Consoli Romani. |
Nel 367 a.C. - A seguito di gravi tumulti verificatisi a Roma tra patrizi e plebei, sono emanate le Leggi Licinie Sestie (in latino Leges Liciniae Sextiae) proposte dai tribuni Gaio Licinio e Lucio Sestio Laterano, che rappresentano il culmine del lungo processo storico definito rivoluzione della plebe. Parte degli studiosi ritiene che le leges Liciniae Sextiae nascondano in realtà un vero e proprio accordo politico fra patrizi e plebei. Alla data di emanazione di dette leggi si riconduce convenzionalmente la fine del periodo arcaico della storia di Roma. Le leggi, scritte dopo la conquista da parte romana della città di Veio, sancirono che i territori di tale città venissero distribuiti tra la popolazione bisognosa, formando 4 nuove tribù. Prima delle guerre di conquista l'economia romana si basava soprattutto sull'agricoltura e sulla pastorizia. Si coltivavano, in modo particolare, cereali che servivano al sostentamento della popolazione. La vendita dei prodotti agricoli non era facile, vista la mancanza di una rete stradale di trasporti che permettesse l'arrivo di tali beni sui principali mercati. I trasporti all'epoca, avvenivano a mezzo di cavalli o buoi ed erano lenti e costosi. Quando era possibile si preferivano i trasporti fluviali e quelli marittimi, che permettevano di trasportare grandi quantità di merci a costi molto inferiori. Le attività industriali e commerciali erano molto limitate. Con le guerre di conquista, il nuovo fulcro economico di Roma, più che l'agricoltura, la pastorizia e i commerci, diventava lo sfruttamento economico dei nemici vinti, a cui erano sottratte le terre per essere assegnate ai propri coloni, di cui venivano utilizzate le forze armate come alleati (socii) per i propri fini ed erano legate al benessere dell'Urbe le classi aristocratiche e i possidenti delle città conquistate. La strategia romana si basava sulla capacità di rompere i legami di solidarietà tra popoli diversi o tra città, in modo tale da indebolire le capacità di resistenza dei nemici e a tal fine puntavano le fondazioni di colonie e la costruzione di vie di comunicazione per il dominio territoriale a cui aspirava sia l'intero senato che la plebe. Nelle nuove leggi si stabiliva inoltre la quantità massima di terreno che un privato potesse occupare (500 iugeri, circa 125 ettari). Pochi anni prima Brenno ed i suoi Galli avevano distrutto la città di Roma e molti plebei si erano indebitati per ricostruire le proprie case. Secondo le “leggi delle dodici tavole”, il creditore poteva rendere schiavo il debitore ed anche ucciderlo se questi non avesse ripagato il debito, dunque molti plebei rischiavano di diventare schiavi. La nuova legge prevedeva dunque che la cifra prestata potesse essere restituita in tre anni. Le Leggi Licinie Sestie rappresentano il più importante e cruciale sviluppo della costituzione romana: al vertice dello Stato ci sono due consoli, reintegrati completamente dopo l'abolizione dei tribuni militum consulari potestate, uno dei quali può essere plebeo (de consule plebeio). Viene riservata ai patrizi la carica di pretore (praetor) che amministra la giustizia (qui ius in urbe diceret). Viene istituita inoltre l'edilità curule (l'aggettivo curule, nell'antica Roma, era attribuito alle magistrature e ai magistrati che detenevano il potere giudiziario come i censori, i consoli, i dittatori, gli edili, i pretori ecc.). Le differenze tra la varie componenti della magistratura edile si affievolirono via via col tempo, sia pure mantenendo alcune competenze specifiche. I loro compiti comprendevano principalmente tre aree di competenza: 1) la prima era la cura urbis, la gestione delle strade cittadine, dei bagni pubblici e degli edifici; 2) la seconda era la cura annonae (l'annona è la politica di un paese per le proprie scorte di cereali e delle altre derrate alimentari) attraverso la gestione dei mercati; 3) la terza non era altro che la cura ludorum, la gestione dei giochi pubblici e circensi. I magistrati edili avevano inoltre dei compiti meno definiti relativi all'archivio di stato, all'ambito giudiziario (nella giurisdizione tribunizia) e alla capacità di elevare multe.
I Gracchi, tribuni della Plebe. |
L'antica Grecia del 371-362 a.C. con le dinamiche che portarono la fine dell'egemonia di Sparta. |
- Nel 367 a.C. la Pace di Antalcida (un generale spartano), ristabilisce il controllo persiano sulle poleis greche ioniche.
Nel 360 a.C. - Nell'ambito di una serie di scontri tra Celti e la Repubblica romana, iniziati qualche decennio prima con il famoso sacco celtico di Roma, si combatte la battaglia dell'Aniene o battaglia dell'Anio, nei pressi del ponte sull'omonimo fiume, fra l'esercito romano, guidato da Tito Manlio Torquato Imperioso che risulterà vincitore e i Galli, che rimarranno confinati nella Gallia Cisalpina fino all'incursione dei Senoni nel Piceno. (Carta con l'Anio, l'Aniene QUI).
Dal 359 a.C. - In Grecia inizia l'egemonia Macedone. Filippo II di Macedonia, salito al trono nel 359 a.C. nel giro di vent'anni pose fine all'indipendenza della Grecia. Nel 338 a.C. con la vittoria di Cheronea assume il controllo delle città greche, nel 336 a.C. venne assassinato.
La Macedonia di Filippo II, con gli
stati alleati, quelli assoggettati e le battaglie.
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Le prime cinque file puntavano le lance in avanti, mentre a partire dalla sesta fila ogni soldato appoggiava la sua lancia sulla spalla di quello che lo precedeva: questa disposizione dava alla falange, dal punto di vista del nemico, l'aspetto di un micidiale porcospino, irto di punte, di cui era difficile fermare l'avanzata, soprattutto se lo scontro avveniva su un terreno pianeggiante.
La prima abilità dei condottieri macedoni, dall'adozione della falange in poi, consistette nell'imporre battaglia su un terreno adatto al modo di combattere del proprio esercito.
La falange "pesante"
Macedone.
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Nel 358 a.C. - Roma è costretta ancora una volta ad intervenire contro Tarquinia.
Nel 356 a.C. - Secondo quanto racconta Livio, il console Marco Fabio Ambusto condusse i Romani contro Falisci e Tarquiniensi. L'esercito etrusco portò con sé anche i sacerdoti, armati di serpenti e torce, i quali causarono nei Romani un tale timore da indurli a fuggire in preda al panico verso i loro accampamenti, ma il console, allibito per il loro comportamento, li costrinse a riprendere la battaglia. Gli Etruschi, allora, furono dispersi e il loro campo catturato. Ciò indusse tutta l'Etruria a marciare, sotto la guida dei Tarquiniensi e dei Falisci, contro le saline romane della foce del Tevere. In questa situazione di emergenza i Romani nominarono dittatore Gaio Marcio Rutilo, la prima volta che un plebeo ottenesse quella nomina. Marcio portò le sue truppe attraverso il Tevere sopra delle zattere e dopo l'iniziale cattura di un certo numero di predoni etruschi, riuscì ad occupare l'accampamento etrusco e a fare ben 8.000 prigionieri mentre gli altri vennero uccisi o cacciati fuori del territorio romano. Il popolo di Roma premiò Marcio con un trionfo, anche se non ratificato dal Senato. I Fasti triumphales registrarono «C. Marcius Rutilus, dittatore, trionfò gli Etruschi il 6 maggio.». Secondo quanto aggiunge Diodoro Siculo, gli Etruschi saccheggiarono il territorio romano, razziando le rive del Tevere, prima di tornare a casa.
Nel 355 a.C. - Secondo quanto riportato da Livio, il console Gaio Sulpicio Petico avrebbe devastato il territorio di Tarquinia, mentre altri ritenevano che avesse condotto una campagna militare contro la città di Tibur, insieme al suo collega.
Nel 354 a.C. - I Romani costringono i Tarquiniensi alla resa, dopo la morte di un gran numero di loro in battaglia. I prigionieri sono tutti uccisi, ad esclusione di 358 nobili inviati a Roma dove saranno flagellati e decapitati nel Foro romano (secondo Diodoro Siculo, solo 260) come punizione per quei Romani uccisi dai Tarquiniensi nel 358 a.C..
Nel 353 a.C. - Livio, unica fonte degli anni finali della guerra romano-etrusca, scrive che a Roma giunsero voci che gli abitanti di Caere si fossero schierati con Tarquinia e gli altri alleati etruschi. Ciò venne confermato quando il console Sulpicio Petico, che stava devastando il territorio tarquiniese, riferì che le saline romane erano state attaccate e parte del bottino era stato inviato a Caere. I Romani allora nominarono dittatore Tito Manlio Imperioso Torquato, che dichiarò guerra a Caere. I Ceriti, amaramente pentiti per le loro azioni, inviarono ambasciatori a Roma per implorare la pace e in considerazione della loro antica amicizia, i Romani concessero a Caere un trattato di pace per 100 anni e concentrarono le loro forze sui Falisci, ma quando giunsero al loro accampamento lo trovarono abbandonato, tanto che l'esercito romano poté tornare a Roma dopo aver devastato il territorio falisco.
Nel 352 a.C. - A causa di voci che si rileveranno poi infondate, le dodici città dell'Etruria formano una Lega contro Roma, tanto che i due consoli romani sono costretti a nominare un nuovo dittatore: Gaio Giulio Iullo.
Nel 351 a.C. - Nel corso di quest'ultimo anno della guerra romano-etrusca, il console Tito Quinzio Peno Capitolino Crispino muove guerra contro Falerii, mentre il suo collega Gaio Sulpicio Petico contro Tarquinia. Non ci sarà nessuno scontro, poiché i Falisci e i Tarquiniensi, ormai stanchi della guerra, dopo aver subito continue devastazioni nei loro territori negli anni precedenti, chiedono la pace che i Romani concedono a ciascuna città, con una tregua di 40 anni.
- Prima delle guerre di conquista l'economia romana si basava soprattutto sull'agricoltura e sulla pastorizia. Si coltivavano, in modo particolare, i cereali, che servivano al sostentamento della popolazione. La vendita dei prodotti agricoli avveniva con difficoltà per la mancanza di una rete stradale di trasporti che permettesse l'arrivo dei prodotti sui principali mercati. I trasporti all'epoca avvenivano a cavallo o con buoi ed erano lenti e costosi. Quando era possibile si preferivano i trasporti fluviali e quelli marittimi, che permettevano di trasportare grandi quantità di merci a costi molto inferiori. In quel contesto le attività industriali e commerciali erano molto limitate. Con le guerre di conquista, il nuovo fulcro economico di Roma, più che agricoltura, pastorizia e commerci, diventerà lo sfruttamento economico dei nemici vinti, strappandone terre da assegnare ai propri coloni, utilizzandone le forze armate come alleati (socii) per i propri fini, legando al benessere dell'Urbe le classi aristocratiche e i possidenti delle città conquistate. La strategia romana si basava sulla capacità di rompere i legami di solidarietà tra popoli diversi o tra città (divide et impera), in modo tale da indebolire le capacità di resistenza dei nemici e a tal fine puntavano le fondazioni di colonie.
Nel 348 a.C. - Roma e Cartagine stipulano un secondo trattato in cui vengono riconosciuti, oltre agli interessi territoriali di entrambe anche le rispettive alleanze. Scullard aggiunge che con questo nuovo accordo, i mercanti romani erano esclusi dalla Sardegna, dalla Libia, dal Mediterraneo occidentale e dal golfo di Tunisi fino a Mastia in Spagna e rimanevano "aperte" ai loro traffici solo la Sicilia cartaginese e Cartagine. E così mentre Roma era concentrata sul suo entroterra, la futura rivale trasformava il Mediterraneo occidentale in un "lago" cartaginese. Brizzi ritiene che Roma, pur rinunciando ad ogni precedente diritto sulla Sardegna, otteneva così l'appoggio navale di Cartagine, mettendo così la città al riparo da possibili attacchi dal mare, ora che era esposta ad una nuova minaccia dei Celti, manovrati dai tiranni di Siracusa. A queste considerazioni si aggiunga che Roma, dopo 150 anni circa, era riuscita a conquistare buona parte dell'Etruria, eliminare Veio e ricacciare l'invasione dei Galli di Brenno nel 390 a.C., ma già nel 360 a.C. una seconda ondata stava sommergendo la pianura Padana creando apprensione. E soprattutto Roma era stata per anni - e continuava ad essere - squassata da lotte intestine fra i patrizi e i plebei per l'accesso alle cariche pubbliche e quindi alla gestione dei territori conquistati con le incessanti guerre. Per necessità o per scelta, Roma si stava battendo contro le popolazioni degli Ernici, dei Volsci, dei Tiburtini e degli Etruschi, e si stava preparando alla lotta con i Sanniti, che erano scesi dai monti per invadere la ricca Campania, cui mirava anche Roma stessa. Più che con i commerci, l'economia romana si sviluppava con lo sfruttamento economico dei nemici vinti, strappandone terre da assegnare ai propri coloni, utilizzandone le forze armate come alleati (socii) per i propri fini, legando al benessere dell'Urbe le classi aristocratiche e i possidenti delle città conquistate. In Sicilia e nel sud Italia, Dionisio il Grande (405-367 a.C.), non solo cercava di eliminare definitivamente i Cartaginesi dall'isola, ma andava creando un primo embrione di stato unitario greco in Italia, che Piganiol definisce "un regno delle due Sicilie" che avrebbe potuto fermare Roma. Dionisio il Giovane cercò, dopo la morte del padre, di ampliare il regno ereditato, scontrandosi con altre forze greche. Una situazione convulsa di alleanze, anche tra i Cartaginesi ed alcune città greche, fece disgregare il regno del giovane Dionisio, che fu deposto 344 a.C.. Taranto, che si era tenuta fuori dalle lotte, cresceva in influenza e commercio, pur non riuscendo a creare uno stato esteso. Cartagine, dopo aver posto un limite all'espansione cirenaica, stabilì il confine orientale del territorio punico in Sicilia con i Greci d'Occidente di Siracusa, per il controllo della Sicilia. Gli Etruschi, in precedenza alleati dei Cartaginesi contro i Greci, erano stati fermati dai Galli nell'Italia Settentrionale e da Roma nel Lazio, dopo aver perduto la Campania in precedenza, occupata dalle genti sannitiche.
Nel 343 a.C. - Inizia la prima guerra Sannitica. Le Guerre sannitiche sono una serie di tre conflitti combattuti dalla giovane Repubblica romana contro la popolazione italica dei Sanniti e numerosi loro alleati tra la metà del IV e l'inizio del III secolo a.C. Le guerre, terminate tutte con la vittoria dei Romani (tranne la prima fase della seconda guerra), scaturirono dalla politica espansionistica dei due popoli che a quell'epoca si equivalevano militarmente e combattevano per conquistare l'egemonia nell'Italia centrale e meridionale oltre che per la conquista del porto magnogreco di Napoli. All'epoca dei fatti i Romani dominavano già su Lazio, Campania settentrionale, sulla città etrusca di Veio ed avevano stretto alleanze con diverse altre città e popolazioni minori. I Sanniti dal canto loro erano padroni di quasi tutto il resto della Campania e del Molise, e cercavano di espandersi ulteriormente lungo la costa a discapito delle colonie della Magna Grecia e verso la Lucania nell'entroterra. Nel 354 a.C. Romani e Sanniti, venuti in contatto per la prima volta, avevano comunque preferito un patto di non belligeranza, così da potersi espandere tranquillamente in altre direzioni, ma il confronto era solo rimandato. La grande importanza che i Romani e i loro storiografi sempre diedero a questa lotta per la supremazia nell'Italia meridionale è sottolineata dal gran numero di episodi leggendari o colorati dalla storiografia, come la subjugatio delle Forche Caudine, la Devotio del Console Decio Mure nella terza guerra, e forse di suo padre nella prima, la Legio Linteata.
Guerrieri Sanniti da una tomba di Nola del IV sec. a.C..
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Dal 342 a.C. - A partire dalla seconda metà del IV secolo a.C., le città della Magna Grecia cominciarono lentamente a tramontare sotto i continui attacchi delle popolazioni sabelliche di Bruzi e Lucani. Le città più meridionali, di cui Taranto era la più importante grazie al commercio con le popolazioni dell'entroterra e la Grecia stessa, furono più volte costrette a chiedere soccorso a condottieri provenienti dalla madrepatria greca, come Archidamo III di Sparta negli anni 342-338 a.C. o Alessandro il Molosso negli anni 335-330 a.C., per difendersi dagli attacchi dalle popolazioni italiche che, con la nuova federazione dei Lucani, alla fine del V secolo a.C. si erano espanse fino alle coste del Mar Ionio. Nel corso di queste guerre i Tarantini, nel tentativo di far valere i propri diritti sull'Apulia, stipularono un trattato con Roma, di consueto collocato nell'anno 303 a.C. ma forse risalente già al 325 a.C., secondo il quale alle navi romane non era concesso di superare ad Oriente il promontorio Lacinio (oggi capo Colonna, presso Crotone). La successiva alleanza di Roma con Napoli nel 327 a.C. e la fondazione della colonia romana di Luceria (nel foggiano) del 314 a.C. e Venusia (nel potentino) del 291 a.C. preoccuparano non poco i Tarantini, che temevano di dover rinunciare alle loro ambizioni di conquista sui territori dell'Apulia settentrionale a causa dell'avanzata romana.
Nel 340 - Nella Guerra latina che oppone la Repubblica romana ai vicini popoli Latini, alleati ad alcune città dei Campani, dei Volsci, degli Aurunci e dei Sidicini, dal 340 al 338 a.C., Roma è alleata con la confederazione sannitica, dopo il rinnovo dell'alleanza al termine della prima guerra sannitica (343 - 341 a.C.). Si risolverà in una vittoria romana, una disfatta della Lega Latina, e la definitiva acquisizione dei loro territori sotto l'influenza romana: i primi passi verso la conquista romana dell'Italia.. I Latini, i Volsci e i Campani già sottomessi, ottennero in parte i diritti dei cittadini romani e furono obbligati a registrarsi per censo e a prestare il servizio militare a fianco delle legioni romane, per cui Roma ottiene una quantità enorme di ulteriori alleati.
Nel 338 a.C. - Roma concede la civitas sine suffragio, ovvero la cittadinanza senza l'esercizio del diritto di voto, a Capua. Poco più di vent'anni dopo inizierà la costruzione della via Appia, che stabilisce un saldo collegamento viario tra il centro campano e l'Urbe. Sul finire del III secolo a.C. il diritto alla cittadinanza fu tuttavia revocato in seguito alla sconfitta di Annibale nel corso delle guerre puniche, il territorio confiscato divenendo ager publicus, e la città sottoposta all'autorità di un prefetto. Contemporanea romanizzazione dell’area dei Campi Flegrei. L’area dei Campi Flegrei fu la prima ad entrare nell’orbita romana;
Carta delle città dei Campi Flegrei da Cuma a Napoli nel 338 a.C..
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- nel 318 a.C. venne istituita la praefectura Capuam Cumas.
Cuma, in virtù di questa alleanza mantenne una sua indipendenza e nei secoli IV e III a.C. definì architettonicamente lo spazio pubblico con la realizzazione del foro, una piazza di 50×120 m. fiancheggiata sui lati lunghi da portici a due piani con fregio d’armi (risalenti alla fine del II sec.), dietro si aprivano delle tabernae. Al centro del lato occidentale del foro rimangono i resti del colossale tempio di Giove di tipo italico, su alto podio con una cella a tre navate e un pronao profondo. Sul fondo della cella è visibile un basamento su cui dovevano essere alloggiate le statue della triade capitolina, quando il tempio fu trasformato in Capitolium nel I sec. a.C.. La realtà economica di questo periodo, nella penisola italica, vede una fiorente ricchezza.
Nel 335 a.C. - Nel Liceo di Atene, Aristotele fonda la Scuola del Peripato.
Aristotele. Clicca
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Schema della visione della Fisica
di Aristotele.
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Lì Aristotele sposò Pizia, sorella (o nipote) di Ermia e dopo la morte di questi, nel 345/44, si trasferì a Mitilene.
Alessandro Magno
Istanbul, Museo
Archeologico.
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L'impero di
Alessandro Magno il macedone
con i paesi suoi alleati, il percorso
delle conquiste e i luoghi delle maggiori battaglie.
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Alessandro Magno in una
copia da Lisippo del I sec.
conservata a Copenaghen.
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L'Egitto e le sue
materie prime nel 300 a.C., nel suo
periodo ellenistico.
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Lisippo: Alessandro Magno
Louvre di Parigi.
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Nel 326 a.C. - Seconda guerra sannitica (326-304 a.C.). Casus belli della seconda guerra sannitica fu una serie di reciproci atti ostili. Cominciarono i Romani fondando nel 328 a.C. una colonia a Fregellae presso l'odierna Ceprano, sulla riva orientale del fiume Liri, cioè in un territorio che i Sanniti consideravano propria esclusiva sfera di influenza. In più i Sanniti vedevano con preoccupazione l'avanzata dei romani in Campania, così quando Roma dichiarò guerra alla città greca di Palepolis, i Sanniti inviarono 4.000 soldati a difesa della città. I Romani, dal canto loro, accusarono i Sanniti di aver spinto alla ribellione le città di Formia e Fondi.
Carta con i territori teatro della
seconda guerra sannitica.
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La divisione in nuove satrapìe
dell'impero di Alessandro Magno, di cui la più estesa era quella dei Seleucidi.
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Il suo impero viene spartito fra i suoi generali, i diadochi, che ne diventano così i sàtrapi.
Nel 316 a.C. - Agatocle sale al potere nella greco-spartana Siracusa e intraprende una campagna per liberare dai Cartaginesi la Sicilia. Nel 310 a.C. sbarca in Africa portandovi direttamente la guerra e nell'anno successivo elimina perfino l'alleata Cirene, dichiarandosi re dell'Africa. Agatocle dovette però rientrare in Sicilia dopo la sconfitta subita dal figlio Arcagato.
- Prima delle guerre di conquista l'economia romana si basava soprattutto sull'agricoltura e sulla pastorizia. Si coltivavano, in modo particolare, i cereali, che servivano al sostentamento della popolazione. La vendita dei prodotti agricoli avveniva con difficoltà per la mancanza di una rete stradale di trasporti che permettesse l'arrivo dei prodotti sui principali mercati. I trasporti all'epoca avvenivano a cavallo o con buoi ed erano lenti e costosi. Quando era possibile si preferivano i trasporti fluviali e quelli marittimi, che permettevano di trasportare grandi quantità di merci a costi molto inferiori. In quel contesto le attività industriali e commerciali erano molto limitate. Con le guerre di conquista, il nuovo fulcro economico di Roma, più che agricoltura, pastorizia e commerci, diventerà lo sfruttamento economico dei nemici vinti, strappandone terre da assegnare ai propri coloni, utilizzandone le forze armate come alleati (socii) per i propri fini, legando al benessere dell'Urbe le classi aristocratiche e i possidenti delle città conquistate. La strategia romana si basava sulla capacità di rompere i legami di solidarietà tra popoli diversi o tra città (divide et impera), in modo tale da indebolire le capacità di resistenza dei nemici e a tal fine puntavano le fondazioni di colonie e la costruzione della via Appia per il dominio territoriale a cui aderiva l'intero senato assieme alla plebe.
La Via Sacra Romana.
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Le Vie e strade Romane nella penisola italica.
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VII. Via Latina: collegava l'Urbe direttamente con Capua spercorrendo passando per Anagnia, Frusino, Casinum.
IX. Via Salaria: prende il nome dalla materia prima (il sale) che per secoli fu trasportata lungo il suo tracciato. Essa partiva da Roma e giungeva fino Castrum Truentinum (Porto d’Ascoli), passando per Reate e Asculum.
X. Via Postumia: passando per la Pianura Padana univa Genua con Aquileia, attraversando Cremona, Verona, Vicetia.
XII. Via Cassia: congiungeva l'Urbe al Nord Italia, passando attraverso Arretium, Florentia, Pistoia, Luca.
Gli strati in cui era costruita
la strada romana. Clicca
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Particolare con Roma della Tabula
Peutingeriana.
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Le vie e strade costruite nell'Impero
Romano.
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Ponte-acquedotto sul fiume Gard, in Francia, che riforniva la città di Nemasus
(Nimes).
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Alcune derivazioni dall'acquedotto giungevano presso il Campidoglio e Trastevere.
Patrizio Torlonia, identificato invece come Marco Porcio Catone (234-149 a.C.), il più famoso dei censori. |
- Fino all'avvento del cristianesimo, la mentalità dei Romani antichi era piuttosto pragmatica e libera da eventuali condizionamenti filosofico-religiosi. La locuzione latina Faber est suae quisque fortunae, tradotta letteralmente, significa "Ciascuno è artefice della propria sorte". L'espressione è caratteristica della teoria dell'homo faber, secondo cui l'unico artefice del proprio destino è l'uomo stesso; viene talvolta vista come un iniziale contrapporsi dell'uomo romano all'idea del fato (dominante nel mondo classico), per essere responsabile protagonista delle sue azioni o nella lotta contro il bisogno e la miseria. Questa teoria verrà in seguito sviluppata soprattutto durante l'Umanesimo e il Rinascimento, specialmente alla luce della riconsiderazione del rapporto tra virtù e fortuna intesa come destino dell'uomo in genere. Se, infatti, nel Medioevo l'uomo è considerato succube del destino, nell'Umanesimo e nel Rinascimento esso è visto come intelligente, astuto ed energico, e perciò capace di utilizzare al meglio ciò che la natura gli offre ed essere dunque artefice del proprio destino. Forte sostenitore di questa visione dell'uomo è stato il filosofo Giordano Bruno.
Epicuro.
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Nel 303 a.C. - Nuovi attacchi da parte dei Lucani, costringono ancora una volta i Tarantini a chiedere aiuto ai mercenari della madrepatria: è ingaggiato questa volta un certo Cleonimo di Sparta (303-302 a.C.), che sarà però, sconfitto dalle popolazioni italiche, forse sobillate dagli stessi Romani. Il successivo intervento di un altro paladino della grecità, Agatocle di Siracusa, portò di nuovo l'ordine nella regione con la sconfitta dei Bruzi (298-295 a.C.), ma la fiducia delle piccole città dell'Italia meridionale in Taranto e Siracusa inizierà a svanire a vantaggio di Roma, che nel contempo si era alleata con i Lucani e risulterà vittoriosa a settentrione sui Sanniti, Etruschi e Celti (nella terza guerra sannitica e nelle guerre tra Celti e Romani). Morto Agatocle di Siracusa nel 289 a.C., i Lucani, un tempo alleati di Roma, si ribellarono insieme ai Bruzi ed iniziarono ad avanzare nel territorio di Thurii (nei pressi di Sibari, in Calabria) devastandolo; gli abitanti della città, consci della propria debolezza inviarono due ambasciate a Roma per chiedere aiuto, la prima nel 285 a.C. e poi nel 282 a.C.. Solo in questa seconda circostanza Roma inviò il console Gaio Fabricio Luscino il quale, posta una guarnigione a Thurii, avanzò contro i Lucani sconfiggendo il loro principe Stenio Stallio, come riportano i Fasti triumphales. A seguito di questo successo, le città di Reggio, Locri e Crotone chiesero di essere poste sotto la protezione di Roma che inviò una guarnigione di 4.000 uomini a presidio di Reggio: Roma si proiettava ormai, verso il Meridione d'Italia.
Da: https://www.slideshare.net/ luigiarmetta/let-ellenistica. |
- i Tolomei in Egitto,
- i Seleucidi in Siria e Mesopotamia,
- gli Antigonidi in Macedonia.
Le aristocrazie urbane euro-mediterranee utilizzano il greco come lingua.
Si fondano nuove città:
- Pergamo in Asia Minore,
- Alessandria in Egitto,
- Antiochia in Siria.
Si sviluppa una grande fioritura culturale con:
- scienziati come Euclide, Archimede, Apollonio di Perga, Aristarco di Samo, Eratostene, Ipparco, Erone di Alessandria
- filosofi come Epicuro e Zenone,
- poeti come Callimaco, Apollonio Rodio e Teocrito.
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