1167 tra gli eserciti dell'Impero bizantino e del Regno di Ungheria con la decisiva vittoria dei bizantini.
- la battaglia di Miriocefalo del 1176 tra turchi selgiuchidi e bizantini, la cui sconfitta toglie ogni speranza all'imperatore romano d'Oriente di riprendersi l'intera Anatolia.

Matilde di Canossa, da: https:
- La Grancontessa Matilde di Canossa, o Mathilde, o Matilde di Toscana (in latino Mathildis, in tedesco Mathilde von Tuszien; Mantova, marzo 1.046 - Bondeno di Roncore, 24 luglio 1.115), fu contessa, duchessa, marchesa e regina medievale e madre adottiva di Goffredo di Buglione. Matilde fu una potente feudataria ed ardente sostenitrice del Papato nella lotta per le investiture; donna di assoluto primo piano per quanto all'epoca le donne fossero considerate di rango inferiore, arrivò a dominare tutti i territori italici a nord degli Stati della Chiesa. Fu incoronata presso il Castello di Bianello (Quattro Castella, Reggio Emilia) dall'imperatore Enrico V. Nel 1.076 entrò in possesso di un vasto territorio che comprendeva la Lombardia, l'Emilia, la Romagna e la Toscana, e che aveva il suo centro a Canossa, nell'Appennino reggiano.
Matilde di Canossa.
La Grancontessa (magna comitissa)  Matilde è certamente una delle figure più importanti e interessanti del Medioevo italiano: vissuta in un periodo di continue battaglie, di intrighi e scomuniche, seppe dimostrare una forza straordinaria, sopportando anche grandi dolori e umiliazioni, mostrando un'innata attitudine al comando. La sua fede nella Chiesa del suo tempo le valse l'ammirazione e il profondo amore di tutti i suoi sudditi. Matilde nacque a Mantova nel 1.046, terzogenita della potentissima famiglia feudale italiana dei Canossa, marchesi di Tuscia (già Ducato di Tuscia), di origine e madrelingua longobarda. Il padre, Bonifacio di Canossa detto "il Tiranno", era l'unico erede della dinastia canossiana, discendente diretto di Adalberto Atto (o Attone), fondatore della casata degli Attoni. La madre, Beatrice di Lotaringia, apparteneva ad una delle più nobili famiglie imperiali, strettamente imparentata con i duchi di Svevia, i duchi di Borgogna, gli Imperatori Enrico III ed Enrico IV, dei quali Matilde era rispettivamente nipote e cugina prima, nonché con il papa Stefano IX. Essendo figlia del signore della Tuscia, a Matilde spettava il titolo di marchesa. La parola germanica Markgraf (Marchesi) qualificava difatti i "conti di confine". Tuttavia la Tuscia era stata nell'Alto Medioevo una circoscrizione del Regno longobardo, come tale definita "ducato". Ecco perché a Matilde si attribuiscono sia il titolo di "marchesa" che quello di "duchessa". Poco si sa dell'infanzia di Matilde, sia perché le cronache del tempo preferirono occuparsi della fanciullezza dei due fratelli maggiori, Federico (legittimo erede di Bonifacio) e Beatrice, sia perché le fonti in nostro possesso si concentrano soprattutto sulle imprese compiute da adulta. Tuttavia, si può affermare con certezza che il nome, come per i fratelli, le fu imposto dalla madre Beatrice che in questo modo intendeva affermare la propria superiorità nobiliare rispetto al marito, infatti il casato di Ardennes-Bar, a cui ella apparteneva, era senza dubbio di stirpe regia. Matilde trascorse la sua gioventù tra i freddi laghi ed i nevosi boschi padani e a differenza di molte nobildonne del suo tempo, trascorse molto tempo dedicandosi alla cultura letteraria. A tal proposito, Donizone afferma: « Fin da piccola conosceva la lingua dei Teutoni e sapeva anche parlare la garrula lingua dei Franchi. » (Vita Marhildis, libro II, cap. IV). Trascorse i primi anni della propria esistenza in agiatezza e serenità nel castello di Canossa, teatro di grandi banchetti e feste sontuose organizzate dal padre. Tuttavia a soli 6 anni, Matilde assistette al primo evento che cambiò radicalmente il corso della sua vita: il 6 maggio 1.052, il padre Bonifacio fu ucciso a tradimento durante una battuta di caccia da uno dei suoi vassalli, che lo trapassò alla gola con una freccia avvelenata. L'agonia del duca durò alcune ore; nella tarda serata dello stesso giorno spirò. La madre rimasta vedova con tre figli piccoli aveva difficoltà a reggere il ruolo di Bonifacio. Nel 1.053 Matilde ed i suoi fratelli ottennero un privilegio di protezione personale dall'Imperatore Enrico III, ma in quello stesso anno i due fratelli maggiori di Matilde morirono a causa di un maleficio (probabilmente un avvelenamento involontario). Alla morte di papa Leone IX, parente di entrambi i genitori di Matilde, venne eletto con l'appoggio imperiale, papa Vittore II (1.054). Papa Vittore II era ospitato ad Arezzo dai Canossiani, quando morì nel 1.057, lasciando come successore papa Stefano IX. Visto il crescente potere della Casa di Canossa e la scomparsa del loro alleato Leone IX, Enrico III prese in ostaggio Matilde, che aveva solo 10 anni, e sua madre e le portò in Germania; ma dopo un anno anche Enrico III morì e così Matilde ritornò in Italia. La madre Beatrice cercò una nuova protezione risposandosi con Goffredo il Barbuto, fratello di papa Stefano IX. Goffredo, figlio di Gozzellone, Duca di Lotaringia, era un aristocratico dedito alle armi ed alle arti guerresche di indole belligerante. Fu lui a succedere a Bonifacio come signore della Tuscia. La famiglia dei Canossapadrona dell'Italia centrale e della Lotaringia, imparentata con Papi e influente sugli imperatori, era in quel momento la famiglia più potente d'Europa. Dopo la morte di Enrico III, Goffredo il Gobbo tentò di approfittare del temporaneo vuoto di potere per farsi incoronare Imperatore in terra tedesca; ma non ci riuscì per la morte del papa in Tuscia, cioè in terra canossiana. Per evitare il pericolo di sottomettersi in futuro all'imperatore, il papato decise di introdurre un sistema di elezione interna, il conclave dei cardinali, tuttora in vigore. Allontanatosi così dall'impero, il pontificato si affidò alla tutela dei Canossa che, grazie al diritto-dovere dell'accompagnamento dei Pontefici, finirono col determinare la scelta dei Papi e quindi le loro sorti. Anche il nuovo papa Benedetto X ebbe vita breve; morì infatti, sempre alla corte dei Canossa, nel 1.061. Dopo di lui vennero eletti due papi: l'imperatore scelse il Vescovo di Parma Cadalo, che prese il nome di Onorio II, mentre la Chiesa elesse il Vescovo di Lucca, nonché ecclesiastico dei Canossa Anselmo da Baggio, che prese il nome di Alessandro II. Dopo varie vicissitudini si concordò di tenere un nuovo concilio nel cuore dei domini canossiani, a Mantova. Papa Onorio II preferì non partecipare per timore di perdere la vita e comunque Alessandro II dimostrò la legalità della propria elezione; i Canossa, giudici dai quali dipendeva il Paparum Ducatus, decisero quindi di assegnare il papato al loro candidato Alessandro II. Matilde si ritrovò di nuovo con un papa suo alleato, che inizialmente si aiutarono a vicenda ma che poi divennero nemici per questioni personali. Goffredo il Barbuto, sposando Beatrice, era diventato signore della Tuscia. Una clausola del contratto di matrimonio stabilì che il figlio naturale di Goffredo, Goffredo il Gobbo, avrebbe sposato la figlia naturale di Beatrice, Matilde, per consolidare il suo potere e quello dei Canossa, e per non dover in seguito dividere i possedimenti delle rispettive casate. I due promessi sposi erano così cugini di quarto grado. Le nozze furono anticipate al 1.069, allorché Goffredo si trovò in punto di morte. Matilde alla fine dell'anno accorse al capezzale del patrigno in Lotaringia;
Carta con la Lotaringia nel 959. Con il termine
Lotaringia si indica il territorio di cui fu
sovrano con titolo regale Lotario II, figlio
dell'Imperatore Lotario I, e che assunse tale
toponimo a causa della sua scarsa omogeneità
geografica. La regione era delimitata a
settentrione dal mare del Nord, a occidente
dai fiumi Saona, Mosa e Schelda, a oriente
dalla linea che congiunge la foce dell'Ems
alla città di Wesel (nei pressi della confluenza
fra Reno e Mosella) e quindi dal fiume Reno
fino alla confluenza con l'Aar. A meridione
la zona era delimitata dalla catena del
Giura e dal fiume Aar, ora in Svizzera.
prima della sua morte Matilde e Goffredo il Gobbo si unirono in matrimonio. Il marito era un giovane coraggioso e retto ma afflitto da alcuni difetti fisici (tra gli altri gozzo e gobba), comunque Matilde, conscia dei doveri nobiliari per i quali era stata educata e con la persuasione della madre, seppur riluttante restò in Lotaringia coabitando col marito e ne rimase incinta. Tra la fine del 1.070 e l'inizio del 1.071 partorì una bambina che chiamò Beatrice, per poter rinnovare il nome della madre (nome molto frequente in Lotaringia). Il parto però non fu facile e dopo pochi giorni la piccola Beatrice morì, il 29 gennaio 1071. Il 29 agosto la Beatrice madre eresse il monastero di Frassinoro, nell'Appennino Modenese, com'era usanza tra i nobili, per "la grazia dell'anima della defunta Beatrice mia nipote". La permanenza di Matilde in Belgio (Orval) fu breve quanto difficile e rischiosa. Matilde rischiò la vita non solo per i postumi di un parto difficile, che nel Medioevo spesso si risolveva con la morte della madre, ma anche per l'ira del casato di Lotaringia che accusò la Grancontessa di portare il malocchio, in quanto non aveva dato un erede maschio al suo "Signore", compito principale, se non unico, per le mogli dell'epoca. Nel gennaio del 1.072 fuggì appena le circostanze le offrirono la possibilità, e rientrò a Canossa, presso la madre. Tra il 1.073 ed il 1.074 il marito Goffredo scese nella penisola italiana per riconquistare Matilde offrendole possedimenti ed armate, ma la risposta della Grancontessa fu estremamente ferma e rigida. Sul suo atteggiamento si è costruito il mito di una donna priva di debolezze. Goffredo il Gobbo nel 1.076 cadde vittima di un'imboscata nelle sue terre nei pressi di Anversa. Lamberto di Hersfeld riporta che durante la notte, spinto da bisogni corporali, si recò al gabinetto e un sicario che stava in agguato gli conficcò una spada tra le natiche lasciandogli l'arma piantata nella ferita. Sopravvisse, ma una settimana dopo, il 27 febbraio 1.076, morì, lasciando Matilde vedova. Molti commentatori dell'epoca l'accusarono di essersi macchiata personalmente del crimine; comunque come colpevole viene indicato più verosimilmente il conte fiammingo Roberto I delle Fiandre. In ogni caso Matilde non versò al clero neppure un obolo per l'anima del marito ucciso, né fece recitare una messa o gli dedicò un convento, com'era d'uso fare tra i nobili. 
40 anni di regno: il 18 aprile 1.076 muore Beatrice, la madre di Matilde, e da questo momento, anche se prima aveva già regnato affiancata alla madre, diviene a 30 anni l'unica sovrana incontrastata di tutte le terre che vanno dal Lazio al lago di Garda. Nel 1.073 era salito al soglio pontificio Ildebrando di Soana, col nome di Gregorio VII. Nello stesso anno il nuovo imperatore Enrico IV, dopo aver riorganizzato il territorio tedesco, si era rivolto verso i suoi possedimenti in Italia. Cominciò tra i due personaggi un duro duello, che vide contrapposta l'autorità della Chiesa a quella dell'Impero (lotta per le investiture). Nel 1.076 il papa decise di scomunicare l'imperatore che da questa iniziativa papale subì un doppio danno, vedendosi estraniato dai riti religiosi e trovandosi con sudditi non più sottomessi. Matilde si ritenne libera di agire secondo la sua completa volontà e si schierò con decisione al fianco di papa Gregorio VII, nonostante l'imperatore fosse suo secondo cugino. La scomunica indusse Enrico IV a venire a patti col papa. L'imperatore scese in Italia per parlare personalmente col pontefice. Gregorio VII lo ricevette nel gennaio 1.077 mentre era ospite di Matilde nel castello di Canossa. In quell'occasione l'imperatore, per ottenere la revoca della scomunica da parte del papa, fu costretto ad attendere davanti al portale d'ingresso del castello per tre giorni e tre notti inginocchiato col capo cosparso di cenere. Il faccia a faccia si risolse con un compromesso (28 gennaio 1.077): Gregorio revocò la scomunica a Enricoma non la dichiarazione di decadenza dal trono. Nel 1.079 Matilde donò al papa tutti i suoi dominiin aperta sfida con l'imperatore, visti i diritti che il sovrano vantava su di essi, sia come signore feudale, sia come parente prossimo. Ma in due anni le sorti del confronto tra papato ed impero si ribaltarono: nel 1080 Enrico IV convocò un Concilio a Bressanone in cui fece deporre il papa. L'anno seguente decise di scendere una seconda volta in Italia per ribadire la sua signoria sui suoi territori. Decretò Matilde deposta e bandita dall'impero. Ma la Grancontessa non se ne diede per vinta e, mentre Gregorio VII era costretto all'esilio, Matilde resistette e il 2 luglio 1.084 riuscì a sbaragliare inaspettatamente l'esercito imperiale nella famosa battaglia di Sorbara, presso Modena, essendo riuscita a formare una coalizione favorevole al papato a cui aderirono i bolognesi e contrapposta alla lega imperiale. Nel 1088 Matilde si trovò a fronteggiare una nuova discesa dell'Imperatore Enrico IV e si preparò al peggio con un matrimonio politico, dato che l'attuale pontefice disgiungeva il potere vaticano da quello canossiano, com'era stato sino a quel momento, per ultimo Gregorio IV. Matilde scelse il Duca diciannovenne Guelfo V (in tedesco Welf), erede della corona ducale di Baviera. Le nozze facevano parte di una rete di alleanze di cui faceva parte anche il nuovo papa, Urbano II, allo scopo di contrastare efficacemente Enrico IV. La quarantatreenne Matilde inviò una lettera al suo futuro sposo: « Non per leggerezza femminile o per temerarietà, ma per il bene di tutto il mio regno, ti invio questa lettera accogliendo la quale tu accogli me e tutto il governo della Longobardia. Ti darò tante città tanti castelli tanti nobili palazzi, oro ed argento a dismisura e soprattutto tu avrai un nome famoso, se ti renderai a me caro; e non segnarmi per l'audacia perché per prima ti assalgo col discorso. È lecito sia al sesso maschile che a quello femminile aspirare ad una legittima unione e non fa differenza se sia l'uomo o la donna a toccare la prima linea dell'amore, solo che raggiunga un matrimonio indissolubile. Addio. ». La Gran Contessa inviò migliaia di armati al confine della Longobardia a prendere il Duca, lo accolse con onori, organizzò una festa nuziale di 120 giorni con un apparato di fronte al quale sarebbe impallidito qualunque sovrano medioevale. Cosma di Praga, autore del Chronicon Boemorum, riporta che dopo il matrimonio, per due notti, il duca aveva rifiutato il letto nuziale ed il terzo giorno Matilde si presentò nuda su una tavola preparata ad hoc su alcuni cavalletti dicendogli tutto è davanti a te e non v'è luogo dove si possa celare maleficio. Ma il Duca rimase interdetto; Matilde, indignata, lo assalì a suon di ceffoni e sputandogli addosso lo cacciò con queste parole: Vattene di qua, mostro, non inquinare il regno nostro, più vile sei di un verme, più vile di un'alga marcia, se domani ti mostrerai, d'una mala morte morirai.... Il Duca fuggì; per questo fu soprannominato Guelfo l'impotente. Matilde e il giovane marito si separarono dopo pochissimi giorni; ovviamente i due non ebbero mai figli. Successivamente Matilde sobillò i due figli dell'imperatore, Corrado di Lorena ed Enrico e ne appoggiò le rivolte contro il padre; si appoggiò inoltre alla potente casata comitale dei Guidi in Toscana, per ostacolare un'altra dinastia, gli Alberti, fedeli all'impero. Dopo numerose vittorie, tra le quali quella sui Sassoni, l'imperatore Enrico si preparava nel 1.090 alla sua terza discesa in terra italica, per infliggere una sconfitta definitiva alla Chiesa. L'itinerario fu quello solito, il Brennero e Verona, confine coi possedimenti di Matilde che iniziavano dalle porte della città. La battaglia si accentrò presso Mantova. Matilde si assicurò la fedeltà degli abitanti esentandoli da alcune tasse come il teloneo ed il ripatico e con la promessa di essere integrati nello status di Cittadini Longobardi col diritto di caccia, pesca e taglialegna su entrambe le rive del fiume Tartaro. La città resistette fino al tradimento del giovedì santo, nel quale i cittadini cambiarono fronte in cambio di alcuni ulteriori diritti concessi loro dall'assediante Enrico IV. Matilde si arroccò nel 1.092 sull'appennino reggiano attorno ai suoi castelli più inespugnabili. Sin da Adalberto Atto, il potere dei Canossa si era basato su una rete di castelli, rocche e borghi fortificati situati nella Val d'Enza, che costituivano un complesso sistema poligonale di difesa che aveva sempre resistito ad ogni attacco portato sull'Appennino. Dopo alterne e sanguinose battaglie, il potente esercito imperiale venne preso in una morsa. Nonostante l'esercito imperiale fosse temibilissimo, fu distrutto dalla vassalleria matildica dei piccoli feudatari ed assegnatari dei borghi fortificati, che mantennero intatta la fedeltà ai Canossa anche di fronte all'Impero. La conoscenza perfetta dei luoghi, la velocità delle informazioni e degli spostamenti, la presa delle posizioni strategiche in tutti i luoghi elevati della val d'Enza, avevano avuto la meglio sul potente imperatore. Pare che la stessa contessa avesse partecipato, con un manipolo di guerrieri scelti e fedeli, alla battaglia, galvanizzando gli alleati all'idea di combattere una guerra giusta. L'esercito imperiale fu preso a tenaglia nella vallata, ma la sconfitta totale fu più di una guerra persa: Enrico IV si rese conto dell'impossibilità di penetrare quei luoghi asperrimi, ben diversi dalla Pianura Padana o dalla Sassonia: non si trovava più di fronte ai confini tracciati dai fiumi dell'Europa centrale, ma a scoscesi sentieri, calanchi, luoghi impervi protetti da rocche turrite, da casetorri che svettavano verso il cielo, dalle quali gli abitanti scaricavano dardi di ogni genere su chiunque si avvicinasse: lance, frecce, forse anche olio bollente, giavellotti, massi, picche infocate. Con queste armi chi si trovava più in alto aveva spesso la meglio. Dopo la vittoria di Matilde molte città come Milano, Cremona, Lodi e Piacenza si schierarono con la Contessa canossiana per sottrarsi al controllo imperiale. Nel 1.093 il figlio secondogenito dell'Imperatore, Corrado di Lorena, sostenuto dal papa, da Matilde e da una lega di città lombarde, veniva incoronato Re d'Italia. Matilde liberò e diede rifugio persino alla moglie dell'imperatore, Prassede, figlia del Re di Russia ed ex vedova del Marchese di Brandeburgo, che aveva denunciato al Concilio di Piacenza del 1.095 le inaudite porcherie sessuali che aveva preteso Enrico da lei e per le quali veniva relegata in una specie di prigionia-alcova a Verona. Si accese dunque una lotta all'interno stesso della famiglia imperiale, che indebolì sempre più Enrico IV, finché poi morì, ormai sconfitto, nel 1.106. Alla deposizione e morte di Corrado di Lorena nel 1.101, il figlio terzogenito del defunto imperatore Enrico IV e nuovo imperatore del Sacro Romano Impero col nome di Enrico Vriprese a sua volta la lotta contro la Chiesa e l'Italia. Stavolta l'atteggiamento della Granduchessa nei confronti della casa imperiale dovette modificarsi e Matilde si conformò ai voleri dell'imperatore. Nel 1.111, sulla via del ritorno in Germania, Enrico V la incontrò al Castello di Bianello, vicino a Reggio Emilia. Matilde gli confermò i feudi da lei messi in dubbio quando era vivo suo padre, chiudendo così una vertenza che era durata oltre vent'anni. Enrico V conferì alla Granduchessa un nuovo titolo. Così il figlio del suo vecchio antagonista creò Matilde "Regina d'Italia" e "Vicaria Papale". Sembra che anche la fondazione della chiesa di S. Salvaro a Legnago (VR) sia dovuta a Matilde. Come donna di governo, Matilde dimostrò una grande sensibilità per i bisogni delle sue genti. Vista la grande povertà delle popolazioni appenniniche, la cui unica risorsa era la legna da ardere, Matilde introdusse, dal vicino oriente, il castagno, l'"albero del pane", dalle cui castagne si ottiene una farina ricca di proteine, e che innestato produce i marroni: grossi, gustosi e nutrienti. Fra l'altro, le piante di castagno si piantavano secondo quello che ancora si definisce "l'ordine matildeo", in una serie di cerchi inanellati, che permettevano alle piante di condividere la forza del cerchio. Da lì in poi, castagne, farina di castagne e marroni divennero la risorsa più comune delle popolazioni montane. Matilde morì di gotta nel 1.115. Venne prima sepolta in San Benedetto in Polirone (San Benedetto Po), poi, nel 1.633, per volere del papa Urbano VIII, la sua salma venne traslata a Roma in Castel Sant'Angelo. Nel 1.645 i suoi resti trovarono definitiva collocazione nella Basilica di San Pietro a Roma, unica donna insieme alla regina Cristina di Svezia e alla polacca Maria Clementina Sobieski, consorte di Giacomo Francesco Edoardo Stuart. Sulla sua tomba, scolpita dal Bernini, è scolpito "Onore e Gloria d'Italia". Matilde non aveva lasciato eredi diretti; di conseguenza il suo immenso patrimonio andò disperso. Alcuni castelli rimasero in possesso di signori locali e Communi Militum, cioè cavalieri e mercenari; altri andarono ai discendenti di Prangarda, sorella di Tedaldo, il nonno di Matilde (come forse le famiglie che diedero vita alle dinastie parmensi dei Baratti e degli Attoni - o Iattoni - di Antesica e di Beduzzo, effettive castellanze matildiche). Per quanto riguarda i feudi appartenuti alla contessa, alcuni possedimenti vennero addirittura dimenticati in un vuoto di potere, altri semplicemente incamerati nei possedimenti papali. Dopo la sua morte, attorno a Matilde venne a crearsi un alone di leggenda. Gli agiografi ecclesiastici ne mitizzarono il personaggio facendone una contessa semi-monaca dedita alla contemplazione e alla fede. Lo stesso Dante Alighieri ne sentì parlare e la inserì nell'XI canto del Paradiso della Divina Commedia, ponendola nella cerchia dei militanti per la fede. Qualcuno sostiene che si sia trattato di un personaggio di forti passioni sia spirituali sia carnali. Ancora oggi nella popolazione di Carpi, si ricorda che Matilde veniva in carrozza per incontrare, intimamente, Pio, il signore di Carpi. Probabilmente Gregorio VII ed il monaco Anselmo, nipote di Anselmo da Baggio e padre spirituale di Matilde, condizionarono diverse sue scelte facendo leva sulla sua fede quasi incondizionata. Si narra che dopo la morte di Anselmo, Matilde, che soffriva di un eczema, per curarsi si coricasse senza vesti sul tavolo dove era stato lavato il monaco defunto. In realtà nel Medioevo il culto delle reliquie (e la certezza riguardante i loro poteri miracolosi) fu molto sentito. Si dice che Matilde conservasse tra le reliquie anche un anello vescovile, che utilizzava per calmare i frequenti attacchi di epilessia.

Nel 1.082 - Con la morte di Roberto il Guiscardo, il suo esercito abbandona le posizioni raggiunte per ritornare in Puglia e Venezia, salvando dai Normanni il caposaldo bizantino di Durazzo, riesce ad ottenere dall'imperatore romano d'oriente Alessio I Comneno quanto aveva desiderato: la Crisobolla (o "Bolla Aurea") del maggio 1082, con cui l'Imperatore d'Oriente concede ai mercanti veneziani ampi privilegi ed esenzioni in tutto l'Impero bizantino: questa iniziale concessione venne poi più volte ampliata ed affiancata da altri atti con cui gli imperatori via via premiarono e poi pagarono il sostegno navale dei loro ex-sudditi.

Nel 1.085 - Nella difesa comune contro i Normanni l'imperatore romano d'oriente Alessio I Comneno accorda larghissimi privilegi al commercio veneziano e in cambio, i veneziani salvano dai Normanni il caposaldo bizantino di Durazzo.  

Dal 1.088 - Si  fondano le prime Università: a Bologna nel 1.088, a Parigi nel 1.150, a Salerno nel 1.173. Già a Bologna si era inaugurato lo “Studium”, dove si praticava un insegnamento libero e indipendente dalle scuole ecclesiastiche.
Logo dell'università di Bologna.
Intorno alla fine del secolo XI infatti a Bologna maestri di grammatica, di retorica e di logica iniziano a studiare il diritto e la prima figura di studioso su cui ci sono notizie certe è quella di Irnerius, fondatore di un diritto europeo scritto, sistematico, comprensibile e razionale, sulla base del “Corpus Iuris Civilis “ di Giustiniano (da "Le crociate" di Franco Cardini), la cui notorietà superò presto i confini di Bologna. Considerata la più antica università propriamente detta del mondo occidentale, lo Studium nacque come libera e  laica  organizzazione fra studenti e docenti. Gli studenti, per compensare i docenti, iniziarono a raccogliere denaro (collectio), che nei primi tempi venne dato come offerta perché la scienza, dono di Dio, non poteva essere venduta, poi a poco a poco la donazione si trasformò in salario vero e proprio. In ogni caso non sempre gli studenti partecipavano alla collectio, e il Comune doveva intervenire per assicurare la continuità degli studi.

L'Impero Romano d'Oriente (detto Bizantino) nel 1095, da: 
Nel 1.091 - Il 29 aprile si combatte la battaglia di Levounion, la prima vittoria decisiva per i Bizantini nella rinascita dell'Impero sotto i Comneni, dove un grande esercito invasore di Peceneghi (un ramo dei turchi Oghuz) è sconfitto pesantemente dalle forze dell'esercito bizantino sotto il comando dell'Imperatore Alessio I Comneno e dai Cumani, alleati dei bizantini.

Nel 1.092 - Nell'impero selgiuchide viene trucidato, da un aderente della Setta degli Assassini, il vizir di Malik Shah, Nizam al-Mulk. Dopo la morte di Malik Shah, si apre nell'impero dei selgiuchidi (che erano turchi Oghuz) un'aspra lotta di successione tra i suoi figli destinata a durare un decennio.
L'impero selgiuchide nel 1092, da: https://it.wikipedia.org/
Nel 1095 poi, muore anche Tutush, sultano di Damasco, il cui regno sarà spartito tra i figli Duqaq, signore di Damasco, e Riḍwān, signore di Aleppo, che però faticavano a mantenere il controllo sui signori locali, mentre i Fatimidi riprendevano l'offensiva in Palestina, Tripoli si rendeva indipendente e l'atabeg di Mosul minacciava la stessa Aleppo. I resti del breve sultanato di Siria vennero travolti in pochi anni dalle nuove dinastie emergenti degli Artuqidi e dei Buridi, in parte vassalle dei Selgiuchidi di Persia, in parte degli Abbasidi di Baghdad che, col declinare della potenza turca, cercavano di sottrarsi alla tutela dei Grandi Selgiuchidi. Altra minaccia alla stabilità dell'impero era rappresentata poi dalla setta degli Ismailiti Nizariti, che, dopo essere stati al centro di numerose campagne militari di repressione durante il regno di Malik Shah, avviarono, sotto la guida di Ḥasan-i Ṣabbāḥ una campagna di esecuzioni terroristiche, mirate a colpire capi politici e militari selgiuchidi che essi ferocemente avversavano, anche perché sunniti. Ciò servì a renderli famosi come la Setta degli Assassini. Una delle prime vittime della setta era stato proprio il vizir di Malik Shah, Nizam al-Mulk, trucidato nel 1092.

Calligrafia sciita che simboleggia
Ali come Tigre di Dio. Da: https://
- I Nizariti sono la principale setta degli ismailiti, una corrente dell'islam sciita, seguaci dell'Aga Khan, conosciuti in passato anche come Setta degli Assassini oppure semplicemente Assassini, particolarmente attivi tra l''XI e il XIV secolo in Vicino Oriente come seguaci di Hasan. L'apice della loro attività si ebbe in Persia e in Siria a partire dall'XI secolo, in seguito ad un'importante scissione della corrente ismailita e proseguita in modo più organizzato qualche decennio più tardi nel 1094 grazie a Ḥasan-i Ṣabbāḥ, detto "il Vecchio della Montagna" (o anche "Veglio della Montagna", in realtà "capo della Montagna", dalla confusione del significato dell'arabo shaykh, che vuol dire sia "vecchio" sia "capo"), la cui roccaforte fu Alamūt, nel nord della Persia, fra Teheran e il mar Caspio. Alla fine del Medioevo questa setta scomparve, praticamente sommersa dal ramo principale dell'Ismailismo. Tra le caratteristiche più note del movimento si ricorda la completa e assoluta sottomissione dei seguaci al loro capo carismatico. Il loro principio fondamentale della sottomissione all'autorità rivelata spiega la devozione che essi nutrivano verso i loro maestri, ritenuti figure a metà strada tra il semi-divino e semi-umano. Aga Khan è il titolo ereditario dell'Imam dei Nizariti, in precedenza chiamati anche "Setta degli Assassini", o più semplicemente "Assassini".
Il Vecchio della Montagna o Veglio della Montagna è l'espressione utilizzata da Marco Polo in un brano de "Il Milione" per indicare al-Hasan ibn as-Sabbah, maestro della setta degli "ismailiyyah". Il vocabolo "assassini", per indicare i suoi fanatici seguaci sanguinari, venne usato in Occidente fin dal XII secolo, ma nel generico significato di omicida, "assassino" è utilizzato già da Dante nell'Inferno (Dante Alighieri, La divina Commedia, Inferno, XIX, 50). Fonti arabe, persiane e perfino cinesi illustrano la storicità della vicenda. Il persiano al-Hasan ibn as-Sabbah fu iniziatore della diramazione eretica musulmana sciita detta degli ismailiti; dopo esserne diventato gran maestro nel 1107, nel 1109 s'impadronì della fortezza di Alamūt, che diventò centro del suo potere.
Fra le denominazioni usate dagli autori musulmani per i seguagi di al-Hasan quella di "hashishiyyah" risulta rarissima, tuttavia è quella che allude all'hashish e che dovette predonimare nell'uso popolare così da dar origine al vocabolo europeo "assassino". Le stesse fonti asiatiche riferiscono dell'inebriamento e testimoniano del potere assoluto esercitato dal capo: la dottrina ismailitica ammetteva del resto l'omicidio politico, con una spregiudicatezza che consentì di allearsi persino con i crociati. Nel 1256, sotto il regno del gran maestro Alaaddin, terzo successore di al-Hasan, i mongoli di Hulagu espugnarono la fortezza ritenuta imprendibile.
Il racconto di Marco Polo descrive un luogo protetto da un castello fra le montagne in cui il capo (Ḥasan-i Ṣabbāḥ) aveva creato un paradiso terrestre con cibo e divertimenti come quelli descritti da Maometto, con vino, latte e miele e dove i giovani da lui selezionati provavano tutti i piaceri della vita. Da questo luogo i predestinati potevano entrare e uscire solo profondamente addormentati. Quando il Vecchio aveva bisogno di un assassino, faceva cadere in un sonno profondo tramite hashish (da cui il termine "assassini") oppure oppio un adepto e lo faceva svegliare fuori dal "paradiso". Il malcapitato disperato e confuso, sarebbe potuto rientrare solo dopo aver portato a termine la propria missione e quindi avrebbe fatto tutto quanto richiestogli.
«Quando lo Veglio ne facea mettere nel giardino a 4, a 10, a 20, egli gli facea dare oppio a bere, e quelli dormía bene 3 dí; e faceali portare nel giardino e là entro gli facea isvegliare. Quando li giovani si svegliavano e si trovavano là entro e vedeano tutte queste cose, veramente credeano essere in paradiso.» (Il Milione, capitolo 40 e segg.).

Nel 1.093 - Normanni in Galles. I Normanni, sotto Robert Fitzhamon, signore di Gloucester, occuparono il Glamorgan (ca 1.093). Nel 1.167, Dermot, re del Leinster, cacciato dall'isola, fu rimesso sul trono dai Normanni del Galles comandati da Riccardo di Clare, conte di Pembroke.

- Nel 1.093 Alfonso VI concede la contea del Portogallo a Enrico di Borgogna, promesso sposo di Teresa, figlia naturale di Alfonso VI.

Nel 1.095 - Al concilio di Clermont, papa Urbano II indice la Crociata per liberare la Terrasanta dagli infedeli. Non si deve pensare a una pianificazione a tavolino della "crociata" (nome che compare peraltro solo dal XIII secolo), poiché sembra che il movimento sia nato quasi per caso, con effetti che nessuno poteva all'epoca calcolare. In accordo col concetto assai discusso di "guerra santa" (bellum iustum), nel Cristianesimo le spedizioni che erano ritenute giuste lo erano in quanto "di difesa" e rappresentavano un'originale fusione tra guerra e pellegrinaggio (i crociati avevano infatti ricevuto dal Papa gli stessi privilegi spirituali dei pellegrini). La disciplina che più da vicino fece da modello alla "crociata" fu quella stabilita da papa Alessandro II per la spedizione in Aragona contro i Mori del 1.063, nell'ambito dei conflitti definiti come la Reconquista. In quell'occasione il pontefice aveva concesso ai cristiani di portare in battaglia il vessillo di San Pietro, una bandiera con valenze di benedizione sacrale e di investitura giuridica feudale da parte del Papato. Con la vittoria e le retoriche cronache dell'epoca, arricchite di miracoli e di gesta epiche che volevano contrapporre "Vizio" e "Virtù", si iniziò a concepire la guerra agli "infedeli" come spiritualmente meritoria. Intanto la zona di Gerusalemme era finita col diventare oggetto della lotta fra Bizantini, Arabi e Turchi selgiuchidi. Sotto la sovranità araba non si erano verificati incidenti di sorta fra musulmani e cristiani (nasrānī in arabo), con l'eccezione costituita dalla politica persecutoria adottata dal sovrano fatimide d'Egitto al-Hakim, all'inizio del XI secolo, sebbene in tutto il mondo islamico i cristiani rimanessero nella condizione di "sudditi protetti" e assoggettati ad alcune discriminazioni. Nell'impero bizantino la città di Antiochia era caduta nel 1.085 grazie al vittorioso assedio dei turchi selgiuchidi. La componente selgiuchide che si sarebbe autodefinita "di Rūm", cioè "romea", "dell'area bizantina", era arrivata a insediarsi a Nicea, attuale Iznik, e parti non esigue dell'Asia minore erano state da loro assoggettate. Di fronte a questo crescente pericolo proveniente da Oriente, l'Impero bizantino fu indotto a rivolgersi, per cercare aiuto, all'Occidente latino. L'imperatore bizantino Alessio Comneno chiese aiuto al conte di Fiandra tramite una lettera. Questa circostanza tornò a favore di Papa Urbano II, il quale, secondo il cronista Bernoldo di Costanza, avrebbe fatto riferimento all'aiuto da portare ai Cristiani d'Oriente nel concilio di Piacenza, precedente l'accorato appello finale di Clermont. Nel 1.054 la tradizionale estraneità tra la Chiesa occidentale che faceva riferimento al Papa e la Chiesa orientale che faceva riferimento al Patriarca di Costantinopoli era sfociata in uno scisma. Il fatto decisivo che aveva portato a tale scisma era stato la disputa sul "filioque", come atto finale di un lungo braccio di ferro fra i due vescovi che si contendevano il primato. L'espressione latina filioque significa "e dal figlio" e deve la sua importanza al fatto di essere in uso nelle chiese di rito latino, in aggiunta al testo del Credo niceno-costantinopolitano, nella parte relativa allo Spirito Santo: qui ex patre (filioque) procedit, cioè "che procede dal Padre (e dal Figlio)". Tale aggiunta fu condannata come eretica dal patriarca di Costantinopoli e fu una delle ragioni del Grande Scisma. Quando Papa Urbano II indisse un pellegrinaggio armato al concilio di Clermont (1.095) nessuno pronunciò la parola "crociata". Lo scopo era l'arrivo di una massa di pellegrini armati nei luoghi santi della Cristianità. Nel progetto di Papa Urbano II, aiutando Alessio Comneno a ristabilire la sua autorità, sul lungo periodo, avrebbe posto le basi per una riconciliazione e riunificazione tra la Chiesa d'Occidente e quella d'Oriente nella lotta contro gli infedeli. Il tentativo fallì sin dall'inizio. Innanzitutto, la prima risposta da parte dei fedeli la si ebbe con la cosiddetta Crociata dei poveri: spedizione assolutamente improvvisata da parte di contadini provenienti soprattutto dall'Auvergne, animati da predicatori come Pietro l'eremita. Data l'impreparazione militare di questi volontari, essi, giunti in Anatolia si gettarono a corpo morto in battaglia sui turchi selgiuchidi presso Nicea e vennero sterminati. Poi seguirono spedizioni (come la Crociata dei Tedeschi) che commisero numerosi eccidi di israeliti, gli unici che potevano prestare denaro al costo di tassi d'interesse, cosa preclusa ai cristiani dalla loro religione. Si disse che si era cercato di convertire a forza gli ebrei al Cristianesimo, anche se è probabile che si intendesse in tal modo evitare la restituzioni di debiti contratti in precedenza. Nell'episodio della Prima Crociata noto come "Crociata dei Nobili o dei Baroni" (anche se nessun Barone vi partecipò), i territori in medio oriente che furono conquistati dai cristiani divennero stati "latini", governati dai cattolici.

Carta dell'Europa con le aree indicanti la fede religiosa e i percorsi
delle Crociate dal XI al XIII secolo: le linee in arancio indicano i
percorsi della Prima crociata 1096-1099 e in arancio i domini
cristiani conquistati. Inoltre sono indicati i campi di
raduno dei Crociati. Clicca sull'immagine per ingrandirla.
Nel 1.095, nell'ambito della Prima Crociata si verifica quindi l'episodio della Crociata dei Poveri. È probabile che papa Urbano pensasse solo a una spedizione attuata dai signori feudali dell'Europa meridionale e continentale ma l'entusiasmo suscitato nell'opinione pubblica fu tale che a muoversi per prime furono proprio le componenti di pauperes (poveri), raccoltesi in modo spontaneo e informale intorno ad alcuni predicatori (come Pietro l'Eremita) e ad alcuni cavalieri (come Gualtieri Senza Averi). Essi vedevano nella spedizione un ritorno alla Casa del Padre, alla Gerusalemme celeste. 80.000 poveri pellegrini guidati da Pietro l'Eremita, armati sommariamente e privi di disciplina militare, partirono tumultuosamente verso l'Oriente macchiandosi lungo la strada di delitti comuni e di stragi dirette, soprattutto contro le comunità ebraiche insediate lungo il Reno e il Danubio. Il 21 ottobre 1096, stanchi di attendere la crociata dei nobili o baroni, i seguaci di Pietro si diressero di nuovo alla volta di Nicea, ma vennero sterminati non appena usciti dal campo di Civitot. Gualtieri-Senza-Averi, il conte di Hugues di Tubingue e Gautiero di Teck persero la vita in questo scontro. Su 25.000 uomini, solo 3.000 riuscirono a riguadagnare Costantinopoli. Si amalgamarono a quel punto con le forze condotte dai baroni, dando vita ai terribili Tafur. Con il termine Tafur, ai tempi della Prima Crociata, Turchi e Crociati indicarono bande di straccioni, probabilmente superstiti della crociata dei poveri riorganizzatisi in gruppi armati, temuti da nemici e amici per la loro ferocia e barbarie.


Indice del blog "Storia":
Per "1992: Il meccanismo politico-economico che ha causato la formazione di questa UE con la conseguente
        perdita della sovranità italiana" clicca QUI
Per "Le guerre coloniali del Regno d'Italia" clicca QUI
Per "Le cause della prima guerra mondiale, che originò fra l'altro Israele e i conflitti nel mondo arabo" clicca QUI
Per "Occitani: storia e cultura" clicca QUI
Per "Celti: storia e cultura" clicca QUI
Per "Liguri: storia e cultura" clicca QUI
Per "Breve storia del Cristianesimo, da setta giudaica minore al primato nella Roma imperiale:
        cattolica, universale e teocratica" clicca QUI
Per "Cristianesimo: da setta giudaica a religione di Stato" clicca QUI
Per "Elenco degli storici antichi dell'Occidente" clicca QUI
Per "Evidenze storiche nel mito della fondazione di Roma" clicca QUI
Per "Ebraismo: origini, storia e cultura" clicca QUI
Per "Variazioni del clima dall'ultima glaciazione" clicca QUI
Per "Grande Storia dell'Europa - 5° - Dal 1.914 al 2.014 e.v. (d.C.)" clicca QUI
Per "Grande Storia dell'Europa - 4° - Dal 1.096 al 1.914 e.v. (d.C.)" clicca QUI
Per "Grande Storia dell'Europa - 3° - Dal 90 al 1.096 e.v. (d.C.)" clicca QUI
Per "Grande Storia dell'Europa - 2° - Dal 1.200 p.e.v. (a.C.) al 90 e.v. (d.C.)" clicca QUI
Per "Grande Storia dell'Europa - 1° - Dalla formazione della Terra al 1.200 p.e.v. (a.C.)" clicca QUI 
Per "Storia dell'Europa n.78: dal 2.010 al 2.014 e.v. (d.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.77: dal 2.003 al 2.010 e.v. (d.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.76: dal 1.992 al 2.003 e.v. (d.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.75: dal 1.978 al 1.992 e.v. (d.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.74: dal 1.948 al 1.978 e.v. (d.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.73: dal 1.940 al 1.948 e.v. (d.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.72: dal 1.922 al 1.940 e.v. (d.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.71: dal 1.918 al 1.922 e.v. (d.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.70: dal 1.913 al 1.918 e.v. (d.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.69: dal 1.897 al 1.913 e.v. (d.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.68: dal 1.861 al 1.897 e.v. (d.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.67: dal 1.800 al 1.861 e.v. (d.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.66: dal 1.776 al 1.800 e.v. (d.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.65: dal 1.707 al 1.776 e.v. (d.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.64: dal 1.642 al 1.707 e.v. (d.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.63: dal 1.543 al 1.642 e.v. (d.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.62: dal 1.519 al 1.543 e.v. (d.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.61: dal 1.453 al 1.519 e.v. (d.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.60: dal 1.416 al 1.453 e.v. (d.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.59: dal 1.324 al 1.416 e.v. (d.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.58: dal 1.251 al 1.324 e.v. (d.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.57: dal 1.228 al 1.251 e.v. (d.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.56: dal 1.204 al 1.228 e.v. (d.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.55: dal 1.189 al 1.204 e.v. (d.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.54: dal 1.145 al 1.189 e.v. (d.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.53: dal 1.102 al 1.145 e.v. (d.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.52: dal 1.095 al 1.102 e.v. (d.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.51: dal 1.075 al 1.095 e.v. (d.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.50: dal 1.034 al 1.075 e.v. (d.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.49: dal 992 al 1.034 e.v. (d.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.48: dall' 879 al 992 e.v. (d.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.47: dall' 827 all' 879 e.v. (d.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.46: dal 759 all' 827 e.v. (d.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.45: dal 680 al 759 e.v. (d.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.44: dal 600 al 680 e.v. (d.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.43: dal 554 al 600 e.v. (d.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.42: dal 538 al 554 e.v. (d.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.41: dal 493 al 538 e.v. (d.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.40: dal 452 al 493 e.v. (d.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.39: dal 415 al 452 e.v. (d.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.38: dal 391 al 415 e.v. (d.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.37: dal 374 al 391 e.v. (d.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.36: dal 326 al 374 e.v. (d.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.35: dal 313 al 326 e.v. (d.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.34: dal 286 al 313 e.v. (d.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.33: dal 257 al 286 e.v. (d.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.32: dal 193 al 257 e.v. (d.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.31: dal 161 al 193 e.v. (d.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.30: dal 90 al 161 e.v. (d.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.29: dal 50 al 90 e.v. (d.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.28: dal 27 p.e.v. (a.C.) al 50 e.v. (d.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.27: dal 49 al 27 p.e.v. (a.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.26: dal 73 al 49 p.e.v. (a.C)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.25: dal 91 al 73 p.e.v. (a.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.24: dal 146 al 91 p.e.v. (a.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.23: dal 301 al 146 p.e.v. (a.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.22: dal 367 al 301 p.e.v. (a.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.21: dal 404 al 367 p.e.v. (a.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.20: dal 450 al 404 p.e.v. (a.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.19: dal 500 al 450 p.e.v. (a.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.18: dal 540 al 500 p.e.v. (a.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.17: dal 650 al 540 p.e.v. (a.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.16: dal 753 al 650 p.e.v. (a.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.15: dall' 850 al 753 p.e.v. (a.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.14: dal 1.150 all' 850 p.e.v. (a.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.13: dal 1.200 al 1.150 p.e.v. (a.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.12: dal 1.320 al 1.200 p.e.v. (a.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.11: dal 1.550 al 1.320 p.e.v. (a.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.10: dal 1.680 al 1.550 p.e.v.(a.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.9: dal 1.900 al 1.680 p.e.v. (a.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.8: dal 2.500 al 1.900 p.e.v. (a.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.7: dal 3.500 (inizio della Storia) al 2.500 p.e.v. (a.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.6: dal 6.000 al 3.500 p.e.v. (a.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.5: dal 15.000 al 6.000 p.e.v. (a.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.4: dal 40.000 al 15.000 p.e.v. (a.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.3: da 130.000 anni fa al 40.000 p.e.v. (a.C.)" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.2: da 2.500.000 a 130.000 anni fa" clicca QUI
Per "Storia dell'Europa n.1: dalla formazione della Terra a 2.500.000 anni fa" clicca QUI

Da altri 7 blog:
Per "Massoneria: storia, usi e costumi" clicca QUI
Per i post "Il pensiero nell'Italia contemporanea" clicca QUI
Per i post "Il pensiero nel mondo contemporaneo" clicca QUI
Per i post "La politica nell'Italia contemporanea" clicca QUI
Per i post "La politica nell'Europa contemporanea" clicca QUI
Per i post "Musica interpreti video testi e storia" clicca QUI
Per "Nell'ambito geopolitico, il processo italiano di svilimento della Costituzione e perdita della sovranità nazionale
        a favore dell'Ue a guida franco-tedesca" clicca QUI
Per "L'Unione Europea: le origini, i moventi, la storia, le politiche e le crisi" clicca QUI
Per i post "Storia dell'Economia Politica" clicca QUI
Per "Scienze: Informatica" clicca QUI
Per "Stelle e Costellazioni visibili nel nostro Cielo" clicca QUI
Per "La Precessione degli Equinozi" clicca QUI
Per i post "Astrologia evolutiva, progressiva, oroscopo, numerologia" clicca QUI
Per i post "Satir-Oroscopo" clicca QUI
Per "Il Feg-Shui: Scuole della Bussola e del Ba Gua" clicca QUI
Per "I Chakra o Centri energetici fisici: dove sono e come si possono rilevare" clicca QUI
Per i post "Pietre e Cristalli" clicca QUI
Per i post "Aforismi, Foto e Frasi dei Nativi Nord Americani (gl'Indiani d'America)" clicca QUI
Per i post "Nativi Americani: Personaggi di spicco" clicca QUI
Per "Elenco tribù, personaggi, eventi e culture dei Nativi Nord-Americani, gl'Indiani d'America" clicca QUI
Per "Culture e aree culturali dei Nativi Nord-Americani, gl'Indiani d'America" clicca QUI
Per "Oroscopo degli Alberi celtico" clicca QUI
Per "Croce Celtica" clicca QUI
Per i post "Cultura degli antichi Celti" clicca QUI
Per i post "Cultura degli antichi Ebraico-Cristiani" clicca QUI
Per i post "Cultura degli antichi Romani" clicca QUI
Per i post "Politica nell'antica Roma" clicca QUI
Per i post "Cultura degli antichi Greci" clicca QUI
Per i post "Cultura degli antichi Ebrei" clicca QUI
Per "Antichi Liguri: a Tartesso prima di Fenici e Greci" clicca QUI
Per "L'oliva taggiasca, prodotto d'eccellenza" clicca QUI
Per "L'olio d'oliva taggiasca: parametri e unità di misura" clicca QUI
Per "Pista ciclo-pedonale nella Riviera dei Fiori" clicca QUI
Per "Sulle datazioni del manoscritto anonimo settecentesco e le fonti storiche sui Liguri" clicca QUI
Per "Sanremo: favolose origini e tesori nascosti" clicca QUI
Per "Il passaggio di Ercole (Heràcle) dal ponente ligure" clicca QUI
Per "La vita nel Mar Ligure e nelle acque della Riviera dei Fiori" clicca QUI