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venerdì 19 aprile 2019

Storia dell'Europa n.61: dal 1.453 al 1.519 e.v. (d.C.)

Cartina della Francia nel 1477.
Nel 1.453 - Si conclude la guerra dei Cen­t'anni (1337-1453): gli inglesi perdono ogni dominio in Francia. La straordinaria importanza della guerra dei cent'anni, per quanto attiene la storia dell'Europa nel suo complesso, è evidenziata dal fatto che la sua fine (1453, anno che vede anche la caduta di Costantinopoli) è una delle date convenzionalmente poste dalla storiografia moderna a conclusione del Medioevo europeo.
Comunque, la guerra dei Cent’anni  non è stata soltanto una guerra tra la Francia  e  l’Inghilterra, ma anche una lunga lotta di resistenza degli Occitani occidentali contro l’annessionismo Francese. E’ un esercito Guascone, e non Inglese, quello che, dopo tante vittorie, viene distrutto dai Francesi a Castillon, nel 1.453.

L'antica Costantinopoli.
- Nel 1.453 il figlio di Murād II, Mehmet II, detto poi Fātiḥ (conquistatore), dopo aver riorganizzato lo Stato e l'esercito ottomani, dimostra la sua abilità bellica   conquistando, a 21 anni, Costantinopoli, il 29 maggio 1453, decretando il crollo definitivo dell'Impero romano d'Oriente  (impero bizantino). La conquista ottomana di Costantinopoli del 1453 si sostituiva all'impero Bizantino rinforzando la posizione del vecchio Impero, ritornato ora grande come prima, come principale potenza dell'Europa sudorientale e del Mediterraneo orientale. Mehmet II, (Maometto II) permise alla Chiesa ortodossa di mantenere la sua autonomia e le sue terre in cambio dell'accettazione dell'autorità ottomana. A causa delle cattive relazioni esistenti tra l'Impero bizantino degli ultimi periodi e gli Stati dell'Europa occidentale, la maggioranza della popolazione ortodossa accettò il dominio ottomano, preferendolo a quello veneziano. Costantinopoli, la Seconda Roma divenne capitale del nuovo Impero col nome di Istambul, deformazione turca del greco Isten polis, "la città". La caduta di Costantinopoli, evento di portata epocale, spianò ai Turchi la via dei Balcani e segnerà l'inizio del declino delle Repubbliche Marinare. Dopo la epocale battaglia di Varna del 1444 e la caduta di Costantinopoli del 1453, l'Europa rinuncerà a misurarsi con la potenza ottomana fino al Rinascimento.

Philippe de Mazerolles: "L'assedio di Costantinopoli",
dalla Chronique de Charles VIII di Jean Chartier, 1470 c.,
- Il 2 aprile 1.453 inizia l'assedio di Costantinopoli e il 5 aprile Mehmet II invia un ultimatum al Basileus Costantino XI: avrebbe risparmiato la vita a lui ed alla sua gente e non ci sarebbero stati saccheggi, se si fosse arreso, diversamente, si sarebbe combattuto fino alla fine dell'uno o dell'altro. Costantino XI replica con parole fiere e dignitose: “...darti la città non è decisione né mia né di alcuno dei suoi abitanti. Abbiamo infatti deciso di nostra spontanea volontà di combattere e non risparmieremo la vita...” Contestualmente Mehmet prova a corrompere, ma invano, Giovanni Giustiniani, per il quale nutriva sincera ammirazione. In seguito, informato della morte del coraggioso e leale combattente, ne volle la celebrazione dei funerali a Costantinopoli ove ne esaltò le doti affermando che, da solo, egli valeva più dell'intera Marina bizantina. Il 6 aprile Mehmet II attacca la città, sia da terra che dal mare, con un esercito di 800.000 uomini mentre i difensori erano circa 7.000 uomini. Nel porto della città erano all'ancora 26 navi da guerra bizantine mentre la flotta ottomana ne contava 200. Al disperato grido di aiuto della gloriosa Costantinopoli risposero solo una squadra di catalaninapoletani (tra i quali perse la vita, sotto le mura della città di Costantinopoli, il duca di Venosa Gabriele del Balzo Orsini), veneziani e 700 genovesi guidati dal nobile condottiero e capitano genovese Giovanni Giustiniani, accolti con esultanza ed applausi, giunti con una spedizione finanziata dallo stesso Giustiniani, amico personale dell'imperatore, provenienti in 400 dall'avamposto della Superba sull'isola di Chios e in 300 dal porto di Genova. Il Giustiniani (nonostante la giovane età era già stato governatore di molte città-colonie genovesi), che annoverava vari successi in battaglie nell'Egeo e nel mar Nero e da assedi in inferiorità numerica, fu posto da Costantino al comando delle forze della città. Mehmet II progettava di attaccare le mura di Teodosio, che proteggevano il lato della città non bagnato dall'acqua. Procedendo dall'esterno verso la città si trovava dapprima un fossato largo 18 metri e profondo 7, seguito da un parapetto. Poi, intervallato da un ampio terreno, si incontrava un muro, detto Muro Esterno. Era alto 7 metri e spesso circa 3, e vi si trovavano numerose torri. Ancora uno spazio, e si arrivava al Muro Interno, alto 12 metri e spesso un po' meno di 5 metri, munito di torri alte 16-18 metri. Il sultano disponeva delle bombarde, i più grandi cannoni esistenti al mondo a quel tempo, progettati per lui da Maestro Urban, un geniale costruttore di campane di origine ungherese, e con essi tentò di aprire una breccia nelle mura, ma non ci riuscì poiché le mura erano troppo spesse e inoltre le bombarde potevano sparare pochi proiettili al giorno (le notevoli dimensioni e i lunghi tempi di ricarica ne limitavano l'efficacia, inoltre necessitavano di tempo per raffreddarsi, per non rischiare cedimenti del metallo, per cui si potevano sparare sui 5 colpi al giorno) e quindi i Bizantini avevano il tempo di riparare i danni; a questo compito si dedicavano anche i cittadini estranei alle armi, come anziani, donne e bambini. Nel tentativo di aprirsi la strada nelle fortificazioni teodosiane, Mehmet II inviò anche una squadra di artificieri in un cunicolo scavato sotto le mura, per farle saltare con dell'esplosivo, ma il tentativo venne frustrato dall'accortezza delle sentinelle di Giustiniani, che si accorsero delle manovre e riuscirono a sventarle causando un crollo che isolò una parte dei sabotatori, i quali decisero poi di immolarsi per arrecare il massimo danno e si suicidarono dando fuoco alle polveri, causando però un'esplosione con esiguo danno ai bizantini ma un gran numero di vittime tra i sabotatori stessi. Anche i tentativi della flotta turca di entrare nel Corno d'Oro, l'insenatura in cui si trovava il porto della città, furono frustrati da una gigantesca catena lunga quasi 2 chilometri che ne chiudeva l'ingresso, tesa dal Giustiniani con un argano dalla torre genovese di Galata. Allora il sultano impose ai suoi uomini un'impresa colossale: per aggirare la catena, fu costruita una passerella di legno unta con grasso, lunga due chilometri, sopra la quale gli schiavi spinsero in salita a forza di braccia le navi per raggiungere le acque dall'altra parte seppur con gravi perdite nella pericolosa e ardua impresa. Gli assediati, al vedere l'impresa, furono colti dal panico: pare che un'antica profezia annunciasse che Costantinopoli sarebbe caduta solo "quando le navi avessero navigato sulla terra". Anche un'eclissi lunare che si verificò la notte del 22 maggio fu interpretata come un cattivo auspicio dai difensori della città, e successivamente un temporale fortissimo inondò la parte bassa di Costantinopoli. La coraggiosa resistenza del Giustiniani fu alimentata, la mattina del giorno seguente, dall'avvistamento di 3 navi genovesi con rinforzi e una nave bizantina con vettovaglie e grano, promesse e pagate a noleggio dal Papa, che con manovre tecniche marinaresche oltre ogni immaginazione erano riuscite a passare indenni nel mar di Marmara, nel mezzo della numerosa flotta turca, fino al quartier generale di Giustiniani a Pera (Galata), talvolta separandosi e talvolta affiancandosi a formare un fortezza marina, procedendo a remi o a vela e persino con correnti avverse, abbattendo tutte le navi affrontate e provocando oltre un migliaio di vittime a fronte di solo 23 marinai uccisi. La leggenda narra che Mehemet stesso vedendo la sua flotta in difficoltà sia entrato in mare col suo cavallo per affrontare i genovesi. Verso il tramonto i rinforzi furono accolti a Pera con grandissimi festeggiamenti rinfrancando tutti, latini e greci che ormai combattevano fianco a fianco sotto gli ordini del genovese. Dopo una riunione tra capitani greci veneziani e genovesi, scoppiarono comunque furibonde liti poiché appariva chiaro che senza una strategia i difensori sarebbero riusciti soltanto a prolungare di qualche giorno la difesa della città, che nonostante le numerose perdite ottomane, contava ancora un'inferiorità di circa 11 a 1. I genovesi pensarono un attacco navale proiettato da Pera ma non riuscirono a mettersi d'accordo. I veneziani allora presero l'iniziativa di tentare nottetempo una sortita per incendiare la flotta turca e carichi di materiale infiammabile si diressero verso le ammiraglie nemiche, ma furono scoperti e massacrati dalla potenza di fuoco turca, solo in pochi ripararono a nuoto salvandosi. A questo punto il sultano, sotto consiglio dei suoi comandanti, che supponevano che veneziani e genovesi avrebbero inviato a breve altre navi, forti del fatto che la spedizione noleggiata dal Papa era giunta sana e salva, progettò di assaltare e distruggere le mura direttamente con la forza di un attacco frontale finale con tutte le truppe, sapendo che i difensori bizantini si sarebbero stancati prima delle sue milizie - che erano state rimpolpate da ulteriori 60.000 uomini di rinforzo. L'attacco finale sarebbe stato sferrato il 29 maggio, in quanto degli astrologi gli avevano predetto che quel giorno sarebbe stato fortunato per lui. La sera del 27 maggio, Maometto II fece la seguente orazione ai suoi uomini, spronandoli e promettendo loro una doppia paga: «La città e gli edifici sono miei, ma i prigionieri e il bottino, i tesori d'oro e di bellezza li lascio al vostro valore: siate ricchi e siate felici. Molte sono le province del mio impero. L'intrepido soldato che arriverà per primo sulle mura di Costantinopoli sarà ricompensato con il governo di quella più bella e più ricca, e la mia gratitudine accumulerà i suoi onori e i suoi beni oltre la misura delle sue stesse speranze.» (Mehmet II). Il discorso diede slancio e ulteriori motivazioni alle truppe turche. La notte del 28 maggio fu celebrata nella basilica di Santa Sofia l'ultima messa cristiana, a cui assistettero sia i greci che i latini. I Bizantini erano disperati e si abbandonarono alle lacrime. In quei giorni fecero sfilare in processione l'immagine della Vergine, sperando invano che li avrebbe salvati dalla capitolazione; l'immagine durante i cortei cadde alcune volte a terra e ciò fu considerato un ulteriore segnale nefasto. Le mura delle città erano ormai in cattivo stato per i continui cannoneggiamenti, e il basileus, per pagare le sue truppe, era costretto, dalla carenza di denaro, a spogliare le chiese della città. Giustiniani fece riparare le numerose falle e brecce delle mura cannoneggiate con cocci, legna e tutto ciò che si poteva trovare, facendo costruire alcune palizzate e pose i suoi a difesa della Porta d'oro, la più vulnerabile e la più colpita. Il giorno dopo i Turchi concentrarono gli attacchi proprio verso la Porta d'Oro, nel settore effettivamente più vulnerabile delle mura, il Mesoteichion, che fu presa d'assalto tre volte. Attorno all'una di notte fu inviata la prima schiera di Ottomani, composta dalla bassa fanteria. I difensori si difesero con accanimento e attorno alle quattro del mattino ricacciarono indietro le truppe nemiche arrecando loro ingenti perdite. Il sultano ordinò allora l'attacco dei reparti con maggiore abilità e muniti di equipaggiamento migliore, i quali riuscirono dopo aspri combattimenti ad aprire un varco nella linea di difesa bizantina, ma fu prontamente richiuso da Costantino, che accorse alla testa delle sue guardie scelte massacrando i nemici. Ormai però, i difensori erano logorati dalle molte ore di combattimenti ininterrotti e Maometto scagliò al mattino l'attacco finale, inviando le truppe d'élite in assoluto più temibili dell'Impero: i giannizzeri. Dopo aspri combattimenti, Giustiniani fu ferito prima da un colpo di cannone che fece esplodere una palizzata e poi gravemente da una colubrina dei primi turchi che, entrando nella breccia, irrompevano nella città. Le squadre genovesi lo raccolsero su una barella e si spostarono in città attraverso una porta del muro interno fatta aprire dall'imperatore che nel frattempo massacrava tutti i componenti della prima ondata turca. Alla vista di quel corteo attorno al capitano genovese morente, i sopravvissuti caddero nella disperazione, privi della guida del valoroso e carismatico difensore della Porta, mentre veneziani e genovesi indietreggiarono e fuggirono verso il porto pensando che la città fosse ormai persa. I genovesi si imbarcarono sulle loro navi caricando il loro condottiero ferito a morte e facendo rotta su Chio, dove il nobiluomo morì due giorni dopo per le conseguenze del colpo subito. La defezione genovese suscitò sgomento e disperazione. L'imperatore Costantino tentò di guidare un contrattacco, alla testa dei suoi uomini e degli spagnoli di don Francisco di Toledo, ma scomparve nella mischia e secondo la maggior parte delle fonti morì uccidendo valorosamente 800 turchi, secondo altre mentre tentava di scappare. Il cadavere con le insegne imperiali fu trovato decapitato ma il teschio non fu mai ritrovato, facendo supporre da alcuni che non fosse morto ma fosse riuscito a riparare altrove in incognito. La chiesa ortodossa lo considerò in seguito santo e martire. La popolazione fu decimata dai vincitori. Le principesse della famiglia imperiale riuscirono a fuggire a bordo di una nave e si rifugiarono in Occidente. In mattinata i bizantini furono definitivamente sconfitti e gli ottomani iniziarono con le razzie. Le mura di Costantinopoli erano piene di morti e di morenti, di quelli che avevano difeso le mura, non era rimasto quasi più nessuno vivo. I bizantini erano tornati nelle loro case, per difendere la famiglia dalle razzie. I veneziani erano andati al porto, e i genovesi si erano imbarcati presso l'ancora sicuro quartiere genovese di Galata. Il Corno d'oro era quasi deserto, i marinai turchi stavano pensando a razziare, il comandante Girolamo Minotto prese il rimanente della marina, e cioè otto navi veneziane, sette genovesi e sei bizantine, e portò i profughi in salvo. Le navi erano stracolme di bizantini. A mezzogiorno le strade di Costantinopoli erano ingombre di cadaveri, le case erano vuote, visto che gli ottomani stavano uccidendo e catturando donne e bambini, che le cronache cristiane diranno essere stati stuprati e poi impalati. Le medesime cronache affermano anche che le chiese furono distrutte, le icone tagliate, i libri bruciati. Il palazzo Imperiale bizantino, palazzo delle Blacherne era deserto e l'icona più venerata dai bizantini, la Vergine Odigitria ("condottiera"), fu tagliata in quattro pezzi. A Santa Sofia, chiesa madre di tutta la chiesa ortodossa, i preti stavano celebrando la messa mattutina quando sentirono gli Ottomani arrivare, allora sbarrarono la grande porta di bronzo, ma gli ottomani la ruppero a colpi d'ascia, i preti furono uccisi e sgozzati sull'altare. In chiesa vi era una grande massa di gente che, venuta a sapere che i Turchi stavano per arrivare si era raccolta in chiesa nell'attesa di un angelo che, secondo una tradizione, avrebbe cacciato i Turchi da Costantinopoli quando l'avrebbero espugnata. Una diceria popolana racconta che due preti presero i calici e le patere e si volatilizzarono, per riprendere la messa dal punto in cui l'avevano interrotta solo quando Costantinopoli fosse tornata in mano cristiana. I saccheggi durarono solamente un giorno, visto che Mehmet II si accorse che se avesse lasciato la città in mano dei suoi uomini per i tre giorni che aveva promesso, Costantinopoli sarebbe stata rasa al suolo. Quella sera stessa Santa Sofia divenne una moschea e i magnifici mosaici dorati che rappresentavano Cristo Pantocratore vennero coperti da uno strato d'intonaco. Quando Mehemet seppe della sopravvenuta morte del Giustiniani in patria, ne celebró i funerali a Costantinopoli, dove il genovese fu ricordato dal sultano come un uomo speciale dalle molte qualità arrivando ad affermare che lui da solo valeva più di tutti i bizantini messi insieme.

Durante l'assedio di Costantinopoli, Costantino XI aveva affidato a Lucas Notaras la zona della porta Basilica (o Imperiale), al comando di 100 cavalieri bizantini e alcuni latini. Secondo alcuni soldati, egli lasciò una porticina aperta sulle mura in modo che gli ottomani potessero entrare, essendo stato corrotto dal sultano Mehmed II. Infatti dopo poco tempo dall'inizio dell'assedio, la bandiera turca fu innalzata sulla torretta sopra la porta di Kerko, difesa dagli uomini del Notaras. Questa voce, tuttavia, non fu mai confermata e potrebbe essere anche una calunnia. Bisogna comunque sottolineare che durante l'ultima battaglia si verificò un alterco tra Giovanni Giustiniani Longo e Lucas Notaras, per il fatto che quest'ultimo non riusciva a procurare la promessa polvere da sparo per l'uso dei cannoni; Giovanni estrasse il coltello e lo puntò minacciosamente verso Lucas Notaras accusandolo di essere un traditore. Altro elemento sospetto è il fatto che Lucas Notaras comandava la parte delle mura che per prime furono sconfitte dalla marina ottomana. Luca Notara, sua moglie Paleologina e i suoi figli furono catturati dagli ottomani e inizialmente fu loro concessa clemenza in nome del ristabilimento dell'ordine in città. Ciò nonostante, dopo poco fu giustiziato insieme ai suoi figli e il genero che faceva parte della famiglia dei Cantacuzeni (penultima famiglia imperiale bizantina). Il racconto più diffuso sulla morte di Lucas Notaras è quello dello storico Steven Runciman: «La clemenza che Mehmet II aveva concesso ai ministri (superstiti) dell'Imperatore Costantino XI Paleologo fu di corta durata. Cinque giorni dopo che Costantinopoli era caduta, il 3 giugno del 1453 Mehmet II diede un banchetto. Nel corso del banchetto, quando il livello del vino bevuto era molto, qualcuno bisbigliò a Mehmet che il figlio quattordicenne di Notara era un ragazzo di bellezza eccezionale.
Il sultano immediatamente incaricò un eunuco di andare alla casa del Mega Dux per richiedere che suo figlio andasse da lui per il suo piacere. Notara, a cui i figli più anziani erano stati uccisi in combattimento, rifiutò di sacrificare suo figlio a un tal destino. La polizia ottomana allora andò a prendere Notara con suo figlio e il suo cognato, il figlio del grande domestico Andronico Cantacuzeno, e li portò alla presenza del sultano. Quando Notara sfidò ancora il sultano, la risposta di questi fu sanguinosa: ordinò che lui ed i due ragazzi fossero decapitati sul posto. Notara chiese solamente che i due ragazzi fossero uccisi prima di lui, per impedire che la vista della sua morte rischiasse di farli titubare. Quando entrambi furono uccisi, Notara offrì il collo al boia. Il giorno seguente altri nove notabili bizantini furono arrestati e giustiziati.» Steven Runciman, The Fall of Constantinople 1453, Cambridge University Press, 1969, pg. 151. C'è anche un'altra versione della morte di Luca Notara, scritta da un componente della famiglia dei Ducas. (Ducas, Historia turco-bizantina 1341-1462, a cura di Michele Puglia, il Cerchio, Rimini). La moglie morì schiava sulla strada per Adrianopoli, nella città di Messene. Due membri della sua famiglia figurano tra i passeggeri di una nave genovese che sfuggì alla caduta della città. La figlia Anna divenne con la zia il punto focale della comunità bizantina espatriata a Venezia. Una collezione di lettere del Lucas Notaras in latino è stata pubblicata in Grecia con il titolo Epistulae. I titoli delle lettere sono: "Ad Theodorum Carystenum", "Scholario", "Eidem", "Ad eundem & Sancto magistro Gennadio Scholario". Notara figura come personaggio nel libro Johannes Angelos dall'autore finlandese Mika Waltari.

- Giovanni Giustiniani Longo, Podestà di Caffa ed Ammiraglio della Repubblica di Genova, trovò precoce morte l'11 giugno del 1453 a Chio, per le gravi ferite riportate durante la difesa di Costantinopoli e del suo amico personale Costantino XI.
Antonio Rizzo, a capo di un vascello veneziano, era partito dal mar Nero per Venezia ma, sotto Costantinopoli, non fermandosi al posto di blocco ottomano, fu cannoneggiato dalle terribili bombarde di Urbano di Transilvania. Raggiunta la costa assieme ad alcuni superstiti, fu catturato ed impalato, mentre i suoi uomini venivano massacrati dai Giannizzeri ottomani. La vicenda sconvolse ed indignò l'Occidente cristiano e il vacillante Impero d'Oriente e, a seguito di essa, la Serenissima intervenne in favore dei Bizantini, pur mantenendo relazioni diplomatiche con i Turchi.

Il sultano Murads con
alcuni Giannizzeri,
immagine di G. Jansoone
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- I Giannizzeri (dal turco ottomano: Yeniçeri, "nuova milizia", detti anche Beuluk) costituivano la fanteria dell'esercito privato del sultano ottomano, il c.d. Kapıkulu. Orhan I, secondo sultano dell'Impero ottomano, fu il fondatore del corpo dei Giannizzeri, formato inizialmente con personale non musulmano, specialmente giovani cristiani e altri prigionieri di guerra (mamelucchi). È possibile che Orhan sia stato ispirato dal modello delle futuwwa (ordini cavallereschi o religiosi islamici) nell'organizzazione di questo corpo militare. I Giannizzeri formarono il primo esercito regolare ottomano, che andò a rimpiazzare le precedenti truppe tribali, su cui non era possibile fare totale affidamento. Va inoltre precisato che, per ragioni di orgoglio sociale, nessun uomo libero dell'Impero avrebbe accettato di combattere nella fanteria, essendo l'impiego del cavallo un simbolo della posizione aristocratica. Con l'aumentare del prestigio e dell'importanza dei Giannizzeri, molti di essi iniziarono a desiderare maggiori diritti e una vita migliore. Nel 1449 si ribellarono per la prima volta, chiedendo e ottenendo paghe più alte. Episodi simili si ebbero più volte anche nei secoli successivi, con l'effetto di aumentare considerevolmente il benessere e i privilegi di questo corpo militare. Giunsero in più occasioni a perturbare gravemente la vita dell'impero, riuscendo per tre volte anche a destituire gli stessi sultani (il segno dell'inizio della ribellione era il rovesciamento della grande marmitta in cui era cotto il rancio dei soldati,[4] qazan, simbolo della coesione del corpo): casi celebri sono quelli di Osmān II nel 1622, Ibrāhīm nel 1648 e Selim III nel 1808. Con l'accumularsi di poteri e ricchezze i Giannizzeri si trasformarono in una forza fortemente conservatrice all'interno della società ottomana, solo formalmente soggetta all'autorità del sultano, formando una casta chiusa corrotta e parassitaria sull'omologo della Guardia pretoriana o delle Scholae palatinae nel tardo Impero romano, o dei Samurai sul finire del periodo di governo dello Shogunato Tokugawa. Alcuni sultani e visir ottomani dell'epoca, nel tentativo di attuare la riforma dell'esercito, ancora drammaticamente legato al servizio servile a favore del sultano, cercarono di recuperare il controllo del territorio fondando corpi di fanteria alternativi costituiti da gruppi di coscritti presi dalle zone rurali e addestrati secondo il modello europeo (il Nizam-ı Jedid). Questi nuovi corpi di fanteria vennero puntualmente disarmati e sterminati ancora in fase di costituzione proprio dai Giannizzeri, gelosi delle proprie prerogative e timorosi di potenziali rivali. Ciò non impedì, tuttavia, l'ammodernamento della flotta e dell'artiglieria ottomana da parte del sultano, che i giannizzeri - a torto - non percepivano come una minaccia al proprio potere.

Sandro Botticelli: "La Nascita
di Venere" (1483-85).
Nel 1.454 - Si firma la Pace di Lodi fra Milano e Venezia e  inizia  il Rinascimento italiano. La Pace di Lodi, firmata nella città lombarda il 9 aprile 1.454, mise fine allo scontro fra Venezia e Milano che durava dall'inizio del Quattrocento. La rilevanza storica del trattato risiede nell'aver garantito all'Italia quarant'anni di pace stabile, contribuendo di conseguenza a favorire la rifioritura artistica e letteraria del Rinascimento. Dopo la morte del Duca di Milano Filippo Maria Visconti, a Milano venne proclamata la Repubblica Ambrosiana. I governanti decisero di affidare la difesa del neonato stato a Francesco Sforza. Questi, dopo tre soli anni, si proclamò Duca di Milano. Difatti da tempo Venezia non aveva abbandonato le sue velleità di espandersi in Lombardia e strinse così un'alleanza con Alfonso d'Aragona, Re di Napoli, e l'imperatore Federico III d'Asburgo – che non aveva riconosciuto Francesco Sforza come Duca – contro quest'ultimo e i suoi alleati. Ma dopo soli tre anni giunse notizia della presa di Costantinopoli. Tale evento mise in pericolo l'assetto dei possedimenti veneziani nell'Egeo, così la Serenissima decise di porre una temporanea tregua alle guerre in Italia settentrionale stipulando assieme ad altre potenze italiane la Pace di Lodi. Venezia e Milano conclusero la pace definitiva il 9 aprile 1.454 presso la residenza di Francesco Sforza a Lodi; il trattato fu ratificato dai principali Stati regionali (prima fra tutti Firenze, passata da tempo dalla parte di Milano). Il Nord Italia risultava in pratica spartito fra i due Stati nemici, nonostante persistessero alcune altre potenze (i Savoia, la Repubblica di Genova, i Gonzaga e gli Estensi). In particolare, stabilì la successione di Francesco Sforza al Ducato di Milano, lo spostamento della frontiera tra i suddetti stati sul fiume Adda, l'apposizione di segnali confinari lungo l'intera demarcazione (alcune croci scolpite su roccia sono tuttora esistenti) e l'inizio di un'alleanza che culminò nell'adesione – in tempi diversi – alla Lega Italica. L'importanza della Pace di Lodi consiste nell'aver dato alla penisola un nuovo assetto politico-istituzionale che - limitando le ambizioni particolari dei vari Stati - assicurò per quarant'anni un sostanziale equilibrio territoriale e favorì di conseguenza lo sviluppo del Rinascimento italiano. A farsi garante di tale equilibrio politico sarà poi - nella seconda parte del Quattrocento - Lorenzo il Magnifico, attuando la sua famosa politica dell'equilibrio.

- Tra Mehmet II (Maometto II) e la Repubblica di San Marco si giunge a un trattato di pace (del 1454), che si rivelerà nei fatti una semplice tregua: il sultano riattaccherà ben presto le posizioni veneziane dal Peloponneso alla Crimea, spingendo l'offensiva fino al Friuli. Contro le molte posizioni perdute, Venezia entra in possesso di Cipro e alla fine del Medioevo è la città cosmopolita più importante e ammirata d'Europa. L'urbanizzazione della laguna aveva richiesto modifiche idrauliche radicali, che spiegano l’assetto moderno, ad opera degli ingegneri veneziani del tardo Medioevo e del Rinascimento, preoccupati ad operare numerose diversioni delle foci fluviali (Po, Brenta, Bacciglione, Sile, Piave) per scongiurare il rischio dell’eccessivo apporto solido nelle lagune e il loro fatale interro. Nel XV secolo il territorio della Repubblica di Venezia si estende dall'Adda all'Istria e da parte dell'attuale provincia di Belluno, al Polesine veneto. Ma la decadenza comincia già a farsi sentire da eventi storici come l'accrescersi della potenza ottomana e la scoperta dell'America. Chiusa nel bacino del Mediterraneo, Venezia ne risente le irreversibili conseguenze e finisce per volgere i suoi interessi economici verso l'entroterra.

Nel 1.455 - Il regno inglese, dopo la guerra dei cent'anni ebbe poco tempo per risollevarsi prima dello scoppio della guerra delle due rose (1455-1485), un susseguirsi di guerre civili per il trono tra il Casato dei Lancaster ed il Casato di York, rami diversi della casa regnante dei Plantageneti a cui appartenevau Edoardo III. Il nome della casata deriva dal nome latino della ginestra, planta genistae, il cui fiore fu adottato come simbolo araldico da Goffredo V il Bello. In seguito il nome Plantageneto fu nuovamente assunto dalla dinastia dei re d'Inghilterra a partire dal XV secolo: il primo a usarlo fu Riccardo, terzo duca di York, padre di Edoardo IV e Riccardo III, il quale apparentemente lo aveva assunto nel 1448. I Plantageneti sono più o meno impropriamente chiamati anche Angioini per il fatto che i loro progenitori furono i conti di Angiò, ma per distinzione degli storici, il termine Angioino viene solitamente attribuito solo ai membri delle successive casate capetinge che governarono l'Angiò. La linea degli Angiò-Plantageneti viene poi fatta risalire ad un oscuro nobile, Ingelger, in latino Ingelgerius (Rennes, 845 - Tours, 888), visconte d'Angers, di Tours e d'Orléans che in seguito acquisì la Contea d'Angiò. Ingelger nacque in Bretagna, probabilmente a Rennes, verso l'845, e secondo il Chronicon Turonensis, era parente di Ugo l'abate (nepos Hugonis ducis Burgundiæ), marchese di Neustria, conte d'Angiò, di Auxerre, di Nevers e di Tours, che fu anche arcivescovo di Colonia, potente personaggio nella corte di Borgogna dell'epoca, in quanto figlio del primo conte di Borgogna Transgiurana, Corrado I e fratello del secondo conte di Borgogna Transgiurana, Corrado II. Fu il capostipite della prima casa d'Angiò come padre del primo conte d'Angiò, Folco I d'Angiò e i membri della famiglia furono anche chiamati Ingelgeridi. La seconda casa d'Angiò, detta anche dei Plantageneti, che succedette agli Ingelgeridi, discese da un ramo femminile della dinastia, quando tutti i rami maschili si erano estinti e quindi fu anche un ascendente della casa reale inglese dei Plantageneti. Nella guerra delle due rose, alla fine dei conflitti la corona era in possesso di un discendente per parte femminile dei Lancaster che sposò la figlia maggiore del leader degli York. Enrico VII d'Inghilterra e Elisabetta di York fondarono così la dinastia dei Tudor, che rimase sul trono dal 1485 al 1603.

Dal 1.456 - Fra il 1456 ed il 1457 i Turchi ottomani invadono la Grecia e conquistano Atene mentre un'altra armata, muovendo da Tessalonica, risale fino a Belgrado dove è respinta dalle truppe crociate europee del generale Jànos (Giovanni) Hunyadi e dal frate francescano Giovanni da Capestrano. In quei mesi si spengono il Despota serbo Giorgio Brankovic, referente della corrente magnatizia incline agli Ottomani contro la fazione degli aristocratico/latifondisti, e il re d'Ungheria Ladislao Postumo. Al primo succede inizialmente il primogenito Lazzaro e in seguito il fratello Stefano, che era stato esiliato quando Mehmet II aveva conquistato la fortezza di Semendria, mentre al trono del regno d'Ungheria salirà Mátyás Hunyádi Mattìa Corvino, figlio del Generale Jànos Hunyadi.

- Nel 1456, tre anni dopo la conquistata di Costantinopoli, gli ottomani minacciarono l’Ungheria con l’assedio di Belgrado. János Hunyadi decise subito un’altra campagna contro i Turchi ed invase la Rumelia ottomana ma, colpito dalla peste diffusasi nel suo accampamento, morì.  Solo la strenua resistenza degli ungheresi nell'assedio di Belgrado del 1456 e quindi la prigionia in Francia e in Italia del principe Cem, fratello di Bayazid II, permetterà una pausa di circa 70 anni nell'espansione ottomana verso i regni dell'Europa centrale. Ciò non impedirà comunque al sultano ottomano Mehmet II di annettersi la Grecia (nel 1456), la Morea o Peloponneso (nel 1460), l'Impero di Trebisonda (nel 1461) i Beylik di Anatolia non ancora sottomessi (nel 1472), le colonie genovesi del Mar Nero (nel 1475), l'Albania (nel 1479) oltre a incursioni in Friuli e l'invasione delle Puglie con la presa di Otranto nel 1480.

Nel 1.457 - Dopo essersi espanso progressivamente sotto Roman I e i suoi successori, il Principato di Moldavia sotto Ștefan cel Mare (Stefano il Grande, 1457-1504), il più conosciuto principe moldavo,  arriva a formare un vasto dominio che comprendeva il territorio tra i Carpazi a ovest, il fiume Nistro a est, il Mar Nero a sud, e la Bucovina a nord.

Mátyás Hunyádi o Mattìa Corvino,
- Da http://www.italiamedievale.org/sito_acim/contributi/guerre_ottomano_ungheresi.htmlMátyás Hunyádi o Mattìa Corvino, figlio di  János Hunyadi, nato a Kolozsvár verso il 1440 e morto a Vienna nel 1490, ottiene il trono ungherese nel 1457, mentre è ancora a Praga, prigioniero del re di Boemia Giorgio di Podebrady. Finalmente tornato in una Ungheria indebolita da contrasti oligarchici e sostenuto dallo zio materno Michele Szilàgyi nella lotta alla Nobiltà, aizzata da Federico III e dagli hussiti penetrati nei territori del Nord, Corvino visse i suoi primi anni di regno nella contesa dinastica col re boemo. Incaricò dell'azione antiturca Vlad III di Valacchia, rimosse le turbolenze interne e, consolidata la sicurezza e l'ordine attraverso adeguate riforme sociali ed economiche, si dette alla espulsione dei nemici dalle province meridionali. Dopo averli sconfitti, nel dicembre del 1463 occupò la fortezza bosniaca di Jaice e, nell'anno successivo, appoggiato da Pio II intraprese la campagna santa contro Maometto II. Nel 1468, previa promessa successoria da parte di Federico III e di Papa Paolo II, riprese l'attività di contrasto anti-hussita e guerreggiò ancora con Giorgio di Podebrady finché, il 3 maggio del 1469, penetrato in Moravia, fu eletto re di Boemia dai cattolici e mosse guerra anche ai polacchi, dopo che il rivale aveva designato al trono Ladislao, figlio di Casimiro IV di Polonia. Austria, Boemia, Valacchia e Polonia si coalizzarono allora contro l'Ungheria: Corvino annientò il fronte ostile attorno a Breslavia e salvò il regno dall'invasione. Col Trattato di Olomouc del 1478, mantenne la titolarità dei territori boemi già occupati e nel 1479, nella battaglia di Kenyérmezei affrontò Maometto II riassumendo il pieno controllo dei territori danubiani. Aspirando alla tiara imperiale si armò poi, contro gli Asburgo e nelle quattro spedizioni comprese fra il 1477 ed il 1485 occupò la Stiria e l'Austria meridionale, inoltrandosi fino a Vienna. Nel 1481, infine, intervenne contro le incursioni condotte dai Turchi in Italia, riconquistando Otranto, occupata l'anno precedente; minacciando Istanbul e inserendosi nella contrapposizione tra Bayezid III e Cem, figli del vecchio Sultano. Il successo della campagna, considerato come un abbandono del conflitto antiottomano, gli procurò la dura opposizione del Primate di Strigonia Giovanni Vitéz ed allarmò gli Elettori del sacro romano imperatore che nel 1486, si affrettarono ad eleggere al soglio dell'Impero Massimiliano, figlio di Federico III. La comune esigenza di contrastare le velleità turche favorì, tuttavia, l'avvicinamento fra gli Asburgo e Mátyás Hunyádi che nel 1490, improvvisamente morì. Per il talento militare, diplomatico, politico, legislativo e per la cultura e la sensibilità di mecenate, divenne una delle più attraenti figure del Rinascimento: alla sua Corte di Buda conversero le più prestigiose espressioni dell'arte e, nella grande biblioteca Corvina, furono raccolti moltissimi e lussuosi codici realizzati a mano da copisti italiani. Proprio con l'Italia egli ebbe stretti rapporti per effetto delle nozze con Beatrice, figlia del Re di Napoli Ferdinando d'Aragona. Gli successe Ladislao II di Boemia, della famiglia degli Jagellone, con l'intento di istituire un solido fronte ungherese-boemo-polacco che contenesse le ulteriori aggressioni ottomane.

Nel 1.460 - Massicci contingenti turchi occupano il Despotato bizantino di Morea, o Peloponneso, vanamente difeso dalla Serenissima.

Nel 1.461 - Mehmet II si impadronisce anche dell'Impero di Trebisonda, sul mar Nero, dove il suo ultimo Signore, David, è decapitato. Dopo aver conquistato tutti i vari territori dominati dalle famiglie imperiali bizantine, il Sultano guarda all'Anatolia ove le diverse Signorie (i Beylik), già unificate dal suo antenato Beyazit I il Fulmine, si erano frantumate a seguito della sconfitta inflittagli da Tamerlano, nella Battaglia di Ankara del 1402 e le riunisce sotto il proprio dominio. È allora che Mehmet II (Maometto II) persegue l'idea di diventare un nuovo Cesare conquistando Roma, chiamata dagli ottomani Kizil Elma, ovvero “La Mela Rossa”, per ricostruire sotto il proprio dominio, oltre all'impero romano d'oriente, anche la culla dell'antico Impero romano. Allarmato, Pio II bandisce una crociata cui si rende disponibile la sola Venezia, mentre Mehmet II occupa Argo con altri porti nella Morea (il Peloponneso) e prende Corinto, recuperata e nuovamente perduta dai Veneziani, dopodicché ritenta l'impresa balcanica, invadendo Kosovo, Serbia e Bosnia. La tensione si fa altissima per le apprensioni della Repubblica veneta riguardo alla Dalmazia: la imponente presenza ottomana incombeva a Nord dei Balcani, in Boemia, e alle spalle di Venezia, nelle città portuali della Croazia. Mehmet II è sempre più deciso, intanto, ad occupare anche l'Albania per vendicare il padre dall'affronto rivoltogli dall'Atleta di Cristo Castriota Skënderbeu. Sempre più determinato a spazzare il Cristianesimo e sempre più risoluto ad espugnare l'Occidente e Roma, pur già sconfitto nel 1452 dagli eserciti di Vlad III di Valacchia, il Sultano sferra l'attacco alla fortezza albanese di Krujë.
A fronte della ferma resistenza del Castriota, manda ambascerie a proporgli una tregua sulla base dell'uti possidetis, con la subdola intenzione di romperla nel momento in cui fosse stato in forze. Mentre la si discute, l'Ambasciatore Monsignor Giovanni Navarro informa il leader albanese dell'intento del Papa a porlo a capo di una nuova crociata, per cui i Principi cristiani respingono all'unanimità la proposta turca e riprendono la guerra. Così Mehmed II si riorganizza ponendo Sinan Pascià, Hussein Bey, Jussuf Pascià, Karagià Pascià alla guida di un imponente esercito prima di richiedere un ulteriore armistizio, che gli Albanesi subordinano all'immediato abbandono turco delle albanesi Sfetigrad e Berati. Siglato l'accordo del 27 aprile del 1461 in accoglimento delle pressioni di Pio II e certo della ambiguità della Serenissima e della necessità di sostenere le ragioni ereditarie degli Aragonesi, già impegnati contro i Turchi e nell'espulsione dei Mori dalla Spagna, Castriota Skënderbeu salpa da Durazzo a bordo dell'ammiraglia Drin in direzione delle coste italiane per sostenere Ferdinando di Napoli nella rivolta delle Baronie inclini al pretendente angioino al trono.

Nel 1.462 - Il 18 agosto ad Orsara di Puglia, Castriota Skënderbeu conclude la sua spedizione contro gli antagonisti di Ferdinando di Napoli ed è raggiunto dalla notizia che due armate turche, comandate da da Hussein-Bey e Sinan-Bey, si dirigono sull'Albania: tornato in patria, le sconfigge a Skopjë, imponendo a Mehmed II il trattato di pace della primavera del 1463. Il progetto di crociata, invece, è avversato dal Consiglio di Guerra che non ritiene utile riattizzare l'ostilità turca; tuttavia, il Primate di Durazzo Paolo Angelo rileva che al nemico non occorrano pretesti per muovere una nuova guerra quando abbia ricompattato le energie necessarie: in quel caso, quali speranze di rivalsa avrebbe avuto l'Albania se anche Roma, come già Costantinopoli, fosse caduta? Si trattava, dunque, non solo di una lotta per la Patria e per la libertà, ma anche di una lotta per la fede. Tuttavia il 14 agosto del 1464, lasciata Krujë e puntando su Durazzo per accoglievi il Papa in arrivo da Ancona, Castriota Skënderbeu è raggiunto dalla notizia della morte di Pio II. La circostanza è favorevole a Mehmed II che, vista sfumata la progettata crociata, in settembre scatena una dura offensiva attraverso Sceremet-Bey e il rinnegato albanese Ballaban Pascià. Anche questa impresa si risolve nella umiliante sconfitta ottomana al lago di Ocrida, reiterata da un nuovo tentativo di assedio di Krujë della primavera del 1466. Furioso, allora, Mehmed II punta su Sfetigrad ma è circondato ed annientato mentre il suo Generale Jakup Arnaut Bey viene decimato a Berati. Tuttavia, ancorché vittoriosa, l'Albania era in ginocchio e il Sultano, rinfrancato dai buoni risultati conseguiti in Serbia, Bosnia, Trebisonda, Morea e Romania, riorganizza le fila: a metà giugno di quell'anno circonda di nuovo Krujë, affidando le operazioni di assedio a Ballaban Pascià e massacrando a Modriç circa trentamila persone senza distinzione di sesso ed età, mentre Castriota Skënderbeu a Roma, viene accolto come un eroe da Paolo II, che gli concede i richiesti aiuti.

- Nel 1.462 la lunga decadenza economica che aveva colpito l’area di Barcellona in seguito alla peste nera e la diversificazione fra le esigenze del ceto mercantile, bisognoso di sostegno e di pace, da quelle del re d’Aragona, sempre più bisognoso di denaro e di incassare tasse per la propria politica militare ed espansionistica in Italia, raggiunge il culmine con lo scoppio della guerra civile fra i sostenitori di Giovanni II d’Aragona, padre di Ferdinando e i grandi mercanti che dominavano la società catalana. In quella situazione era fondamentale per Giovanni II rafforzare la posizione della monarchia e il modo migliore per farlo era maritare il figlio Ferdinando con l'erede del traballante trono castigliano, Isabella.

Nel 1.467 - I Turchi incalzarono marciando su Alessio, Scutari e Durazzo per fiaccare Venezia e privare il leader albanese dell'ultimo alleato, ma sono nuovamente sconfitti. Ma per la piccola regione, arginare la incessante pressione era ormai sempre più difficile: l'ansia fu condivisa dal Doge veneziano, che incaricò Francesco Capello Grimani di trattare un'alleanza, che non fu discussa.

Nel 1.468 - Il 17 gennaio, dopo aver tenuto in scacco i Turchi per vent'anni, Castriota Skanderbeu si spegne ed i suoi partigiani riparano in Italia, mentre finalmente i Turchi prendono gran parte dell' Albania. Si spostano in Montenegro nel 1470, espugnandone la capitale ed uccidendone barbaramente il Governatore veneziano e irrompono in Friuli nel 1472, con panico di tutto l'Occidente, battendovi le truppe austro/serbe e sfasciando l'infelice sodalizio stipulato da Venezia col Sultano del Montone bianco, Uzum Hasan, per invadere il territorio anatolico. Assoggettano quindi la Cilicia e con indicibili crudeltà ed orrori, soverchiano i Turcomanni di Persia nel 1473. Malgrado l'essere stati sconfitti da Stefano il Grande nella Battaglia di Vaslui del 1475, l'anno dopo schiacciano i Moldavi nella Battaglia di Valea Alba ed espellono nel 1478 la Serenissima da Scutari, imponendole ad Istambul il 25 gennaio del 1479, un disonorevole trattato di pace. Infine conquistano definitivamente Krujë, mutandole il nome in Ak Hissar e massacrandone la popolazione. Non c'erano, dunque, forze sufficienti a condizionare l'irriducibile Sultano, cui restava da realizzare solo il grande sogno di entrare in Roma ora che i confini del suo Impero avevano obbligato la frastornata e sbigottita Comunità internazionale a riconoscere lo Stato ottomano come una straordinaria realtà politico-militare.

- Nel 1.468 la Castiglia, su cui regna Enrico IV, vive una fase d’instabilità visto che il re è obbligato a riconoscere le pretese al trono della sorella Isabella di Castiglia mentre preferirebbe assicurare invece la successione al trono alla figlia Juana “La Beltraneja” e dare la sorella Isabella in sposa al re del Portogallo, Alfonso V. Isabella di Castiglia preferisce invece il giovane Ferdinando d’Aragona, dalla fama di valoroso condottiero, rispetto al vecchio re Alfonso V, potente, ricco e potenzialmente in grado di ripudiarla al primo guaio. Ma doveva agire in fretta, prima che Enrico IV cambiasse idea sulla propria erede. Da qui il matrimonio clandestino del 1469 con il rischio del carcere per lei e della vita per lui.

I re cattolici, da: https://www.lacool
tura.com/2018/11/isabella-di-castiglia
-ferdinando-aragona/
Nel 1.469 - Il 19 di ottobre, i due giovani Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona, i futuri “Reyes Catòlicos”, si sposano, pur essendosi conosciuti di persona solo pochi giorni prima, giungendo nella città castigliana di Valladolid, in clandestinità e in povertà, con un re disposto a far incarcerare la sposa, sua sorella ed erede e a eliminare di nascosto il giovane principe suo sposo. Con denaro preso in prestito e grazie al via libera di una falsa bolla papale, la mattina del 19 ottobre 1469, in casa di amici fedeli, si uniscono in nozze i primi sovrani di ciò che sarebbe divenuto il Regno di Spagna.  

Nel 1.472 - Viene stampata la "Divina Commedia", il primo libro in lingua italiana ad essere stampato. A Foligno, nell'attuale provincia di Perugia, il 5 e 6 di aprile, il tedesco di Magonza (Mainz in tedesco) Johannes Numeister e il folignate Evangelista Mei, stampano quella che Dante intitolò "Comedìa", come si evince dal colophon o colofone, la sigla finale nelle stampe dei libri antichi, contenente il nome dello stampatore e altre indicazioni relative alla stampa.

Nel 1.476 - L'8 novembre Vlad III Țepeș Dracula occupa la capitale valacca Târgovişte, dove incontra Stephen V Báthory. I due si giurano fedeltà eterna l'uno all'altro e si impegnarono anche a perseguire una grande crociata contro i turchi. L'11 novembre, Stephen Báthory riferisce ai funzionari della città di Sibiu che la maggior parte della Valacchia è nelle mani di Dracula e aggiunge che "tutti i boiardi a parte due sono con noi" e "anche questi ultimi si uniranno presto a noi". Il 16 novembre Bucarest è espugnata dall'esercito di Stephen Báthory e il 26 novembre Dracula è ristabilito come voivoda di Valacchia per la terza volta.

Carta della Russia dal
 XIII al XVI secolo,
con l'espansione
dal 1300 al 1586.
Nel 1.478 - Ivan III sottomette Novgorod e si libera del giogo mongolo (1.480).

Dal 1.479 - Quando il re di Castiglia Enrico IV venne a sapere del matrimonio fra Isabella e Ferdinando, ne fu così sconvolto da riconoscere subito come propria erede l’illegittima Juana “La Beltraneja”. Di fatto ciò diede il via a una lunga guerra di successione al trono castigliano, a cui porre termine non bastò neppure la morte, nel 1474, di Enrico IV, sostituito poi da re Alfonso V, subito sollecito nell’appoggiare le pretese dinastiche di Juana “La Beltraneja”, che il re Alfonso V aveva pensato bene di sposare. Grazie all’audacia e al valore militare del novello sposo Ferdinando, che subito si dimostrò un’eccellente comandante, in grado di tenere testa sia ai riottosi nobili castigliani che sostenevano le pretese di Juana, sia alle armate di Alfonso V, entro la fine del 1479 “La Beltraneja” era sconfitta e l’unione delle due corone era suggellata in Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona, primi sovrani di ciò che sarebbe stata la Spagna.

Nel 1.479 gli ottomani conducono una seconda incursione in Friuli, rendendo drammatica la situazione dei Veneziani che, minacciati dalla insopportabile pressione sulle frontiere ed atterriti da una imminente invasione, cedono i loro territori albanesi.

- Nel 1479, Stephen V Báthory di Ecsed (in ungherese Báthory István, in rumeno Ştefan Báthory, 1430-1493) è nominato governatore della Transilvania e alla fine dell'agosto del 1479 una spedizione ottomana dalla Bosnia, comandata da dodici pascià, invade la Transilvania con una forza di 43.000 uomini. I Turchi si spostarono molto velocemente attraverso quelle terre, saccheggiandole e lasciando a Báthory poco tempo per radunare la sua milizia a Sibiu. Pál Kinizsi, il Ban di Timişoara, promise di aiutare Báthory. Mentre Báthory si avvicinava a Sebeş , Ali Bey , uno dei pascià turchi, aveva eretto un campo in una pianura tra Mureş e Sebeş, ignaro che anche Kinizsi stesse andandogli contro. Il primo mattino del 13 ottobre, Báthory apparve sulle "altezze oltre il ruscello" e Ali fu costretto ad organizzare un eventuale ritiro e l'evacuzione del suo bottino. Báthory ordinò al suo esercito di prepararsi per la battaglia: i suoi 3.000 sassoni transilvani , sostenuti da una seconda linea di transilvani valacchi , componevano il fianco destro della formazione, sul fiume Mureş , mentre gli ungheresi componevano il fianco sinistro. Lui e la sua pesante cavalleria erano posti nel mezzo. I capi ottomani erano in disaccordo e i loro preparativi per la battaglia tardavano. Aspettando, Báthory, fiducioso che Pál Kinizsi arrivasse da un momento all'altro, diede l'ordine di attaccare. I sassoni della Transilvania aprirono l'attacco, ma furono respinti, i transilvani ebbero lo stesso destino, con molti feriti o uccisi. Báthory quindi caricò con la sua pesante cavalleria, ma cadde da cavallo, cosa che allarmò i suoi compagni, che lo interpretarono come un cattivo presagio e gli consigliarono di tornare indietro o di ritirarsi in montagna. Ignorò il loro consiglio e, a capo della sua cavalleria, caricò la prima linea ottomana con grande forza. Ali quindi caricò con la sua cavalleria in una feroce battaglia che durò per tre ore. Báthory fu gravemente ferito, sanguinava per sei ferite. Il suo cavallo fu ucciso sotto di lui. Circondato da un muro di cadaveri e rimanendo a malapena in vita, stava per perdere la battaglia quando l'esercito di Pál Kinizsi, il Ban di Timişoara, apparve sulla collina, annunciando il suo arrivo con tamburi e trombe. Circa 900 serbi sotto Demeter Jakšić , assistiti da numerosi cortigiani del re, si lanciarono contro i turchi che, presi di sorpresa, furono massacrati dal furioso Kinizsi. Dopo un rinnovato attacco, si riuscì così a salvare Báthory. I pochi turchi sopravvissuti al massacro fuggirono sulle montagne, dove la maggioranza fu poi uccisa dalla popolazione locale. Ali, che parlava rumeno, indossò dei vestiti da contadino e fuggì in Valacchia . Circa 30.000 turchi morirono nella battaglia, mentre Báthory perse 8.000 ungheresi e circa 2.000 sassoni e valacchi della Transilvania. I due comandanti banchettarono insieme alle loro truppe, con Kinizsi che ballava con un turco morto come compagno. Ştefan Báthory fu in seguito accusato di usare eccessiva crudeltà contro i Székely in Transilvania e fu deposto da Vladislao II nel 1493. Morì poco dopo ma la sua famiglia tornerà a governare come Voivodi e poi come principi della Transilvania.

Nel 1.480 - Il 28 luglio, Mehmed II muove verso l' Italia dal mare e occupa Otranto: da poco elevato alla carica di 'sançak bey' di Valona, il suo Generale Gedik Ahmed Pascià sferra una violenta offensiva alle coste pugliesi, accampando pretestuosi diritti turchi sull'eredità dei Principi di Taranto, ma di fatto aspirando ad aprirsi un corridoio per raggiungere Roma e demolire il potere del Re Ferrante di Napoli. La traversata del Canale fu garantita dalla cauta neutralità veneziana: il 29 luglio, il presidio militare e gli abitanti della cittadina si arroccarono nel castello opponendosi alla intimazione di resa. Tuttavia, l'11 agosto, colpita dalla formidabile artiglieria ottomana, dopo due settimane di eroica resistenza in vana attesa dei soccorsi del Re e del figlio Don Alfonso Duca di Calabria, Otranto è espugnata e i Turchi vi consumano un orrendo sterminio. La più terribile delle carneficine avvenne nella cattedrale, dove Clero e fedeli si erano rifugiati. L'edificio fu sprezzantemente adibito a stalla e inumana fu la sorte assegnata all'arcivescovo Stefano Pendinelli e al Conte Francesco Largo, Comandante della guarnigione: segati vivi. Il 12 agosto infine, fu decapitato un migliaio di cittadini indisponibili ad abiurare. Il mondo cristiano era sconvolto da un fremito di orrore e ripulsa, tuttavia, la marcia di Mehmet II era inarrestabile: malgrado gli sforzi di una Lega organizzata da Paolo II prima e da Sisto IV poi, sottrasse ai Genovesi Caffa sul mar Nero, insediò sul trono di Crimea un khan di suo gradimento, rese tributarie Circassia e Georgia e tentò l'assedio di Rodi, strenuamente tenuta e difesa dai Cavalieri Ospitalieri. Comunque, molti aristocratici degli stati italiani, soprattutto in Toscana, mirarono ad allearsi agli Ottomani per sconfiggere i propri rivali al potere, mentre le alleanze generate e consolidate dall'eroe albanese Skanderbeg vennero meno e gli Ottomani conquistarono il territorio dell'Albania subito dopo la caduta del castello di Kruja e l'Albania diventò così parte dell'impero Ottomano. A seguito di ciò, molti albanesi fuggirono in Italia, principalmente in Calabria ed in Sicilia. La maggior parte della popolazione albanese rimasta, fu costretta a convertirsi all'Islam, riuscendo però a mantenere la relativa identità etnica. Rimarranno parte dell'impero Ottomano fino al 1.912.

Nel 1.481 - Il 1° maggio, il Re di Napoli raggiunge la straziata Otranto e vi si acquartiera con solidi apparati di difesa congegnati da Pietro d'Orfeo e da Ciro Ciri, Maestro Ingegniere del Duca d'Urbino, mentre il 3 maggio, benché il suo chiodo fisso fosse l'Italia, l'irriducibile Sultano attraversa il Bosforo per una nuova spedizione in Asia, forse contro i possedimenti egiziani dei Mamelucchi, mirando al controllo de La Mecca, onde essere riconosciuto ufficialmente Califfo, ovvero Vicario del Profeta e Protettore dell'Islam.
Parallelamente, mentre per disorientare le truppe aragonesi del Duca di Calabria, Ahmed Pascià aggredisce le coste di Vieste e in ottobre riattraversail Canale, dopo una serie di scorrerie nei territori di Lecce, Taranto e Brindisi, papa Sisto IV proclama la crociata anti-ottomana che non srà mai combattuta: il 4 di ottobre Mehmet II muore avvelenato. La notizia è accolta con unanime sollievo dei cristiani, mentre nell'Impero turco esplodeva la guerra civile fra i due figli ed eredi: Cem, appoggiato dalla Corte e dal Gran Visir, contro Bayazid, sostenuto dai Giannizzeri e sospettato di parricidio. Gedik Ahmed Pascià sostenne quest'ultimo e gli chiese supporto per la spedizione italiana, ma il nuovo Sovrano, diffidandone, lo richiamò a Costantinopoli, lo fece arrestare e giustiziare il 18 novembre del 1482.

- Mehmed II, che con ferocia inumana aveva fatto assassinare anche il proprio primogenito, fu assai compianto dai Turchi cui lasciò notevoli testimonianze della sua attività amministrativa e politica: aveva aperto la Corte ad Artisti, Umanisti ed intellettuali. Aveva lasciato in funzione la Chiesa bizantina e ordinato al suo Patriarca di tradurre in turco i testi cristiani, dando prova di tolleranza religiosa, forse esito dell'estrazione religiosa materna. Aveva fatto costruire la Moschea a lui intitolata: Fatih Cami, e il Palazzo di Topkapi, realizzato dall'architetto Atik Sinan fra il 1463 ed il 1470. Aveva voluto la veneratissima Moschea di Eyüp in fondo al Corno d'Oro già durante l'assedio di Costantinopoli, sul sito del presunto ritrovamento delle spoglie di Abu Ayyub al-Ansari, portabandiera del Profeta, morto nel 668 durante il primo assedio arabo alla città. Aveva esteso le frontiere del suo Impero su gran parte dei Balcani, dell'Asia Minore e dell'Africa settentrionale, sulla Crimea, sulla Bosnia e sull'Albania. Aveva liquidato la millenaria storia bizantina, aveva varato la riforma fondiaria e riorganizzato l'apparato burocratico e, pur zelante musulmano, aveva espresso fino alla fine crudelta, ambizione e bellicosità tale da suscitare terrore nei nemici, nei sudditi e negli uffici di Corte; tale da atterrire l'intero mondo del tempo, da provocare i quattordici attentati cui sopravvisse, da non poter schivare il veleno propinatogli in quel fatale 3 maggio del 1481.

- Gli Ottomani spostarono poi la loro attenzione a oriente, espandendo i loro domini in diverse regioni dell'Asia e del Nordafrica, guidati da grandi sultani, come Bayazid II e Selim I, che abbatté il Sultanato mamelucco di Siria ed Egitto e conquistò tutti i paesi arabi del Vicino Oriente, acquisendo il titolo di protettore dei Luoghi santi di Mecca e Medina. Selim sconfisse inoltre il Safavide Shah Isma'il I di Persia nella battaglia di Cialdiran e creò una flotta nel Mar Rosso. Con questa espansione gli Ottomani entrarono in competizione con l'Impero portoghese per diventare la potenza dominante nella regione.

Nel 1.488 - La scoperta di nuove rotte commerciali da parte degli Stati dell'Europa occidentale permette di aggirare il monopolio commerciale ottomano. Il superamento del Capo di Buona Speranza da parte dei portoghesi nel 1488 dà inizio a una serie di guerre navali tra Ottomani e Portoghesi nell'Oceano Indiano che durerà per tutto il '500. Economicamente, l'enorme afflusso di argento spagnolo dal Nuovo Mondo provocherà una netta svalutazione della valuta ottomana e una fortissima inflazione.

Nel 1.491 - Il 6 dicembre 1491, Carlo VIII di Valois, re di Francia, sposa l'erede del Ducato di Bretagna, la duchessa Anna di Bretagna, in un'elaborata cerimonia a Château Langeais.
Carlo VIII di Valois, (1470 - 1498) re di Francia dal 1483 al 1498 e brevemente Re di Napoli, come Carlo IV, nel 1495, era l'unico figlio maschio sopravvissuto di re Luigi XI e gli succedette quando era tredicenne, alla sua morte, avvenuta il 30 agosto 1483. Ambizioso, ma di salute cagionevole, considerato dai contemporanei di indole gradevole, ma privo di grande intelligenza politica e non adatto agli affari di Stato, il re tredicenne governò inizialmente sotto la reggenza della sorella maggiore, la principessa Anna di Beaujeu e di suo marito Piero di Borbone. In seguito la politica di Carlo VIII fu volta a consolidare ed estendere il territorio del regno. Ottenne per vie diverse l'annessione degli ultimi due grandi Ducati che godevano ancora di una forte autonomia rispetto alla corona francese. Il primo era il Ducato di Angiò (comprendente l'Anjou e la Provenza), tramite un complesso meccanismo ereditario.
Tappe della Reconquista nella penisola Iberica.
Il secondo, il Ducato di Bretagna, lo ottenne tramite il suo matrimonio con l'erede, la duchessa Anna di Bretagna. Con il matrimonio Carlo VIII si liberò della reggenza della sorella e dell'influenza dei parenti: da allora poté gestire gli affari di Stato secondo le sue intenzioni. Alla sua corte c'era una vivace vita culturale: tra i poeti, spiccava la figura dell'umanista italiano Publio Fausto Andrelini. Con il Trattato di Étaples del 1492 e con quello di Barcellona del 1493 normalizzò i rapporti con l'Inghilterra e con il regno d'Aragona, ma al prezzo di onerose concessioni. Sempre nel 1493, con il Trattato di Senlis, pose fine alla guerra con l'Impero per la successione al trono di Borgogna, mantenuta con la rinuncia alla Franca Contea, all'Artois ed a parte delle Fiandre, ed annessa definitivamente nel 1497.

Nel 1.492 - Caduta del regno di Granada, ultima presenza araba in Spagna

Carta del mondo nel 1.522 con segnalati i viaggi di: Marco Polo 1271-95,
primo viaggio di Cristoforo Colombo nel 1.492, Vasco De Gama nel 1.497-98,
Magellano nel 1.519-22, Amerigo Vespucci nel 1.501-02. In verde le
colonie dei Portoghesi, in arancio le colonie degli Spagnoli, in rosa
quelle degli Inglesi, in blu quelle dei Francesi. Sono inoltre indicate
le aree di insediamento di Aztechi e Incas in centro e sud America.

Carta del primo viaggio di Cristoforo
Colombo in America nel 1492.
- Cristoforo Colombo compie il primo viaggio a occidente per raggiungere le Indie, e non si rende conto di scoprire un nuovo continente, che da Amerigo Vespucci, che invece l'ha capito e mappato in parte, prenderà il nome di AmericaCristoforo Colombo (Genova, 451 - Valladolid, 20 maggio 1506), cittadino della Repubblica di Genova prima e suddito del Regno di Castiglia poi, è stato tra i più importanti navigatori protagonisti delle grandi scoperte geografiche a cavallo tra il XV e il XVI secolo.
Genova, monumento a
Cristoforo Colombo.
Marinaio sin da giovane, maturò l'idea dell'esistenza di una terra oltreoceano (secondo lui l'Asia) proprio durante i suoi viaggi da capitano di mare di navi indirizzate al traffico mercantile, anche se qualche secolo prima, le navi dei Cavalieri di Cristo portavano il simbolo tradizionale dei Templari, la croce patente rossa, e sotto la stessa insegna le tre caravelle di Cristoforo Colombo attraversarono l'Atlantico e raggiunsero il Nuovo Mondo. Cristoforo Colombo inoltre, aveva sposato la figlia di un ex Cavaliere di Cristo e aveva avuto modo di consultare le carte e i diari del suocero. Sicuro della correttezza delle proprie convinzioni, dapprima Colombo chiese i finanziamenti per inaugurare la nuova rotta al re Giovanni II del Portogallo, ma vistosi negati i fondi tentò con i re di Castiglia e Aragona, i quali, dopo alcune discussioni e soprattutto grazie all'appoggio della regina di Castiglia, Isabella, accettarono di finanziare l'impresa e di concedergli dei privilegi in caso di buona riuscita della stessa. Una volta salpato da Palos de la Frontera (nei pressi di Huelva, in Andalucia) il 3 agosto 1492, giunse nell'odierna isola di San Savador, nelle Bahamas. San Salvador il 12 ottobre dello stesso anno. A questo primo viaggio ne seguirono altri tre - sempre per le Americhe - di minore fortuna, che lo portarono alla rovina e al discredito presso la corte di Castiglia.

Carta delle Americhe, centrale e del sud
durante le prime colonizzazioni: in rosso
gli Spagnoli e in viola i Portoghesi,
con la ripartizione del trattato di
Tordesillas. Sono indicate inoltre
Rotte, strade, audencias
e arcivescovadi.
Nel 1.493 - Con il trattato di Tordesillas, Spagna e Portogallo si dividono il Nuovo Mondo.

Carta delle tribù e gruppi etnici
dei nativi nord e centro Americani
denominati Pellerossa, Indiani
d'America o Indios, prima della
colonizzazione degli europei.
Carta delle tribù e gruppi etnici
dei nativi Sud Americani,
denominati Indios, prima della
colonizzazione degli europei.

Cartina geografica degli inizi della
colonizzazione degli europei dal 1492
del Nord e Centro America.
In arancio le colonie degli Spagnoli,
in verde scuro le Portoghesi,
in rosa quelle degli Inglesi, in viola i
Francesi, in marrone le Olandesi,
in viola scuro la Svedese, in verde
chiaro quella dei Russi. Sono
segnalatele aree di insediamento
degli Incas e degli Aztechi.
Accanto alle città, l'anno
di fondazione.
Cartina geografica degli
inizi della colonizzazione
degli europei nel Nord-Est
Americano con le colonie
Olandesi del 1614-1664
in marrone, (Nieuw
Amsterdam diventerà poi
New York), Svedesi nel
1638-56 in viola, Inglesi
dal 1601in rosa. In bianco
i territori Irochesi.




















Per il post "Culture e aree culturali dei Nativi Nord Americani: gli Indiani d'America", clicca QUI
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"Paracelsus", con licenza
Pubblico dominio tramite
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- Nasce Paracelso. Philippus Aureolus Theophrastus Bombastus von Hohenheim detto Paracelsus o Paracelso (Einsiedeln, 14 novembre 1.493 - Salisburgo, 24 settembre 1.541) è stato un medico, alchimista e astrologo svizzero, noto per aver battezzato lo zinco, chiamandolo zincum, considerato come il primo botanico sistematico, si laureò all'Università di Ferrara, più o meno negli stessi anni in cui si laureò Niccolò Copernico.
Fino al 1.500 la composizione e i mutamenti della materia erano spiegati sulla base della dottrina dei quattro elementi di Aristotele: acqua, aria, terra e fuoco. Paracelso, per la prima volta, aggiunse ad essa una teoria che contemplava tre nuovi principi della materia (sale, zolfo e mercurio), contrassegnata dalla presenza di spiriti della natura responsabili delle sue trasformazioni e cambiamenti. Egli inoltre rifiutò l'insegnamento tradizionale della medicina, dando vita a una nuova disciplina, la iatrochimica, basata sulla cura delle malattie attraverso l'uso di sostanze minerali.

Medaglione raffigurante Carlo VIII
risalente agli anni '90 del 1400.
Nel 1.494 - Carlo VIII re di Francia inaugura le cosiddette guerre d'Italia (definite "horrende" dal Machiavelli): una lunga serie di otto conflitti, con cui le grandi potenze europee si disputarono il controllo della penisola, terminata solo nel 1559 con la Pace di Cateau-Cambrésis, che mutò profondamente la geografia politica dell'Italia. Carlo VIII, che vantava attraverso la nonna paterna, Maria d'Angiò (1404-1463), un lontano diritto ereditario alla corona del Regno di Napoli, indirizzò le risorse della Francia verso la conquista di quel reame, incoraggiato da Ludovico Sforzadetto Il Moro (che ancora non era duca di Milano ma ne era solo reggente) e sollecitato dai suoi consiglieri, Guillaume Briçonnet e de Vers. La riconquista del Sud della Penisola, già governato dalla Casata degli Angioini durante il secolo XIII, non comprendeva, nei progetti, anche la Sicilia. Quest'ultimo fatto depone a favore della tesi secondo la quale Carlo VIII non intendeva accrescere semplicemente i domini della sua Casata, ambizione comune a molte case regnanti di area mitteleuropea o anglosassone, ma farne piuttosto la base di partenza per quelle Crociate la cui eco era rinvigorita dalla cacciata degli arabi dall'ultimo possedimento spagnolo, il Regno di Granada (1492), avvenuta proprio in quegli anni. Il progetto politico della Res Publica Christiana Pro Recuperanda Terra Sancta aveva ancora presa nelle classi dirigenti europee nonostante la fine rovinosa cui andarono incontro sia la maggior parte di quel progetto stesso, sia coloro che intesero realizzarlo ben prima, intorno alla metà del Duecento. Discese in Italia il 3 settembre 1494 con un esercito di circa 30.000 effettivi dei quali 8.000 erano mercenari svizzeri, dotato di un'artiglieria moderna. Venne accolto festosamente dai duchi di Savoia. Il suo esercito si accampò ad Asti, dove Carlo VIII ricevette l'omaggio dei suoi sostenitori: Margarita dè Solari fanciulla di undici anni (nel 1495 gli dedicherà Les Louanges du Mariage) alloggiando nel Palazzo del padre in Asti ne ascolterà le odi, il cardinale Giuliano della Rovere che diverrà papa Giulio II nel 1503 fino al 1513, Ludovico Sforza , detto il Moro con la moglie Beatrice d'Este ed Ercole d'Este, duca di Ferrara. A Pavia conobbe Gian Galeazzo Sforza e sua moglie Isabella d'Aragona . Isabella ne approfittò per scongiurarlo di proteggere la sua famiglia dalle mire di Ludovico Sforza. Tuttavia, un mese dopo questo incontro, il marito Gian Galeazzo Sforza morì, probabilmente avvelenato, e Ludovico il Moro divenne signore di Milano con il benestare dei francesi. Carlo, dapprima intenzionato a percorrere la via Emilia fino alla Romagna, ne venne dissuaso da atteggiamenti bellicosi di Caterina Sforza, signora di Forlì e Imola. Così, dopo una tappa a Piacenza, si diresse verso Firenze. La città era tradizionalmente filofrancese, ma la politica incerta del suo signore, Piero di Lorenzo de' Medici, figlio di Lorenzo il Magnifico, l'aveva schierata in difesa degli Aragonesi di Napoli. Il pericolo incombente dei saccheggi e delle violenze dell'esercito francese (enfatizzato da una violenta predica di Girolamo Savonarola) accentuò il rancore della maggior parte dei cittadini contro i Medici. Carlo VIII entrò il 29 ottobre a Fivizzano, saccheggiandola, e pose l'assedio alla rocca di Sarzanello, chiedendo che gli fosse lasciato il passo per Firenze. Piero de' Medici, mutato consiglio, all'insaputa della città, gli concesse più di quanto chiedesse: le fortezze di Sarzanello, di Sarzana e di Pietrasanta, le città di Pisa e di Livorno e via libera per Firenze. Tornato a Firenze l'8 novembre, Piero ne fu immediatamente cacciato dai fiorentini, che considerarono il suo atteggiamento vile e servile, e proclamarono la Repubblica. Allo stesso tempo i fiorentini agevolarono l'invasione di Carlo VIII, considerandolo restauratore della loro libertà e riformatore della Chiesa, il cui Papa Alessandro VI (Rodrigo Borgia) era considerato indegno dal Savonarola. Carlo VIII però, timoroso di inimicarsi le potenze europee, non intendeva deporre il Borgia dal papato. Marciò verso Roma e prese dapprima Civitavecchia. Il 31 dicembre 1494, approfittando di una coincidenza fortunata, ottenne dal papa l'ingresso pacifico nella Città Eterna. L'accordo non risparmiò Roma dai saccheggi delle truppe francesi. Per evitarne un'ulteriore permanenza in città, il 6 gennaio 1495 Alessandro VI accolse Carlo VIII e ne autorizzò il passaggio negli Stati pontifici verso Napoli, affiancandogli come cardinale legato il figlio Cesare Borgia. Carlo VIII assediò Tuscania (Viterbo), distruggendone due terzieri e uccidendone 800 abitanti, ed espugnò poi il castello di Monte San Giovanni Campano trucidando 700 abitanti. Il 22 febbraio 1495 occupò Napoli praticamente senza combattere: il re Ferdinando II, detto Ferrandino, era già fuggito con tutta la corte in vista di una futura resistenza. Incoronato re di Napoli, vi stette fino a maggio quando il popolo e le armate napoletane, al grido di "ferro! ferro!", nuovamente rinvigorite sotto le insegne aragonesi del giovane re Ferrandino, riuscirono a scacciare i francesi dal Regno. La rapidità e la facilità con cui Carlo VIII aveva raggiunto Napoli e la posizione di dominio in Europa che gli derivava dall'unione delle corone di Francia e di Napoli suscitarono la formazione di una Lega antifrancese, composta da Venezia, Impero, Papato, Milano e Spagna. Carlo VIII comprese che era tempo di ritirarsi in Francia e cercò di valicare l'Appennino. Il 6 luglio 1495 trovò l'esercito della lega degli stati italiani a sbarrargli la strada nella Battaglia di Fornovo (Fornovo di Taro è in provincia di Parma). Negli anni successivi Carlo VIII tentò di ricostituire il suo esercito, ma senza successo, a causa dei grossi debiti contratti per la spedizione precedente. Morì a 27 anni, il 7 aprile 1498, per un incidente nel castello di Amboise: batté la testa contro l'architrave in pietra di una porta mentre, a cavallo, si recava ad assistere a una gara di jeu de paume e nel giro di due ore entrò in coma e morì per emorragia cerebrale. Da Anna di Bretagna, Carlo ebbe quattro figli, morti tutti bambini: Carlo Orlando (10 ottobre 1492 - 6 dicembre 1495), delfino di Francia; Carlo (8 settembre 1496 - 2 ottobre 1496), delfino; Francesco (1497-1498), delfino; Anna (1498-1499). Carlo VIII fu così l'ultimo esponente del ramo regale della dinastia Valois, detto "dei Valois diretti". Alla sua morte il trono passò al cugino, il Duca d'Orléans Luigi II di Valois-Orléans, che regnò come Luigi XII di Francia. Al suo successore, Carlo VIII trasmise in eredità una Francia immersa nei debiti e nel disordine, risultato di un'ambizione definita, nella forma più benevola, irrealistica. Eppure la sua spedizione portò a contatti tra gli umanisti italiani e francesi, dando vigore alle arti ed alle lettere francesi nel tardo Rinascimento.

Francesco Granacci: "Entrata di Carlo VIII a Firenze,
- Il periodo delle guerre d’Italia, che dal 1494, anno della discesa in Italia di Carlo VIII, giunge al 1516 e alla stipula del trattato di Noyon tra Francia e Spagna, è stato definito “epifania e infanzia del sistema degli Stati europei” (Galasso). Sia la preparazione diplomatica dell’impresa di Napoli da parte del re francese, sia le reazioni che la conquista del regno da parte di Carlo suscita nel complesso degli Stati europei avviano una lunga vicenda di conflitti politici e militari tra gli Stati dell’Occidente europeo, quasi tutti coinvolti nelle vicende che si concludono con l’emergere di un nuovo equilibrio europeo: la Francia acquisisce il Ducato di Milano (1516) e Ferdinando il Cattolico, fin dal 1503, conquista il Regno di Napoli. Durante le guerre d’Italia, dunque, matura la nascita di un nuovo sistema di Stati, in cui emergono i due assi portanti, costituiti dal Regno di Francia e da quello spagnolo, entrambi insediati nella penisola italiana, attorno ai quali, oltre all’Impero tedesco, formalmente al di sopra ma nella realtà sottoposto ad almeno uno dei due potentati, c’è l’Inghilterra, anch’essa in una condizione di subalternità, nonché gli altri Stati regionali italiani. Così, come afferma Giuseppe Galasso, si determina un’interdipendenza  obiettiva  della politica degli Stati che hanno agito nell’Europa durante le guerre d’Italia, pertanto essi si trovano  condizionati nel loro comportamento e nelle loro iniziative dalla presenza di una rete di rapporti internazionali. Sono queste condizioni a germinare il nuovo sistema: la stabilità e la regolarità delle relazioni; la dinamica spontanea dei pesi e dei contrappesi per l’esistenza di un gruppo di potenze reciprocamente interferenti; l’inevitabilità delle sfide e delle risposte provocata da questo genere di relazioni.
Sistema degli Stati europei, da http: http://www.novecento.org
Non è ancora sviluppata la coscienza del principio di equilibrio delle potenze di livello europeo, ma gli avvenimenti militari e diplomatici che, dalla calata di Carlo VIII fino alla pace di Noyon, si svolgono su vari scenari (soprattutto italiani) contribuiscono a definire gli interessi e le possibilità delle potenze europee le une rispetto alle altre. Emerge, così, una chiara concezione dell’interdipendenza del sistema politico europeo che ha ormai unificato i sistemi regionali precedenti. Intanto si sviluppa la  convinzione  che la libertà di ciascuna delle potenze e la  sicurezza di tutte coloro che operano nel sistema dipendano da un’azione comune contro ogni potenza che sembri acquistare una preponderanza eccessiva. Uno dei fenomeni più interessanti verificatosi nell’Italia di Lorenzo il Magnifico, la nascita di un sistema diplomatico permanente, testimonia, con l’allargamento agli Stati europei delle ambasciate permanenti, come la coscienza dell’esistenza di un sistema di Stati sia divenuta una realtà dell’Europa moderna. (Da https://library.weschool.com/lezione/le-guerre-ditalia-e-il-sistema-degli-stati-europei-20094.html)

Dal 1.495 - L'aggressiva spregiudicatezza della politica della Repubblica di Venezia, la sua potenza economica e militare sono ancora tali da far sospettare che miri al predominio su tutta l'Italia: nel giro di pochi anni Venezia partecipa alla lega contro Carlo VIII (1495) ed è presente alla battaglia di Fornovo. 
Approfitta delle difficoltà degli Aragonesi e s'impadronisce di alcuni porti pugliesi, affacciandosi sullo Ionio, interviene nella guerra tra Firenze e Pisa e per ottenere Cremona e la Gera d'Adda si allea con la Francia contribuendo alla sconfitta dei Visconti. 
Carta geografica dell'Europa nel 1.500.
Dopo la caduta del Valentino, occupa rapidamente Cervia e Faenza (1504) e toglie agli Asburgo Gorizia e Trieste (1507/08). Le potenze europee e italiane allora si coalizzano per ridurla ai soli territori della laguna (Lega di Cambrai del 1508). Venezia è sul punto di soccombere ma per sua fortuna l'accordo venne meno e si libera della Spagna, del papa e della Francia restituendo le terre occupate dopo il 1494 e può contrattaccare l'imperatore. Con la partecipazione alla Lega Santa rientra poi in possesso di molti dei territori perduti e migliora ancora la sua condizione attraverso una nuova alleanza con Luigi XII (a Blois nel 1513). Con la Pace di Noyon del 1516, infine, riottiene anche le ultime città rimaste in mano nemica.

Nel 1.498 - Girolamo Savonarola è bruciato sul rogo a Firenze.

- Tra il XV e il XVI secolo l'Impero ottomano vive un lungo periodo di conquiste ed espansione, e prospera sotto una lunga dinastia di sultani. L'economia dello Stato è florida anche grazie al controllo delle vie commerciali di terra tra l'Europa e l'Asia.

Leonardo da Vinci:
Monalisa, "La Gioconda"
(1.503).
Nel 1.503 - Leonardo da Vinci dipinge "La Gio­conda". 

- Il regno degli ultimi due re Jagelloni, Sigismondo I e Sigismondo II Augusto, dal 1506 al 1572, ma più in generale l'intero XVI secolo, è considerato l'Età dell'Oro della cultura polacca grazie alla fioritura dell'agricoltura, delle arti e dell'architettura, della cultura in generale e del miglioramento delle condizioni di vita e l'espansione delle città (come Cracovia e Danzica), influenzati dal Rinascimento italiano che caratterizzerà tutta la Renesans (Rinascita) della Polonia.

Nel 1.507 - All'America viene assegnato il nome che ha ancora oggi per ricordare Amerigo Vespucci. Amerigo Vespucci, (1.454 - 1.512) fu un navigatore italiano, Segretario e diplomatico al servizio dei Medici, lasciò Firenze per missioni in Francia e in Spagna, dove si stabilì a Siviglia. Dopo un primo viaggio che avrebbe effettuato nel 1.497 verso i Caraibi, fu con Juan de la Cosa e Alonso de Hojeda, nel 1.499, in una spedizione organizzata per volere di re Ferdinando allo scopo di verificare le scoperte di Colombo, e toccò le foci del Rio delle Amazzoni e le coste del Brasile. In un successivo viaggio per conto del Portogallo esplorò la baia di Rio de Janiero e si spinse a sud fino in Patagonia. Convinto dalle relazioni di Vespucci che le terre appena esplorate fossero un nuovo continente e non l'Asia, il cosmografo tedesco Martin Waldeseemùller diede in suo onore il nome di America al "nuovo mondo" (1.507). 

Nel 1.508 - Erasmo da Rotterdam afferma la necessità di un'imposta diretta sui red­diti dei ricchi.

Nel 1.509 - Nasce Giovanni Calvino, che istituirà, nell'ambito della Riforma, il Calvinismo.

- Peter Henle, di Norimberga, costruisce l'orologio.

Nel 1.512 - Lorenzo di Piero de' Medici può rientrare a Firenze grazie all'appoggio di papa Giulio II e della Lega Santa: un esercito spagnolo, al comando di Raimondo de Cardona, invade il Mugello e mette a sacco Prato e Campi Bisenzio in modo orrendo. Davanti a queste devastazioni, i fiorentini si arrendono ed accettano il ritorno della casata medicea. Tra le vittime delle repressioni e delle vendette che seguirono la restaurazione medicea, ci furono anche Niccolò Machiavelli, che fu esiliato nella sua tenuta di San Casciano in Val di Pesa ed il gonfaloniere Pier Soderini, che fu costretto all'esilio. Lorenzo di Piero de' Medici (Firenze, 12 settembre 1492 - Firenze, 4 maggio 1519), unico figlio maschio di Piero "il Fatuo" de' Medici e di Alfonsina Orsini, fu signore di Firenze e il primo ed unico duca di Urbino della dinastia Medici. Bello d'aspetto, cavalcatore e cacciatore, non privo di abilità e di astuzia, fu, per difetto di energia e di coraggio, inferiore alla sua fama, non degno che a lui Niccolò Machiavelli dedicasse Il Principe e che Michelangelo Buonarroti ne idealizzasse la figura nel "Pensieroso" delle tombe medicee. Era figlio di Piero II de' Medici ("il Fatuo") e di Alfonsina Orsini. Suo nonno era quindi Lorenzo il Magnifico, con il quale a volte viene erroneamente confuso per l'omonimia dei loro nomi e di quelli dei rispettivi genitori. Lorenzo visse la sua giovinezza a Roma, dove la famiglia de' Medici era riparata dopo la cacciata da Firenze nel 1494, quando suo padre aveva aperto le porte della Toscana al re di Francia Carlo VIII e i fiorentini si erano ribellati al potere della dinastia, dando vita ad una nuova repubblica.

Frontespizio de "Il
Principe"e altri scritti di
Machiavelli, edizione
del 1550, da: https
Nel 1.513 - Niccolò Machiavelli scrive la sua opera di maggior rilievo, "Il Principe", dedicandola a Lorenzo di Piero de’ Medici, probabilmente nella speranza di fargli cosa gradita e di essere riammesso a Firenze. Il pensiero di Machiavelli e il termine "machiavellico" sono spesso stati disapprovati, in gran parte a causa della scarsa comprensione del suo metodo. "Machiavellico" è un termine associato alla falsa sintesi del pensiero filosofico di Machiavelli, ossia quella de "il fine giustifica i mezzi". Machiavelli è sicuramente rammentato per aver fondato in Europa la moderna idea della politica. "Il Principe" è sempre stato nell'Indice dei libri proibiti dalla Chiesa cattolica, in parte perché smontava le teorie politiche cristiane come quelle - rispettate da lungo tempo - di Sant'Agostino e Tommaso d'Aquino, ma soprattutto perché Machiavelli annulla ogni nesso tra etica e politica: infatti, secondo lui, il Principe deve cercare di sembrare magnanimo, religioso, onesto ed etico. Ma in realtà, i doveri di un principe non gli permettono di possedere alcuna di queste virtù. Il Principe ha sfidato la filosofia scolastica della Chiesa cattolica e la sua lettura ha contribuito alla fondazione del pensiero Illuminista e quindi del mondo moderno, occupando così una posizione unica nell'evoluzione del pensiero in Europa. «La corte di Roma ha severamente proibito il suo libro: lo credo bene! È proprio essa che egli dipinge più efficacemente» (Jean Jacques Rousseau, ne "Il contratto sociale"). Le sue massime più conosciute sono ampiamente citate anche oggi, in genere nella critica di leader politici: "è molto più sicuro essere temuti che amati", ma non è meglio essere odiati, e nemmeno ignorare virtù e giustizia quando questi non minacciano il proprio potere. Le idee di Machiavelli circa le virtù di un Principe ideale furono di ispirazione per la moderna filosofia politica e trovarono le più disparate e distorte applicazioni soprattutto nel XX secolo. Persino il concetto di Realpolitik si basa sulle idee di Niccolò Machiavelli. Magari è più ragionevole chiedersi quali teorie del ventesimo secolo non abbiano a che fare con Machiavelli. Anche quelle dell'economia politica sembrano di dovere qualcosa a quest'opera del Rinascimento. Le giustificazioni morali della colonizzazione delle Americhe nel XVI secolo possono trovarsi in parte in quest'opera, anche se molti colonizzatori e attività di costruzione imperiale hanno superato l'obiezione morale.

Nel 1.514 - L'8 maggio, François d'Orléans, il futuro re Francesco I, figlio di Carlo di Valois-Angoulême e di Luisa di Savoia, divenuto da fanciullo conte d'Angoulême per la morte del padre, sposa Claudia di Francia (1499 - 1524), figlia del re Luigi XII della Casa di Orléans e duchessa di Bretagna.

Nel 1.515 - Il 1° gennaio muore Luigi XII di Valois-Orléans, detto il "Padre del Popolo", che era stato Signore di Baux, Re di Francia dal 1498 al 1515 e Re di Napoli, come Luigi II, l'unico membro del ramo dei Valois-Orléans a diventare re di Francia. Dato che Luigi non aveva eredi maschi e che la lex salica franca rimaneva l'unico documento giuridico che regolasse le questioni di discendenza, negando alle donne la possibilità di salire al trono, alla morte di Luigi gli succede alla reggenza di Francia il genero François d'Orléans, Conte d'Angoulême, che assume il nome di Francesco I (1494 - 1547) divenuto re di Francia dal 1515 fino alla sua morte nel 1547, il primo della dinastia Capetingia dei Valois-Angoulême, che si estinguerà con la morte del nipote Enrico III, avvenuta nel 1589. La madre, rimasta vedova, aveva dovuto provvedere all'educazione dei figli e si era avvalsa dell'aiuto del suo confessore, Cristoforo Numai da Forlì, dato importante visto che l'Europa del tempo era teatro di scontri religiosi importanti, con la Turchia islamica che dilagava dai Balcani all'Ungheria, i prìncipi tedeschi luterani che si rifiutavano di contribuire al mantenimento della chiesa cattolica con relativa secolarizzazione dei beni ecclesiastici (come la nascita del ducato di Prussia), il calvinismo ugonotto che dilagava in Svizzera, Francia e nella futura Olanda e il monarca britannico che arrogava a sé il titolo di pontefice massimo, inaugurando l'anglicanesimo.

Nel 1.515 Francesco I, essendo pronipote di Valentina Visconti, crede suo diritto riottenere Milano come eredità familiare, per cui discende in Italia in armi in una spedizione lunga e sanguinosa. Il 13 settembre 1515, nelle vicinanze di Marignano a sud di Milano, in seguito chiamata Melegnano, a capo di un esercito francese e veneziano, si scontra con l'esercito svizzero, corso a dar manforte a Massimiliano Sforza, duca di Milano. La vittoria del monarca francese arresta la politica espansionistica dei Confederati e garantisce alla Francia il controllo del ducato di Milano. Grazie a questa vittoria inoltre, Francesco I costringe papa Leone X alla trattativa per il possesso dei territori di Parma e Piacenza. La trattativa si svolge a Bologna, condotta dal cancelliere di Francia Antoine Duprat e si conclude con il Concordato di Bologna che sancisce la rinuncia da parte del papa ai territori in questione, l'abolizione da parte del re di Francia, della Prammatica Sanzione di Bourges del 1438, il diritto del re di Francia alla nomina di vescovi e abati, ai quali il papa si sarebbe limitato al conferimento dell'autorità spirituale, quale conferma del gallicanesimo, autonomia dal papa e contestazione del suo potere assoluto in favore dei consigli generali della Chiesa nazionale e dei relativi sovrani.

Antica carta del ducato di
Valence, il Valentinois.
Nel 1.516 - Cesare Borgia, figlio di Rodrigo Borgia, il papa Alessandro VI, benché in precedenza cardinale, attraverso un matrimonio acquisisce il titolo di duca del Valentinois, territorio del sud-est della Francia, per cui sarà conosciuto come il Valentino.

Stemma della Marina
Militare Italiana con
le 4 bandiere delle
antiche Repubbliche
Marinare di Venezia,
Genova, Amalfi e Pisa.
Altre erano Ancona,
Gaeta e la Ragusa al di
là del Mare Adriatico.
- L'Italia di quei tempi è stata quindi il laboratorio politico-economico-culturale che ha prodotto:
- I primi grandi capitali monetari che hanno determinato la nascita degli istituti bancari,
- Nuovi soggetti politici, come ad esempio i Comuni, trasformatisi poi in Signorie, le Repubbliche Marinare e, nell'intreccio fra realtà urbane autonome e crescita economica, avanzamento del ceto della borghesia (composto da artigiani e commercianti) non aristocratico che verrà imitato da tutta Europa.
- Sul versante culturale, la riscoperta dei classici degli antichi stimola l'uso della ragione, la ricerca e la sperimentazione. 

"La Scuola di Atene" - Raffaello Sanzio.
In quest'opera Raffaello rappresenta
i grandi filosofi del passato: Platone e
Aristotele al centro, Diogene di Sinope
sui gradini ai loro piedi. Nel gruppo alla
destra di Platone, Socrate che parla con
alcuni giovani, di cui quello con l'elmo
è Alessandro Magno. Epicuro, in basso
a sinistra consulta un testo retto da un
putto. Alla sua destra, Averroè con il
turbante osserva Pitagora inginocchiato
mentre legge e dietro di lui l'unica
donna, Ipazia di Alessandria. Dalla parte
opposta, di spalle con veste gialla,
Claudio Tolomeo che regge il globo
terracqueo e alla sua destra,
Raffaello stesso.
Michelangelo Buonarroti: "Creazione
di Adamo" (cappella Sistina)

Michelangelo Buonarroti: "Creazione
di Eva" (cappella Sistina)


- Nel Rinascimento gli artisti riscoprirono le "divine proporzioni" della geometria sacra con cui costruivano gli antichi: la proporzione aurea.
Per costruire la sezione aurea del segmento AB, si traccia un triangolo rettangolo ABF, in modo che il cateto BF sia metà di AB. Per ottenere questa metà si tracciano due coppie di archetti a piacere nei punti C e D e poi si uniscono: il punto E di AB è la metà ricercata. Poi con un arco di cerchio con centro in B si interseca la verticale a B in F.
La sezione aurea in un triangolo
isoscele.
Fa seguito il congiungimento del punto A con F sul quale si punta il compasso e si esegue l'arco che congiunge B con G del segmento AF. AG è la sezione aurea che si cerca: di qui con il compasso, centrato in A e di raggio AG, si disegna l'arco che interseca il segmento AB e, lateralmente nei punti I ed L di confluenza con un arco di centro E. Ed ora l'ultima cosa da fare è tracciare due rette che collegano, B con I fino ad intersecare il prolungamento ortogonale al segmento AB in M, e poi, dalla parte opposta, B con L per arrivare alla semiretta ortogonale ad AB in N.
La piramide di Cheope, a Giza,
costruita secondo i sacri
rapporti.
 Il triangolo MNB è il triangolo della piramide di Cheope eseguito secondo il canone della sezione aurea.
II rapporto AB:AH, che è uguale al rapporto AH:HB, è un numero irrazionale a cui viene attribuito il valore approssimativo 1,618... Numericamente questo rapporto è espresso da:

Il numero Aureo.
Si tratta anche di un numero che deriva dai rapporti fra due termini successivi della serie di Fibonacci al loro limite.

Proporzioni nella
"Gioconda"
Le proporzioni auree
nel Partenone di Atene.
Studi geometrici sulla forma
del Partenone di Atene.  



Geometria sacra scoperta
da Leonardo da Vinci
nell'"Uomo Vitruviano".  
Sovrapposizione di "La
Gioconda" e
"l'uomo Vitruviano".
Piero della Francesca: "Flagellazione".
Si noti che il quadrato della
costruzione in cui avviene
la flagellazione è in rapporto
aureo con il rettangolo
dell'opera intera.

Raffaello Sanzio:
"Sposalizio della Vergine"
Studi geometrici su:
Sposalizio della Vergine
di Raffaello Sanzio.  
Nel 1.517 - Martin Lutero pubblica le "Tesi di Wittenberg". Inizia così la Riforma, la chiesa cattolica romana subisce una scissione che definirà "protestantesimo". La conseguenza politico-economica più visibile nell'adesione alla cristianità riformata da parte di un Principe, era la  secolarizzazione dei beni della chiesa cattolica di Roma nei suoi domini.
Così ad esempio, l'ordine dei Cavalieri Teutonici venne sciolto, il suo gran maestro divenne principe dei territori dell'ex-ordine, che presero prima il nome di Bradenburgo, poi Prussia.

Nel 1.518 - Dalla Cina viene introdotta in Europa la porcellana. 
Cartina dell'Europa nel XV - XVI
secolo, con le aree delle religioni:
cattolica, luterana, calvinista,
anglicana, ortodossa, musulmana.

Nel 1.519 - Nella corsa al potere per la corona del Sacro Romano Imperatore, Francesco I perde l'elezione alla carica imperiale (1519) in favore di Carlo V d'Asburgo, che riuscirà a comprare i voti degli elettori grazie al sostegno finanziario del banchiere tedesco Jacob Fugger. Inizia così il regno di Carlo VIn quegli anni si afferma il fatto che l'Europa non è più solo un piccolo continente, ma un sistema di Stati interdipendenti nel sistema politico europeo che ha ormai unificato i sistemi regionali precedenti. Intanto si sviluppa la convinzione che la libertà di ciascuna delle potenze e la sicurezza di tutte coloro che operano nel sistema dipendano da un’azione comune contro ogni potenza che possa acquistare una preponderanza eccessiva.


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