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mercoledì 23 gennaio 2019

Storia dell'Europa n.44: dal 600 al 680 e.v. (d.C.)

Europa e Mediterraneo nel 600.
A partire dal IV secolo (dopo l'Editto di Milano) la Diocesi di Roma divenne  proprietaria di immobili e terreni, frutto delle donazioni dei fedeli. Il patrimonio terriero del vescovo di Roma, che era denominato "Patrimonium Sancti Petri"  poiché le donazioni erano indirizzate ai santi Pietro e Paolo, patroni di Roma, nel VI secolo aveva assunto un'estensione di rilievo.

Cartina dell'Europa continentale
nel 600.
- Verso il 600 gli Slavi occuparono i territori dell'Europa centrale lasciati vuoti dai Germani, che si erano spostati all'interno di quello che era l'Impero romano. Evitando la pianura Pannonica, brulicante di Àvari, attraverso la Polonia giunsero fino alla Pomerania e poi scesero attraverso la "porta di Moravia" e valicarono il Danubio a Vindobona, attraversando la Serbia giunsero fino in Dobrugia e nel Pindo, sovrapponendosi alle popolazioni preesistenti quali Illiri, Daci e Traci, oppure mescolandosi a loro come con i Bulgari, ed alla fine s'infransero sulle mura di Costantinopoli, cosicché dovettero sedentarizzarsi.

Cartina dell'Europa e del Mar
Mediterraneo nel 600.
- L'antico Illyricum è invaso da varie tribù barbare fra cui i Goti, che qui rimarranno per 150 anni, gli Àvari e gli Slavi. L'invasione slava, feroce e sanguinaria, ha avuto conseguenze durature nella composizione etnica dei Balcani.
Le popolazioni di ceppo illirico diminuiranno ed infine saranno assimilate. Nell'Illiria del sud, le odierne terre albanesi , la popolazione autoctona riuscirà a conservare una relativa identità etnica, ma il loro territorio originale si ridurrà ad una piccola estensione, soggetta alle varie occupazioni di Slavi, Bulgari e Serbi attraverso tutto il Medioevo.

Carta dell'Italia nel 652, alla morte del Re Longobardo
Rotari. In giallo i territori Bizantini, in arancio i
Longobardi, in fucsia i territori contesi fra
Longobardi e Bizantini. Sono indicate le
regioni, i monasteri cristiani e le maggiori città.
Nel 600 - L'invasione dell'Italia da parte dei Longobardi ha prodotto un regno longobardo d'Italia al centro-nord, con capitale Pavia, e due ducati longobardi al centro-sud, con Benevento e Spoleto come capitali. I Longobardi adottarono infatti il titolo nobiliare di Duca e Ducato come entità politica. I titoli Duca e Doge (adottato da veneziani, genovesi ecc.), Duchessa e Dogadessa al femminile, derivano tutti dal latino Dux, "Duce", condottiero. Da qui in poi iniziano i diversi destini fra le aree a nord e a sud della penisola, producendo nel tempo differenze che sono tuttora visibili.

Carta con i dialetti parlati nel
nord italico, di derivazione
gallica (gallico-cisalpino)
e del centro italico di
derivazione latino-autoctona.
- Nel nuovo assetto politico della penisola nasceranno nuovi  nomi per alcune regioni italiche: il cuore del regno longobardo verrà chiamato Longobardìa, da cui Lombardia, e Romània (da cui Romagna) era il nome con cui i Longobardi indicavano l'esarcato dell'impero romano d'oriente (i bizantini) in Italia, la cui capitale era Ravenna, tradizionale porto che permetteva il collegamento della penisola con Costantinopoli, porto a cui poi si preferirà Venezia, che al momento si stava urbanizzando nel contesto delle Venetie romano-orientali (bizantine). E' infatti in questo periodo che si intensifica l'urbanizzazione nell'arcipelago del Rivo Alto (Rialto), antico nome della città di Venezia, edificata su cinque isole lagunari, per non subire incursioni. Il popolamento della laguna veneziana, iniziato con le invasioni barbariche, si intensificherà dagli agli inizi del sec. VII per la pressione dei Longobardi sui possedimenti bizantini.
Carta dei dialetti parlati nel sud
italico e isole, derivati dalle lingue
delle popolazioni autoctone e
immigrate.
Intanto a sud, il ducato di Calabria bizantino, che occupava solo una piccola parte della Calabria di allora (regione in cui anticamente risiedevano gli Apuli e che infatti oggi chiamiamo Puglie) e che invece occupava interamente l'antico Bruzio (la regione anticamente abitata dai Brutii), adottando il nome di ducato di Calabria farà in modo che da lì in poi verrà riconosciuta come Calabria solo l'antico Brutio, che infatti oggi si chiama Calabria.
Carta con i dialetti ritenuti di origine
latina in Europa occidentale,
mentre in quella orientale lo sono
il Rumeno e Moldavo.

- Anche la viabilità subirà modifiche per l'attrito fra i nuovi potentati italici. La via Francigena che collegava  l'Europa continentale a Roma valicando l'appennino tosco-emiliano, fino ad allora passava alla destra del fiume Panaro, attraversando  Zocca, antico punto montano di mercato, per poi  valicare il passo della Croce Arcana, situato fra gli odierni comuni di Fanano (MO) e Cutigliano (PT), aggirando il
Carta con i Sassi di Rocca
Malatina (MO) e i passi
dell'Abetone e di Croce Arcana.
 monte Cimone in senso orario, era controllata dall'Esarcato dell'impero romano d'oriente presso gli attuali Sassi di Rocca Malatina (nel comune di Guiglia), poco prima di Zocca, che da lì presidiava il confine con i territori controllati dai Longobardi. I Longobardi allora approntarono  un percorso che valicasse il passo dell'Abetone, fra gli attuali comuni di Fiumalbo (MO) e Cutigliano (PT), percorrendo una nuova via alla sinistra del fiume Panaro, passando da Pavullo nel Frignano (l'antico  Ferronianum dove vivevano i liguri Friniati prima che i Romani li sterminassero e ne assoggettassero i superstiti) ed aggirando così il monte Cimone in senso antiorario. Questa via di comunicazione nord-sud è utilizzata ancora oggi. A testimonianza di quei giorni, è da segnalare che nel dialetto della valle del Panaro, per "paiolo" si dice "calzeder", parola con lo stesso significato derivata dal greco, la lingua parlata nell'impero romano-orientale bizantino. Sempre in valle, ci si distingue ancora oggi fra di qua o di là dall'acqua (il fiume Panaro stesso), intendendo così rimarcare profonde differenze culturali.

Carta con la progressiva espansione dell'Islam e del suo
potere dal 632 con Maometto e con i
successivi califfi fino al 750.
Nel 610 - In Arabia, Muḥammad (Maometto) inizia la predicazione del Corano. La predicazione di Maometto iniziò nel nono mese del calendario islamico (Ramadan) del 610. Il calendario islamico si basa su una scansione del tempo puramente lunare in cui l'anno è suddiviso in 12 mesi lunari di 29 o 30 giorni e conteggia gli anni dal 16 luglio 622, data in cui fu compiuta l'Egira dal profeta dell'Islam Maometto. L'egira (in arabo: hijra = emigrazione) indica il trasferimento dei primi devoti musulmani e del loro capo Maometto dalla natia Mecca alla volta di Yathrib. Secondo la tradizione tramandata dal Corano, sul Monte Hira, nei pressi della Mecca, al Profeta sarebbe apparso l'arcangelo Gabriele che gli disse queste parole:"Leggi, in nome del tuo Signore che ha creato, che ha creato l'uomo da un grumo di sangue. Leggi nel nome del tuo Signore il più generoso, che ha insegnato per mezzo del calamo, che ha insegnato all'uomo quello che non sapeva." Maometto sulle prime credette di aver sognato, tanto più che c'è un periodo tra la prima apparizione del Monte Hira e quelle che a distanza di tempo sensibile le seguiranno (ricordiamo che Maometto seguitò a ricevere apparizioni angeliche per tutta la vita). Inizialmente Maometto confidò queste esperienze solo a pochi intimi, tra i quali il cugino Alì e i congiunti Othman e Abu Bakr, mentre solo verso la fine del decennio successivo iniziò a predicare in pubblico una rivelazione monoteistica. Egli predicava un Dio unico "Allah" (parola araba dalla stessa radice dell'ebraico Elohim), per il quale era l'Inviato (rasūl) per concludere il messaggio profetizzato nella Bibbia. Le caratteristiche della sua predicazione erano un duro tono apocalittico, una ferma condanna del politeismo e l'obbligo di pellegrinaggi alla Mecca, attività piuttosto remunerativa.

- Dopo il 610 il greco diventa lingua ufficiale dell'impero, con Eraclio I, che si proclama inoltre Basileus (in greco Βασιλεύς, Re) dell'impero, non più Augustus come era stato in uso fino ad allora.

Insediamenti dei proto-bulgari,
dei cazari e di altre popolazioni
turche, da: https://it.wikipedia
- Nel periodo del tardo impero romano, le terre dell'odierna Bulgaria erano state organizzate in diverse province: Scythia Minor, Mesia (Inferiore e Superiore), Tracia, Macedonia, Dacia (a nord del Danubio), Dardania, Rodopi e vi era stanziata una popolazione mista di Geti romanizzati e di Traci ellenizzati. Diverse ondate consecutive di popolazioni slave, tra il VI e il VII secolo, avevano portato alla quasi completa slavizzazione della regione, almeno sul piano linguistico.

- Nel VII secolo, con il collasso dell'impero Göktürk, dovuto ad un conflitto interno, la parte occidentale dell'impero si divide in due confederazioni: i proto-bulgari, guidati dal clan Dulo, ed i cazari, guidati dal clan Ashina. I proto-bulgari (di stirpe uralo-altaica) erano una popolazione turcica con elementi iraniani stanziati lungo il fiume Bolga, in seguito chiamato Volga, dove erano giunti a partire dal II secolo, provenendo dall'Asia centrale al seguito degli Unni prima e degli Àvari poi. Negli stessi territori nord-caucasici si erano stanziati i cazari, nome che essi stessi si erano dati e che proveniva da un verbo che in lingua turcica significa "vagabondare", confederazione di popoli turco-altaici seminomadi originari delle steppe dell'Asia Centrale in cui erano confluiti elementi slavi, iranici e i resti dei Goti di Crimea.

Khanato Bulgaro e di Khazaria ed estensione dell'impero
Cazaro nel suo insieme con indicati gli anni delle
conquiste dei suoi territori. Da: https://it.wikipedia.org/
Nel 618 - Inizia, con il Khanato di Khazaria (618 - 1016), la formazione dell'impero Cazaro.
Cazari (o anche Khazari o latino Gazari o Cosri) fondano il Khanato di Khazaria nelle regioni più sud-orientali dell'Europa, vicino al Mar Caspio ed al Caucaso. Un Khanato o Canato è un territorio su cui governa un Khan, tipico dell'Europa orientale e dell'Asia. Spesso è di derivazione mongola, derivato dal frazionamento del grande impero creato da Gengis Khan. La maggior parte dei khanati sono scomparsi tra il XVI e il XIX secolo con la formazione degli imperi ottomano, persiano, russo e cinese. Oltre alla regione oggi chiamata Kazakistan, il khanato di Khazaria comprendeva anche parti dell'Ucraina, l'Azerbaigian, il sud della Russia e la penisola di Crimea.
Intorno al periodo di fondazione del khanato molti Cazari si convertirono al giudaismo. Il nome “Cazari” che essi stessi si sono dati proviene da un verbo in lingua turca che significa "vagabondare".

Nel 632 - Il khan Kubrat del clan Dulo riesce ad unificare le tribù proto-bulgare, che si trovavano precedentemente sotto il dominio del Khaganato Göktürk occidentale, in uno stato indipendente, il Khanato di Bulgaria chiamato dagli storici bizantini Grande Bulgaria (altro nome in bolğar, linguaggio del Volga: Onoguria/Onoghuria, forse da Oghuz). Secondo le analisi delle fonti bizantine ed armene, i confini del paese si trovavano tra il basso corso del Danubio ad ovest, il mar Nero e il mar d'Azov a sud, il fiume Kuban' ad est e il fiume Donec a nord. La capitale dello stato era Fanagoria, sul mar d'Azov. Kubrat divenne un alleato dei bizantini, ma la pressione dei Cazari da est portò alla dissoluzione della Grande Bulgaria nella seconda metà del VII secolo, per cui il popolo proto-bulgaro si trasferì nei territori delle attuali Bulgaria e Ungheria, nome di probabile derivazione da Onoguria.

- Nello stesso 632 muore Muḥammad (Maometto) e la questione della sua successione è all’origine della più grande divisione all’interno dell’Islam.
- Gli alidi, i discepoli di ʿAlī ibn (ibn = figlio di) Abī Ṭālib, marito di Fatima, la figlia di Maometto, indicati anche dal Profeta con il termine di "sciiti", ritenevano che gli unici legittimati ad esercitare il potere fossero l'Ahl al-Bayt, la "Gente della Casa" (esponenti della famiglia del Profeta) e che dunque ˁAlī, la loro Guida, sulla base delle indicazioni fornite dal Profeta (vedi Ghadīr Khum) fosse l’unico successore legittimo. Gli sciiti inoltre sostenevano che il ruolo di Imam (guida religiosa) e Califfo (autorità politica) dovessero cumularsi in un’unica persona.
- I "sunniti" (definizione data da Ibn Ḥanbal, col significato di "Gente che si rifà alla tradizione [di Maometto] e che non origina secessioni" invece ritenevano che qualsiasi fedele di buona capacità religiosa e non necessariamente discendente del Profeta, anche se preferibilmente appartenente alla sua tribù, i coreisciti, potesse guidare a pieno titolo la Comunità islamica.
A Medina, il giorno stesso della morte del profeta, i suoi compagni fedelissimi fra cui Abu Bakr, Omar ibn (ibn = figlio di) al-Khattab, Abu Ubayda ibn al-Jarrah, Talha ibn Ubayd Allah e alcuni altri, tutti meccani coreisciti (cioè più o meno imparentati con la tribù di Maometto, i Banū Quraysh della Mecca), si radunano per dare una successione a Maometto.
Nella disputa generale, i sunniti hanno la meglio ed il prescelto è Abu Bakr 'Abd Allah ibn (ibn = figlio di) Abi Quhafa, cognato di Maometto, suo amico d'infanzia e primo convertito maschio e maggiorenne all'Islam (lo avevano preceduto la moglie di Maometto, 'A'isha e il minorenne cuginetto Ali ibn Abi Talib). Gli sciiti dovettero riconoscerlo come primo Califfo poiché eletto dal resto della comunità (l'Umma).
Abu Bakr è eletto come "Khalīfat rasūl Allāh" (Vicario o successore del Profeta di Allah), che in italiano è ridotta a "califfo", titolo che ingombrerà la Storia araba fino al 1926.
Il neo-califfo Abu Bakr dovette lottare subito contro lo scissionismo delle tribù arabe ribelli, moto che è passato alla storia come "Ridda". La Ridda fu combattuta e vinta da due grandi generali musulmani, Khalid ibn al-Walid e Ikrima ibn Abī Jahl, che fra le altre vittorie annoverano quella nella battaglia di 'Aqraba', contro la tribù dei Banu Hanifa nel 633. Abū Bakr, passato ai posteri come un personaggio mite e gentile, regnò fino al 634, anno in cui morì. Alla sua successione fu chiamato Omar ibn al-Khattab. 

Nel 634 - Sale al potere Omar ibn al-Khattab, secondo califfo dell'Islam dal 634 al 644 che si ritrova, dopo le battaglie dovute alla Ridda (scissionismo delle tribù arabe ribelli), la penisola arabica unita sotto il vessillo islamico. Quindi poté anzitutto, con l'ausilio del suo generale Khalid ibn al-Walid, scagliarsi contro le province di confine del deserto arabo-siriano, soggiogando i reami semi-sedentarizzati del Nord. Quindi, le armate musulmane si riversarono in SiriaPersia ed Egitto. I due imperi che premevano l'Arabia a Nord, l'Impero Sasanide e quello Romano (d'Oriente) erano in crisi dopo la ventennale guerra che era terminata solo nel 628. Costantinopoli, retta dall'imperatore Eraclio, aveva recuperato Siria e Palestina sconfiggendo i Sasanidi, ma né il vincitore né tanto meno lo sconfitto erano in grado di affrontare nuovi scontri militari, sicché le armate musulmane poterono in pochi anni prendere Palestina e Siria senza grosse difficoltà. Già nel 633, Abū Bakr aveva inviato forze ausiliare contro la Palestina, creando disordini ai Bizantini, poi nell'aprile 634, Khalid ibn al-Walid invase la Siria con un esercito regolare ed occupò prima Palmira e poi Damasco. Eraclio reclutò un poderoso esercito con  cui poté scacciare i musulmani da Damasco, ma non poté sostenere l'urto dello scontro frontale avvenuto nel luglio 636 nella battaglia sul fiume Yarmuk. Siria e Palestina finirono stabilmente sotto dominazione araba e vennero rette da Abū Ubayda. Il califfo Omar visitò Damasco nel 637 e Gerusalemme cadde l'anno dopo. Nel frattempo, gli arabi avevano aperto un altro fronte contro i Sasanidi. Nel 633 milizie arabe avevano occupato al-Ḥīra, capitale dello stato vassallo dei Persiani. Ne erano stati scacciati dall'imperatore persiano Yazdagird nel 634 nella Battaglia del Ponte, ma i musulmani non rinunciarono. Nell'estate 637 un piccolo contingente arabo sbaragliò un esercito sasanide di 20.000 uomini nella Battaglia di al-Qadisiyya. Pochi mesi dopo, la capitale Ctesifonte cadeva in mano araba e poi ancora tutto l'Iraq e la Persia dopo la battaglia di Ǧalūla. L'Impero sasanide fu completamente inglobato nel Califfato arabo. Le vittorie arabe proseguivano, e ora Medina puntava all'Egitto. Qui i cristiani Copti, come quelli Monofisiti in Siria, erano scontenti del governo ortodosso bizantino. E quando il generale Amr ibn al-Āṣ occupò la cittadina egizia di frontiera di Arish (12 dicembre 639) per dispetto all'imperatore di Costantinopoli, molti furono quasi contenti. Amr ibn al-Āṣ, vista la situazione, si spinse fino ad occupare Pelusio, sul delta del Nilo e poi marciò su Babilonia (un fortino nei pressi dell'odierno Cairo), caposaldo bizantino. Qui, con l'aiuto di un contingente arabo in ausilio alla sua cavalleria yemenita, sbaragliò i Bizantini nel luglio 640 occupando la città (nel 641). Intanto nel 640 si era combattuta una battaglia ad Eliopoli vinta dagli Arabi. Quindi, preso tutto il resto dell'Egitto, restava ai bizantini solo Alessandria, che resse un anno, fino a che nel 642 il Patriarca cristiano copto non firmò una pace con gli Arabi, in seguito alla quale i bizantini si ritirarono via mare. Preso l'Egitto, l'espansionismo arabo diresse le sue mire sulla Cirenaica libica. Le fiorenti città costiere bizantine di Cirene, Leptis Magna, Bengasi caddero in tre anni, tra il 642 ed il 645. L'Africa settentrionale si avviava ad essere una terra musulmana.

Migrazioni dei proto-bulgari, da: https://upload.wikimedia.
org/wikipedia/commons/3/3f/Old_Great_Bulgaria_and
_migration_of_Bulgarians.png
- Da https://it.vision1cycling.com/obrazovanie/90630-han-kubrat-biografiya-foto.html: Nel periodo 634-641, Khan Kubrat della Grande Bulgaria, (in bolğar, linguaggio del Volga: Onoguria OnoghuriaN.d.R.) conclude un'alleanza amichevole con l'imperatore bizantino e riceve da lui un titolo nobiliare. Questo può significare che il khan cadde sotto il dominio dell'imperatore. Non ci sono informazioni sulla diffusione del cristianesimo tra i proto-bulgari, ma il fatto che gli antenati del popolo tataro (probabilmente i proto-bulgari) fossero cristiani, rimane un fatto indiscutibile. Alcuni storici sostengono inoltre che Kubrat, battezzato già a 12 anni, in seguito rinunciò al cristianesimo e ritornò alla religione originale, che era Altaica (lo sciamanesimo N.d.R.). Khan Kubrat ha avuto cinque figli:
- Batbayan, che fedele alla volontà di suo padre e rimase nella Grande Bulgaria anche dopo la conquista dei Khazari.
- Kotrag, che diresse la tribù detta di kotragov, e gli storici credono che entrambe le tribù formarono successivamente la Bulgaria del Volga. I tatari moderni riconoscono Kotrag come fondatore del Tatarstan, molti di loro si considerano discendenti di antichi bulgari. In effetti, i tatari di Kazan e i bulgari caucasici hanno lingue simili. E parlando del grande sovrano (padre Kotrag) nella sua lingua nativa, i tartari avrebbero usato la frase "rundanda khan Kubrat", dove la prima parola è tradotta in russo come la preposizione "o".
Asparuh con una tribù di bariards (boiardi, nobili) andò verso il fiume Danubio. Fu lui a combattere contro Bisanzio, sconfisse Costantino IV e fondò lo stato della Bulgaria, il primo impero bulgaro.
- Coober (o Kuver) si spostò a sud verso la Macedonia moderna.
Alzek, il figlio minore di Kubrat, andò nel territorio dell'Italia moderna, dove si sottomise ai re cristiani. (Prima nei pressi di Ravenna, con 2.000 persone, poi nel beneventano con 700 persone e 1.300 rimasero nel ravennate, N.d.R.). Sulla costruzione del parlamento bulgaro sono state scritte parole meravigliose: "La connessione è potere". Si ritiene che questa saggezza appartenga a Khan Kubrat. È stato lui a insegnare ai suoi figli che una bracciata di canne non è facile da spezzare, quindi è importante rimanere uniti. Tuttavia, i figli di Kubrat non obbedirono al padre e quindi furono conquistati dai Khazari.
Lo stesso Kubrat morirà nel 665.

- La dinastia proto-bulgara Onoghur (580-685) a cui apparteneva Khan Kubrat della Grande Bulgaria antica, (in bolğar: Onoguria/Onoghuria) mischierà il patrimonio genetico àvaro (combinazione di un popolo di stirpe uigura, etnia turcofona oggigiorno di religione islamica che vive nel nord-ovest della Cina) con quello bulgaro (stirpe uralo-altaica, popolo turcico con elementi iraniani, che viveva lungo il fiume Bolga in seguito chiamato Volga, da cui l'aggettivo bolğar, bulgaro). Il nome Onoghur deriva probabilmente da "Oghuz" (confederazione di tribù di turchi dell'Asia Centrale che parlavano una lingua del gruppo sud-occidentale delle lingue turche, da cui emersero poi i Selgiuchidi) mentre il nome "Ungheria" usato oggi deriva da Onoghur, stirpe proto-bulgara.

Dal 638 Dopo la morte del re merovingio di tutti i Franchi Dagoberto I nel 638, il ducato d'Alamannia, come il ducato di Baviera, il ducato d'Aquitania e il ducato di Bretagna sciolsero i loro legami dal regno dei Franchi e raggiunsero l'indipendenza, sino alla prima metà dell'VIII secolo, quando gli Arnolfingi, in qualità di Maggiordomi di palazzo, ridussero l'Alamannia nuovamente ad una provincia del regno dei Franchi.

Nel 643 - Editto di Rotari, fondamentale per la legislazione Longobarda. Nella cultura longobarda era fortissima l'usanza tribale della faida per gestire i conflitti. Le lunghe catene di omicidi che provocava impediva una continuità politico-amministrativa e con l'editto si fissò un prezzo per ogni sopruso, evitando così ulteriori bagni di sangue. 

- In quegli anni, il fiume Panaro segnava in Emilia il confine tra i territori romano-orientali (Guiglia) e quelli longobardi (Marano sul Panaro). Il re longobardo Rotari ebbe modo di scontrarsi militarmente in una memorabile battaglia dove nasce il Panaro, alla confluenza dello Scoltenna con il Leo, contro i Romani dell'esarcato di Ravenna. La vittoria di Rotari determinò la caduta di 8000 romani e la fuga dell'esercito bizantino, come ricorda Paolo Diacono nella sua “Historia Longobardorum”.

Nel 644 - Dopo l'uccisione di Omar ibn al-Khattab, è nominato terzo califfo dell'Islam ʿUthmān ibn ʿAffān, assassinato poi nel 656.

- Nel corso del VII secolo, in Hispania i vari re visigoti lottano per rafforzarsi ed imporre una successione dinastica in opposizione al sistema elettivo fin lì seguito e tutte le decisioni vengono ufficializzate al concilio di Toledo (se ne tennero almeno diciotto).

- Durante il VII secolo, gli abitanti di origine slava della Boemia si liberano dalla dominazione degli Àvari.

Ubicazione di Stenay, da "Il Santo
Graal" di Michael Baigent, Richard
Leigh, Henri Lincoln, 1982 Arnoldo
Mondadori Editore.
Nel 651 - Nasce il re merovingio Dagoberto II (652 circa - foresta di Woëvre, presso Stenay, 23 dicembre 679), erede al trono d'Austrasia. Unico figlio maschio del re della dinastia merovingia dei Franchi Sali di Austrasia, Sigeberto III e della moglie Inechilde. Quando nel 656 morì suo padre, furono messi in atto tentativi romanzeschi per impedirgli di salire al trono. L'infanzia e la giovinezza di Dagoberto sembrano uscite da una leggenda medievale o da una favola e  invece è storia documentata. Alla morte del padre, Dagoberto fu fatto rapire dal maestro di palazzo in carica, Grimoaldo. Tutte le ricerche risulteranno vane, e non fu difficile convincere la corte che il bambino era morto. Grimoaldo concertò allora l'ascesa al trono del proprio figlio, affermando che quella era stata la volontà espressa dal precedente sovrano, il padre di Dagoberto. Il trucco riuscì. Persino la madre di Dagoberto, convinta che il bambino fosse morto, accettò l'autorità dell'ambizioso maestro di palazzo. Grimoaldo, tuttavia, non aveva avuto il coraggio di andare fino in fondo e di fare uccidere il giovanissimo principe. Dagoberto era stato segretamente affidato al vescovo di Poitiers. Anche il vescovo, sembra, non osò far assassinare il bambino. Perciò Dagoberto fu relegato in Irlanda, in esilio perpetuo. Crebbe nel monastero irlandese di Slane, non lontano da Dublino; e nella scuola annessa al chiostro ricevette un'istruzione di gran lunga superiore a quella che avrebbe potuto conseguire nella Francia di quei tempi. Sembra che durante questo periodo frequentasse la corte del Sommo re di Tara. Inoltre fece amicizia con tre principi della Northumbria che studiavano anch'essi a Slane. Nel 666, probabilmente quando viveva ancora in Irlanda, Dagoberto sposò Matilde, una principessa di stirpe celtica. Poco tempo dopo si trasferì dall'Irlanda in Inghilterra e si stabilì a York, nel regno di Northumbria. Qui si legò di stretta amicizia con san Wilfrid, vescovo di York, che divenne il suo mentore. Durante questo periodo persisteva tutt'ora il dissidio tra la Chiesa di Roma e la Chiesa celtica, che rifiutava di riconoscerne l'autorità. Wilfrid, in nome dell'unità del cristianesimo, si era prodigato per ricondurre la Chiesa celtica nella sfera di Roma, e c'era riuscito nel famoso Concilio di Whitby, nel 664. Ma forse la sua successiva amicizia con Dagoberto II non era immune da altre motivazioni. Al tempo di Dagoberto la devozione dei Merovingi nei confronti di Roma, promessa nel patto stretto fra Clodoveo e la Chiesa un secolo e mezzo prima, non era molto fervida. Fedele sostenitore di Roma, Wilfrid aspirava a consolidare la supremazia del papato, non soltanto in Gran Bretagna ma anche sul continente. Nell'eventualità che Dagoberto ritornasse in Francia e rivendicasse il trono d'Austrasia, era consigliabile assicurarsi la sua fedeltà. Molto probabilmente Wilfrid vedeva nel re in esilio il futuro braccio armato della Chiesa. Nel 670 Matilde, la consorte celtica di Dagoberto, morì nel dare alla luce la terza figlia. Wilfrid si affrettò a combinare un nuovo matrimonio per il vedovo, e nel 671 Dagoberto si risposò. Se le sue prime nozze avevano avuto una potenziale importanza dinastica, le seconde l'ebbero ancora di più. La seconda moglie di Dagoberto era infatti Giselle de Razès, figlia del conte di Razès e nipote del re dei Visigoti. In altre parole, ora la stirpe reale merovingia era imparentata con la stirpe reale visigota. In questa unione c'erano i semi di un impero embrionale che avrebbe unito gran parte della Francia moderna e si sarebbe esteso dai Pirenei alle Ardenne. Inoltre questo impero avrebbe portato sotto l'influenza di Roma i Visigoti che avevano ancora forti tendenze ariane. Quando Dagoberto sposò Giselle, era già ritornato sul continente. Secondo la documentazione pervenuta fino a noi, le nozze furono celebrate nella residenza ufficiale della sposa, a Rhédae, l'odierna Rennes-le-Château. Anzi, sembra che si svolgessero nella chiesa di Saint Madeleine, l'edificio sul quale venne successivamente eretta la chiesa di Bérenger Saunière. Dal primo matrimonio di Dagoberto erano nate tre figlie, ma non un erede maschio. Da Giselle, ebbe altre due figlie e finalmente, nel 676, un figlio, il futuro Sigisberto IV. E quando nacque Sigisberto, Dagoberto era re. Per circa tre anni, sembra, era rimasto a Rennes-le-Château, seguendo da lontano le vicissitudini del suo regno al nord. Finalmente, nel 674, si era presentata l'occasione favorevole. Con l'appoggio di sua madre e dei consiglieri di questa, il monarca esule si proclamò re d'Austrasia. Wilfrid di York diede un importante contributo al suo reinsediamento. Secondo alcuni, vi contribuì anche un personaggio molto più sfuggente e misterioso, sul quale si hanno pochissime notizie storiche: sant'Amatus, vescovo di Sion in Svizzera. Dagoberto, reinsediato sul trono dei suoi avi, non fu affatto un « re fannullone ». Anzi, si dimostrò un degno successore di Clodoveo. Si accinse immediatamente a imporre e a consolidare la sua autorità, reprimendo l'anarchia che imperversava in Austrasia e ristabilendo l'ordine. Regnò con fermezza, piegando vari nobili ribelli che disponevano di una potenza militare ed economica sufficiente per sfidare il trono. E si dice che avesse ammassato un considerevole tesoro a Rennes-le-Château: queste ricchezze dovevano venire usate per finanziare la riconquista dell'Aquitania, che una quarantina d'anni prima si era staccata dal regno merovingio e si era proclamata indipendente. Nel contempo, Dagoberto dovette costituire una grossa delusione per Wilfrid di York. Se il vescovo aveva sperato di fare di lui il braccio armato della Chiesa, si trovò di fronte a un grave disappunto. Anzi, sembra certo che il re frenasse i tentativi di espansione della Chiesa nei suoi domini, e incorresse quindi nella collera delle gerarchie ecclesiastiche. Esiste una lettera inviata a Wilfrid da uno sdegnatissimo prelato franco, il quale si scaglia contro Dagoberto, colpevole di imporre tasse e di «tenere in dispregio le chiese di Dio e i loro vescovi». A quanto sembra, questi non furono i soli motivi di dissidio fra Dagoberto e Roma. Grazie al matrimonio con una principessa visigota, il re aveva acquisito vasti territori nell'attuale Linguadoca. E forse aveva acquisito anche qualcosa d'altro. I Visigoti erano fedeli alla Chiesa di Roma soltanto nominalmente. Anzi, la loro devozione al papato era molto evanescente, e nella famiglia reale predominavano ancora le tendenze ariane. Secondo vari indizi, Dagoberto avrebbe assimilato queste tendenze. Nel 679, quando era sul trono da tre anni, Dagoberto s'era già fatto molti nemici influenti, sia laici che religiosi. Frenando le loro ribelli aspirazioni autonomistiche, aveva destato il rancore di certi nobili vendicativi. Osteggiando i suoi tentativi di espansione, si era attirato l'antipatia della Chiesa. Creando un regime centralizzato ed efficiente, aveva acceso l'invidia e la preoccupazione di altri potentati franchi, sovrani dei regni confinanti. E alcuni di questi sovrani avevano alleati e agenti nel regno di Dagoberto. Uno di questi era il maestro di palazzo del re, Pipino II il Grosso oppure Pipino il Giovane di Herstal, (nipote di Pipino I il Vecchio, di Landen, Maggiordomo di palazzo del regno merovingio di Austrasia per il re Clotario II, che fu il capostipite della dinastia dei Pipinidi). E Pipino II, schierandosi clandestinamente con gli avversari politici di Dagoberto, non indietreggiò di fronte al tradimento e all'assassinio. Come quasi tutti i sovrani merovingi, Dagoberto aveva almeno due capitali. La più importante era Stenay, al limitare delle Ardenne. Presso il palazzo reale di Stenay si estendeva un grande bosco, considerato sacro da tempo immemorabile e chiamato Foresta di Woèvres. Il 23 dicembre 679, Dagoberto andò a caccia in questa foresta. Considerando la data, è possibile che la caccia costituisse una specie di occasione rituale. Comunque, ciò che avvenne ricorda moltissimi echi leggendari, incluso l'assassinio di Sigfrido nel Nibelungenlied. Verso mezzogiorno, sopraffatto dalla stanchzza, il re si adagiò per riposare in riva a un ruscello, ai piedi di un albero. Mentre dormiva, uno dei suoi servitori - che, sembra, era anche suo figlioccio - gli si accostò furtivamente ed eseguendo gli ordini di Pipino gli conficcò una lancia in un occhio. Altre fonti tramandano che Dagoberto II si scontrò spesso col maggiordomo di Neustria, Ebroino, sempre intenzionato a riunire i regni Franchi sotto Teodorico III, che nel 677, attaccarono invano l'Austrasia. E fu probabilmente lo stesso Ebroino ad organizzare la partita di caccia in cui, nel 679, Dagoberto perse la vita a seguito di un colpo di spada all'inguine da parte di alcuni congiurati. Questo episodio potrebbe avere ispirato, nella saga del SanGraal, la leggenda del re pescatore che non poteva procreare poiché ferito ai genitali; inoltre il figlio di Dagoberto, Sigisberto IV, il legittimo erede al trono merovingio, rimase nascosto e protetto in Occitania, ignorato e di cui non fu nota l'esistenza. Gli assassini fecero ritorno a Stenay, decisi a sterminare il resto della famiglia reale. Non si sa di preciso fino a che punto riuscirono nel loro intento. Ma è certo che per il regno di Dagoberto e la sua famiglia fu la fine, improvvisa e violenta. La Chiesa non si disperò. Anzi, si affrettò ad avallare l'operato degli assassini del re. Esiste addirittura una lettera inviata da un prelato franco a Wilfrid di York, che cerca di razionalizzare e giustificare il regicidio. Il corpo di Dagoberto e la sua sorte postuma ebbero vicissitudini piuttosto strane. Subito dopo la sua morte, fu sepolto a Stenay, nella cappella reale di Saint Rémy. Nell'872, quasi due secoli dopo, fu esumato a trasportato in un'altra chiesa. La nuova chiesa divenne Saint Dagobert, perché lo stesso anno il re fu canonizzato: non dal papa (i pontefici si sarebbero arrogati questo privilegio, esclusivo soltanto nel 1159), bensì da un sinodo metropolitano. Non è chiaro perché Dagoberto venisse canonizzato. Secondo una fonte ciò avvenne perché si credeva che le sue reliquie avrebbero salvato la zona di Stenay dalle scorrerie dei Vichinghi; ma questa spiegazione non è molto illuminante, poiché non si capisce perché le reliquie dovessero avere un potere miracoloso. Le autorità ecclesiastiche sembrano dimostrare al riguardo un'ignoranza imbarazzante. Ammettono che Dagoberto, per qualche ragione imprecisata, era divenuto l'oggetto di un culto in piena regola e aveva un suo giorno festivo, il 23 dicembre, anniversario della sua morte. Tuttavia, non sono assolutamente in grado di precisare perché tutto questo fosse avvenuto. È possibile, certo, che la Chiesa si fosse pentita della parte che aveva avuto nell'assassinio del re. Quindi la canonizzazione di Dagoberto potrebbe essere stata una sorta di riparazione. Tuttavia, se questo è vero, non viene spiegato perché fosse ritenuto necessario un gesto del genere, e neppure perché fosse compiuto ben due secoli dopo. A stretto rigore delle fonti storiche ufficiali, Dagoberto non fu l'ultimo sovrano della dinastia merovingia. Anzi, i sovrani merovingi conservarono il trono, almeno nominalmente, per altri tre quarti di secolo. Ma gli ultimi Merovingi meritarono davvero l'epiteto di « re fannulloni ». Molti erano estremamente giovani, e quindi spesso erano deboli e indifese pedine nelle mani dei maestri di palazzo, non potevano imporre la propria autorità e prendere decisioni. Erano poco più che vittime; e molti di loro vennero uccisi. Inoltre, i Merovingi di questo tardo periodo dinastico appartenevano a rami cadetti, non al ceppo principale disceso da Clodoveo e Meroveo. Questo ceppo era stato eliminato con Dagoberto II. Perciò, a tutti i fini pratici, l'assassinio di Dagoberto può essere considerato come la fine della dinastia merovingia. Ma Dagoberto II aveva avuto un figlio maschio: Sigisberto IV. Secondo alcune fonti, Sigisberto IV, alla morte del padre Dagoberto II, fu salvato da una sorella e portato clandestinamente a sud, nei domini della madre, la principessa visigota Giselle di Razès. Si dice che arrivasse in Linguadoca nel 681 e, poco tempo dopo, adottasse o ereditasse i titoli dello zio, duca di Razès e conte di Rhédae. Si dice inoltre che assumesse il cognome o soprannome di «Plant-Ard» (divenuto in seguito Plantard), da réjeton ardent, «ardente virgulto» della vite merovingia. Con questo nome e i titoli ereditati dallo zio, si dice, perpetuò la sua stirpe. E nell'841-886 un ramo di questa stirpe culminò in Bernardo III di Tolosa detto Plantavelu (Piede di Velluto), un nome derivato apparentemente da Plant-Ard o Plantard, il cui figlio divenne duca d'Aquitania e conte d'Alvernia: Guglielmo I, il Pio o il Vecchio (892-918). Fra gli altri indizi frammentari c'è un atto datato 718, riguardante la fondazione di un monastero, a pochi chilometri da Rennes-le Château, a opera di «Sigisberto, conte di Rhédae, e sua moglie, Magdala». Se si esclude questo atto, per un altro secolo non si ha alcuna notizia dei titoli di Rhédae e di Razès. Tuttavia, quando uno dei due ricompare, si riaffaccia in un contesto di estremo interesse.

Statua di Khan Alsek o Alsec o
Alzeco a Bosco (SA), da: https://sapri
Nel 652 - Da http://ziezi.tripod.com/amico/italiano.htm e http://ziezi.trip
od.com/amico/kn3.htm: Il Khan Alsek (anche Alzeco, Alzek, Alcek) era l'ultimo figlio (il quinto) di Khan Kubrat, il fondatore della Grande Bulgaria Antica (altro nome in bolğar: Onoguria/Onoghuria, forse da Oghuz), membro del clan Dulo ed erede al trono bulgaro, che passò la sua adolescenza nell'Impero bizantino, dove venne educato e battezzato, (fonte: Ioannes di Nikiû, Chronicle) mentre lo zio materno Organa era il reggente della sua tribù. Nel 652 Alsek giunge in Italia, cercando rifugio dagli Àvari, con un seguito di circa 2.000 seguaci, chiedendo e ottenendo ospitalità ai bizantini dell'esarcato, sistemandosi quindi vicino a Ravenna. Si muoverà poi a sud, alla guida di circa 700 individui (quindi in circa 1300 rimasero vicino a Ravenna) col permesso del longobardo Grimoaldo I di Benevento (fonte: Vincenzo d'Amico, Ragione Dello Scritto, Cap. I.) in cambio di servizi militari "per una ragione sconosciuta", che li mandò a suo figlio Romoaldo a Benevento e venne loro assegnata la terra a nord-est di Napoli, nelle "spaziose, ma al tempo deserte" città di Sepino, Bovianum (Boiano) e Isernia, nell'odierno Molise. Invece di essere confermato quale duca, Alsek venne insignito del titolo longobardo di gastaldo.  

Nel 656 - ʿAlī viene nominato quarto califfo dell'Islam ed è considerato dallo Sciismo il suo primo Imam; contestualmente inizia una guerra civile che si protrae fino al 661. ʿAlī ibn Abī Ṭālib (La Mecca, 17 marzo 599 - Kufa, 28 febbraio 661) era cugino primo e genero del profeta dell'Islam Maometto, avendone sposato la figlia Fāṭima btMuḥammad nel 622. Secondo gli sciiti sarebbe dovuto essere il successore di Maometto, ma fu preceduto da tre califfi: Abu Bakr (632-634), 'Omar ibn al-Khattàb (634-644) e 'Othmàn ibn 'Affàn (644-656). Il padre di ʿAlī, Abū Ṭālib, era un importante membro della potente tribù dei Banū Quraysh, ancorché di modesta condizione economica, e zio paterno di Maometto. Quest'ultimo, rimasto ben presto orfano, venne preso fin da bambino in casa di Abū Ṭālib. Una volta sposatosi con Khadīja, Maometto prese con sé in casa il giovanissimo figlio di Abū Tālib, ʿAlī, per alleviare le difficoltà economiche che in quel momento stava patendo lo zio. Da quel momento in poi i due cugini vissero sotto lo stesso tetto e, dopo il matrimonio di ʿAlī con la figlia di Maometto, Fāṭima, a strettissimo contatto fino alla morte del Profeta. Col tempo gli alidi (discepoli di Ali) misero per scritto le loro riflessioni teologiche e politologiche, evolvendo verso quello che diventerà il vero e proprio Sciismo. Gli sciiti presero a differenziarsi anche a proposito di alcuni altri istituti giuridici, ammettendo, ad esempio, la legittimità del matrimonio a tempo prefissato, detto mutʿa, sulla scorta di precisi ḥadīth del Profeta, negando (come facevano i sunniti) che Maometto avesse posto fine a una tal pratica preislamica al ritorno dalla conquista di Khaybar. La disputa sembrò ricomporsi con l’accesso di ʿAlī al Califfato dopo la morte violenta del 3° Califfo ʿUthmān ibn ʿAffān ma il suo potere fu contestato da Muʿāwiya ibn Abī Sufyān, governatore omayyade (la dinastia dei califfi arabi omayyadi resse l'impero islamico dal 661 al 750 d.C.) della Siria, che gli si ribellò apertamente. ʿAlī fu assassinato nella moschea di Kufa da un seguace del kharigismo, un ramo dell'Islam, distaccatosi dagli altri. I discepoli sciiti di ʿAlī  riposero allora tutte le loro aspettative sui suoi due figli, al-Ḥasan ibn ʿAlī e al-Ḥusayn ibn ʿAlī. Ḥasan fu indicato da ʿAlī come suo successore all’Imamato, ma fu costretto a sciogliere il suo esercito e accettare un accordo con Muʿāwiya, stipulando però con lui un patto secondo il quale, alla morte di questi, il potere sarebbe tornato ad al-Ḥasan o, in sua mancanza, a suo fratello al-Ḥusayn.
La moschea in cui si conserva la
tomba di ʿAlī , in Iraq.
Ma Muʿāwiya, contravvenendo al patto, nominò suo figlio Yazīd per la successione al Califfato. al-Ḥasan nel frattempo era morto, forse avvelenato dallo stesso Muʿāwiya, ed al-Ḥusayn, che ne aveva ereditato l’Imamato, rifiutò categoricamente di giurare fedeltà a Yazīd, sia per questione di legittimità, sia per una pretesa indegnità mostrata dallo stesso. Messo di fronte alla scelta tra la sottomissione o lo scontro, al-Ḥusayn intese raggiungere la città irachena di Kufa, dove gli alidi (col termine Alidi si indicano i devoti seguaci della causa del quarto califfo musulmano, Ali ibn Abi Talib e dei suoi successori) erano molto forti e gli avevano promesso il loro sostegno. Ma le truppe califfali intercettarono al-Ḥusayn a Kerbelāʾ, sulla strada per Kufa, impedendogli anche l’accesso all’acqua dell’Eufrate. al-Ḥusayn, con soli 72 combattenti (gli abitanti di Kufa erano stati nel frattempo duramente repressi e si guardarono bene dall'intervenire in suo soccorso), dovette fronteggiare l'assai maggiore contingente armato califfale spedito dal wālī di Kufa e l’esito non poté essere altro che la morte sua, dei suoi familiari e dei suoi discepoli. La battaglia di Kerbelāʾ, del 680, segnerà la definitiva rottura tra gli sciiti ed il resto della comunità che più avanti prenderà il nome di Ahl al-Sunna (da cui il nome attuale di sunniti). Il destino tragico di al-Ḥusayn scosse le coscienze dei musulmani e accrebbe la determinazione a lottare per l’ideale di un potere giusto e rispettoso dei principi fondamentali dell’Islam originario. Il martirio divenne il simbolo della lotta contro l’ingiustizia. Il senso dello sciismo è in questo massacro e quindi nel culto dei martiri. Tutti i discendenti di al-Ḥusayn, ovvero gli Imam dell’Ahl al-Bayt, la Famiglia del Profeta, ebbero un destino tragico, fatto di prigionia e avvelenamenti. Per gli sciiti, gli Imam sono le guide e i custodi del Libro. La loro legittimità non deriverebbe dalla discendenza carnale dal Profeta, ma dalla loro eredità spirituale; essi ebbero una conoscenza del significato del Corano e ne spiegarono il senso esoterico ( bātin ) ai fedeli. Il dodicesimo Imam di questa catena di successione iniziata con ʿAlī e proseguita con al-Ḥasan e al-Ḥusayn, sfuggì alla repressione del califfo di turno occultandosi nell’874. Questo fenomeno sovrannaturale mise dunque termine alle rivendicazioni sul potere temporale e diede una dimensione fortemente escatologica e religiosa allo sciismo.
Cartina con le conquiste Arabe e le espansioni dal 622,
con Maometto, al 945. Percorsi commerciali e le
incursioni arabe.
Gli sciiti duodecimani, ovvero coloro che prestano fede a tali dodici Imam, da quel momento in avanti accettarono passivamente l’ordine politico stabilito, nell’attesa della parusia del 12° Imam che, alla fine dei tempi, tornerà a manifestarsi e a ristabilire la giustizia in Terra. In questa attesa, nessun potere politico è pienamente legittimo. La Rivoluzione Islamica del 1979 in Iran ha in parte modificato questo atteggiamento, stabilendo il potere del giurisperito ( velāyat-e faqih ) che, pur non esente da difetti ed errori, cerca di creare e gestire una società islamica quanto più giusta possibile e preparare le condizioni per il ritorno dell’Imam Atteso. Secondo alcuni studiosi sunniti (e, negli ultimi tempi, i wahhabiti in particolare), una parte dello Sciismo penserebbe che dal Corano - raccolto all'epoca del califfo ʿUthmān b. ʿAffān - siano stati espunti alcuni passaggi e una sura intera (la sūrat al-wilāya, ovvero "capitolo della luogotenenza") che attestavano la designazione a succedergli, fatta da Maometto in favore di ʿAlī. Questa affermazione è decisamente respinta dagli attuali sciiti che ribadiscono invece che nello Sciismo nessuno avrebbe mai affermato l'incompletezza del Testo Sacro islamico. Lo sciismo - minoritario in termini assoluti (tra il 6 e l'11% dei fedeli musulmani di tutto il mondo) - è maggioritario in Iraq, in Libano e in alcune aree del Golfo Persico e, con poche eccezioni, del tutto dominante in Iran, dove lo sciismo fu forzatamente imposto dalla dinastia dei Safavidi (1501-1722).

Bulgari del Volga, da: https://it.wikipe
dia.org/wiki/Rutenia#/media/File:
Kievan_Rus_en.jpg
Nel 670 - I Cazari disperdono la confederazione dei proto-Bulgari  lasciandone tre residui nell'area del Volga (Bulgaria del Volga), sul Mar Nero e sul Danubio.

Primo impero bulgaro, da: https://uplo
ad.wikimedia.org/wikipedia/commo
ns/3/3f/Old_Great_Bulgaria_and
_migration_of_Bulgarians.png
Nel 680 - I proto-Bulgari (o Onoghuri) invadono i Balcani  dove gradualmente si  assimilano agli slavi, sia linguisticamente che culturalmente. Anche i popoli indigeni dei traci e dei daci-geti, che erano vissuti nel territorio dell'odierna Bulgaria prima dell'invasione degli slavi, contribuirono alla formazione del gruppo etnico bulgaro. La loro antica lingua era già estinta prima dell'arrivo degli Slavi e la loro influenza culturale era stata ridotta a causa delle ripetute invasioni di barbari nei Balcani durante il primo Medioevo ma loro, al pari delle nuove popolazioni uralo-altaiche, erano abilissimi cavalieri e dotati di una forte compagine militare. Quindi il gruppo etnico bulgaro è nato dall'unione di tutti i popoli della regione (compresi i valacchi, discendenti delle popolazioni che furono romanizzate tra il primo e il sesto secolo nei Balcani e nel bacino del basso Danubio, esoetnonimo per romeni.). I Bulgari sono stati convertiti al Cristianesimo ad opera di missionari greco-ortodossi e slavi.


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