Dal 1.200 a.C. - Si sviluppa in Europa un'Età del Ferro i cui maggiori centri sono Halstatt,
Huttenberg e Cnosso.
- Mario Liverani in "Mutamenti climatici nell’antichità vicino-orientale e mediterranea", Torino 17-18 maggio 2012 afferma: "I dati climatici (in particolare le sequenze dendrocronologiche e polliniche) mostrano un episodio di brusca aridità, breve ma intensa, intorno al 1200 a.C. seguita poi da una fase di prolungata instabilità e aridità fino alla metà del IX secolo. I dati archeologici mostrano una serie di distruzioni dei centri urbani e palatini in Grecia (è il collasso della civiltà micenea), in Anatolia e nel Levante siro-palestinese all’inizio del XII secolo, e poi una prolungata fase di localismo, dimensione di villaggio e campi pastorali per tutta la prima età del Ferro, fino appunto alla metà del IX secolo. E i testi documentano bene sia la carestia alla fine del XIII secolo, sia la famosa invasione dei cosiddetti “Popoli del Mare” - genti di provenienza balcanica che si riversano dapprima nell’Egeo (è quella che le tradizioni classiche definivano l’invasione dorica) e poi in Anatolia e nel Levante - nel 1190 a.C., con il crollo dell’impero hittita e il restringimento di quello egiziano. Infine i testi documentano bene il
successivo “effetto domino” anche nelle zone ad est dell’Eufrate
(Assiria e Babilonia) ma con un décalage di un secolo buono rispetto
all’invasione dei Popoli del Mare. In questo caso dunque le
coincidenze sembrano già così ben documentate e circostanziate da
renderci sicuri della spiegazione.
- Il periodo che va dal 1.200 a.C. al 1.000 a.C. è perciò abbastanza oscuro, ma ci si sta convincendo che la
carestia del 1.200 a.C. sia stato l'evento scatenante il riassetto
del quadro politico mediterraneo e mediorientale: secondo la ricerca di David Kaniewski,
dell’Università Tolosa III - Paul Sabatier, effettuata assieme a colleghi di
altre istituzioni e pubblicata sulla rivista on-line PlosONE, i ricercatori sono giunti alla conclusione che la
crisi della tarda età del bronzo, piuttosto che imputabile ad una
serie di eventi non correlati, sia stata provocata dal cambiamento radicale del clima, scatenante una siccità a cui sarebbero seguite
carestie, inevitabili conflittualità politiche e invasioni dal mare da parte di popoli in cerca di fonti di
sostentamento. Gli studiosi
sottolineano anche che questo evento è in stretto rapporto con la
sensibilità alle variazioni climatiche delle società dipendenti dalle proprie risorse agricole. Sensibilità e struttura
economica, un binomio che, con il variare del clima, avrebbe portato
inevitabilmente alla rovina. Pare del resto che la sequenza
dendrologica di Gordion (la città, oggi turca di Gordio, del famoso
nodo sciolto da Alessandro Magno con un colpo di spada) registri
intorno al 1.200 a.C. un seguito di sette-otto anni particolarmente
secchi: ciò che spiegherebbe la rovinosa carestia che investe una
Anatolia già in difficoltà. Altrove, in bassa Mesopotamia, è stato
il progressivo collasso della rete dei canali mettere in crisi
l'agricoltura.
Tutto il Mediterraneo stava vivendo un
periodo caratterizzato da catastrofi naturali con conseguenti
migrazioni di popoli e da oriente giunse l'ultima ondata di tribù
indoeuropee che, con lo sviluppo del fenomeno celtico, completò
l'opera di mutamento culturale destinato a modificare per sempre il
volto dell'Europa, in cui l'economia era ridotta a pastorizia e
agricoltura.
- Dal National Geographic Italia: "Gli anni fondamentali per il crollo furono probabilmente quelli tra il 1.185 e il 1.130 a.C., ma si trattò di un processo che avvenne su un arco di tempo abbastanza lungo. Il cambiamento climatico agì come una scintilla che diede il via a una serie di eventi a catena. Il crollo dei raccolti costrinse alcuni gruppi che abitavano nelle regioni settentrionali a migrare in cerca di cibo, combattendo con altre comunità che a loro volta si spostarono per terra e per mare. Questa reazione a catena suscitò guerre e distruzioni e mise in crisi il delicato sistema commerciale dell'epoca. Le conclusioni raggiunte dagli scienziati, anche grazie alla datazione al radiocarbonio, coincidono quasi alla perfezione con i pochi resoconti storici del periodo, che appunto narrano di carestie, interruzioni delle rotte commerciali, tumulti, saccheggi e guerre per impadronirsi delle scarse risorse."
- Da https://ilbolive.unipd.it/it/news/cambiamenti-climatici-territorio-terramare: "Nella fase finale dell'età del bronzo recente, che va dalla fine del XIII all'inizio del XII a. C., c'era una provincia del mondo terramaricolo, ovvero quella della bassa pianura veronese, il cui centro fondamentale è il Fondo Paviani, che metteva in rapporto diretto i navigatori egei e levantini. Quest'ultimi, in un momento storico che corrisponde al collasso della civiltà micenea, arrivarono fino al delta del Po, e risalendo il fiume entrarono in contatto con i gruppi terramaricoli delle pianure veronesi. Il loro scopo non era tanto l'approvvigionamento del metallo, materiale di cui si rifornivano sull'isola di Cipro, bensì quello dell'ambra. Si tratta di una resina fossile che si trova soprattutto sulle coste del Mar Baltico e del Mare del Nord. È una materia prima inutile, ma di grande lusso. Poiché la civiltà delle terramare controllava l'afflusso di queste materie prime fondamentali, aveva raggiunto il suo apice anche dal punto di vista della pressione insediativa. Tutta la pianura e le fasce collinari, pedemontane, pedeappenniniche e appenniniche erano state completamente occupate grazie agli avanzatissimi sistemi di gestione delle acque. La deforestazione aveva raggiunto un punto limite. L'abbattimento della copertura forestale per far spazio ai campi, ai pascoli e agli insediamenti aveva causato problemi di carattere geomorfologico, come il degrado dei suoli e il ruscellamento. I terreni venivano ipersfruttati anche dal punto di vista della produzione, poiché c'era un'enormità di gente da sfamare, e ciò aveva provocato un impoverimento dei suoli. Tutto questo ha innescato una sorta di effetto domino che ha progressivamente reso il sistema delle terramare non più sostenibile. A questo si è aggiunto anche un aspetto di carattere climatico non dipendente dall'impatto antropico, al contrario di ciò che invece accade oggi. Sulla base dei dati archeologici, archeobotanici e geomorfologici possiamo osservare che nella Pianura padana e nell'intera Europa, intorno al 1200 a.C. si verificò un'oscillazione climatica in senso arido piuttosto rapida, la quale determinò anche l'abbassamento delle falde acquifere.
Questa sorta di “tempesta perfetta”, in parte autoindotta, perché dovuta all'autodistruzione a cui i terramaricoli erano andati incontro inconsapevolmente dopo aver raggiunto il loro apice, e in parte eteroindotta, derivante da questa oscillazione arida, determinò l'impossibilità di portare avanti un sistema che aveva funzionato per centinaia di anni. C'è da dire, comunque , che la risposta a questa crisi fu diversa tra l'area a nord del Po e quella a sud. Quest'ultima, quella dell'Emilia, fu completamente spopolata. Ci sono evidenze che confermano che gli ultimi gruppi terramaricoli migrarono da questi territori, in cui era diventato difficile vivere, verso l'Italia centro-meridionale.
Il sito di Frattesina prende lo spazio commerciale che prima aveva il fondo Paviani. |
Dal 1.194 al 1.184 a.C. - È il periodo più citato per la guerra di Troia (o Ilio) cantata nell'omerica Iliade, evento rappresentativo dell'esaurimento della civiltà Micenea.
Carta con le antiche Micene,Troia,
Sparta e l'isola di Chio.
|
La data della fine di questo conflitto è importante poiché è diventata un punto di riferimento per datare gli eventi, come lo è stata la data del 776 a.C., anno della prima olimpiade dei Greci. Fonti letterarie greche parlano di una distruzione di Troia, ad opera greca, da collocarsi nel XII secolo a.C. Tucidide cita Agamennone e la guerra di Troia nel "II libro delle Storie" (par.9) e la datazione della fine del conflitto si potrebbe desumere dal libro V della sua "Guerra del Peloponneso", il cosiddetto "dialogo dei Meli", gli abitanti dell'isola di Milo, nelle Cicladi.
Carta con l'antica Troade. |
Carta con la Grecia antica e i territori occupati dai Dori, fra cui è evidenziata l'isola di Milo. |
Hippos fenicia, da cui l'errata traduzione "cavallo di Troia", da QUI. |
Secondo le narrazioni omeriche, la mitica città di Troia aveva preso il nome dall'altrettanto mitico re "Trōs" (in greco "Têukros", Teucro) mentre sarebbe stata fondata da Dardano, figlio di Zeus ed Elettra, che giunto nella Troade aveva ricevuto in dono dal re Teucro il territorio su cui innalzò l'acropoli che chiamò Dardania.
Genealogia degli dei dell'Olimpo nei poemi omerici. |
Il viaggio di Odisseo (Ulisse) al ritorno dalla guerra di Troia verso Itaca, immortalato nell'Odissea. |
Il viaggio di Enea da Troia al Lazio immortalato da Virgilio nell'Eneide. |
Sicilia arcaica con Elimi, Sicani e Siculi. |
Sembra la decadenza della civiltà Micenea sia iniziata proprio con la guerra di Troia, mentre l'invasione dorica del 1.100 a.C., quasi un secolo dopo, ne sarebbe stato il colpo di grazia.
L'antica Grecia con le invasioni
di Ioni e Achei dal 2000 a.C.
e dei Dori dal 1200 a.C. I monti:
Olimpo, Parnaso, Elicona
e Taigeto.
|
popolazione indoeuropea, pongono fine all'egemonia Elladico-Micenea, causando un periodo di decadenza.
-
La scomparsa della civiltà micenea determina ad Atene la
nascita di un nuovo ordine sociale
di tipo oligarchico e
l'avvento nelle magistrature dei rappresentanti delle quattro
tribù emergenti in Attica
(la regione di Atene) a loro volta suddivise in fratrie (unione di
più clan), che divennero un'importante espressione della vita
sociale e religiosa ateniese.
La migrazione del nuovo popolo guerriero, i Dori, provvisti di armi e armature in ferro, destabilizzò l'ordine politico e militare Elladico-Miceneo nella penisola greca, che era rimasto nell'Età del Bronzo, o verosimilmente era già avviato verso la decadenza.
Le genti doriche, che fecero del loro dio eponimo Doro (il quarto figlio di Elleno), il capostipite degli Elleni, abitavano originariamente la regione danubiana per poi passare nella valle del Vardar.
Nella tradizione antica questa migrazione è rappresentata dalla leggenda del ritorno degli Eraclidi, i discendenti dell'eroe semi-dio Heracle, o Eracle, l'Ercole dei Latini, e alcuni studiosi hanno individuato in questo episodio mitologico una prova della cosiddetta "invasione dorica", ultima responsabile della decadenza della civiltà micenea.
Gli Eraclidi, nella mitologia greca, sono sia i figli di Eracle, in particolare di Eracle e Deianira, sia i loro discendenti, e vengono definiti Eraclidi anche i 50 figli che Eracle ebbe dalle figlie di Tespio, chiamati poi Tespiadi, mentre soggiornava presso di lui. Secondo la testimonianza di Erodoto e Tucidide i Dori, discendenti di Eracle, si sarebbero spinti nel Peloponneso, in Laconia, dal nome di Lacedemone che vi aveva fondato Sparta, il nome di sua moglie, e nella Messenia. Sotto la spinta dell'invasione dorica, le popolazioni che erano stanziate nell'area Elladica diedero luogo alla prima migrazione colonizzatrice dei greci, soprattutto verso est, sud-est e sud.
L'antica Grecia con l'invasione
dei Dori del 1200 a. C. e i
conseguenti spostamenti
a est di Ioni ed Eoli. |
Con il declino della civiltà Micenea ha inizio un periodo di decadenza, denominato dagli storici con il nome di "medioevo greco" che durerà tre secoli, a partire dal XII secolo a.C.
Il Medioevo ellenico sarà caratterizzato da una commistione dei tratti peculiari della precedente cultura micenea e delle innovazioni doriche, quali l'introduzione dell'uso del ferro, dell'incinerazione dei morti e della costruzione dei primi templi.
-
Atene riesce in
qualche modo a sfuggire alle invasioni doriche
e durante il cosiddetto medioevo ellenico inizia a
svilupparsi.
Il Tempio dorico di Era (o Hera),
detto anche Tempio di
Poseidon o Tempio di Nettuno,
eretto a Paestum,
l'antica Poseidonia, intorno
alla metà del V secolo a.C. |
Έλληνες) è stata conosciuta in tutto il mondo, mentre i Romani hanno utilizzato la parola Greci, per riferirsi a queste genti, poiché i colonizzatori di Cuma in Campania, la più antica colonia greca della penisola italica e della Sicilia, fondata nel 750 a.C. dai Calcidesi e dagli abitanti di Cuma, piccolo centro dell'isola Eubea, si autodefinivano Graikòi, nome distintivo di alcune genti marittime della Beozia e della limitrofa costa dell'Eubea, nome che i Romani erroneamente recepirono come appellativo di tutte le genti elleniche, trasmettendolo fino a noi come Graeci. Le lingue europee, quindi, usano tale appellativo; in Oriente invece si usano nomi derivati da Ioni.
Conseguentemente all'invasione dorica compariranno gradualmente le póleis, le città-Stato. La conformazione del territorio, principalmente montuosa, contribuirà in modo determinante ad ostacolare l'unificazione dei villaggi e a favorire la nascita di piccole città-Stato indipendenti. Le città-Stato passarono inizialmente da regimi monarchici a tirannidi. Ciascuna città aveva divinità protettrici e leggi proprie (ogni città era strenuamente attaccata alle proprie tradizioni: arrivavano al punto da avere ciascuna un proprio calendario). Tuttavia, frequenti erano le anfizionie, alleanze tra città limitrofe, non necessariamente di carattere militare. L'Arcadia, nel Peloponneso, in cui si parlava il dialetto arcado-cipriota, rimase un territorio abitato dai discendenti dei Pelasgi, i primi a stabilirsi in Grecia. Alcuni studiosi Albanesi sostengono che dai Pelasgi sono derivati Tirreni ed Etruschi oltre a Illiri e Albanesi, e che i linguaggi di questi popoli sono quindi affini. Seguono alcuni elementi su cui basano le loro ipotesi. Pausania (Arcadia, Libro VIII, 1,4,6) scrive: “Gli Arcadi dicono che Pelago fu il primo a nascere nella terra dell’Arcadia. Dato che Pelago divenne re, il paese si chiamò Pelasgia in suo onore”. Pindaro (Carminia, Fragmenta Selecta, I, 240) scrive: “Portando un bel dono, la Terra fece nascere per primo l’essere umano nell’Arcadia, il Divino Pelasgo, molto prima della luna”.
- Intorno al XII secolo a.C., i Tirreni, o Tirseni, Tyrseni, Raseni, Turuscha, forse uno dei Popoli del Mare o discendenti dei Pelasgi e sicuramente gli antenati degli Etruschi italici, che chiamavano se stessi "Rasenna", giunsero dall'Asia Minore e fondarono una colonia nei territori della mitica Tartesso, nell'attuale Spagna, su un'isola tra la foce del Guadalquivir (l'antico Betis) e l'oceano. Da Tartesso inizia l'invasione dei Tirreni e la sottomissione della zona, gestita fino ad allora da Liguri, Iberici e coloni orientali, ma presumibilmente era Ligure (come indica il toponimo Lago Ligur, il Lagus Ligustinus per i Romani) il substrato predominante nella zona. Gli invasori approntarono una fiorente oligarchia commerciale e militare la cui capitale fu Tartesso stessa. Nel regno furono stabiliti due principali centri: presso la foce del Guadalquivir, Tartesso stessa e l'antica Olba, (nei pressi dell'attuale Huelva, sul fiume Tinto, nel nord ovest del territorio di Tartesso, vicino all'attuale frontiera col Portogallo), che doveva fungere da deposito di Tartesso dei minerali di rame provenienti dalle miniere del Rio Tinto, Aznacòllar e Linares.
Dal Blog "Sanremo Mediterranea":
per il post "Tartesso: l'Economia", clicca QUI,
per il post "Tartesso: prima i Liguri, poi Fenici e Greci", clicca QUI,
per il post "Ercole e altri miti a Tartesso", clicca QUI,
per il post "Il Lago Ligure nella mitica Tartesso", clicca QUI.
- Gli Umbri furono un popolo giunto dal nord in Italia nel XII secolo a.C., che si sovrappose e si sostituì a quelli presenti (in Umbria la presenza dell'uomo è attestata sin dal primo Paleolitico). Parlavano una lingua indoeuropea del gruppo osco-umbro, l'umbro, scritta con alfabeto proprio di derivazione greco-occidentale, non molto dissimile dagli altri alfabeti italici.
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- Gli Umbri furono un popolo giunto dal nord in Italia nel XII secolo a.C., che si sovrappose e si sostituì a quelli presenti (in Umbria la presenza dell'uomo è attestata sin dal primo Paleolitico). Parlavano una lingua indoeuropea del gruppo osco-umbro, l'umbro, scritta con alfabeto proprio di derivazione greco-occidentale, non molto dissimile dagli altri alfabeti italici.
I dialetti Italici parlati nel
centro-sud nel 400 a.C.
|
Occuparono un'area che in epoca classica si estendeva dall'alta e media valle del Tevere fino al mar Adriatico, comprendendo anche l'odierna Romagna: delimitata dal Tevere ad ovest e dall'Adriatico ad est. Inizialmente gli Umbri avevano occupato anche i territori dell'odierna Toscana e della Valle Padana, solo successivamente conquistati da Etruschi e Galli (questo territorio viene chiamato "Grande Umbria"). L'espansione di Celti ed Etruschi li confinò quindi nella zona ad est del medio corso del Tevere, mentre ad ovest del fiume fioriva la potenza etrusca. Non è noto se gli Umbri indicassero se stessi con un endoetnonimo, né quale forma avesse. Il termine "Umbri" è l'etnonimo con il quale il popolo era indicato dai vicini Latini e dai Greci (greco Ὄμβροι o Ὀμβρικόι). L'ingresso dei popoli osco-umbri in Italia, provenienti dall'Europa centro-orientale dove si cristallizzarono come gruppo linguistico autonomo all'interno della famiglia indoeuropea, è generalmente collocato intorno al XII secolo a.C. L'arrivo degli Osco-umbri in Italia è stato posto da alcuni studiosi in correlazione allo sviluppo della cultura protovillanoviana, cronologicamente compatibile; tale ipotesi è rafforzata dal fatto che gli insediamenti storici degli Umbri, soprattutto nella fase della "Grande Umbria", coincidono sostanzialmente con l'area villanoviana. Descrivendone l'origine, Plinio il Vecchio afferma: « La popolazione umbra è ritenuta la più antica d'Italia, si crede infatti che gli Umbri fossero stati chiamati Ombrici dai Greci perché sarebbero sopravvissuti alle piogge quando la terra ne fu inondata. È attestato che gli Etruschi sottomisero trecento città umbre » (Plinio il Vecchio, "Naturalis historia", III, 112-113). Questa descrizione, è oggi considerata con attenzione. Sebbene sia certo che la zona fosse abitata già da millenni prima dell'arrivo degli Indoeuropei, ai tempi di Plinio gli Umbri erano oramai la popolazione "più antica d'Italia" tra quelle allora esistenti nella penisola italica, cioè Italici ed Etruschi. Le conoscenze che si hanno fino ad ora sul popolo umbro, emergono attraverso i dati combinati delle fonti storiche (Scilace, Erodoto, Dionisio di Alicarnasso, Strabone, Plinio il Vecchio, etc.) dei rinvenimenti epigrafici e delle evidenze archeologiche. Plinio il Vecchio, parlando della sesta regione Umbra con l'Agro Gallico scrive che: ”I Siculi e i Liburni ne occuparono molti territori; li cacciarono gli Umbri, che furono cacciati dagli Etruschi e questi dai Galli". Per quanto riguarda la sistemazione geografica prendiamo da Strabone alcuni passi della sua Geografia: « [Nella terza parte dell'Italia] scorre dagli Appennini il Tevere che si arricchisce di molti fiumi in parte attraversando la stessa Etruria, per il resto separandone prima l'Umbria, quindi i Sabini ed i Latini, che vanno dai pressi di Roma fino al mare. Questi popoli confinano pertanto con il fiume e con gli Etruschi in larghezza e reciprocamente in profondità: dagli Appennini, nel punto in cui si avvicinano all'Adriatico, si estendono per primo gli Umbri, dopo questi i Sabini, ultimi gli abitanti del Lazio, tutti dipartendosi dal fiume [...] Gli Umbri poi, che stanno nel mezzo, fra Sabina ed Etruria, superando le montagne si spingono però fino ad Ariminum e Ravenna. [...] con l'Etruria confina, nella parte orientale, l'Umbria che ha inizio dagli Appennini, ed anche oltre, fino all'Adriatico. » (Strabone, Geografia, V, 2,1.)
QUI, per il post "Antichi Liguri: dai Primordi ai Megaliti" clicca QUI, per il post "Antichi Liguri: Alleanza e fusione con i Celti", clicca QUI. Vedi anche http://culturaprogress.blogspot.it/2014/12/la-cultura-di-golasecca.html.
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Carta con gli insediamenti degli
Euganei, Carni, Veneti
(Venetici), Reti, Camuni e Celti
Leponzi e Cenomani.
|
Reitia, divinità dei Veneti
(e dei Reti) dell'Italia
nord-orientale.
|
Agli antichi Veneti del nord-est italico ci si riferisce talvolta con "Paleoveneti", "Veneti adriatici" o "Venetici" per distinguere il popolo dell'antichità dagli attuali abitanti della regione italiana del Veneto. Nel periodo antico vi erano rapporti culturali fra i nostri Veneti e la Civiltà villanoviana, l'Egeo, l'Oriente e successivamente anche con gli Etruschi. Nelle pianure del Veneto meridionale fra il 1150 e il 900 a. C. sorse il grande centro pre-urbano di Frattesina, crocevia di traffici fra il Baltico, le Alpi Orientali e Cipro, con sistema socio-economico fortemente gerarchizzato; quindi si sviluppano Villamarzana, e poi Montagnana.
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