Cartina degli spostamenti e migrazioni
degli Indoeuropei
nel 3.500/2.500 a.C. di Dbachmann
(discussione contributi)
- Opera propria, CC BY-SA 3.0, QUI.
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Ricostruzione del
lago Ligustico.
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INVASIONE O DIFFUSIONISMO?
Gimbutas sosteneva che le espansioni della cultura kurganica fossero essenzialmente una serie di incursioni militari attraverso le quali la nuova ideologia guerriera e patriarcale si fosse imposta sulla pacifica cultura matriarcale della Vecchia Europa, processo osservabile tramite la comparsa di insediamenti fortificati e delle tombe dei capi-guerrieri: «Il processo di indoeuropeizzazione è stato un processo di trasformazione culturale, non fisica. Questo processo deve essere inteso come una vittoria militare attraverso la quale venne imposto un nuovo sistema amministrativo, la lingua e la religione ai gruppi indigeni.» Marija Gimbutas, p.309. Successivamente Gimbutas evidenziò sempre più la natura violenta di questo processo di transizione dal culto della Dea Madre a quello patriarcale esplicitato dal culto del dio celeste (Zeus, Giove, Dyauṣ Pitā). Molti studiosi che accettano lo scenario generale della teoria kurganica sostengono che il passaggio fu probabilmente molto più graduale e pacifico rispetto a quanto suggerito da Gimbutas. Le migrazioni non furono certo il frutto di operazioni militari studiate e concordate ma l'espansione durata generazioni di varie tribù e culture scollegate fra loro. Fino a che punto le culture indigene siano state amalgamate pacificamente o violentemente cancellate rimane ancora un punto controverso fra i sostenitori dell'ipotesi Kurgan. James Patrick Mallory ha accettato l'ipotesi Kurgan come teoria standard sull'origine dei popoli indoeuropei ma giustifica le critiche allo scenario dell'invasione militare proposto da Gimbutas:
«Si potrebbe pensare in un primo momento che le evidenze a sostegno della soluzione Kurgan ci obblighino ad accettarla completamente. Ma i critici esistono e le loro obiezioni si possono riassumere molto semplicemente: Quasi tutti gli argomenti a sostegno di una invasione e trasformazione culturale sono maggiormente spiegabili escludendo l'espansione Kurgan e la maggior parte degli indizi presentati o sono contraddetti da altri indizi o sono il risultato di una sbagliata interpretazione della storia culturale dell'Europa orientale, centrale e settentrionale.».
Un'ulteriore critica ad uno degli aspetti centrali della cultura kurganica come la intende Gimbutas proviene dagli storici militari. Questi fanno notare che fino al 1000 a.C. (o poco prima) i cavalli non erano cavalcabili, o meglio non erano cavalcabili in battaglia. La cultura kurganica allevava i cavalli, dal 4.000 a.C. fin verso il 2.100-2.000 a.C. sia per mangiarli che come animali da soma. Imparò in seguito ad usare cavalli per trainare agili carri da caccia, corsa e guerra e a cavalcarli in maniera incontrollata (con nasiere e senza sella o sottopancia); finalmente dopo circa un millennio di tentativi e di selezioni del cavallo, fu possibile montarlo in maniera utile per poterlo impiegare in battaglia, controllandolo quindi con una mano o con le gambe e contemporaneamente poter brandire un'arma.
I kurganici non avrebbero quindi avuto quella superiorità militare sui popoli privi di cavalleria, oltretutto fino alla scoperta del carro leggero, e soprattutto a quelle del morso e dell'arte equestre. Nessun popolo fu "veramente" nomade e i Kurgan, in particolare, vanno interpretati come l'espressione di una civiltà dedita ad una pastorizia transumante con al centro insediamenti fluviali. La scoperta della cavalcabilità del cavallo (tra il 1100 e il 1000 a.C.) fu una rivoluzione che mise in moto le steppe occidentali mentre forse ad est degli Altaj, con l'addomesticazione della renna, si era verificato un fenomeno analogo poiché la renna, a differenza di buoi, pecore, capre e cavalli usati dai kurganici, poco si adatta a condizioni di vita semi stanziali e transumanti.
Cartina degli spostamenti e migrazioni
degli Indoeuropei
dal 3.500 - 2.500 a.C..
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Dal 5.600/5.500 al 4.500 a.C. circa - Si diffonde in Europa una Cultura della ceramica lineare a partire dal medio corso del Danubio e dal corso medio e superiore dell'Elba e del Reno, probabilmente originata dalle influenze dovute alla cultura di Starčevo-Körös dei Balcani. Nella sua prima fase ha un'estensione orientale, in quella intermedia sviluppa la "cultura della ceramica a note musicali", mentre nella sua fase tarda è nota come "cultura della ceramica decorata a punzone". La Cultura della ceramica lineare giungerà ad occupare l'area tra la Moldavia e la valle della Senna. Nello specifico:
- Dal 5.500/5.400 al 2.750/2.700 a.C. circa - Si sviluppa lungo il corso alto e medio del fiume Nistro (il Dniester), nell'attuale Moldavia, la Cultura di Cucuteni-Trypillian (dai siti di Cucuteni, in Romania, e di Trypillja o Tripolje, in Ucraina;), che si estende verso nord-est fino al fiume Dnepr (o Dnieper), nell'attuale Ucraina.
- Dal 4.900 al 4.000 a.C. circa - Appare la Cultura di Lengyel (sito dell'Ungheria centrale;), che si diffonde parallelamente alla cultura di Rössen in Slovacchia sud-occidentale e in Ungheria occidentale, mentre si propaga in Austria, Croazia e Polonia.
- Dal 4.600/4.500 al 4.300 a.C. circa - La Cultura di Rössen succede alla cultura della ceramica lineare in gran parte della Germania, nei Paesi Bassi sudorientali, nella Francia nord-orientale, nel nord della Svizzera e dell'Austria.
- Tra il 4.500 e il 3.500 a.C. - Cultura di Chassey (dal sito presso Chassey-le-Camp, Saona e Loira), che si diffonde nella valle della Senna e nell'alta Valle della Loira.
Dal 5.500 a.C. circa - Si diffonde la cultura della ceramica impressa dalle coste occidentali della penisola balcanica verso quelle adriatiche dell'Italia meridionale, espandendosi fino alla Sicilia e lungo le coste tirreniche. Una variante è la ceramica impressa detta "ligure", diffusa nell'Italia nord-occidentale e sulle coste francesi, con occupazione di aree differenti da quelle con tracce di frequentazione mesolitica, il che non fa intavvedere una continuità fra culture mesolitiche e neolitiche, perlomeno in queste aree.
- In Italia meridionale la cultura neolitica della ceramica impressa si è diffusa, tra la seconda metà del VI millennio a.C. e gli inizi del V, soprattutto nella regione del Tavoliere e nella valle dell'Ofanto, in Puglia, e in Basilicata, da dove si diffuse verso nord, verso l'interno e verso la costa tirrenica. Sono presenti insediamenti all'aperto lungo le coste e le valli dei fiumi ed è attestata un'economia basata sulla cerealicoltura e sull'allevamento, integrata dallo sfruttamento delle risorse spontanee. Si tratta di zone dove le comunità locali mesolitiche erano state probabilmente poco consistenti, in modo analogo a quanto sembra sia avvenuto in Grecia. Si susseguirono in quest'ambito varie facies, caratterizzate dallo stile della decorazione ceramica, prima impressa e incisa, poi dipinta. Una forma di comunicazione espressiva extralinguistica è rappresentata in Salento dall'arte pittorica parietale in grotta, il cui più importante esempio è costituito dai pittogrammi figurativi e simbolico-astratti presenti a migliaia nella Grotta dei Cervi di Porto Badisco (nei pressi di Otranto), scoperta nel 1970 dal Gruppo Speleologico Salentino di Maglie.
- In Sicilia è presente una maggiore continuità rispetto alle locali comunità mesolitiche, in analogia a quanto si riscontra nell'area di diffusione della ceramica cardiale: il sito della grotta dell'Uzzo ha restituito stratigrafie che proseguono senza interruzione dal mesolitico, evidenziando una transizione più graduale, con un'accentuazione delle attività di pesca e raccolta di frutti spontanei nei livelli immediatamente precedenti a quelli neolitici. Anche in quest'area si svilupparono una serie di culture locali nell'ambito della ceramica impressa. L'isola di Lipari venne colonizzata all'inizio del V millennio a.C. da genti provenienti dalla Sicilia per lo sfruttamento dei suoi giacimenti di ossidiana.
- In Sardegna lo sfruttamento dei giacimenti di ossidiana del Monte Arci portò al precoce sviluppo delle culture neolitiche, introdotte con la cultura della ceramica impressa agli inizi del VI millennio a.C. Vi erano largamente diffusi diversi tipi di monumenti megalitici e si manifestarono diverse culture locali. Nell'ultima fase si introdusse nella parte nord-occidentale dell'isola la cultura del vaso campaniforme, transitata di seguito in Sicilia assieme ad aspetti culturali tipici dell'Occidente atlantico, tra cui la produzione di piccoli edifici funerari a forma di dolmen (fine III millennio a.C.) che raggiungeranno anche la vicina isola di Malta.
- In Italia centrale la presenza dell'Appennino ha determinato la formazione di aree culturali differenziate sul versante tirrenico e su quello adriatico, con diverse facies culturali che si susseguirono l'una all'altra, con parziali sovrapposizioni.
- In Italia settentrionale la variante della cultura della ceramica impressa ligure, si affermò sulla costa della Liguria nella prima metà del VI millennio a.C. Alla fine del millennio l'area della pianura padana era interessata da un mosaico di culture accomunate dalla decorazione ceramica. Alla colonizzazione degli agricoltori neolitici, che avevano probabilmente seguito percorsi commerciali già solidamente stabiliti in precedenza, si mescolò l'assimilazione delle pratiche neolitiche da parte delle comunità locali mesolitiche, portando ad attardamenti nell'industria litica e nel mantenimento degli usi di caccia e raccolta. All'inizio del V millennio a.C. il precedente mosaico culturale venne sostituito dall'unitaria cultura dei vasi a bocca quadrata, diffusa dalla Liguria al Veneto. Alla fine del millennio l'area venne progressivamente influenzata dalla cultura di Chassey (in Italia anche detta cultura di Lagozza), originaria della Francia, che finì con il sostituire la cultura precedente.
Dal 5.400 a.C. - Si diffonde sulle coste mediterranee della penisola iberica e fino a quelle atlantiche, la cultura della ceramica impressa cardiale, nella quale la decorazione a impressione era ottenuta mediante l'impressione del margine della conchiglia di Cardium.
La conchiglia Cardium.
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In generale rimasero numerosi gli insediamenti in grotta e le testimonianze di uno stile di vita forse seminomade, che induce ad ipotizzare una diffusione, attraverso piccole comunità neolitiche, di agricoltori provenienti dal mare che andarono ad occupare le aree lasciate libere dalle comunità mesolitiche locali di cacciatori e raccoglitori, le quali vennero progressivamente, ma lentamente assimilate. Dalle coste si ebbe inoltre una lenta penetrazione verso l'interno continentale europeo (valle del Rodano, valle dell'Ebro).
Una variante della ceramica impressa è la ceramica impressa detta "ligure", diffusa nell'Italia nord-occidentale e sulle coste francesi, con occupazione di aree differenti da quelle con tracce di frequentazione mesolitica. In Liguria la Ceramica Impressa Ligure è stata ritrovata quasi esclusivamente in depositi in grotta che presentano frequentazioni dell'Epigravettiano ma non del Mesolitico. Alcuni autori (P. Biagi - R. Nisbet, Popolazione e territorio in Liguria tra il XII e il IV millennio b.c., in AA.VV., Scritti in ricordo di Graziella Massari Gaballo e di Umberto Tocchetti Pollini, Milano 1986, pp. 19-27) sostengono un'origine autonoma di tale cultura a seguito di una crisi economica e tecnologica di gruppi mesolitici. La Ceramica Impressa ligure è stata individuata in numerose grotte e in siti transappenninici all'aperto e posti nei pressi dei corsi d'acqua. Lo scavo nella grotta delle Arene Candide ha permesso di raccogliere una ricca documentazione.
Orcio in ceramica impressa cardiale
rinvenuta a Valencia, in Spagna.
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Sono attestati dei collegamenti ad ampio raggio fra questa facies e altri ambienti culturali, in particolare padani, dalla circolazione di pietre verdi e giadeiti liguri per la realizzazione di manufatti levigati.
La ceramica si distingue in due classi: una d'impasto grossolano di colore grigio o rossiccio decorata ad impressioni e cordoni ed un'altra con impasto depurato e con superfici ben levigate.
Le forme tipiche della prima classe sono le tazze semisferiche e semiovoidali, ciotole a calotta, ollette globulari ad apertura ristretta, vasi a fiasco, orci ovoidali o troncoconici e vasetti con prese a linguetta forata e cordoni orizzontali.La decorazione impressa è eseguita con unghiate, con punzoni di vario tipo o con la conchiglia del Cardium (da cui ceramica cardiale). La fascia al di sopra delle prese può essere decorata con motivi angolari o a denti di lupo, mentre nella zona ventrale sono presenti fasce orizzontali interrotte da fasci verticali in corrispondenza delle anse.
Le forme tipiche della seconda classe sono vasi a fiasco, tazze, bicchieri e piccoli vasetti.
Antiche ceramiche prodotte intorno al I
millenio
a.C. nel nord italico: di Canegrate
(proto-
celtiche), proto-Golasecca
(proto-celtiche),
Liguri, di Golasecca (celtiche) di
Villanova e
d'Este. Per "Cultura di Golasecca"
clicca QUI
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Diffuse sono le accette e le asce in pietra verde levigata. Tra gli oggetti di ornamento prevalgono le conchiglie forate; sono presenti anche metacarpali di lepre forati ad un'estremità e un canino di cervo. Dallo studio dei resti faunistici si deduce che in associazione agli animali selvatici (cervo, capriolo, orso) erano presenti, anche se in misura minore, gli animali domestici (ovicaprini, suini, bovini). Nell'economia infatti giocava ancora un ruolo importante la caccia, la pesca (attestata da vertebre, mandibole di pesce e due ami) e la raccolta dei molluschi (Trochus, Patella). Nello strato IIb della grotta della Pollera la ceramica recuperata è decorata quasi esclusivamente con una tecnica a graffito molto accurata, con incrostazioni di pasta gialla e rossa. I motivi decorativi sono costituiti da denti di lupo, triangoli e bande campiti prevalentemente a graticcio. Lo stile, denominato "stile della Pollera" è documentato anche nello strato 13 delle Arene Candide in cui sono presenti anche fasci di linee spezzate a zig-zag e il motivo a "bandierine". Tale orizzonte, in base alle datazioni radiocarboniche, si può datare alla seconda metà del V millennio a.C. Le datazioni radiocarboniche più antiche che provengono dalle Arene Candide e dalla Pollera si inquadrano tra la fine del VI e la prima metà del V millennio a.C.
Durante il Neolitico Antico c’era, presumibilmente, una circolazione via mare, a lunga distanza, di persone e merci (incluse le ceramiche). Il reperimento di un cilindro di terracotta, con una serie (5×12) di incisioni lineari, sulla sua superficie, ortogonali fra loro, formanti 60 caselle quadrate, rappresenta un oggetto unico nel panorama del neolitico italico. Si tratta, probabilmente, di un “Token”: termine inglese che si può tradurre come “segno stampato”, “contrassegno stampato”, ma che in termini archeologici indica un sistema di registrazione numerica. Il manufatto presenta, in 8 delle 60 caselle, un punto, impresso prima della cottura e, verosimilmente, sarebbe un antichissimo sistema di numerazione. Reperti simili si trovano in aree archeologiche, di epoche contemporanee al sito in esame, situate, soprattutto, in Medio Oriente: l’oggetto sarebbe unico fra i reperti del Neolitico italiano e potrebbe dimostrare la vastità delle influenze culturali e commerciali con popoli ed aree distanti del Mediterraneo Orientale, a loro volta legate a popolazioni più lontane di quanto fino ad ora considerato.
- Nelle isole britanniche si ebbe probabilmente una lunga coesistenza di entrambe le culture: comunità di colonizzatori agricoltori neolitici e gruppi locali di cacciatori e raccoglitori di cultura mesolitica. In queste zone ebbero particolare sviluppo i monumenti megalitici di cui l'esempio più celebre è il sito di Stonehenge.
- Nelle isole britanniche si ebbe probabilmente una lunga coesistenza di entrambe le culture: comunità di colonizzatori agricoltori neolitici e gruppi locali di cacciatori e raccoglitori di cultura mesolitica. In queste zone ebbero particolare sviluppo i monumenti megalitici di cui l'esempio più celebre è il sito di Stonehenge.
- La diffusione della cultura della ceramica lineare si è arrestata prima di raggiungere le coste dell'Atlantico e del Baltico, probabilmente a causa della presenza di comunità di cacciatori e raccoglitori mesolitiche che si limitarono a scambiare con le comunità neolitiche oggetti, materie prime e specie domestiche. In alcune culture comunque, vi furono produzioni di tipo neolitico:
- Dal 4.200/4.000 al 2.700 a.C. circa, preceduta dalla "cultura di Ertebølle", si diffonde dalla foce dell'Elba alla foce della Vistola e dalla Scandinavia meridionale, alla Danimarca, ai Paesi Bassi e alle coste tedesche e polacche, la Cultura del bicchiere imbutiforme, di cacciatori-raccoglitori.
- La Cultura di Narva, era diffusa nei paesi baltici, nella Prussia Orientale e nelle vicine aree della Polonia e della Russia. Successa alla mesolitica cultura di Kunda, si prolungherà fino alla prima età del bronzo, subendo l'influsso delle culture della ceramica cordata, del bicchiere imbutiforme e dell'anfora globulare.
- La Cultura dell'anfora globulare occupa, tra il 3.400 a.C. e il 2.800 a.C., la stessa area della cultura del bicchiere imbutiforme, ormai nella sua ultima fase, e si sovrappone alla zona di diffusione della cultura della ceramica cordata.
- A sud le è contemporanea la cultura di Baden e a nord-est la fase finale della cultura di Narva.
- Tra il 3.200/2.800 a.C. e il 2.300/1.800 a.C. si sviluppa nel tardo Neolitico, fiorendo nel calcolitico perdurando fino alla prima Età del bronzo, una Cultura della ceramica cordata o "dell'ascia da combattimento" o "della sepoltura singola", nell'area tra il Reno e il Volga e nella Scandinavia meridionale, arrivando a sud fino alla Repubblica Ceca e alla Slovacchia.
- La cultura del vaso campaniforme si diffonde tra il 2800 e il 1900 a.C. circa, dal Portogallo alle regioni della Germania fino al fiume Elba, all'alto corso del Danubio e in Ungheria e ancora nelle isole britanniche, in Sardegna e Sicilia. La sua origine è stata riconosciuta nei Paesi Bassi e nella regione renana.
Nel 5.300 a.C. - La produzione di ceramica interessa anche la Finlandia. Le ceramiche più rappresentative appartengono alle culture della ceramica a pettine, note per i loro caratteristici motivi decorativi.
- La cultura del vaso campaniforme si diffonde tra il 2800 e il 1900 a.C. circa, dal Portogallo alle regioni della Germania fino al fiume Elba, all'alto corso del Danubio e in Ungheria e ancora nelle isole britanniche, in Sardegna e Sicilia. La sua origine è stata riconosciuta nei Paesi Bassi e nella regione renana.
Nel 5.300 a.C. - La produzione di ceramica interessa anche la Finlandia. Le ceramiche più rappresentative appartengono alle culture della ceramica a pettine, note per i loro caratteristici motivi decorativi.
Scrittura dei Sumeri e Sumerico
cuneiforme.
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I Sumeri (abitanti di Šumer, egiziano Sangar, biblico Shinar, nativo ki-en-gir, da ki = terra, en = titolo usualmente tradotto come Signore, gir = colto, civilizzato, quindi "luogo dei signori civilizzati") sono la prima popolazione sedentaria al mondo, dopo le civiltà della valle dell'Indo, che possa essere considerata "civilizzata". Prima grande civiltà della nostra storia, i Sumeri possedevano conoscenze matematiche, ingegneristiche e cosmiche tali da fare ipotizzare a Zecharia Sitchin una loro origine extraterrestre. Il biblico Abramo, patriarca per l'ebraismo, il cristianesimo e l'islam, le 3 religioni monoteiste e patriarcali, era sumero, originario della città di Ur. I Sumeri appartenevano ad un'etnia della Mesopotamia meridionale (odierno Iraq sud-orientale), autoctona o stanziatasi in quella regione dal tempo in cui vi migrò (dal 5.000 a.C.) fino all'ascesa di Babilonia (attorno al 1.500 a.C.).
I Sumeri rivestono grande importanza per l'Europa e per il mondo anche perché introdussero la scrittura. La loro scrittura cuneiforme sembra aver preceduto ogni altra forma di scrittura codificata e compare attorno alla fine del IV millennio a.C.
Le antiche città di Sumer.
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Sigillo cilindrico sumero VA243
al Museo delle civiltà Mediorientali
di Berlino, con la rappresentazione
del sistema solare eliocentrico
e una divinità che consegna un aratro
ad un astante. Da https://www.lal
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Si tratta di uno dei popoli più antichi, che fissò per primo la sfera delle idee morali e delle concezioni religiose, che per primo creò delle leggi (il Codice di Ur-Nammu fu redatto quasi tre secoli prima del Codice di Hammurabi), e soprattutto il popolo che per primo inventò la scrittura, ovvero una serie di simboli scritti (o meglio incisi) che avessero corrispondenza con le idee pronunciate, dando così inizio a quella che chiamiamo storia e alla prima letteratura.
Divinità solare alata di Sumer, il
Mazda zoroastriano, oppure
rappresentazione di astonave.
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Carta della mezzaluna fertile con il
dominio di Sumer.
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Ricostruzione di scenario del
Neolitico di Zdenek Burian. Da:
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Da "Armi, Acciaio e Malattie. Breve storia del mondo negli ultimi tredicimila anni" di Jared Diamond:
"Cosa deve fare un'élite per avere il consenso popolare e allo stesso tempo mantenere il suo stile di vita?Nei secoli, le soluzioni preferite sono state queste quattro:
1) Disarmare le masse e trasformare l'esercito in una casta elitaria. Questo è molto più facile oggi, perché si può avere il monopolio delle armi tecnologiche prodotte in modo industriale; in passato, chiunque poteva fabbricarsi da sé una lancia o un mazza.
2) Rendere le masse felici ridistribuendo i tributi in modi a queste graditi. È un principio valido per i capi hawaiani come per i politici del giorno d'oggi.
3) Usare il monopolio della forza per mantenere l'ordine pubblico e calmare la violenza, facendo contenti i bravi cittadini. Questo è un vantaggio delle società centralizzate che viene spesso trascurato. Gli antropologi un tempo pensavano che le società organizzate in bande e tribù fossero non violente, citando come esempio tipico gli studi di qualche collega che non aveva osservato alcun omicidio durante una permanenza di tre anni in un gruppo di 25 persone. Beh, è del tutto ovvio: è facile calcolare che una dozzina di adulti con una dozzina di bambini, soggetti alle normali cause di morte, si estinguono se iniziano ad uccidersi tra loro ad un ritmo di uno ogni tre anni. Studi più approfonditi condotti per periodi di tempo più lunghi rivelano che l'omicidio è una delle principali cause di morte nelle società tradizionali. Mi capitò di essere presente mentre un'antropologa intervistava alcune donne della tribù guineana degli iyau. Una dopo l'altra, alla domanda «come si chiama tuo marito» rispondevano con una serie di nomi e di morti violente. Ecco una risposta tipica: «Il mio primo marito fu ucciso in un attacco degli elopi. Il mio secondo marito fu ucciso da un uomo che mi desiderava e che divenne il mio terzo marito. Questo fu ucciso dal fratello del secondo marito, per vendetta». Biografie di questo tipo non sono rare tra i «pacifici» indigeni, e fanno capire perché l'accettazione di un'autorità centrale sia stata sempre più generalizzata.
4) Fabbricare un'ideologia o una religione che giustifica la cleptocrazia. Gli uomini delle bande e delle tribù credevano già nelle entità soprannaturali, ma questo non giustificava l'esistenza dell'autorità o del trasferimento di ricchezze, e non bastava a frenare la violenza. Quando un insieme di credenze fu istituzionalizzato proprio a questo scopo, nacque ciò che chiamiamo religione. I capi hawaiani erano assai tipici in questo, visto che si proclamavano dei, o figli di dei, o per lo meno in stretto contatto con gli dei. Cosi potevano dire al popolo che lo servivano facendo da intermediari con il soprannaturale, recitando le formule rituali per ottenere la pioggia, un buon raccolto o una pesca abbondante. Nelle chefferies troviamo in genere un'ideologia che anticipa le religioni istituzionalizzate, e che serve a rafforzare l'autorità del capo. Il capo può essere un leader politico e religioso allo stesso tempo, o può mantenere una casta di sacerdoti che provvede alla bisogna. Ecco perché una così larga parte dei tributi serve per costruire i templi, che servono sia come luoghi di culto della religione ufficiale sia come segni visibili di potere. Oltre a fornire questo tipo di giustificazione, la religione porta due importanti vantaggi alle società centralizzate.
Carta dei siti di rilievo per presenza
di costruzioni megalitiche
databili dal 4800 a.C. al 1200 a.C.
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Vie di penetrazione in Europa della
civiltà megalitica proto-ligure, da
sud.
Dall'Atlante storico di Hermann
Kinder e Werner Hilgemann, 1964.
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- Genti Liguri hanno iniziato a cospargere di petroglifi le vallate e i rilievi nei pressi del monte Bego. Nella Valle delle Meraviglie (in francese Vallée des Merveilles), che fa parte del massiccio del Mercantour, nei pressi del confine fra Liguria, Piemonte e Francia, sono state scoperte più di 35.000 incisioni rupestri preistoriche, tra le quali numerose figure di armi (pugnali e alabarde) risalenti soprattutto all'età del Rame (III millennio a.C.) e in misura minore all'antica età del Bronzo (2.200-1.800 a.C.). Sono presenti anche figure più antiche, in particolare reticolati e composizioni topografiche (nell'area di Fontanalba), databili al Neolitico (V e IV millennio a.C.).
Incisioni rupestri della Valle
delle Meraviglie.
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Carta del Mercantour con la Valle
delle Meraviglie.
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Fino al 1861 faceva parte della Contea di Nizza sabauda, poi dal 1861 al 1947 ha fatto parte dell'Italia ed era compresa nella provincia di Cuneo, col Trattato di Parigi del 1947 passò alla Francia. A partire dal 1967 è stata avviata un'indagine sistematica della zona da parte di un gruppo di universitari, museisti e scienziati finanziato dal Ministero della Cultura francese e dal Consiglio Regionale delle Alpi Marittime. Ad oggi sono state registrate oltre 35mila incisioni preistoriche (50mila comprendendo quelle storiche), la maggior parte delle quali si trova intorno al Monte Bego, da molti considerata una montagna sacra per gli antichi Liguri al pari del Monte Beigua, fra le province di Savona e Genova (non a caso altra zona ricca di incisioni rupestri). La ripartizione dei graffiti è di circa metà nella Valle delle Meraviglie, situata a ovest del Bego e metà a nord, nella Valle di Fontanalba. Vi sono anche altre zone più a nord con presenza di incisioni, ma di minore importanza. Si possono quindi identificare i seguenti settori in ordine decrescente di importanza:
- Valle di Fontanalba (in francese Fontanalbe),
- settore di Valauretta (in francese Vallaurette),
- settore del Colle del Sabbione (in francese Col du Sabion, sutuato tra Francia e Italia),
- settore del Lago di Santa Maria,
- settore di Valmasca (Valmasque),
Il tutto è compreso in un'area di 40 km².
- Dalla fine del quinto millennio alla fine del terzo millennio a.C. (periodo che comprende il Neolitico e l'Età del Bronzo), si manifestarono in Europa delle civiltà che erigevano monumenti litici (in pietra) finalizzati al culto. I Dolmen e i Menhir sono tra i più antichi monumenti esistenti, perlopiù databili al neolitico, anche se fanno pensare ad espressioni di culture più antiche, poiché non richiedono la manipolazione di materie prime al fine di creare nuovi prodotti, come ad esempio la ceramica, ma sottintendono invece a grandi conoscenze nell'arte della costruzione, necessaria allo spostamento e posta in loco di grandi masse di pietra, sbozzatura e sovrapposizioni con pesi enormi e precisi equilibri. Nessuno sa con certezza quale fosse la loro funzione ma ciò che li rende misteriosi è il fatto che, sebbene i più famosi dolmen e menhir del mondo si trovino in Irlanda, a Stonehenge in Inghilterra e nella bretone Carnac in Francia, sono sparsi per tutta l’Europa, specialmente nella parte occidentale. Il termine Menhir deriva da due parole bretoni, “men” (pietra) e “hir” (fitto o alto) e vuol dunque dire “pietra alta o conficcata”. L’etimologia della parola “dolmen”, invece, deriva dall’unione di due termini bretoni: “t(d)aol” (forse imparentato con il latino tabula), tavolo e “men” che significa pietra. Occorre però evidenziare che la parola è coniata e non appartiene alla lingua bretone. Il vero termine bretone per designare un dolmen è, infatti, “Liah vaen”, insieme con altre varianti. Altri dizionari etimologici rintracciano l’origine di dolmen nella lingua celtica parlata in Cornovaglia, precisamente nella parola “tolmen”, che avrebbe designato in origine un cerchio di pietre o una roccia scavata.
Di Alfredo Pirondini QUI : Vennero erette costruzioni megalitiche come Menhir semplici ed allineati, Dolmen, Cromlech (recinti megalitici), spesso vicino a rocce incise, considerate contemporanee dei megaliti limitrofi. Il significato di tale prossimità potrebbe essere spiegato come un segno della presenza del “sacro”. Le raffigurazioni di “oranti” avvalorerebbero, inoltre, questa ipotesi. Coppelle e canalette potrebbero, invece, essere state utilizzate come contenitori e collettori di liquidi (organici e/o meteorici) a scopi rituali. I “cruciformi” incisi su queste pietre sarebbero, invece segni di Cristianizzazione e, quindi, potrebbero essere considerati di epoca meno remota. Ciò indicherebbe una frequentazione di questi siti in periodo romano, medievale e, forse anche più recente, con finalità anche differenti da quelle originali (per cacciare o per allevare animali).
Altare sopra Arma Strapatente, in
provincia di Savona.
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Menhir a Bric di Pianella, in
provincia di Savona.
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Dolmen "dei tre pè" di
Castellermo,
in provincia di Savona.
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Dolmen di Monticello, in provincia
di Savona.
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Dolmen e Menhir non sono, quindi, estranei all'area culturale del Finalese e subalpina come si pensava fino a poche decine di anni addietro. Si riteneva, infatti, che la cultura megalitica si fosse arrestata nella regione transalpina, senza oltrepassare le Alpi.
Dolmen di San Giovanni presso
Massafra, in provincia di Taranto.
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Menhir presso Carmo
dei Brocchi, Andagna,
in provincia di Imperia.
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Percorrendo, per circa 15 Km, la strada provinciale che da Molini di Triora (provincia di Imperia) conduce a Rezzo, si raggiunge Passo Teglia (1.387 m. s.l.m). Dalla sommità del valico si prende il sentiero che conduce, percorrendo trasversalmente la faggeta del Bosco di Rezzo, al Passo della Mezzaluna. Fra Passo Teglia ed il Passo della Mezzaluna , lungo la "Via Marenca" (o Marenga, del mare) di origine e frequentazione millenaria, troviamo il "Sotto" di San Lorenzo. Qui possiamo ammirare un masso altare, probabilmente utilizzato per sacrifici animali, con una coppella e relativo canaletto di scolo. Il masso è situato ai margini di una depressione del terreno (ora una dolina, probabilmente sede di un laghetto), nel punto illuminato per ultimo dal sole prima del tramonto. Nei pressi un antico insediamento pastorale sottoroccia, ricavato in uno sfasciume di massi adattati a ripari. Nel punto più alto della valletta (Passo delle Porte, nei pressi della cima di Carmo dei Brocchi), dal quale è possibile vedere il mare, una pietra conficcata nel terreno, contrassegna un luogo di raduno di particolare significato. Il menhir è alto circa due metri, largo 60 cm e spesso 10, e si presenta oggi inclinato su un fianco. Anche se non è possibile attribuirgli un'età, si tratta evidentemente di una testimonianza del mondo pastorale, che rispecchia quindi schemi di vita e di pensiero protrattisi immutati nei secoli. E' curiosa l'analogia (luna e stelle) dei nomi delle località: Mezzaluna e San Lorenzo, la cui notte (10 agosto) è la notte delle stelle cadenti.
Il dolmen di Verezzi, in provincia di
Savona.
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Dal 4.400 a.C. - Prime emigrazioni di genti indoeuropee (Cultura di Sredny Stog) dalle steppe pontico-caspiche nei Balcani ("Prima ondata Kurgan" 4400 - 4300 a.C.) dove emerge la Cultura di Cernavodă.
Si sviluppano fra i proto-indoeuropei delle steppe le culture di Majkop (nel Caucaso settentrionale) e di Jamna.
Dal 4.000 a.C. - La cultura kurganica alleva cavalli, dal 4.000 a.C. fin verso il 2.100-2.000 a.C. sia per mangiarli che come animali da soma. Imparò in seguito ad usare cavalli per trainare agili carri da caccia, corsa e guerra e a cavalcarli in maniera incontrollata (con nasiere e senza sella o sottopancia); finalmente dopo circa un millennio di tentativi e di selezioni del cavallo, fu possibile montarlo in maniera utile per poterlo impiegare in battaglia, controllandolo quindi con una mano o con le gambe e contemporaneamente poter brandire un'arma. Inizialmente quindi, i kurganici non avrebbero avuto molta superiorità militare sui popoli privi di cavalleria, oltretutto fino alla scoperta del carro leggero e soprattutto a quelle del morso e dell'arte equestre. Nessun popolo fu "veramente" nomade e i Kurgan, in particolare, vanno interpretati come l'espressione di una civiltà dedita ad una pastorizia transumante con al centro insediamenti fluviali. La scoperta della cavalcabilità del cavallo (tra il 1100 e il 1000 a.C.) fu una rivoluzione che mise in moto le steppe occidentali mentre forse ad est degli Altaj, con l'addomesticazione della renna, si era verificato un fenomeno analogo anche se la renna, a differenza di buoi, pecore, capre e cavalli usati dai kurganici, poco si adatta a condizioni di vita semi stanziali e transumanti.
Dal 4.000 a.C. - La cultura kurganica alleva cavalli, dal 4.000 a.C. fin verso il 2.100-2.000 a.C. sia per mangiarli che come animali da soma. Imparò in seguito ad usare cavalli per trainare agili carri da caccia, corsa e guerra e a cavalcarli in maniera incontrollata (con nasiere e senza sella o sottopancia); finalmente dopo circa un millennio di tentativi e di selezioni del cavallo, fu possibile montarlo in maniera utile per poterlo impiegare in battaglia, controllandolo quindi con una mano o con le gambe e contemporaneamente poter brandire un'arma. Inizialmente quindi, i kurganici non avrebbero avuto molta superiorità militare sui popoli privi di cavalleria, oltretutto fino alla scoperta del carro leggero e soprattutto a quelle del morso e dell'arte equestre. Nessun popolo fu "veramente" nomade e i Kurgan, in particolare, vanno interpretati come l'espressione di una civiltà dedita ad una pastorizia transumante con al centro insediamenti fluviali. La scoperta della cavalcabilità del cavallo (tra il 1100 e il 1000 a.C.) fu una rivoluzione che mise in moto le steppe occidentali mentre forse ad est degli Altaj, con l'addomesticazione della renna, si era verificato un fenomeno analogo anche se la renna, a differenza di buoi, pecore, capre e cavalli usati dai kurganici, poco si adatta a condizioni di vita semi stanziali e transumanti.
In rosso l'isola di Lemnos, in Grecia.
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- presenza di toponimi non greci nella regione contenenti la sequenza "-nth-" (esempio Corinth), oppure "-tt-", in Attica, o "-ss-"(esempio Larissa),
- alcuni miti e divinità (spesso dee) che non hanno corrispondenza in altri popoli indoeuropei come Germani, Celti o Indiani,
- un piccolo numero di iscrizioni in una lingua non greca.
Quelle meglio conosciute provengono dall'isola di Lemnos, e sono affini all'etrusco.
Palafitta.
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Resti di castellaro a Bric Camulà,
nel comune di Arenzano (GE).
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Muro di cinta di castellaro a
Verezzi (SV).
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Nel 3.800 a.C. - Secondo Zecharia Sitchin, a Sumer ha inizio la civiltà urbana quando gli Anunnaki vi rifondano le antiche città, a cominciare da Eridu e Nippur. Anu arriva in pompa magna sulla Terra. Una nuova città, Uruk (Erech), viene costruita in suo onore; egli fa del tempio la dimora della sua amata pronipote Inanna/Ishtar.
Nel 3.760 a.C. - Secondo Zecharia Sitchin, il genere umano ottiene la sovranità. La civiltà sboccia a Sumer (la Prima Regione) in cui Kish è la prima capitale, sotto l'egida di Ninurta. A Nippur viene creato il calendario.
- Dai ritrovamenti archeologici, sappiamo come Sumeri sostenessero che la loro civiltà fosse stata portata, già completamente formata, alla città di Eridu dal loro dio Enki (o Ea) o dal suo aiutante Adapa (chiamato Oannes da Berosso). Questa rivendicazione forse deriva dal fatto che Eridu si trovava allora sulla linea costiera del golfo Persico ed era la più antica città della Mesopotamia meridionale. Per quanto riguarda la ricostruzione cronologica delle più antiche dinastie sumeriche, ci possiamo basare sulla Lista Reale Sumerica, che annota i nomi dei primi re antidiluviani che sono contraddistinti da regni di durata lunghissima. La prima città ad assumere la regalità sarebbe stata, secondo la lista, Eridu, quindi a seguire Bad-tibira, Larak, Sippar e infine Šuruppak. Nel periodo di egemonia di Shuruppak la lista descrive l'avvento di un diluvio universale che mise fine al regno, riconosciuto dagli archeologi come fatto storico in quanto è stata confermata la presenza di uno spesso strato di limo (spesso 3 metri), depositato subito dopo l'oscillazione di Piora (un repentino periodo umido e freddo, di durata relativamente breve, nella storia climatica dell'Olocene. Viene generalmente datato tra il 3.200 e 2.800 a.C., periodo a cui viene datata anche la mummia del Similaun, il corpo dell'uomo ritrovato nel ghiacciaio del Similaun, al confine tra Italia e Austria), concentrato soprattutto sulla città di Šuruppak ed esteso fino a Kish. Il diluvio in questione sarebbe quindi avvenuto fra il 2900 e il 2700 a.C..
Il sito di Nippur fu oggetto di studio, da parte degli americani, per più di un secolo. Era il 1888 quando l'Università della Pennsylvania organizzò la sua prima spedizione. A dirigere le operazioni fu allora il dott. Robert F. Harper. Lo straordinario ritrovamento di più di 30.000 tavolette d'argilla in cuneiforme (più dell'80% di tutte le opere letterarie sumeriche conosciute sono state trovate a Nippur) spinse la spedizione a lavorare fino al 1900. Oltre alle tavolette furono individuate: la ziqqurat e il tempio di Enlil. Fra le tavolette furono trovate le versioni più antiche, fra quelle conosciute, della storia dell'inondazione (Diluvio), di Gilgamesh e dozzine di altre opere. Fu trovato un gruppo importantissimo di testi in lessico e parecchi documenti scritti in due lingue (Sumerico/Accadico) che permisero agli eruditi del tempo di fare enormi passi per la comprensione del sumerico.
- Il calendario ebraico pone nel 3.760 a.C. o p.e.v. il proprio anno 1, che era considerato quindi l'anno della Creazione.
Il sito di Nippur fu oggetto di studio, da parte degli americani, per più di un secolo. Era il 1888 quando l'Università della Pennsylvania organizzò la sua prima spedizione. A dirigere le operazioni fu allora il dott. Robert F. Harper. Lo straordinario ritrovamento di più di 30.000 tavolette d'argilla in cuneiforme (più dell'80% di tutte le opere letterarie sumeriche conosciute sono state trovate a Nippur) spinse la spedizione a lavorare fino al 1900. Oltre alle tavolette furono individuate: la ziqqurat e il tempio di Enlil. Fra le tavolette furono trovate le versioni più antiche, fra quelle conosciute, della storia dell'inondazione (Diluvio), di Gilgamesh e dozzine di altre opere. Fu trovato un gruppo importantissimo di testi in lessico e parecchi documenti scritti in due lingue (Sumerico/Accadico) che permisero agli eruditi del tempo di fare enormi passi per la comprensione del sumerico.
- In questi anni compaiono i primi monarchi che accentrano nella loro persona poteri politico-militari e connessioni col divino, spesso considerati figli degli dèi o semidèi, come Narmer (o anche Meni e Menes), primo sovrano della I dinastia egizia che regnò dal 3150 a.C. al 3125 a.C., identificato con il faraone semi-leggendario che unificò l'Alto e il Basso Egitto.
Resti di fortificazione dei Liguri
sul monte Vallasa (AL).
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Rappresentazione della Storia. |
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