Carta degli stati balcanici nel 1914,
anno in cui la Bosnia è annessa
all'impero austro-ungarico.
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- La Triplice Alleanza, in scadenza l'8 luglio 1914, era stata rinnovata anticipatamente il 5 dicembre 1912, con l'aggiunta di un particolare protocollo riguardante i Balcani. Proprio in tale contesto, allorquando nel 1913 l'Austria-Ungheria aveva progettato una operazione militare contro la Serbia, l'opposizione dell'Italia lo aveva mandato a monte, esasperando l'avversione di Francesco Ferdinando e del generale Franz Conrad von Hötzendorf e del loro apparato militare.
- V. Tatlin da inizio al movimento artistico russo del costruttivismo.
- Le due guerre balcaniche rappresentarono un'importante premessa per lo scoppio della Prima guerra mondiale: fu proprio in seguito all'espansione serba nella regione che l'Austria-Ungheria cominciò ad allarmarsi. Tali timori erano condivisi dalla Germania, che vedeva nella Serbia un prezioso alleato della minacciosa Russia. Dunque, fu proprio l'accresciuta potenza serba a rappresentare una delle principali ragioni che spinsero gli Imperi centrali a decretare l'inizio della prima guerra mondiale. Boris Urlanis, nel suo lavoro "Voini I Narodo-Nacelenie Europi" (del 1960), stimò che le due guerre balcaniche causarono l'uccisione di 122.000 persone durante le operazioni belliche e la morte di altre 20.000 per le ferite riportate durante gli scontri. A questi bisogna poi aggiungere gli 82.000 morti a causa delle malattie.
Nel 1.914 - Il massimo centro finanziario mondiale è Londra, la moneta più ambita la sterlina e gli USA sono debitori con i paesi europei (fra cui la Germania, che per produzione industriale ha sorpassato l'UK) per 5 miliardi di dollari.
- Nel 1914 l'erede al trono asburgico visita la città di Sarajevo proprio nel giorno di Vidovdan, una delle ricorrenze più sentite dal popolo serbo. Francesco Ferdinando sosteneva l'idea della trasformazione dell'impero, da duplice a triplice monarchia, comprendente dunque un terzo stato formato dai territori slavi della monarchia asburgica, cosa che avrebbe minacciato le idee espansionistiche serbe. Il 28 giugno del 1914 un giovane serbo-bosniaco di nome Gavrilo Princip, sospettato di appartenere alle schiere dell'organizzazione chiamata Crna ruka ("mano nera"), assassinò l'arciduca Francesco Ferdinando a Sarajevo.
- Inizia, dopo l'attentato di Sarajevo, la prima guerra mondiale. Il Kaiser Guglielmo II si trovava a Kiel in occasione dell'annuale regata sull'Elba nell'ambito della "Settimana di Kiel" quando il 28 giugno 1914 lo raggiunse un telegramma che annunciava che l'arciduca Francesco Ferdinando in visita a Sarajevo era rimasto vittima di un attentato insieme con la consorte morganatica, Sofia (un matrimonio morganatico è un tipo di matrimonio contratto in tra persone di diverso rango sociale, che impedisce il passaggio alla moglie dei titoli e dei privilegi del marito). L'erede al trono degli Asburgo si recò in visita ufficiale nella città serba il 28 giugno 1914, in occasione dell'anniversario della sconfitta che i turchi avevano inflitto ai serbi nella battaglia del Kosovo del 1349. L'organizzazione terroristica serba "Mano Nera" aveva affidato a sei giovani cospiratori il compito di attentare alla vita dell'arciduca in nome dell'indipendenza serba. In mattinata uno di questi lanciò una bomba contro la macchina dell'erede, ma l'ordigno, rimbalzando sulla fiancata, esplose contro l'automezzo successivo, ferendo due ufficiali. Nonostante il tentato assassinio, il corteo continuò il suo cammino e giunto in municipio Francesco Ferdinando apostrofò le autorità in tono irato: « È così che accogliete i vostri ospiti? Con le bombe? ». L'arciduca chiese di essere condotto in automobile all'ospedale, per far visita agli ufficiali feriti e il fato volle che in una strada stretta, incrociassero Gavrilo Princip, che esplose contro il "bersaglio mancato" due colpi ferendo entrambi i passeggeri, che morirono lungo il tragitto. Al diffondersi della notizia del crimine tutte le nazioni reagirono indignate e con orrore. Solo due paesi rimasero insensibili all'accaduto: l'Austria e la Serbia. Da una parte la stampa serba fece ben poco per dissimulare il suo compiacimento, come anche l'opinione pubblica e lo stesso governo che, appena uscito malamente dalle guerre balcaniche, non desiderava altro che pace e reagì in modo stranamente apatico. L'Austria, del resto, diede inizio a una debole indagine per determinare se la Serbia avesse effettivamente avuto parte all'attentato, dalla quale non emerse alcuna prova a sostegno di questa tesi. Gli attentatori non erano a conoscenza della natura dei rapporti tra l'imperatore d'Austria e l'arciduca. Questi, infatti, era uno dei pochi uomini di potere che guardasse con una certa simpatia alla causa serba e si pensava che progettasse di sostituire il dualismo austro-ungarico con un trialismo di Austria, Ungheria e paesi slavi meridionali. Per le sue idee politiche e per lo scandaloso matrimonio con Sophie Chotek von Chotkowa, che non apparteneva a nessuna delle dinastie europee regnanti, Francesco Ferdinando si era alienato le simpatie della corte e dello stesso zio, l'imperatore Francesco Giuseppe, che sembra aver reagito alla notizia dell'attentato con queste parole: « Un potere superiore ha ristabilito l'ordine che io, purtroppo, non sono riuscito a preservare ». Nonostante un mese di continui rimandi, già all'indomani dell'attentato, il ministro degli esteri austriaco, conte Berchtold, e il capo di stato maggiore, barone Conrad von Hötzendorf, fremevano al pensiero di approfittare della situazione per ridimensionare il ruolo della Serbia. Francesco Giuseppe, però, non si dimostrava pienamente convinto dal progetto e temeva che un attacco alla Serbia avrebbe coinvolto altre potenze, prima fra tutte la Russia. Il conte Tisza, il primo ministro ungherese, condivideva gli stessi dubbi dell'imperatore obiettando che non sarebbe stato difficile trovare un casus belli qualora ce ne fosse stato bisogno. Il capo di stato maggiore Conrad von Hötzendorf, allora, si preoccupò di coprire le spalle all'Austria e cercò di coinvolgere la Germania, inviando al Kaiser un memorandum e una lettera personale firmate dell'imperatore. D'altro canto Guglielmo II non aveva bisogno di sollecitazioni e rivelò subito i suoi più drastici intenti. In realtà, fino a poco tempo prima, il Kaiser si era sempre presentato di indole moderata riguardo a un conflitto su vasta scala e questo suo mutamento di umore risultò assai strano. Probabilmente le cause sono da ricercare nel fatto che non voleva essere tacciato di debolezza o, piuttosto, che voleva ricordare l'amicizia che lo legava al principe assassinato. Fatto sta che il 5 luglio con una lettera la Germania assicurava il suo più completo appoggio, aggiungendo che la Russia "non era assolutamente pronta per la guerra". Riguardo al terzo componente della Triplice Alleanza, l'Italia, l'Austria preferì tenere Roma all'oscuro dei propri piani, sicura che sarebbe bastato l'alleato tedesco a scongiurare il disastro.
- Nel 1914 l'erede al trono asburgico visita la città di Sarajevo proprio nel giorno di Vidovdan, una delle ricorrenze più sentite dal popolo serbo. Francesco Ferdinando sosteneva l'idea della trasformazione dell'impero, da duplice a triplice monarchia, comprendente dunque un terzo stato formato dai territori slavi della monarchia asburgica, cosa che avrebbe minacciato le idee espansionistiche serbe. Il 28 giugno del 1914 un giovane serbo-bosniaco di nome Gavrilo Princip, sospettato di appartenere alle schiere dell'organizzazione chiamata Crna ruka ("mano nera"), assassinò l'arciduca Francesco Ferdinando a Sarajevo.
- Inizia, dopo l'attentato di Sarajevo, la prima guerra mondiale. Il Kaiser Guglielmo II si trovava a Kiel in occasione dell'annuale regata sull'Elba nell'ambito della "Settimana di Kiel" quando il 28 giugno 1914 lo raggiunse un telegramma che annunciava che l'arciduca Francesco Ferdinando in visita a Sarajevo era rimasto vittima di un attentato insieme con la consorte morganatica, Sofia (un matrimonio morganatico è un tipo di matrimonio contratto in tra persone di diverso rango sociale, che impedisce il passaggio alla moglie dei titoli e dei privilegi del marito). L'erede al trono degli Asburgo si recò in visita ufficiale nella città serba il 28 giugno 1914, in occasione dell'anniversario della sconfitta che i turchi avevano inflitto ai serbi nella battaglia del Kosovo del 1349. L'organizzazione terroristica serba "Mano Nera" aveva affidato a sei giovani cospiratori il compito di attentare alla vita dell'arciduca in nome dell'indipendenza serba. In mattinata uno di questi lanciò una bomba contro la macchina dell'erede, ma l'ordigno, rimbalzando sulla fiancata, esplose contro l'automezzo successivo, ferendo due ufficiali. Nonostante il tentato assassinio, il corteo continuò il suo cammino e giunto in municipio Francesco Ferdinando apostrofò le autorità in tono irato: « È così che accogliete i vostri ospiti? Con le bombe? ». L'arciduca chiese di essere condotto in automobile all'ospedale, per far visita agli ufficiali feriti e il fato volle che in una strada stretta, incrociassero Gavrilo Princip, che esplose contro il "bersaglio mancato" due colpi ferendo entrambi i passeggeri, che morirono lungo il tragitto. Al diffondersi della notizia del crimine tutte le nazioni reagirono indignate e con orrore. Solo due paesi rimasero insensibili all'accaduto: l'Austria e la Serbia. Da una parte la stampa serba fece ben poco per dissimulare il suo compiacimento, come anche l'opinione pubblica e lo stesso governo che, appena uscito malamente dalle guerre balcaniche, non desiderava altro che pace e reagì in modo stranamente apatico. L'Austria, del resto, diede inizio a una debole indagine per determinare se la Serbia avesse effettivamente avuto parte all'attentato, dalla quale non emerse alcuna prova a sostegno di questa tesi. Gli attentatori non erano a conoscenza della natura dei rapporti tra l'imperatore d'Austria e l'arciduca. Questi, infatti, era uno dei pochi uomini di potere che guardasse con una certa simpatia alla causa serba e si pensava che progettasse di sostituire il dualismo austro-ungarico con un trialismo di Austria, Ungheria e paesi slavi meridionali. Per le sue idee politiche e per lo scandaloso matrimonio con Sophie Chotek von Chotkowa, che non apparteneva a nessuna delle dinastie europee regnanti, Francesco Ferdinando si era alienato le simpatie della corte e dello stesso zio, l'imperatore Francesco Giuseppe, che sembra aver reagito alla notizia dell'attentato con queste parole: « Un potere superiore ha ristabilito l'ordine che io, purtroppo, non sono riuscito a preservare ». Nonostante un mese di continui rimandi, già all'indomani dell'attentato, il ministro degli esteri austriaco, conte Berchtold, e il capo di stato maggiore, barone Conrad von Hötzendorf, fremevano al pensiero di approfittare della situazione per ridimensionare il ruolo della Serbia. Francesco Giuseppe, però, non si dimostrava pienamente convinto dal progetto e temeva che un attacco alla Serbia avrebbe coinvolto altre potenze, prima fra tutte la Russia. Il conte Tisza, il primo ministro ungherese, condivideva gli stessi dubbi dell'imperatore obiettando che non sarebbe stato difficile trovare un casus belli qualora ce ne fosse stato bisogno. Il capo di stato maggiore Conrad von Hötzendorf, allora, si preoccupò di coprire le spalle all'Austria e cercò di coinvolgere la Germania, inviando al Kaiser un memorandum e una lettera personale firmate dell'imperatore. D'altro canto Guglielmo II non aveva bisogno di sollecitazioni e rivelò subito i suoi più drastici intenti. In realtà, fino a poco tempo prima, il Kaiser si era sempre presentato di indole moderata riguardo a un conflitto su vasta scala e questo suo mutamento di umore risultò assai strano. Probabilmente le cause sono da ricercare nel fatto che non voleva essere tacciato di debolezza o, piuttosto, che voleva ricordare l'amicizia che lo legava al principe assassinato. Fatto sta che il 5 luglio con una lettera la Germania assicurava il suo più completo appoggio, aggiungendo che la Russia "non era assolutamente pronta per la guerra". Riguardo al terzo componente della Triplice Alleanza, l'Italia, l'Austria preferì tenere Roma all'oscuro dei propri piani, sicura che sarebbe bastato l'alleato tedesco a scongiurare il disastro.
Nelle due settimane successive all'attentato la situazione europea sembrava ancora lontana dallo scoppio di un conflitto su vasta scala, tanto che in tutti i paesi le previsioni si mostravano sempre ottimistiche. Il 30 giugno Sir Arthur Nicolson, il più alto funzionario al Foreign Office (il dicastero del Regno Unito responsabile della promozione degli interessi del Paese all'estero), scrisse all'ambasciatore britannico a San Pietroburgo: «La tragedia che si è appena consumata a Sarajevo non comporterà, credo, ulteriori complicazioni». Nel frattempo in Austria i ministri discutevano su quali misure dovessero adottare contro la Serbia e solo il conte Tisza sembra covare profetici dubbi: «[l'attacco austriaco alla Serbia] provocherà, per quanto umanamente possibile prevedere, una guerra mondiale». Le incertezze del primo ministro ungherese, però, vennero presto messe in sordina di fronte al fatto che ulteriori indugi avrebbero solo peggiorato la situazione. Se l'Austria si fosse mostrata debole, avrebbe infatti rischiato di perdere la stima e l'appoggio della Germania. Mentre Sir Arthur Nicolson persisteva nel suo atteggiamento ottimista, scrivendo all'ambasciatore britannico a Vienna «Dubito che l'Austria prenda iniziative serie e prevedo che la tempesta si placherà ».
Intorno al 9 luglio in Austria si cominciavano a muovere i primi passi per la redazione di un ultimatum da inviare al governo serbo. L'obiettivo consisteva nell'avanzare delle richieste talmente improponibili che il netto rifiuto serbo avrebbe inevitabilmente spinto l'Austria a dichiararle guerra. Le condizioni, definite a Vienna il 19 luglio, erano rappresentate in quindici punti, alcuni dei quali violavano palesemente l'autonomia serba. Oltre alla repressione di qualsiasi forma di propaganda antiaustriaca, l'ultimatum chiedeva che il governo serbo condannasse i militari implicati nell'attentato, che promettesse la cessazione delle ingerenze in Bosnia e esigeva l'esonero di qualsiasi funzionario serbo e la nomina di funzionari austriaci nei posti di potere.
Il 21 luglio, dietro spinta dei propri ministri, Francesco Giuseppe diede l'assenso alle condizioni poste, dichiarando: «La Russia non può accettarlo... Ciò significa la guerra generale». L'ultimatum venne consegnato alla 6 di mattina del 23 luglio ponendo come termine massimo 48 ore. Il giorno successivo il governo tedesco avviò la propria politica offensiva trasmettendo ai governi di Russia, Francia e Gran Bretagna delle note diplomatiche che definivano le richieste austriache "moderate e giuste", aggiungendo, a mo' di minaccia, che "ogni interferenza" avrebbe portato a incalcolabili conseguenze. Due minuti prima della scadenza delle 48 ore, la risposta serba venne consegnata all'ambasciatore austriaco, barone Giesl, che, senza averla neanche letta, secondo gli ordini ricevuti, lasciò in treno Belgrado. Tre ore dopo cominciava la parziale mobilitazione delle forze austriache sul fronte serbo. Il 24 luglio, d'altro canto, il consiglio dei ministri russo decise di mobilitare in segreto tredici corpi d'armata pronti a iniziare l'offensiva contro l'Austria in nome del panslavismo. La Triplice Alleanza, in scadenza l'8 luglio 1914, era stata rinnovata anticipatamente il 5 dicembre 1912, con l'aggiunta di un particolare protocollo riguardante i Balcani. Proprio in tale contesto, allorquando nel 1913 l'Austria-Ungheria aveva progettato una operazione militare contro la Serbia, l'opposizione dell'Italia lo aveva mandato a monte, esasperando l'avversione di Francesco Ferdinando e del generale Franz Conrad von Hötzendorf e del loro apparato militare. Questa insofferenza portò la diplomazia austro-ungarica durante gli ultimi giorni della cosiddetta crisi di luglio, a giocare d'astuzia. Il 22 luglio 1914 l'ambasciatore Kajetan Mérey incontrò al ministero degli Esteri a Roma il marchese Antonino di San Giuliano, il quale venne rassicurato in maniera piuttosto generica sulla posizione che l'Austria-Ungheria intendeva assumere nei confronti della Serbia e del Montenegro. Il 24 luglio, Di San Giuliano assieme a Antonio Salandra e all'ambasciatore tedesco Hans von Flotow presero visione dell'ultimatum presentato dall'Austria-Ungheria alla Serbia, rimanendone sconcertati. Il governo di Vienna non aveva minimamente ragguagliato Roma durante la fase di preparazione del durissimo ultimatum che aveva presentato, onde evitare le facilmente prevedibili reazioni negative e nel tentativo di impedire qualunque forma di protesta formale, la scadenza dell'ultimatum stesso venne prefissata alle ore 17 del giorno successivo. La Serbia rifiutò il documento e il 28 luglio venne sancita la dichiarazione di guerra dell'Austria-Ungheria alla Serbia dando inizio al gioco delle alleanze europee che in breve tempo portarono in guerra le grandi potenze europee. La Triplice Alleanza, con l'azione messa in atto dall'Austria-Ungheria senza intesa preventiva con l'Italia e anzi, tenendola deliberatamente all'oscuro, era stato violata non solo nello spirito ma anche nella pratica.
La catena delle alleanze, da: https://commons.wiki
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In realtà la Serbia, su consiglio dell'Intesa, aveva risposto abilmente alle brusche richieste austriache accettandole tutte, a eccezione dei punti che violavano manifestamente l'indipendenza serba. Nonostante a Vienna e Berlino non si tenesse conto di questa svolta continuando a percorrere la linea politica già predisposta, l'accondiscendente risposta della Serbia mutò radicalmente la situazione. Di fronte alla nuova situazione, solo il 27 luglio il cancelliere del Reich, Bethmann Hollweg, decise di cambiare strategia politica e, seguendo i consigli del governo britannico, esortò l'Austria-Ungheria alla moderazione spingendola ad avviare trattative bilaterali con la Russia. Lo stesso Guglielmo II dopo aver letto la nota serba pare che abbia esclamato: «Ma allora viene a mancare ogni motivo di guerra!». Ormai, però, i "giochi erano fatti" e l'Europa si era avviata verso una strada senza uscita. Tutte le grandi potenze avevano cominciato a dare le prime disposizioni militari (persino in Gran Bretagna il generale Smith-Dorrien aveva ordinato di presidiare "tutti i punti vulnerabili" nel sud del paese) e alle ore 12 del 28 luglio l'Austria dichiarò ufficialmente guerra alla Serbia. La mobilitazione totale avviata il 29 luglio, diede inizio al "fatale automatismo delle mobilitazioni" che nel giro di poco tempo avrebbe spinto tutte le nazioni europee nell'inesorabile vortice di una guerra totale.
Le conseguenze dell'accordo furono che al Regno Unito fu assegnato il controllo delle zone comprendenti approssimativamente la Giordania, l'Iraq ed una piccola area intorno ad Haifa mentre alla Francia fu assegnato il controllo della zona sud-est della Turchia, la parte settentrionale dell'Iraq, la Siria ed il Libano. La zona che successivamente venne riconosciuta come Palestina doveva essere destinata ad un'amministrazione internazionale coinvolgente l'Impero russo e altre potenze. Da questo accordo, che permise alle due potenze coloniali una supremazia nel medio oriente petrolifero, si scateneranno conflitti, dovuti a confini arbitrari tracciati col righello, che si protrarranno fino ai nostri giorni. A lato, una mappa del Medio Oriente inclusa nel carteggio tra George Picot e Mark Sykes (dalla Royal Geographical Society). Anche oggi, secondo il Daesh (l'ISIS) e molti altri, il patto Sykes-Picot è la causa primaria di tutti i mali del Medio Oriente.
- In Germania, Rosa Luxemburg fonda, assieme a Karl Liebknecht, il Gruppo Internazionale, che sarebbe diventato in seguito la Lega Spartachista. Rosa Luxemburg, pseudonimo di Rozalia Luksenburg (Zamość, 5 marzo 1870 o 1871 - Berlino, 15 gennaio 1919), è stata una politica, teorica socialista e rivoluzionaria comunista. Tedesca di origini polacche ed ebraiche, nacque a Zamość, nel Voivodato di Lublino, all'epoca nell'Impero Russo (ora in Polonia), da una famiglia ebraica. Dopo essere fuggita in Svizzera per evitare la detenzione, frequentò l'Università di Zurigo assieme ad altre figure di spicco del socialismo, come Anatolij Lunačarskij e Leo Jogiches. Contro il nazionalismo del Partito Socialista Polacco (PPS) creò, nel 1893, assieme a Leo Jogiches e Julian Marchlewski, la rivista "Sprawa Robotnicza" (La causa dei lavoratori). Riteneva che l'indipendenza della Polonia sarebbe stata possibile solo tramite una rivoluzione in Germania, Austria e Russia, e che la lotta contro il capitalismo fosse più importante dell'indipendenza. Negava il diritto di autodeterminazione delle nazioni, in disaccordo con Lenin. Questo disaccordo non impedì però a Lenin di inviare alla Luxemburg una copia del suo libro "Materialismo ed Empiriocriticismo" che la Luxemburg recensirà l'8 ottobre 1909 sul "Die Neue Zeit" (Il nuovo tempo). Nel 1897 ottenne la cittadinanza tedesca e l'anno successivo si iscrisse al Partito Socialdemocratico Tedesco (SPD), fino al 1914, il più forte partito socialista d'Europa con il suo segretario Karl Kautsky, considerato l'erede ed il continuatore di Marx ed Engels, il detentore ed il custode della autentica dottrina marxista, del marxismo più "puro" ed ortodosso. A fianco di Kautsky, Rosa Luxemburg condusse la polemica contro i riformisti, quando nel suo scritto intitolato "Riforma sociale o rivoluzione?" del 1899, prese risolutamente posizione per la rivoluzione. Rosa Luxemburg era comunque unita a Kautsky sia dalla comune militanza politica (anche se, come detto, non sempre in sintonia) sia da una vera e propria amicizia, che riservava anche a sua moglie Luise Kautsky. Di questa amicizia ci è rimasta una sua lettera del 13 giugno 1909 a Luise in cui fa un quadretto bellissimo di Levanto ove si trovava per una breve villeggiatura. Nella sua difesa del marxismo "classico" contro il revisionismo riformista, Rosa Luxemburg introdusse alcune importanti note personali: interamente suo è l'accento sulla creatività delle masse, sulla loro spontaneità rivoluzionaria che i dirigenti del partito operaio non devono né forzare, né reprimere o bloccare in una "camicia di forza burocratica". Per Rosa Luxemburg, il compito del partito è quello di indicare la via, ma l'iniziativa storica non spetta ad esso, bensì alle masse: anche i passi falsi di un reale movimento operaio sono storicamente più utili dell'infallibilità del miglior comitato centrale. Fece parte del fronte pacifista all'inizio della prima guerra mondiale e assieme a Karl Liebknecht, nel 1915, creò il Gruppo Internazionale, che sarebbe diventato in seguito la Lega Spartachista. Questa fece parte in un primo tempo del Partito Socialdemocratico e poi del Partito Socialdemocratico Indipendente, prima di divenire il nucleo del Partito Comunista di Germania. Il 28 giugno 1916 la Luxemburg, assieme a Karl Liebknecht, venne arrestata dopo il fallimento di uno sciopero internazionale e condannata a due anni di reclusione (dopo essere già stata in carcere per un intero anno a partire dal febbraio 1915). Durante questo lungo periodo scrisse diversi articoli, fra questi: la cosiddetta Juniusbroschüre (1915), che contiene la nota espressione "socialismo o barbarie", indicante che nel futuro gli unici sbocchi possibili per l'umanità sarebbero stati l'instaurazione della società socialista o la barbarie; e "La Rivoluzione Russa" (1918), in cui per prima critica "da sinistra" alcune scelte prese nei primi mesi dal potere bolscevico (limitazione delle libertà democratiche, scioglimento dell'Assemblea costituente, Terrore ecc.), vedendovi già il pericolo di una burocratizzazione precoce del processo rivoluzionario. Partecipò alla Rivoluzione Tedesca del novembre 1918 e contribuì a fondare il Partito Comunista di Germania, tra il dicembre 1918 e il gennaio 1919. Nel corso della "Rivolta di Gennaio", iniziata il 6 di gennaio 1919, il 15 gennaio 1919, venne rapita ed in seguito assassinata, insieme con Liebknecht, dai soldati dei cosiddetti Freikorps, agli ordini del governo del socialdemocratico Friedrich Ebert e del ministro degli Interni, Noske. Nel 1926, a lei e a Liebknecht venne dedicato un monumento di Ludwig Mies van der Rohe, monumento che in seguito fu distrutto dal regime nazista. Nel maggio 2009 il settimanale tedesco "Der Spiegel" ha pubblicato notizia del ritrovamento del cadavere di Rosa Luxemburg. Secondo il settimanale, le spoglie attualmente sepolte in un cimitero di Berlino, non sarebbero i reali resti della Luxemburg, che invece si troverebbero presso l'Istituto di medicina legale dell'ospedale Charité di Berlino. Prova ne sarebbe la presenza di una malformazione femorale di cui la Luxemburg soffriva, del tutto assente invece nei resti finora ritenuti autentici. Rosa Luxemburg fu infatti assassinata durante il suo trasporto in carcere. Il suo corpo fu gettato in un canale e in seguito recuperato, ma subito sorsero molti dubbi circa l'autenticità del riconoscimento a causa delle discordanze anatomiche. Rosa Luxemburg aveva criticato, in particolare, l'abolizione delle libertà democratiche: "senza libertà di stampa, senza diritto d'associazione e di riunione, la rivoluzione non può andare avanti, perché questi diritti sono uno strumento indispensabile per l'auto-educazione politica delle masse popolari. I bolscevichi hanno istituito i Soviet come organismo rappresentativo delle masse lavoratrici, ma col soffocamento della vita politica in tutto il paese - scriveva la Luxemburg - anche la vita dei soviet non potrà sfuggire a una paralisi sempre più estesa. Senza elezioni generali, libertà di stampa e di riunione illimitata, libera lotta d'opinione in ogni pubblica istituzione, la vita si spegne, diventa apparente e in essa l'unico elemento attivo rimane la burocrazia". Rosa Luxemburg condivideva il principio della dittatura del proletariato, ma per lei "questa dittatura deve essere opera della classe, e non di una piccola minoranza di dirigenti in nome della classe". La modernità, dapprima ha allontanato le donne dal potere e dai campi di battaglia ma in un secondo momento, l’avvento delle macchine ha portato, durante le grandi guerre, la massa femminile nelle fabbriche, a conoscere la tecnologia e a condividere il destino dell’uomo con un lavoro salariato. Da lì non è stato più possibile cacciarle e così hanno avuto luogo le trasformazioni sociali che hanno spianato la strada alla parità delle donne, fino al loro diritto di scendere sul campo di battaglia.
- Il 21 novembre del 1916 si spegne l'ormai anziano imperatore dell'Austria-Ungheria Francesco Giuseppe, a guerra non era ancora terminata e gli succede come nuovo imperatore austriaco, Carlo d'Asburgo. Ancora giovane, l'arciduca Francesco Giuseppe era cresciuto prevalentemente con l'energica madre Sofia, dalla quale apprese il vero modo di governare, pur non trascurando i suoi interessi principali. Francesco Giuseppe amava la caccia ed il ballo che praticava con regolarità, apprezzando nello specifico le musiche di Strauss ed i suoi valzer, che divennero un tratto distintivo del regno stesso dell'imperatore. Amava poco l'arte e la letteratura, leggendo pochissimo e riservando quindi poca considerazione ai letterati. Uno dei più grandi successi dell'epoca di regno di Francesco Giuseppe può essere ancora oggi riscoperto nella cultura austriaca del suo tempo, un boom economico associato all'area del Danubio senza precedenti nella storia. Dopo la demolizione delle mura medievali, la città di Vienna venne completamente riformata per ordine dell'Imperatore in persona il quale come prima azione creò la Ringstrasse, un grande anello stradale di congiunzione che ancora oggi esiste, testimonianza vivente di quell'epoca. Attorno a quest'area si svilupparono quartieri raffinati con edifici pubblici e case private in stile della seconda metà dell'Ottocento che affascinò molto Francesco Giuseppe nella sua concezione di "homo faber" della nuova capitale austriaca. Per sua inclinazione personale, Francesco Giuseppe diffuse moltissimo il gusto dell'"Austria cattolica", promuovendo la costruzione e il restauro di importanti edifici di culto nell'Impero.
Nel 1.917 - Il 9 gennaio, nonostante l'opposizione del Cancelliere Bethmann, Guglielmo II, decide di riprendere le azioni dei sommergibili. La notizia è accolta con entusiasmo in Germania e anche la Borsa invia un telegramma di congratulazioni al Kaiser. La risposta degli Stati Uniti è la rottura delle relazioni diplomatiche il 3 di febbraio.
Mentre lo zar e la sua famiglia venivano arrestati, nel paese si formarono due poteri: quello del governo provvisorio, e quello dei Soviet, formato da delegati eletti, compresi i bolscevichi.
- Il 1.914 inaugura l'”età dei massacri”, è l'anno spartiacque fra il 1.800 dal carattere umano e il 1.900 dal carattere ferino, dove si sarebbero vissute esperienze di guerra, violenza, tirannia, oppressione materiale e morale, senza precedenti. La rapidità con cui l'Europa della “Belle Epoque” precipita nella guerra, costituirà uno shock destinato a fissarsi nella memoria. Il 1.800, che si era aperto con il principio di legittimità dei sovrani artefici della Restaurazione post-Napoleonica, si era chiuso con i principi di nazionalità e autodeterminazione dei popoli. Durante quel secolo, si era passati dalla prevalenza di regimi autoritari e conservatori ad ordinamenti sempre più liberali e democratici, caratterizzati da un'impegno sociale crescente. Fra il 1871 e il 1914 l'Europa era stata uno spazio civile più unitario che mai, caratterizzato da forti omogeneità e simbiosi di esperienze culturali e di orientamenti ideali. La relativa facilità con cui i gruppi dirigenti che vollero la guerra, la poterono scatenare, dimostrerà che le aggregazioni particolaristiche e le contrapposizioni di interessi conservavano un'influenza determinante rispetto ai motivi di omogeneità e di solidarietà. E' perciò legittimo parlare di guerra civile insita nel teatro europeo, per quella che sarà chiamata la prima guerra mondiale.
- Il 28 giugno è assassinato a Sarajevo, in Serbia, l'erede al trono d'Austria, Francesco Ferdinando, mentre il kaiser Guglielmo II è a Kiel, per delle regate con il suo yacht Meteor, il capo di stato maggiore dell'esercito tedesco, Moltke, era alle terme a Karlsbad e il capo della Marina, Tirpitz, in vacanza in Engadina (Svizzera). Erano quindi assenti le più alte cariche militari, in quei primi giorni di luglio, a Berlino e Potsdam. Fin dall'inizio, il Kaiser sottovalutava la forza e la volontà bellica dei potenziali nemici della triplice Intesa. Disse che lo zar Nicola II difficilmente avrebbe protetto dei regicidi e che la Russia non era in grado di entrare in guerra, mentre la Francia era in piena crisi finanziaria e mancava di artiglieria pesante. Fatte queste osservazioni, partì per la consueta crociera estiva in Norvegia.
Nel 1.916 - Il 16 maggio si firma l'accordo Sykes-Picot, ufficialmente "Accordo sull'Asia Minore", un accordo segreto stipulato fra i governi del Regno Unito e della Francia, che definisce le rispettive sfere di influenza nel Medio Oriente dopo che si fosse sconfitto l'impero ottomano. I negoziati, condotti dal francese François Georges Picot e dal britannico Mark Sykes, ebbero luogo tra il novembre 1915 e il marzo 1916, con l'assenso della Russia. L'accordo venne poi definitivamente firmato il 16 maggio 1916 e i termini dell'accordo furono pubblicati dal "Manchester Guardian" il 26 novembre 1917. I governi francese e britannico concordarono:
- Ai primi del '900, fra i paesi industriali produttori, la Germania era seconda solo agli Stati Uniti d'America, che rappresentava il maggior mercato interno del mondo, per quanto il suo sistema bancario fosse ad uno stato embrionale ed esportava solo il 5% della sua produzione. Alcune nazioni europee, da parte loro, investivano negli USA per il 10% del suo mercato in: armamenti, nelle industrie telegrafiche, telefoniche e tranviarie oltre a gas, acqua ed elettricità... tutti asset collegati alle urbanizzazioni. Negli USA, già dal 1.911, si erano applicate, nelle industrie automobilistiche di Henri Ford, le teorie dell'ing. Frederick Winslow Taylor, pubblicate in “L'organizzazione scientifica del lavoro”: la catena di montaggio, immortalata in “Tempi moderni” da Charlie Chaplin. Ford, inoltre, mise al centro della sua politica aziendale l'idea che solo un'elevata capacità di consumo avrebbe assorbito una massiccia produzione industriale ed iniziò quindi a retribuire lautamente i propri dipendenti (cinque dollari al giorno, una cifra considerevole all'epoca) trasformandoli così in sicuri consumatori delle proprie automobili. Decretò fra l'altro in 8 ore la giornata di lavoro, richiesta che i socialisti europei avevano vanamente avanzato in precedenza. Comunque, nel 1.914 il massimo centro finanziario mondiale era Londra, la moneta più ambita la sterlina e gli USA erano debitori nei confronti dei paesi europei (fra cui la Germania, che per produzione industriale aveva sorpassato l'UK) per 5 miliardi di dollari.
- Inizia, dopo l'attentato di Sarajevo, la prima guerra mondiale, la grande guerra, che scoppia come guerra civile europea e coinvolge poi anche potenze extraeuropee, come il Giappone e gli USA. Per le cause, i moventi e le conseguenze della Grande Guerra, vedi http://storianet.blogspot.it/2016/05/le-cause-della-prima-guerra-mondiale.html.- Il 28 giugno è assassinato a Sarajevo, in Serbia, l'erede al trono d'Austria, Francesco Ferdinando, mentre il kaiser Guglielmo II è a Kiel, per delle regate con il suo yacht Meteor, il capo di stato maggiore dell'esercito tedesco, Moltke, era alle terme a Karlsbad e il capo della Marina, Tirpitz, in vacanza in Engadina (Svizzera). Erano quindi assenti le più alte cariche militari, in quei primi giorni di luglio, a Berlino e Potsdam. Fin dall'inizio, il Kaiser sottovalutava la forza e la volontà bellica dei potenziali nemici della triplice Intesa. Disse che lo zar Nicola II difficilmente avrebbe protetto dei regicidi e che la Russia non era in grado di entrare in guerra, mentre la Francia era in piena crisi finanziaria e mancava di artiglieria pesante. Fatte queste osservazioni, partì per la consueta crociera estiva in Norvegia.
- Il 19 luglio, tuttavia, Guglielmo II avverte in via confidenziale le due grandi compagnie navali tedesche che gli avvenimenti sarebbero potuti precipitare dopo l'imminente ultimatum austriaco alla Serbia (che fu inviato il 23), e il giorno seguente da disposizioni per il rientro della flotta a Kiel.
- Il 27 luglio, Guglielmo II approva l'azione del Cancelliere tedesco Bethmann che aveva respinto la proposta britannica per una conferenza e il mattino dopo prende visione della risposta serba all'ultimatum austriaco. In considerazione del fatto che il governo di Belgrado aveva accettato quasi tutte le richieste austriache, il Kaiser esclama: «Un brillante risultato [...] Una grande vittoria morale per Vienna, che però elimina ogni ragione di guerra». Ciononostante consiglia all'Austria di occupare provvisoriamente la capitale serba (poco lontana dal confine ungherese), così da poter lui stesso cominciare una mediazione.
- Il 28 luglio, l'Austria-Ungheria dichiara guerra alla Serbia e inizia la Grande Guerra. La notizia del bombardamento austriaco di Belgrado determina la decisione russa di mobilitare l'esercito ma, prima che siano diramati gli ordini relativi, un messaggio dell'ignaro Guglielmo II induce lo zar Nicola II a limitare la mobilitazione ai quattro distretti militari lungo la frontiera austriaca, escludendo i tre sul confine tedesco.
- Il 30 luglio, Guglielmo II riceve la notizia della mobilitazione (seppure parziale) russa e scrive a margine del messaggio: «Dunque, anch'io devo mobilitare». Alla richiesta tedesca che revocasse la mobilitazione, la Russia risponde che è impossibile. A questo punto, Guglielmo, nell'eccitazione del momento, da sfogo ai suoi sentimenti nelle annotazioni scritte a margine della risposta russa: « [...] Io non ho più alcun dubbio che Inghilterra, Russia e Francia si siano messe d'accordo [...] per servirsi del conflitto austro-serbo come pretesto per intraprendere una guerra di annientamento contro di noi. [...] La stupidità e l'inettitudine del nostro alleato [austriaco] sono serviti da trappola. Ecco che il famoso accerchiamento della Germania è finalmente divenuto un fatto compiuto, nonostante tutti gli sforzi dei nostri uomini politici per impedirlo. [...] Il nostro dilemma di tener fede al vecchio venerando imperatore [austriaco] è stato sfruttato per creare una situazione che offre all'Inghilterra il pretesto che ha sempre cercato per annientarci con fittizia apparenza di giustizia, con la scusa di aiutare la Francia [...] In Turchia e in India bisogna che i nostri consoli, rappresentanti e via dicendo sollevino il mondo maomettano contro questo disonesto e odioso popolo di bottegai senza scrupoli, poiché se a noi toccherà dissanguarci, l'Inghilterra deve almeno perdere l'India. » (Appunti di Guglielmo II presumibilmente della notte fra il 30 e il 31 luglio 1914, da Balfour, pp. 454-455). I piani militari tedeschi, senza dubbio aggressivi, prevedevano che alla mobilitazione seguisse immediatamente lo sconfinamento verso i potenziali nemici e quindi lo stato di guerra, anche se le opinioni espresse dall'imperatore dimostrano che non nutriva grande fiducia nella vittoria finale.
Di fronte al rifiuto della Russia di revocare la mobilitazione, il Cancelliere Bethmann sottopone a Guglielmo II l'ordine per la mobilitazione generale.
- Il 31 luglio, il socialista umanitario Jean Jaures, contrario all'intervento in guerra, posizione condivisa dai socialisti europei, è assassinato in Francia da un nazionalista, quando due giorni dopo la Francia entrerà in guerra contro l’Austria.
- Il 1º agosto 1914, alle 17, l'ordine di mobilitazione viene firmato dall'imperatore Guglielmo II e poco dopo, l'ambasciatore tedesco a San Pietroburgo consegna la dichiarazione di guerra alla Russia, facendo scattare, così facendo, l'alleanza franco-russa e la discesa in campo di Parigi,
- Il 2 agosto, mentre l’impero turco-ottomano stipula un trattato con la Germania e dichiara al tempo stesso la “neutralità armata”, la Germania invade lo stato neutrale del Lussemburgo.
- Il 3 agosto la Germania dichiara guerra alla Francia. Il Regno d'Italia si proclama neutrale e prende le distanze dalle alleate Germania ed Austria-Ungheria, visto che i suoi impegni di alleanza con esse sarebbero valse solo nel caso in cui gli alleati fossero stati aggrediti, mentre furono aggressori.
- Il 4 agosto la Germania dichiara guerra al neutrale Belgio e lo invade, avanzando a gran velocità. Il Regno Unito avanza un ultimatum nei confronti del governo tedesco chiedendo il rispetto della neutralità belga, ma davanti al rifiuto dei tedeschi, il Regno Unito dichiara guerra alla Germania, anche se non aveva truppe sul continente europeo e il suo corpo di spedizione doveva ancora essere radunato, armato e inviato oltre la Manica. “Le luci si stanno spegnendo su tutta l'Europa, nel corso della nostra vita non le vedremo più accese” dice il ministro degli esteri britannico Gray affacciandosi al suo ufficio, quella sera. Dopo essersi opposto ai bombardamenti aerei tedeschi su Londra, Guglielmo II li consentì, nella convinzione che venissero colpiti solo obiettivi militari ma, in riferimento al fronte, frasi come «Non fare prigionieri» erano spesso sulle sue labbra. Alla fine del conflitto, nessuno dei paesi belligeranti accetterà di avere sostenuto la parte dell'aggressore e da tutti sarà propugnata la retorica della legittima autodifesa a giustificazione della loro mobilitazione alla guerra. L'identità dell'aggressore non era accettata da nessuno, salvo la contro-propaganda dei paesi nemici, ma alla fine sarà attribuita ai tedeschi che, avendo invaso in armi il Belgio neutrale per attaccare la Francia da dove meno se l'aspettava, non potevano certo esibire motivazioni di legittimità morale o di forzata autodifesa.
- Nello stesso 4 agosto, a Vienna, Berlino, Parigi e Londra, ossia da ambo i lati dei fronti bellici, i partiti socialisti, unanimemente, votarono l'approvazione della politica di guerra e i crediti militari ai rispettivi governi. Mano a mano che la guerra procedeva, veniva sempre più scomponendosi il fronte neutralista dell’Internazionale socialista e i partiti socialisti europei assumevano sempre più posizioni ispirate alla difesa nazionale, prescindendo così dalle deliberazioni dei precedenti congressi (di Stoccarda del 1907, di Copenaghen del 1910 e di Basilea del 1912), che impegnavano le classi operaie dei singoli paesi a compiere ogni sforzo per scongiurare la guerra. I socialisti parlamentari non solo non trovarono una sola parola di opposizione, non solo non trovarono niente da dire al proletariato se non della giustezza degli ordini dì guerra delle proprie borghesie, ma ebbero il coraggio di entrare in quei governi passati alla storia con il nome di "unione sacra". Il primo a rompere il fronte del neutralismo fu il partito socialista tedesco, considerato il principale ed il più influente, che il 4 agosto votò a favore dei crediti militari di guerra, imitato poco dopo dal partito austriaco. I socialisti belgi, dopo l’invasione tedesca, furono tutt’uno col governo (fra cui Vandervelde, il segretario belga dell'Internazionale), così come una parte cospicua dei laburisti inglesi, che approvarono completamente l’azione dell’entrata in guerra, e dei socialisti francesi (che appoggiarono il governo e lo stesso Guesde finì per farne parte), indifferenti alla recentissima uccisione di Jaurès, il 31 luglio 1914, visceralmente contrario alla guerra, ad opera dei nazionalisti. I menscevichi e i socialisti rivoluzionari russi accettarono la guerra, contrariamente ai bolscevichi che la consideravano imperialista. Di fatto l’Internazionale, che era nata dopo i conflitti insanabili tra anarchici e socialisti, per coordinare e unificare i socialisti di tutta Europa, moriva così con i primi colpi di cannone.
- Il 6 agosto l'Austria-Ungheria dichiara guerra alla Russia; la Serbia dichiara guerra alla Germania. Un dirigibile Zeppelin tedesco attacca la città belga di Liegi, portando a termine il primo bombardamento strategico della guerra. Truppe francesi invadono la colonia tedesca del Togoland: inizia la campagna dell'Africa Occidentale.
- Il 6 agosto l'Austria-Ungheria dichiara guerra alla Russia; la Serbia dichiara guerra alla Germania. Un dirigibile Zeppelin tedesco attacca la città belga di Liegi, portando a termine il primo bombardamento strategico della guerra. Truppe francesi invadono la colonia tedesca del Togoland: inizia la campagna dell'Africa Occidentale.
- Il 7 agosto 1914 il governo giapponese riceve da quello britannico una richiesta ufficiale di aiuto nel debellamento dei depredatori tedeschi della Kaiserliche Marine entro e nei pressi delle acque cinesi.
- Il 14 agosto il Giappone intima un ultimatum alla Germania che rimane senza risposta.
- Il 23 agosto il Giappone dichiara formalmente la guerra all'Impero tedesco. Il Giappone si schiera con l'Intesa con l'intento di conquistare le colonie tedesche in Cina, nell'estremo oriente.
Tutto farebbe propendere i nazionalisti verso la triplice alleanza, gli imperi centrali, se l'imperialismo italiano non fosse entrato in rotta di collisione, nel mar Adriatico, con l'imperialismo austro-ungarico, per cui la destra nazionalista si allea con quelle correnti della sinistra che idealizzano la guerra democratizzandone i fini: Trento e Trieste all'Italia per completarne il Risorgimento e giusti confini nazionali per tutti i popoli. Il presidente del consiglio dei ministri, il conservatore Antonio Salandra, userà invece l'inconsueta formula del “sacro egoismo” dell'Italia, nel portare avanti una doppia trattativa segreta e parallela con i due fronti già in guerra e il ministro degli esteri Sidney Sonnino firmerà in segreto, nell'aprile del 1915, il patto di Londra, che impegna l'Italia ad entrare nel conflitto, entro un mese, al fianco della Triplice Intesa contro L'Austria-Ungheria.
Nel 1.915 - Il 26 aprile viene firmato il Patto di Londra, un accordo segreto stipulato tra il governo italiano e i rappresentanti della Triplice Intesa (Francia, Regno Unito e Impero russo) . Il patto, composto da 16 articoli, prevedeva che l'Italia entrasse in guerra al fianco dell'Intesa entro un mese ed in cambio avrebbe ottenuto, in caso di vittoria, il Trentino, il Tirolo meridionale, la Venezia Giulia, con gli altopiani carsico-isontini e con l'intera penisola istriana ma con l'esclusione di Fiume, una parte della Dalmazia, numerose isole dell'Adriatico, Valona e Saseno in Albania e il bacino carbonifero di Adalia in Turchia, oltre alla conferma della sovranità su Libia e Dodecaneso. L'azione del governo all'insaputa del Parlamento andava contro la consolidata prassi parlamentare che si era affermata fin dai tempi di Cavour. Per evitare la crisi istituzionale, considerando anche la posizione favorevole alla guerra del Re Vittorio Emanuele III, la Camera approvò, col voto contrario dei soli socialisti, la concessione dei pieni poteri al governo, che la sera del 23 maggio dichiarava guerra all'Impero austro-ungarico. Tuttavia, l'esistenza stessa del trattato di Londra non fu comunicata, e questo rimase segreto fino alla sua pubblicazione da parte del governo bolscevico. Il giorno seguente alla concessione dei pieni poteri al governo da parte del Parlamento italiano, ebbero inizio le operazioni militari. In Russia, durante la rivoluzione d'ottobre, il governo bolscevico renderà pubblici tutti i patti segreti siglati dallo zar, compreso quello di Londra, suscitando una grande riprovazione mondiale per tali patti, che durante il trattato di pace, a Versailles, non saranno rispettati.
- I fronti della guerra inizialmente sono due, quello occidentale fra Francia e Germania e quello orientale fra Germania e Russia.
Sul fonte occidentale il conflitto fra tedeschi e franco-britannici assume i contorni di una sanguinosa guerra di posizione, con i tedeschi che avanzano. Col tempo, falliranno le strategie militari basate sullo sfondamento, la guerra era entrata nella lunga fase di stallo, di fronteggiamento degli eserciti dei due schieramenti, con la prevalenza delle strategie difensive e delle sanguinose tecniche di logoramento. Era la guerra di trincea. Le massicce concentrazioni d'artiglieria e la scoperta delle mitragliatrici, rendevano impossibili gli attacchi frontali e mettevano fuori causa la cavalleria. D'altra parte, il perfezionamento delle tecniche di trinceramento imponevano uno svolgimento lento e cruento del conflitto. Le trincee simboleggiavano l'immobilità degli eserciti e la loro impossibilità a prevalere gli uni sugli altri: il sostanziale equilibrio delle forze. La tecnologia delle armi aveva raggiunto un potere distruttivo senza precedenti, tale per cui, nella guerra di posizione, in trincea, in un assalto potevano essere distrutti il 90% degli attaccanti e per la prima volta, negli assalti, gli ufficiali stavano nelle retrovie, poiché, statisticamente, le probabilità di sopravvivenza in quegli attacchi furono veramente scarse.
Sul fronte occidentale, dopo un'iniziale avanzata tedesca all'interno del territorio francese, il fronte si stabilizzò e lì avvennero le più terribili carneficine della prima guerra mondiale, come quelle di Verdun e di La Somme.
Sul fronte orientale si affrontano le armate austriache e quelle russe in campo aperto, con frequenti capovolgimenti di fronte ed un rapido susseguirsi di offensive e di battaglie.
La guerra si estende poi sui mari, inizialmente fra le flotte tedesca e britannica che forzerà, fra l'altro, lo stretto dei Dardanelli dell'impero turco ottomano, alleato degli imperi centrali.
- Dovunque in Europa, l'opinione pubblica, infervorata dal nazionalismo “egoista”, diverso dallo spirito ottocentesco di nazionalismo continentale europeo condiviso, sospetta l'intrusione di nazionalismi altrui in banche e imprese dal nome straniero. Si susseguono manifestazioni aggressive di fronte alle sedi diplomatiche con atti di intimidazione e vandalismo, accompagnate da espulsioni ed internamento di stranieri. Lo stato di guerra eclissa i propositi internazionalisti socialisti, per cui i valori della seconda internazionale del 1889, vengono accantonati dai socialisti europei in nome delle ragioni della difesa nazionale.
Sono colpiti anche gli internazionalismi dei capitalisti e degli aristocratici. Durante il conflitto infatti, le strutture economiche dovranno sottomettersi a regole e forme di controllo di dirigismo statale, oltre a regole di produzione autarchica sconosciute al mondo capitalista e alle teorie del mercato internazionale. Si parlerà allora di capitalismo organizzato, delle prime forme di governo pubblico dell'economia e di pianificazione per potere sostenere l'enorme sforzo bellico.
- Gli aristocratici e i nobili, dalle relazioni sociali e matrimoniali sovra-nazionali, dovranno staccarsi da quel mondo solidale di consanguinei e parenti, per essere risucchiati in un'appartenenza nazionale, contrariamente alla loro storia e cultura. Accade quindi che la stampa e le piazze si riempiano di un'agitazione piccolo-borghese e plebea con una forte ideologia retorica della Patria, mentre le cancellerie e le diplomazie, popolate dagli aristocratici, saranno libere da orpelli ideologici ma più attente agli equilibri e alle gerarchie fra le potenze, effettueranno la pratica dello scambio e resteranno immuni dalle ideologie delle folle. Più si sale di grado nelle scala sociale, dalle aristocrazie fino alle famiglie regnanti e più appare labile l'ideologizzazione nazionalistica della guerra.
La grande guerra mise drammaticamente in rilievo i pericoli del nazionalismo, stimolando la ricerca di nuove soluzioni al problema dei rapporti tra gli stati.
La grande guerra mise drammaticamente in rilievo i pericoli del nazionalismo, stimolando la ricerca di nuove soluzioni al problema dei rapporti tra gli stati.
- Il 14 settembre 1914, dopo la sconfitta della Marna, il Kaiser destituì di propria iniziativa il capo dell'esercito Moltke e nominò al suo posto Erich von Falkenhayn.
- Il 20 ottobre, due navi da guerra tedesche, formalmente passate alla flotta turca, attaccano le coste russe del Mar Nero.
- Il 5 novembre, in conseguenza all'attacco navale turco delle coste russe del Mar Nero, Russia, Inghilterra e Francia dichiarano guerra alla Turchia.
1) Da una parte le fazioni politiche-sociali ostili alla guerra, schieramento vasto e differenziato in cui ci sono i liberali guidati da Giolitti, che temono lo sconvolgimento delle fragili strutture materiali e morali dello stato italiano e che pensano di ottenere gli ultimi territori italiani occupati dall'Austria-Ungheria, Trento e Trieste innanzitutto, con una trattativa. Giolitti non credeva alla guerra, conosceva l’impreparazione militare italiana, peraltro reduce dalla guerra di Libia, prevedeva un conflitto di lungo periodo e pensava che il crollo dell’impero austro-ungarico non avrebbe certo favorito il nostro paese.
Poi ci sono i cattolici e i socialisti che da posizioni ideologiche distanti sono ostili alla guerra: “Inutile strage” la chiamerà il papa. Il primo socialista a prendere posizione contro la guerra, prima ancora che venisse ufficialmente dichiarata, è Mussolini, che sull’Avanti del 26 luglio 1914, proclama la “neutralità assoluta” e riprende il vecchio detto di Andrea Costa: “Né un uomo, né un soldo. A qualunque costo”. All'avvicinarsi dell'inizio del conflitto Morgari, Turati e Treves convocano il Gruppo parlamentare socialista il 27 luglio a Milano, nei locali dell’”Avanti”, dove si riprende il tema della “neutralità assoluta” e ai lavoratori si raccomanda “di tenersi pronti per quelle più energiche misure che il partito intendesse adottare”. Da ricordare che le prime nette posizioni contro la guerra si riferivano all’ipotesi di una discesa in campo dell’Italia coi paesi della Triplice alleanza, dunque a fianco dell’Austria, che aveva iniziato la guerra contro la Serbia. Più sfumata era, fra i socialisti, la contrarietà all’ipotesi di una discesa in campo dell’Italia a fianco dell’Intesa.
Il comunicato finale della Direzione socialista, riunita il 3 agosto, attribuisce ogni responsabilità del conflitto alle “cupidigie balcaniche dell’imperialismo austro-ungarico”. Il giorno prima Mussolini aveva scritto: “In caso di spedizione punitiva contro l’Italia da parte di un’Austria vittoriosa, è probabile che molti di quelli che oggi si sono occupati di anti patriottismo saprebbero compiere il loro dovere”. L’Avanti, il 4 agosto, parla “ di orda teutonica scatenata su tutta l’Europa”, il 6 agosto di “sfida germanica contro latini, slavi, ed anglosassoni”, mentre su “Critica sociale”, Turati ipotizza una non ben decifrabile “neutralità non dogmatizzante e imperativa”. Fino alla pubblicazione del suo nuovo quotidiano, “Il Popolo d’Italia”, Mussolini terrà una diversa valutazione dell’intervento italiano alleato agli imperi o contro gli imperi centrali, più o meno come quelle di Turati. E quando lo stesso Mussolini, il 10 settembre, scrive l’articolo sull’”Avanti” in cui si osservava la necessità di scegliere “tra i due mali, il minore e cioè la vittoria dell’Intesa”, nessuno lo contesterà... Fino a quel punto, le posizioni di Mussolini sulla diversa valutazione dell’intervento italiano alleato agli imperi o contro gli imperi centrali, erano più o meno quelle di Turati. E quando lo stesso Mussolini, il 10 settembre, scrive l’articolo sull’”Avanti” in cui si osservava la necessità di scegliere “tra i due mali, il minore e cioè la vittoria dell’Intesa”, nessuno lo contesta. Ma il 18 ottobre Benito Mussolini, ancora direttore del quotidiano ufficiale del partito socialista "Avanti", fino ad allora sostenitore della neutralità italiana come da direttive di partito, pubblica in terza pagina un articolo in cui sostiene che il mantenimento della linea di neutralità avrebbe ghettizzato il movimento, relegandolo in posizione subalterna. Egli propone perciò di armare il popolo per la guerra e, una volta essa terminata, rivolgersi contro le strutture dello Stato liberale e borghese, dando luogo alla Rivoluzione e al trionfo del socialismo. Ciò gli costa l'allontanamento dal giornale il 20 ottobre 1914 e, nemmeno un mese dopo esce con la prima copia di un nuovo quotidiano da lui fondato, il "Popolo d'Italia", dalla linea fortemente interventista, guadagnandosi inoltre il 29 novembre l'espulsione dal partito socialista a causa delle sue provocazioni nei confronti dei compagni. Il 14 novembre 1914, in un articolo intitolato Audacia, scrive sulle colonne del nuovo giornale: «Oggi - io lo grido forte - la propaganda antiguerresca è la propaganda della vigliaccheria. Ha fortuna perché vellica ed esaspera l'istinto della conservazione individuale. Ma per ciò stesso è una propaganda antirivoluzionaria … E riprendendo la marcia è a voi, giovani d'Italia; giovani delle officine e degli atenei; giovani d'anni e giovani di spirito; giovani che appartenete alla generazione cui il destino ha commesso di fare la storia; è a voi che io lancio il mio grido augurale, sicuro che avrà nelle vostre file una vasta risonanza di echi e di simpatie... “Guerra”». Sotto l'influsso di Mussolini e di Salvemini, l'allora studente universitario socialista Antonio Gramsci scriverà un articolo sul settimanale socialista di Torino Il Grido del Popolo il 31 ottobre 1914 dal titolo Neutralità attiva e operante con il quale anch'esso si discosta dalla linea ufficiale del partito e che spaccherà le fila dei giovani socialisti torinesi. Anche il socialista Palmiro Togliatti si arruolerà volontario nell'esercito per partecipare ai combattimenti.
Filippo Turati.
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2) Il fronte interventista, guidato dai nazionalisti che, al mito socialista della lotta di classe e della rivoluzione, sostituiscono la guerra come garanzia dell'ordine sociale, del comando delle classi superiori su quelle inferiori. La nuova destra nazionalista di Enrico Corradini e Alfredo Rocco indica la necessità di imparare ad andare in piazza, strappandola all'egemonia della sinistra, se si vuole essere politicamente all'altezza dei tempi; sono linguaggi e forme nuove dell'azione politica dell'età delle masse. La piazza interventista brulica, in Italia, di tecnici della mobilitazione popolare che vengono anche da sinistra, come il socialista riformista, deputato di Trento al parlamento di Vienna, Cesare Battisti, il socialista massimalista Benito Mussolini, che in precedenza era neutralista, i sindacalisti rivoluzionari Filippo Corridoni e Alceste De Ambris, i social-riformisti Leonida Bissolati e Gaetano Salvemini. Queste conversioni, dall'Internazionale dalla bandiera rossa alla Patria e al tricolore, si collocano nel quadro di una nuova compatibilità, della destra con la piazza e quindi di una generale rifusione dei linguaggi e dei simboli della politica. Quel che accomuna destra e sinistra interventista, è l'obiettivo di portare, comunque, l'Italia in guerra, nonostante gran parte degli strati popolari e gli stessi rappresentanti delle istituzioni siano contrari. Sono invece favorevoli alla guerra la corona, gli ambienti di corte e i militari.
Antonio Salandra.
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Londra con la vista su Westminster
nel 1915.
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Entrata in guerra dell'Italia.
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- Il 23 maggio 1.915, il Regno d'Italia dichiara guerra all'Austria-Ungheria, avviando le operazioni belliche a partire dal giorno seguente. L'Italia dichiarerà poi guerra all'Impero ottomano il 21 agosto 1915, al Regno di Bulgaria il 19 ottobre 1915 e all'Impero tedesco il 27 agosto 1916. Con l'entrata in guerra dell'Italia al fianco dell'Intesa, in accordo al patto segreto di Londra, si aprirà un terzo fronte a sud, fra Italia ed Austria. Il maggio del 1915 sarà definito “radioso” dal poeta-soldato nonché vate, Gabriele D'Annunzio, che inciterà le piazze interventiste con le sue parole immaginifiche e gli attraenti slogan che si diffonderanno in seguito sia nella politica così come nella pubblicità commerciale: il discorso del 5 maggio dallo scoglio di Quarto (GE), là dove erano partiti i mille di Garibaldi, i discorsi romani, gli “Eia Eia Alalà” ("Eia!" era il grido con cui, secondo la tradizione, Alessandro Magno era solito incitare il suo cavallo Bucefalo; Alalà era una divinità femminile della mitologia greca che accompagnava in battaglia Ares, il dio della guerra e il grido di battaglia degli opliti greci era dunque "Alalà!"), insieme poi alle pubblicità che D'Annunzio nello stesso tempo aveva preparato per il liquore “Aurum” e per i grandi magazzini “La Rinascente” di cui aveva inventato il nome. Il vecchio stile della politica Giolittiana precipiterà, anche per l'infortunio lessicale del “parecchio” che, Giolitti disse, si sarebbe potuto ottenere da una semplice trattativa con l'impero austro-ungarico, preoccupato dall'eventuale apertura di un nuovo fronte bellico con l'Italia. Era l'ultimo oltraggio all'immagine grandiosa del Paese da parte di chi veniva definito un sensale (cioè un mediatore contrattuale) della politica, mentre veniva apprezzato il “sacro egoismo” di Antonio Salandra.
Così, il parlamento italiano fu completamente emarginato dalla decisione di entrare in guerra, evento che avrebbe preannunciato l'avvento del conservatorismo autoritario al potere nel dopoguerra.
L'entrata in guerra dell'Italia apre un lungo fronte sulle Alpi Orientali, esteso dal confine con la Svizzera a ovest fino alle rive del mare Adriatico a est: qui, le forze del Regio Esercito sostennero il loro principale sforzo bellico contro le unità dell'Imperiale regio Esercito austro-ungarico, con combattimenti concentrati nel settore delle Dolomiti, nell'Altopiano di Asiago e soprattutto nel Carso, lungo le rive del fiume Isonzo. Contemporaneamente alle operazioni belliche, la guerra ebbe anche una profonda influenza sullo sviluppo industriale del paese oltre ad avviare grandi cambiamenti in ambito sociale e politico. Il fronte interno giocò un ruolo fondamentale per il sostegno dello sforzo bellico: gran parte della vita civile e industriale fu completamente riadattata alle esigenze economiche e sociali che il fronte imponeva, e comparve la militarizzazione dell'industria, la soppressione dei diritti sindacali a favore della produzione di guerra, i razionamenti per la popolazione, l'entrata della donna nel mondo del lavoro e moltissime altre innovazioni sociali, politiche e culturali. La guerra impose uno sforzo popolare mai visto prima; enormi masse di uomini furono mobilitate sul fronte interno così come sul fronte di battaglia, dove i soldati dovettero adattarsi alla dura vita di trincea, alle privazioni materiali e alla costante minaccia della morte, che impose ai combattimenti la necessità di dover affrontare enormi conseguenze psicologiche collettive ed individuali, che andavano dalla nevrosi da combattimento, al reinserimento nella società fino alla nascita delle associazioni dei reduci.
- Nello stesso mese di maggio del 1915, un sottomarino tedesco affonda il transatlantico inglese “Lusitania”, il lugubre segnale che nel conflitto non ci sarebbero state limitazioni territoriali e negli obiettivi militari era prevista anche la distruzione delle popolazioni civili oltre agli apparati militari nemici.
Per la prima volta la guerra era non solo mondiale ma anche totale. Fu quindi la prima guerra globale, resa possibile dal progresso ottenuto nelle società industriali. Era la prima guerra della nuova civiltà industriale: la potenza delle armi, le capacità organizzative, i mezzi di trasporto, le forze produttive e le risorse finanziarie erano state notevolmente incrementate dalle economie industriali dei paesi coinvolti nel conflitto.
Dopo l'affondamento del transatlantico britannico Lusitania, che trasportava numerosi passeggeri americani, Guglielmo II, nel timore di un intervento degli Stati Uniti a fianco dell'Intesa, acconsente al Cancelliere del Reich, Bethmann, di ordinare ai sommergibili di non silurare i transatlantici e quando questa misura si dimostra inefficace, ordina di sospendere tutta l'offensiva sottomarina. Il Grande ammiraglio Tirpitz rassegna le dimissioni ma il Kaiser non le accetta.
- Le guerre del passato, che avevano obiettivi limitati, non furono condotte fino all'annientamento del nemico. Nella precedente età degli imperi, gli obiettivi della politica e dell'economia si erano fusi e la competizione bellica aveva come posta la crescita economica. La guerra totale illimitata invece, coinvolgeva l'intera società. Tutte le strutture sociali, politiche, economiche e culturali subirono delle trasformazioni a ritmo fortemente accelerato: lo sviluppo industriale ed economico metteva a disposizione dei belligeranti mezzi di distruzione estremamente potenti. Per la prima volta la fitta rete delle comunicazioni ferroviarie e stradali, i collegamenti telefonici e telegrafici furono utilizzati sull'intera rete continentale, per scopi bellici. Le più recenti invenzioni tecniche e scientifiche furono rapidamente riconvertite in strumenti di morte. In primo luogo la chimica, con l'uso di gas asfissianti, con l'invenzione del motore a scoppio si semplificava il trasporto delle truppe e si costruì una nuova e potente arma, la cui efficacia fu riconosciuta alla fine del conflitto: il carro armato. Altra nuova invenzione fu l'arma aerea, sia per la ricognizione che per i bombardamenti dall'alto (e i primi furono gli italiani in Libia durante la guerra italo-turca del 1911/12). Tutti gli apparati interni furono utilizzati: gli scienziati, furono impegnati fino allo spasimo nelle ricerche, le tecniche di organizzazione furono perfezionate e tutto l'apparato industriale fu sconvolto dalla pressione di una domanda di prodotti bellici travolgente.
La produzione divenne un interesse diretto dello stato, un elemento decisivo della sua sicurezza e in quanto tale fu assoggettata al controllo pubblico. Requisizioni, ripartizioni pubbliche delle materie prime, militarizzazione dei lavoratori, furono gli aspetti più evidenti della nuova situazione.
Nasce così l'economia moderna: programmata, centralizzata, pianificata e organizzata dallo stato, quindi un colpo mortale al modello liberale e liberista.
- L'Albania, pur avendo dichiarato la propria neutralità, per la sua posizione strategica è invasa dai vari eserciti che combattono nei Balcani. Un patto segreto fra Italia, Serbia e Grecia è firmato nel 1915 al fine di dividersi l'Albania finita la guerra, ma sarà grazie al presidente degli USA Wilson, che nei suoi 14 punti prevedeva l'autodeterminazione dei popoli, che quel patto non si concretizzò.
Schema dell'accordo Sykes-Picot.
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"1) Francia e Regno Unito sono pronti a riconoscere e proteggere uno Stato arabo indipendente o una confederazione di Stati arabi sotto la sovranità di un capo arabo. Che nell'area A la Francia e nell'area B la Gran Bretagna avranno la preminenza su diritti d'impresa e sui prestiti locali. Che nell'area A solo la Francia e nell'area B solo la Gran Bretagna potranno fornire consiglieri o funzionari stranieri in caso di richiesta da parte di uno Stato arabo o di una confederazione di Stati arabi.
2) nella zona blu alla Francia e nella zona rossa alla Gran Bretagna verrà permesso di istituire un controllo o un'amministrazione diretta o indiretta a loro piacimento e a seconda se ciò possa armonizzarsi con uno Stato arabo o una confederazione di Stati arabi.
3) nella zona marrone (fucsia nello schema, la Palestina n.d.r.) potrà essere istituita un'amministrazione internazionale la cui forma dovrà essere decisa dopo essersi consultati con la Russia ed in seguito con gli altri alleati ed i rappresentanti dello sceriffo della Mecca.
4) al Regno Unito verranno concessi i porti di Haifa e San Giovanni d'Acri e garantito lo sfruttamento delle acque dei fiumi Tigri ed Eufrate; per l'area B da parte sua il governo di Sua Maestà si impegna a non aprire negoziati per la cessione di Cipro a favore di potenze terze senza il previo consenso del governo francese.
5) Alessandretta sarà un porto aperto nei confronti dei commerci dell'impero britannico e che non ci saranno discriminazioni a proposito di tasse portuali o strutture nei confronti di navi o merci britanniche; che ci sarà libertà di transito per le merci britanniche attraverso Alessandretta e su ferrovia attraverso la zona blu o tra l'area B e l'area A; e che non ci sarà alcuna discriminazione diretta od indiretta contro le merci britanniche sulle ferrovie o contro le merci e le navi britanniche in qualunque porto delle aree suddette. Che Haifa sarà un porto aperto nei confronti dei commerci della Francia, i suoi dominion e protettorati, e non ci saranno discriminazioni a proposito di tasse portuali o strutture nei confronti delle navi o delle merci francesi. Che ci sarà libertà di transito per le merci francesi attraverso Haifa e su ferrovia attraverso la zona marrone qualora tali merci siano destinate o provengano dalla zona blu, dall'area A o dalla area B e non ci sarà alcuna discriminazione diretta od indiretta contro le merci francesi sulle ferrovie o contro le merci e le navi francesi in qualunque porto delle zone suddette.
6) nell'area A la ferrovia di Baghdad non verrà estesa verso sud oltre Mossul e nell'area B verso nord non oltre Samara fino al completamento della ferrovia che collega Baghdad ed Aleppo passando per la valle dell’Eufrate e successivamente previo accordo dei due governi.
7) il Regno Unito ha il diritto di costruire, amministrare ed essere il solo proprietario di una ferrovia che colleghi Haifa con l'area B e che ha il diritto di trasportare truppe lungo questa linea in ogni momento. I due governi concordano sul fatto che lo scopo di questa ferrovia è di facilitare il collegamento ferroviario tra Baghdad e Haifa e concordano inoltre che, nel caso in cui problemi tecnici o le spese che si dovrebbero sostenere per realizzare questa linea di collegamento attraverso la sola zona marrone possano rendere impraticabile questo progetto, il governo francese dovrebbe essere pronto a considerare che la linea in questione potrebbe attraversare anche Polgon, Banias, Keis Marib, Salkhad e Otsda Mesmie prima di raggiungere l'area B.
8) nelle zone blu e rosse e anche nelle aree A e B e nessuna tariffa verrà aumentata né ci sarà una conversione da una tassa ad valorem a tariffe specifiche senza previo accordo tra le due potenze.
Non ci saranno barriere doganali interne tra le suddette aree. Le tasse sulle merci destinati verso l'interno verranno riscosse al porto d'entrata e consegnate all'amministrazione dell'area di destinazione.
9) il governo francese non parteciperà mai a negoziati per la cessione dei suoi diritti e non cederà tali diritti sulla zona blu a qualunque potenza terza, tranne lo Stato arabo o la confederazione di Stati arabi, senza il previo consenso del governo di Sua Maestà che, da parte sua, si impegna allo stesso modo nei confronti del governo francese a proposito della zona rossa.
10) i governi britannico e francese, in qualità di protettori dello Stato arabo concordano che non acquisiranno e non consentiranno ad una potenza terza di acquisire possedimenti territoriali nella penisola arabica né consentiranno ad una potenza terza di installare una base navale sulla costa orientale o sulle isole del Mar Rosso. Ciò, tuttavia, non impedisce eventuali ritocchi della frontiera di Aden che si potrebbero rendere necessari come conseguenza dell'aggressione turca.
11) i negoziati con gli arabi a proposito dei confini dello Stato arabo continueranno a seguire gli stessi canali di sempre da parte delle due potenze.
12) alcune misure per controllare l'importazione di armi all'interno dei territori arabi devono essere analizzate dai due governi."
Carta dell'accordo Sykes-Picot.
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Rosa Luxemburg.
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Francesco Giuseppe nel 1915.
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Come molti personaggi del suo tempo, Francesco Giuseppe è ancora oggi una figura estremamente ambigua nella storiografia. Altalenante tra i compromessi della rivoluzione del 1848 e l'assolutismo che ne fece seguito, assieme agli sviluppi sociali della seconda metà dell'Ottocento in Austria, è ancora oggi un personaggio dai tratti sfaccettati anche se la storiografia liberale, dopo i fatti del 1859, lo ha in gran parte condannato come tiranno. In particolare a Francesco Giuseppe fu avversa la storiografia italiana che tese a vedere nella reggenza del Regno Lombardo-Veneto un periodo di soprusi e violenze come mai prima, e questa idea non si placò negli storici nemmeno quando l'Italia si unì in alleanza con l'Austria agli albori della Grande Guerra, fatto che imbarazzò moltissimo re Umberto I. Vale la pena di notare comunque, che Francesco Giuseppe portò avanti delle riforme in campo sociale che nessuno dei suoi predecessori aveva mai osato sottoscrivere, come ad esempio nel 1906 il suffragio universale maschile, contro la volontà dell'aristocrazia locale che voleva detenere il governo in mano propria (specialmente in Ungheria). «Nulla mi è stato risparmiato su questa terra»: così pare abbia detto Francesco Giuseppe, secondo l'aneddoto, quando gli venne annunziata la morte della moglie. Il fratello minore Massimiliano era stato nominato imperatore del Messico e venne fucilato dagli insorti a Santiago de Querétaro nel 1867; il figlio ed erede al trono Rodolfo morì tragicamente durante i cosiddetti fatti di Mayerling (1889), suicida insieme alla baronessina Maria Vetsera e la prima figlia, Sofia, morì nel 1857, in Ungheria, a Budapest, in seguito a una visita con i genitori e la sorella minore Gisella, anch'essa ammalata di polmonite. La moglie Elisabetta venne assassinata nel 1898 a Ginevra dall'anarchico italiano Luigi Lucheni, mentre il nipote Francesco Ferdinando fu ucciso a Sarajevo nel 1914 dallo studente serbo Gavrilo Princip, atto che scatenò il primo conflitto mondiale.
- Verso la fine di dicembre del 1916, il capo di stato maggiore tedesco Paul von Hindenburg e il suo vice, Erich Ludendorff, dichiarano di non poter più assumersi la responsabilità delle operazioni militari se, entro un mese, non si riprenderà la guerra sottomarina indiscriminata.
- Escono sugli schermi cinematografici: “Il vagabondo” di C. Chaplin e “La nascita di una nazione” di D.W. Griffith.
Carta dei fronti di guerra nel 1917.
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- Il 1.917 sarà un anno tragico e cruciale per le sorti del conflitto. La guerra si sta protraendo da troppo tempo e popoli ed eserciti sono ormai materialmente e moralmente stremati; tuttavia non se ne vede la fine. Gli scarsi risultati ottenuti, gettano in una crisi profonda gli eserciti. Sui diversi fronti si diffondono gli ammutinamenti dei soldati. Le gerarchie militari dei paesi belligeranti, per garantire la disciplina, ordinano un gran numero di fucilazioni. Nell'esercito italiano, dopo la rotta di Caporetto di novembre, saranno fucilati anche un gran numero di ufficiali, una barbarie che denuncia quanto vacillasse il potere centrale.
- A Mosca scoppia la rivolta di febbraio e in tutto l'impero zarista dilaga la rivoluzione russa, che rovescia il governo dell'impero zarista e che con la presa del potere bolscevica nella rivoluzione d'ottobre porta alla formazione della Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa, mentre cinque anni più tardi, nel 1922, in seguito alla guerra civile russa, costituirà l'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. All'inizio del 1917 l'Impero russo, che da tre anni combatteva nella prima guerra mondiale come membro della triplice intesa, era stremato: le perdite ammontavano a più di sei milioni tra morti, feriti e prigionieri e tranne alcune vittorie sul fronte austriaco, ormai vanificate dagli eventi, la Russia aveva subito una grave serie di sconfitte che avevano comportato la perdita della Polonia, di una parte di Paesi Baltici e dell'Ucraina, portando così il fronte all'interno dei suoi stessi confini, mentre le condizioni del popolo si aggravavano fortemente. Il regime zarista, chiuso a riccio nella difesa del principio dell'autocrazia, aveva ormai perso del tutto il contatto con la realtà della Russia, al punto che anche molti degli elementi conservatori delle classi tradizionalmente alleate del regime, stavano prendendo coscienza che solo un'uscita di scena di Nicola II, e forse dello stesso zarismo, avrebbero loro permesso di mantenere il controllo dello Stato. Il 2 marzo Duma (il parlamento) e Soviet (comitati) di operai e soldati si accordarono per la deposizione dello zar, e l'istituzione di un governo provvisorio formato da cadetti, menscevichi e socialisti rivoluzionari. Si formò il governo provvisorio di L'vov, che indusse Nicola II ad abdicare.
Vasili Filippovich Ivanov:
"Vladimir Ilich Lenin parla".
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Contemporaneamente si diffuse in tutto il paese il disfattismo nazionale, segno della crescente stanchezza verso la guerra. Il leader bolscevico Lenin, tornato dall'esilio, sostenne la necessità di trasformare la rivoluzione borghese di febbraio in Rivoluzione Proletaria, guidata dai Soviet, che mirasse all'instaurazione di una società comunista. In ottobre i bolscevichi occuparono i punti nevralgici della capitale istituendo il Consiglio dei Commissari del Popolo, dando vita alla rivoluzione d'ottobre.
La vittoria dei bolscevichi portò al rovesciamento del Governo Provvisorio Russo e alla nascita della Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa. Dal 1917 al 1921 esploderà la Guerra civile russa che vedrà la vittoria dell'Armata Rossa (dei bolscevichi, il cui comandante era l'ebreo comunista Lev Trotzky, poi fatto assassinare da Stalin nel 1940) sull'Armata Bianca (dei contro-rivoluzionari). A seguito di ciò, nel 1922, verrà istituita l'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (URSS) dove, formalmente, Lenin applicherà le teorie sociali ed economiche di Karl Marx e Friedrich Engels, messe nel cassetto poi dall'imperialismo di Stalin. Dalla Rivoluzione russa nascerà una nuova frattura nel continente; al sistema capitalistico degli stati occidentali si contrapporrà il nuovo sistema comunista sovietico, che nel biennio 1919-21 ispirerà in tutta l’Europa la nascita dei partiti comunisti e, in alcuni paesi (Germania, Ungheria, Italia), tentativi rivoluzionari, tutti peraltro falliti. Di fronte al pericolo rosso le potenze europee favoriranno l’affermazione di regimi autoritari di destra, soprattutto negli stati confinanti con l’Unione Sovietica, secondo la politica del “cordone sanitario”.
- La Russia esce così, definitivamente dal sistema degli Stati europei in cui figurava come una delle protagoniste, proprio mentre una potenza extra-continentale, gli USA, interviene nel conflitto europeo determinandone l'esito finale. Il sistema degli Stati europei, sorto durante le guerre d’Italia del 1500, si era sviluppato nella convinzione che la libertà di ciascuna delle potenze e la sicurezza di tutte coloro che operassero nel sistema, dipendessero da un’azione comune contro ogni potenza che sembrasse acquistare una preponderanza eccessiva. La rivoluzione d'ottobre segnerà inoltre una nuova e definitiva frattura economica nel continente, al sistema capitalistico degli stati europei e statunitense, si opporrà il nuovo sistema comunista sovietico.
- L'11 febbraio, Antonio Gramsci scrive: “Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo? Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime.
- In Italia, dopo una lunga serie di inconcludenti battaglie, si verifica l'offensiva degli austro-ungarici e dei contingenti tedeschi venuti dal fronte russo, dove il conflitto era terminato per via della Rivoluzione d'Ottobre, che nella battaglia di Caporetto dell'ottobre-novembre 1917 costringe gli italiani alla ritirata fino alle rive del fiume Piave, dove la resistenza italiana si consolida. Alla rotta segue una lunga serie di fucilazioni di militari e di un gran numero di ufficiali, barbarie che denota quanto vacillasse il potere centrale.
- Alla fine del 1917, dopo la rivoluzione bolscevica d'ottobre, disintegrato l'impero degli zar, il governo rivoluzionario russo decide di uscire dallo stato di guerra, firmando poi il Trattato di Brest Litovsk con gli imperi centrali i 3 marzo '18, mentre dà immediata e massima pubblicità ai patti diplomatici segreti rinvenuti negli archivi zaristi. Tra di essi si rinviene il "Patto di Londra", la cui pubblicazione avrà vasta risonanza internazionale, causando grave imbarazzo alle potenze firmatarie e suscitando inquietudine presso l'opinione pubblica mondiale, ponendo in scacco il metodo della "diplomazia segreta", seguito da decenni dalle potenze europee. Il trattato di Londra era stato stipulato nella capitale britannica il 26 aprile 1915 e firmato dal marchese Guglielmo Imperiali, ambasciatore a Londra in rappresentanza del governo italiano, Sir Edward Grey per il Regno Unito, Pierre-Paul Cambon per la Francia e dal conte Alexander Benckendorff per l'Impero russo. Il trattato era stato firmato in tutta segretezza per incarico del governo Salandra senza che il Parlamento, in maggioranza neutralista, ne fosse stato informato e segreto rimase finché i bolscevichi, giunti al potere in Russia dopo la Rivoluzione d'Ottobre, lo pubblicarono sul quotidiano "Izvestija" insieme ad altri documenti diplomatici segreti, allo scopo di denunciare le trame della politica estera zarista. Il patto, composto da 16 articoli, prevedeva che l'Italia entrasse in guerra al fianco dell'Intesa entro un mese. In cambio, in caso di vittoria, avrebbe ottenuto il Trentino, il Tirolo meridionale (l'odierno Alto Adige), la Venezia Giulia, con gli altopiani carsico-isontini e con l'intera penisola istriana fino al Quarnaro compresa Volosca (con l'esclusione di Fiume), cioè l'intera linea alpina dal Brennero al Monte Nevoso con le isole di Cherso, Lussino e altre minori; un terzo della Dalmazia con Zara e Sebenico con le isole a nord e a ovest del litorale, insieme alle neutralizzazione del resto della Dalmazia da capo San Niccolò alla penisola di Sabbioncello e da Ragusa a Durazzo in modo da garantire l'egemonia italiana sull'Adriatico; ancora, Valona e Saseno in Albania e il bacino carbonifero di Adalia in Turchia, oltre alla conferma della sovranità su Libia e Dodecaneso. In caso di spartizione delle colonie tedesche in Africa, l'Italia avrebbe avuto compensi territoriali in Libia, Eritrea e Somalia. Alla Conferenza di pace di Parigi invece, gli Stati Uniti daranno la precedenza alle tesi croate e slovene del nuovo Regno dei serbi, croati e sloveni, per impedire l'espansione italiana nell'Adriatico; la non completa realizzazione del Patto causerà grave malcontento ed agitazione in Italia, facendo sorgere il cosiddetto mito della "Vittoria mutilata". L'emergere del Patto di Londra darà il via ad una modifica degli orientamenti politici internazionali che influirà notevolmente sulla sua non completa attuazione a guerra finita. La risoluta opposizione alla diplomazia segreta, e la sua denuncia quale metodo inaccettabile nelle relazioni internazionali, fu uno dei principali motivi ispiratori della stesura, da parte del presidente degli Stati Uniti d'America, Woodrow Wilson, dei suoi celebri "Quattordici punti" e, non a caso, il presidente statunitense si oppose risolutamente alla completa realizzazione delle rivendicazioni territoriali italiane basate sul Patto di Londra non riconoscendo ad esso, come ad accordi similari con altri paesi, alcuna validità.
Mosca, il socialista Giacinto
Matteotti Serrati con il
comandante dell'armata
Rossa, l'ebreo Lev Trotzky.
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- La Russia esce così, definitivamente dal sistema degli Stati europei in cui figurava come una delle protagoniste, proprio mentre una potenza extra-continentale, gli USA, interviene nel conflitto europeo determinandone l'esito finale. Il sistema degli Stati europei, sorto durante le guerre d’Italia del 1500, si era sviluppato nella convinzione che la libertà di ciascuna delle potenze e la sicurezza di tutte coloro che operassero nel sistema, dipendessero da un’azione comune contro ogni potenza che sembrasse acquistare una preponderanza eccessiva. La rivoluzione d'ottobre segnerà inoltre una nuova e definitiva frattura economica nel continente, al sistema capitalistico degli stati europei e statunitense, si opporrà il nuovo sistema comunista sovietico.
- L'11 febbraio, Antonio Gramsci scrive: “Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo? Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime.
Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti”.
- Il 6 aprile 1917 gli USA dichiarano guerra alla Germania. L'enorme entità delle risorse americane garantisce un'iniezione di fiducia ai paesi dell'Intesa. Nel corso del '17, l'Intesa godrà inoltre dell'appoggio del Brasile e della Cina. E' in questo anno che la guerra civile europea assume l'aspetto di conflitto mondiale.
- Compromessa ogni speranza di vittoria netta, il 12 luglio 1917, il Cancelliere tedesco Bethmann, facendosi portavoce del Reichstag, incontra Guglielmo II per sottoporgli una risoluzione di pace, che il Kaiser trova ragionevole. Una comunicazione telefonica annuncia invece, che tutto lo stato maggiore si trovava nell'impossibilità di continuare a collaborare con Bethmann. Guglielmo, a difesa del suo cancelliere, minaccia l'abdicazione e questi, per evitare uno scontro fra la corona e l'esercito, il giorno dopo si dimette.
Carta del fronte italiano con le linee
del 24 ottobre e del 12 novembre '17,
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- Alla fine del 1917, dopo la rivoluzione bolscevica d'ottobre, disintegrato l'impero degli zar, il governo rivoluzionario russo decide di uscire dallo stato di guerra, firmando poi il Trattato di Brest Litovsk con gli imperi centrali i 3 marzo '18, mentre dà immediata e massima pubblicità ai patti diplomatici segreti rinvenuti negli archivi zaristi. Tra di essi si rinviene il "Patto di Londra", la cui pubblicazione avrà vasta risonanza internazionale, causando grave imbarazzo alle potenze firmatarie e suscitando inquietudine presso l'opinione pubblica mondiale, ponendo in scacco il metodo della "diplomazia segreta", seguito da decenni dalle potenze europee. Il trattato di Londra era stato stipulato nella capitale britannica il 26 aprile 1915 e firmato dal marchese Guglielmo Imperiali, ambasciatore a Londra in rappresentanza del governo italiano, Sir Edward Grey per il Regno Unito, Pierre-Paul Cambon per la Francia e dal conte Alexander Benckendorff per l'Impero russo. Il trattato era stato firmato in tutta segretezza per incarico del governo Salandra senza che il Parlamento, in maggioranza neutralista, ne fosse stato informato e segreto rimase finché i bolscevichi, giunti al potere in Russia dopo la Rivoluzione d'Ottobre, lo pubblicarono sul quotidiano "Izvestija" insieme ad altri documenti diplomatici segreti, allo scopo di denunciare le trame della politica estera zarista. Il patto, composto da 16 articoli, prevedeva che l'Italia entrasse in guerra al fianco dell'Intesa entro un mese. In cambio, in caso di vittoria, avrebbe ottenuto il Trentino, il Tirolo meridionale (l'odierno Alto Adige), la Venezia Giulia, con gli altopiani carsico-isontini e con l'intera penisola istriana fino al Quarnaro compresa Volosca (con l'esclusione di Fiume), cioè l'intera linea alpina dal Brennero al Monte Nevoso con le isole di Cherso, Lussino e altre minori; un terzo della Dalmazia con Zara e Sebenico con le isole a nord e a ovest del litorale, insieme alle neutralizzazione del resto della Dalmazia da capo San Niccolò alla penisola di Sabbioncello e da Ragusa a Durazzo in modo da garantire l'egemonia italiana sull'Adriatico; ancora, Valona e Saseno in Albania e il bacino carbonifero di Adalia in Turchia, oltre alla conferma della sovranità su Libia e Dodecaneso. In caso di spartizione delle colonie tedesche in Africa, l'Italia avrebbe avuto compensi territoriali in Libia, Eritrea e Somalia. Alla Conferenza di pace di Parigi invece, gli Stati Uniti daranno la precedenza alle tesi croate e slovene del nuovo Regno dei serbi, croati e sloveni, per impedire l'espansione italiana nell'Adriatico; la non completa realizzazione del Patto causerà grave malcontento ed agitazione in Italia, facendo sorgere il cosiddetto mito della "Vittoria mutilata". L'emergere del Patto di Londra darà il via ad una modifica degli orientamenti politici internazionali che influirà notevolmente sulla sua non completa attuazione a guerra finita. La risoluta opposizione alla diplomazia segreta, e la sua denuncia quale metodo inaccettabile nelle relazioni internazionali, fu uno dei principali motivi ispiratori della stesura, da parte del presidente degli Stati Uniti d'America, Woodrow Wilson, dei suoi celebri "Quattordici punti" e, non a caso, il presidente statunitense si oppose risolutamente alla completa realizzazione delle rivendicazioni territoriali italiane basate sul Patto di Londra non riconoscendo ad esso, come ad accordi similari con altri paesi, alcuna validità.
Nel 1.918 - Il 3 marzo, con la stipula del Trattato di Brest Litovsk con gli imperi centrali, la Russia perderà un territorio immenso pur di potere abbandonare il conflitto: dalla Finlandia all'Ucraina.
- Il 4 novembre è la data del bollettino della vittoria firmato dal gen. Armando Diaz e per l'Italia si conclude la I guerra mondiale. «Comando Supremo, 4 novembre 1918, ore 12 Bollettino di guerra n. 1268 La guerra contro l'Austria-Ungheria che, sotto l'alta guida di S.M. il Re, duce supremo, l'Esercito Italiano, inferiore per numero e per mezzi, iniziò il 24 maggio 1915 e con fede incrollabile e tenace valore condusse ininterrotta ed asprissima per 41 mesi, è vinta. La gigantesca battaglia ingaggiata il 24 dello scorso ottobre ed alla quale prendevano parte cinquantuno divisioni italiane, tre britanniche, due francesi, una cecoslovacca ed un reggimento americano, contro settantatré divisioni austroungariche, è finita. La fulminea e arditissima avanzata del XXIX Corpo d'Armata su Trento, sbarrando le vie della ritirata alle armate nemiche del Trentino, travolte ad occidente dalle truppe della VII armata e ad oriente da quelle della I, VI e IV, ha determinato ieri lo sfacelo totale della fronte avversaria. Dal Brenta al Torre l'irresistibile slancio della XII, della VIII, della X armata e delle divisioni di cavalleria, ricaccia sempre più indietro il nemico fuggente. Nella pianura, S.A.R. il Duca d'Aosta avanza rapidamente alla testa della sua invitta III armata, anelante di ritornare sulle posizioni da essa già vittoriosamente conquistate, che mai aveva perdute. L'Esercito Austro-Ungarico è annientato: esso ha subito perdite gravissime nell'accanita resistenza dei primi giorni e nell'inseguimento ha perduto quantità ingentissime di materiale di ogni sorta e pressoché per intero i suoi magazzini e i depositi. Ha lasciato finora nelle nostre mani circa trecentomila prigionieri con interi stati maggiori e non meno di cinquemila cannoni. I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano discese con orgogliosa sicurezza. Armando Diaz, comandante supremo del Regio Esercito».
- Il Kaiser Guglielmo II, visti gli scarsi successi bellici, viene convinto a lasciare l'esercito nelle mani dei due principali comandanti, Hindenburg e Ludendorff, che riescono ad influenzare l'apparato politico creando le basi per un regime militare. L' ascesa al potere da parte dell'esercito non danneggi tanto il parlamento tedesco, il Reichstag, quanto piuttosto il Kaiser. Questi diventa sempre più logorroico, andando a passeggio nei boschi, litigando con l'imperatrice e lamentandosi della scarsa considerazione in è tenuto. Di conseguenza, agli occhi del popolo, il vero leader diventa Hindenburg, poiché il nuovo Cancelliere, Georg Michaelis è solo un'emanazione del potere militare.
- All'interno dei territori degli imperi centrali, la coesione sociale comincia a cedere. Mentre la Germania vedrà venire sempre meno la sua capacità di battersi più per il crollo del consenso interno che per le sconfitte militari, l'instabile agglomerato etnico dell'impero asburgico verrà meno prima e più delle strutture militari.
- Il 26 ottobre 1918, di fronte all'impossibilità di proseguire la guerra, Guglielmo II convoca i due comandanti e parla a Ludendorff in modo tale da costringerlo a dimettersi. Le dimissioni presentate da Hindenburg invece, sono respinte. Il giorno dopo, il nuovo imperatore austriaco, Carlo d'Asburgo, comunica a Guglielmo II la sua decisione di concludere la pace. La notizia induce il governo tedesco, guidato ora da Maximilian di Baden, a decidere se accettare le richieste di principio che avevano offerto gli Stati Uniti: il Kaiser decide di accoglierle. A questo punto, sulla strada dell'armistizio, la sola speranza per la sopravvivenza del trono sembra l'abdicazione, ma i socialisti tedeschi, rivitalizzati dalla rivoluzione russa, sono per la repubblica. Risentito del fatto che il Cancelliere si rifiuta di pubblicare una lettera e un proclama nei quali assicurava il suo appoggio al governo e alle modifiche istituzionali, nella notte del 29 ottobre, Guglielmo II lascia Berlino per Spa, in Belgio, sede del quartier generale dell'esercito. Qui, fra i suoi generali, è raggiunto il 1º novembre dal ministro degli Interni prussiano Bill Drews (1870-1938) che gli comunica delle sempre più numerose richieste per la sua abdicazione. Guglielmo II risponde: «Come può lei, un funzionario prussiano, uno dei miei sudditi che mi ha giurato fedeltà, avere l'insolenza e la sfrontatezza di sottopormi una richiesta del genere?».
Carta della battaglia del Piave con
Vittorio Veneto, da: Speciale "La
Stampa" del 16 gennaio 2014.
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- A fine ottobre 1918, la pressione italiana e il cedimento di un esercito austriaco, ormai politicamente e moralmente minato da processi disgregativi, spalancano alla conquista italiana le terre del Veneto e del Friuli con la successiva presa di Trento e Trieste nei primi giorni di novembre. L'Italia, che è riuscita a riprendersi dalla rotta di Caporetto del novembre'17, avvenuta per la sottovalutazione dei movimenti delle armate austro-tedesche a nord del fronte giuliano, e che ha resistito vittoriosamente agli attacchi nemici sulla linea del Piave e del Grappa, con l'avvicendamento al comando del gen. Diaz sferra la decisiva controffensiva di Vittorio Veneto fino alla rotta delle forze austro-ungariche e tedesche. Nei primi giorni di novembre la vittoria si completa con la presa di Trento e Trieste.
- Il 3 novembre viene siglato l'armistizio di Villa Giusti, nella villa del conte Vettor Giusti del Giardino a Padova, sede del quartier generale italiano, fra l'Impero austro-ungarico e l'Italia in rappresentanza dell'Intesa. L'Impero austro-ungarico si dissolve e terminano le ostilità, costate alle forze armate italiane circa 650.000 caduti e un milione di feriti.
Il gen. Armando
Diaz al fronte.
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- Lo stesso 4 novembre, in Germania, come risposta all'ordine di far salpare la flotta per una disperata e inutile battaglia sul mare, i marinai ammutinati occupano la città di Kiel e nei giorni seguenti la rivolta si diffonde agli altri porti della Germania estendendosi all'interno del Paese.
- Il 7 novembre, i ministri socialisti reclamano l'abdicazione dell'Imperatore, che rifiuta ordinando che venga preparato un piano per marciare in Germania alla testa dell'esercito per restaurare l'ordine. A Berlino, la maggioranza socialista al Reichstag si dimette in blocco dal Parlamento e indicono uno sciopero generale. A Colonia i marinai rivoluzionari prendono la città, come già era accaduto a Kiel. Guglielmo II si trova allora di fronte al collasso del Paese e quando il principe Massimiliano di Baden lo prega per telefono di abdicare, gli urla il suo "no" al ricevitore.
- La sera dell'8 novembre, l'ammiraglio Paul von Hintze raggiunge a Spa, in Belgio, Guglielmo e gli comunica che la Marina è ormai fuori controllo. Il Kaiser, sperando di potersi mettere a capo dell'esercito assieme a Hindenburg per sedare le rivolte, chiede al generale Groener cosa ne pensa e questi risponde che non c'era operazione militare che possa avere successo.
- Il 9 novembre, scoppia la rivoluzione a Berlino. I rivoluzionari hanno in mano i principali nodi ferroviari e molti soldati abbracciano la causa della rivoluzione. Alle 11 di mattina arriva un telegramma a Guglielmo che gli annuncia la ribellione dei soldati e della piazza di Berlino. A quel punto il Kaiser cede e decide di abdicare, ma solo come imperatore, conservando il titolo di re di Prussia e con un suo esercito. Quando per telefono sono trasmesse le sue decisioni a Berlino, il principe ereditario Massimiliano di Baden, per guadagnare tempo, proclama l'abdicazione del Kaiser e del principe ereditario, dopo di che il Cancelliere passa il potere al socialista Friedrich Ebert. Guglielmo s'infuria per come sono andate le cose, ma ormai tutto è perduto. La strada, per la monarchia, è sbarrata dalla rivoluzione.
- Il 10 novembre 1918, visto che i fermenti rivoluzionare minacciano di estendersi anche tra i soldati stanziati a Spa, l'ex imperatore varca il confine con i Paesi Bassi.
- L'11 novembre 1918 la Germania firma l'armistizio.
- Il 28 novembre la consorte di Guglielmo II raggiunge il marito nei Paesi Bassi, al castello di Amerongen (presso Utrecht). Lo stesso giorno Guglielmo regolarizza la propria posizione firmando un formale atto di abdicazione che libera tutti i suoi funzionari dal giuramento di obbedienza. Il principe ereditario rinuncia analogamente ai suoi diritti.
- Terminato il conflitto mondiale, il 1º dicembre 1918, Alessandro Karađorđević, (1888 - 1934, re dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni nel periodo 1921-1929 e primo re di Jugoslavia, con il nome di Alessandro I, nel periodo 1929-1934) riceve una delegazione del Consiglio nazionale del neonato Stato degli Sloveni, Croati e Serbi che gli chiede di annettere la loro nazione, che non gode di alcun riconoscimento internazionale, al Regno di Serbia. Alessandro accetta e quello stesso giorno nasce il Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, di cui re Pietro I, padre di Alessandro, accetta la corona.
- Terminato il conflitto mondiale, il 1º dicembre 1918, Alessandro Karađorđević, (1888 - 1934, re dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni nel periodo 1921-1929 e primo re di Jugoslavia, con il nome di Alessandro I, nel periodo 1929-1934) riceve una delegazione del Consiglio nazionale del neonato Stato degli Sloveni, Croati e Serbi che gli chiede di annettere la loro nazione, che non gode di alcun riconoscimento internazionale, al Regno di Serbia. Alessandro accetta e quello stesso giorno nasce il Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, di cui re Pietro I, padre di Alessandro, accetta la corona.
- Alla fine della Grande Guerra, si erano dissolti quattro imperi: russo, germanico, austro-ungarico e quello turco-ottomano avrà le ore contate. In Europa tutti gli stati, vincitori e sconfitti, dovettero affrontare il problema della ricostruzione di sistemi politici, economici e sociali sconvolti dalla guerra. Le perdite militari dei paesi europei saranno oltre i 13 milioni di uomini, più di 8.000 per ogni giorno di guerra e 15 milioni furono le vittime fra i civili, oltre che per i massacri anche per la fame, la denutrizione, le malattie, come la terribile epidemia di febbre spagnola.
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