Carta degli insediamenti europei dei
Celti successivi alla cultura di Golasecca: Hallstatt,
La Tène, e successive espansioni.
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Cartina dell'Europa intorno al 500 a.C.: in nero le città e le vie dell'Ambra e in rosso i siti di rinvenimento di Ambra. |
La fine della cultura di Hallstatt, dovuta probabilmente a conflitti interni, con nuovi ceti che aspirano al potere e soppiantano la vecchia aristocrazia hallstattiana, segna l'inizio della cultura di La Tène (450 - 50 a.C.), sviluppatasi sul lago di Neuchatel (nell'attuale Svizzera occidentale) e caratterizzata, oltre che da una spettacolare attività artigianale e artistica, soprattutto dalla nascita di una forte rete di commercio di massa (armi e accessori in ferro, suppellettili in oro, argento e ambra) e dalla conseguente nascita di una protoborghesia.
- In quegli anni, in Grecia, visse Democrito. La vita di Democrito di Abdera è collocabile tra gli anni 470 e 400 a.C. Discepolo di Leucippo, è considerato il più autorevole rappresentante della scuola atomistica. Ricollegandosi alla ricerca dell'arché, vide il principio originario del mondo in particelle di materia più o meno piccole, non ulteriormente divisibili: gli atomi. Secondo Democrito, tutto ciò che esiste nel mondo è prodotto dalle varie combinazioni degli atomi. Essi sono le uniche realtà durevoli e l'esistenza del vuoto è condizione indispensabile al loro movimento. Democrito è anche considerato il primo pensatore ad aver introdotto il concetto di infinità del cosmo. Le idee filosofiche di Democrito (e Leucippo) furono riprese e sviluppate da Epicuro. L'atomismo conobbe poi una certa popolarità tra la fine del secolo XVI e la fine del XVII (anche se non contribuì direttamente alla nascita dell'atomismo moderno). Le migliori fonti su Democrito sono Epicuro, che fu uno strenuo sostenitore dell'atomismo e Aristotele, che lo osteggiò altrettanto strenuamente. Si sa che Democrito fu istruito da precettori Caldei che gli insegnarono, tra l'altro, l'astronomia. Si dice anche che abbia completato la sua istruzione recandosi in Egitto e in Persia. A Democrito si attribuiscono molte opere, andate tutte perdute. Tra esse una "Grande cosmologia" e una "Piccola cosmologia". Diogene Laerzio da una lista delle opere scritte da Democrito, tra esse cita "Sui numeri", "Sulla geometria", "Sulle tangenti", "Sulle mappe", "Sugli irrazionali". Concepì la Via Lattea come una banda di luce costituita di stelle molto piccole e fittamente raggruppate. Elaborò anche un calendario astronomico che presenta un grande interesse perché vi sono descritti eventi astronomico-astrologici collegati a fenomenologie terrestri, oppure viene data una corretta interpretazione nell'associare l'inondazione del Nilo alla stagione delle piogge che si manifestano a monte. E' stato recentemente accertato che Archimede afferma nel "Metodo" che Democrito affermò importanti teoremi su figure geometriche solide con un anticipo di circa cinquant'anni su Eudosso. Ecco infine un esempio di speculazione geometrica di Democrito che ci viene da Plutarco: "Se un cono venisse tagliato con un piano parallelo alla base, cosa dovremmo pensare confrontando la grandezza delle due superfici circolari? Se pensiamo che sono disuguali dovremmo anche ammettere che la superficie del cono abbia delle indentature. Se pensiamo che sono uguali dovremmo anche ammettere che il cono gode delle proprietà di un cilindro".
Dal 443 a.C. - Fino al 350
d.C. nell'antica Roma è istituita la magistratura del
Censore, inutilizzata nel tardo periodo repubblicano e
ripristinata da Augusto come appannaggio dell'imperatore. La
magistratura del Censore fu istituita nel 443 a.C. sulla base di una
proposta presentata al Senato, per ovviare al problema sempre più
pressante, del ritardo con cui venivano tenuti i censimenti, fino ad
allora di responsabilità dei consoli. «La censura si era resa necessaria non
solo perché non si poteva più rimandare il censimento che da anni
non veniva più fatto, ma anche perché i consoli, incalzati
dall'incombere di tante guerre, non avevano il tempo per dedicarsi a
questo ufficio. Fu presentata in senato una proposta: l'operazione,
laboriosa e poco pertinente ai consoli, richiedeva una magistratura
apposita, alla quale affidare i compiti di cancelleria e la custodia
dei registri e che doveva stabilire le modalità del censimento.» (Tito Livio, Ab urbe condita, IV, 8)
I Censori erano sempre in numero di due
ma, pur avendo funzioni importanti, erano privi di imperium.
Venivano eletti direttamente dai comizi centuriati. All'inizio la
durata in carica era di cinque anni, ma già dal 433 a.C., su
proposta di Mamerco Emilio Mamercino alla sua seconda dittatura, il
periodo fu diminuito in modo da non superare i 18 mesi. L'elezione
rimase comunque a cadenza quinquennale. I censori si occupavano
principalmente del censimento della popolazione, della cura morum
(cioè della sorveglianza sui comportamenti individuali e collettivi)
e della lectio senatus, che
permetteva al censore di decretare i candidati alla carica
senatoriale. Con il declino e la caduta della Repubblica
romana la carica, prima cadde in disuso e poi venne assunta
direttamente dagli imperatori, grazie ad Augusto che la ripristinò.
Con la nota censoria si punivano
infrazioni nell'ambito della disciplina militare, gli
abusi dei magistrati nei loro ruoli, gli eccessi nel
lusso, ecc. La nota censoria causava una riprovazione morale
che comportava ignominia. Coloro che erano colpiti da tale
provvedimento venivano espulsi dall'ordine dei senatori e dei
cavalieri e venivano posti in una classe inferiore dell'ordinamento
centuriato e potevano anche essere privati dei diritti politici, cioè
di voto e di eleggibilità (ius suffragii et honorum).
L'esercito dell'antica Roma era
composto da proprietari di beni, che avessero interessi materiali
nell'autonomia dello Stato: terreni coltivati o/e capi di bestiame.
Il loro "censo", la quantità dei beni posseduti, ne
determinava il ruolo all'interno dell'esercito stesso, per cui era
necessario tenere aggiornati i registri dei "censimenti"
per stabilire una sincronizzazione fra la composizione dell'esercito
e il censo dei cittadini che ne facevano parte.
Una volta entrati in carica, i censori
emanavano un editto in cui si stabilivano in quali giorni i cittadini
dovevano recarsi nel Campo Marzio per dichiarare il proprio
reddito. Il criterio di censura adottato conobbe due fasi ben
distinte:
- una prima fase era basata sulla
quantità di terra coltivabile posseduta oppure sul numero
di capi di bestiame. Tale criterio fu in vigore dalle origini di
Roma fino alla censura di Appio Claudio Cieco nel 312 a.C. quando si
riformò il sistema:
- unità base del censimento divenne il
capitale mobile.
Questa riforma fu fondamentale per
l'apertura dei Comizi centuriati alle nuove classi sociali
in ascesa, che fondavano la propria ricchezza sul commercio e
sull'artigianato piuttosto che sull'agricoltura o
l'allevamento.
Dal 440 a.C. - Nell'ecumene di Erodoto di Alicarnasso, redatto tra il 440 - 425 a.C., troviamo i Liguri dalla foce dello Jùcar, in Iberia, fino alla pianura padana.
Democrito
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Rappresentazione
di filosofo greco.
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Ricostruzione di come si doveva presentare il Partenone di Atena, in stile Ionico, progettato da Fidia, nell'antica Atene.
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- Per i Greci il tempio doveva esprimere un'idea di bellezza e armonia tra le parti, per questo alla sua costruzione partecipavano i più abili architetti del tempo. Presso il cantiere, le maestranze prima sbozzavano i blocchi facendo assumere loro la forma desiderata, poi servendosi di funi e carrucole, li collocavano nel punto stabilito dall'architetto. L'esterno del tempio veniva successivamente decorato da rilievi e da sculture, a volte dipinte con colori vivaci; i rilievi ornavano sia il frontone sia il fregio. Il tempio più ammirato dell'acropoli di Atene fu sicuramente il Partenone. Ciò che rendeva questo edificio il caposaldo dell'arte greca era soprattutto la ricchezza delle sue decorazioni, superiori a qualsiasi edificio mai costruito. L'artista chiamato a dirigere questo immenso cantiere fu lo scultore Fidia, uno dei più grandi artisti di tutti i tempi. Il tempio rappresentava per i Greci la costruzione più perfetta e armoniosa.
- Ionico (dal nome del popolo degli Ioni)
Si caratterizza per una maggiore eleganza e leggerezza rispetto a quello dorico. La colonna non poggia direttamente sullo stilòbate, ma ha una propria base (o plinto) costituita da rientranze e sporgenze. Le scalanature sono più numerose e meno profonde. Il capitello è decorato da òvoli (così chiamati per la forma che ricorda delle mezze uova) e da due eleganti volute che si piegano lateralmente.
L'ordine corinzio fu impiegato soprattutto per l'interno dei templi. Il fusto della colonna corinzia (simile a quella ionica) è sollevato da una pedana di marmo posta sotto la base. Il capitello è la parte che caratterizza maggiormente l'ordine corinzio; le sue forme ricordano un cesto di vimini da cui fuoriescono delle foglie stilizzate di acànto.
- Nelle sculture dell'età arcaica e classica, gli artisti della Grecia antica cercarono di produrre delle opere ideali, in grado di non sfigurare al cospetto delle divinità. Questo risultato fu raggiunto, specialmente nella scultura a tutto tondo, attraverso un lungo e ininterrotto processo di perfezionamento formale. Le prime testimonianze appartengono all'età arcaica, tra il VII e il VI secolo a.C.: si tratta di giovani nudi o di fanciulle vestite caratterizzati dalla fissità dell'espressione. Durante l'età classica (V-IV secolo a.C.), uno studio più attento del movimento e dell'anatomia umana permise agli scultori di raggiungere traguardi di sorprendente bellezza e armonia. I Greci idealizzavano la bellezza fisica, a cui doveva sempre rispondere la bellezza interiore: l'una doveva essere lo specchio dell'altra. Le opere di Policleto, di Mirone e di Prassitele testimoniano lo straordinario livello raggiunto nella ricerca delle proporzioni. Bisogna tuttavia ricordare che nessuna di queste statue è da intendersi come il ritratto di persone realmente esistite: sono piuttosto la rappresentazione delle qualità fisiche e morali del genere umano e, proprio perché distaccate dalla realtà terrena, si collocano in una sfera di ideale perfezione.
Nel 438 - Capua, che esisteva già da secoli, subì nel corso del V secolo a.C. circa, una profonda ristrutturazione che le diede un nuovo assetto urbano sotto l'impulso della presenza dominante etrusca. La Tegola di Capua, di questo periodo, merita una trattazione a parte. In questa lastra di terracotta trovata a S. Maria Capua Vetere e conservata al Museo di Berlino, vi è inciso il testo più lungo in lingua etrusca dopo quello della Mummia di Zagabria. Suddiviso in dieci sezioni da una linea orizzontale, risulta costituito da 62 righe, alcune in parte perdute, e da circa 390 parole, non tutte conservate per intero. La scrittura è quella in uso in Campania intorno alla metà del V secolo a.C., si tratta di un "calendario rituale" dove vengono prescritte cerimonie da compiere in certe date e in certi luoghi a favore di alcune divinità. Le popolazioni di lingua osca delle zone interne della Campania, spinte dalle prospettive economiche positive offerte dalla città, vi trovano posto come manodopera servile, in un primo tempo sottoposta all’elemento etrusco dominante, che nel 438 a.C. concesse loro il diritto di cittadinanza (a quest'anno Diodoro Siculo fa risalire la costituzione del popolo dei Campani). Con il declino etrusco, le tribù osche raggiunsero una posizione di predominio, prendendo Capua nel 425-423 a.C. e successivamente Nola e la colonia greca di Posidonia. Capua si pose così in quest'epoca a capo di una lega campana.
Ordine Dorico. Clicca
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Per raggiungere questa perfezione gli architetti si servivano di regole geometriche e matematiche con cui legare ogni dettaglio all'edificio.
Questi diversi modi di concepire la costruzione di un tempio sono stati chiamati «ordini». Gli ordini utilizzati dai Greci sono tre:
- Dorico (dal nome del popolo dei Dori)
Si caratterizza per l'essenzialità e la solennità delle sue forme. La colonna dorica non ha una base, poggia direttamente sullo stilòbate (il pavimento del tempio), si restringe verso l'alto ed è solcata da scanalature tagliate a spigolo vivo. Il capitello ha una forma semplice che serve a sostenere i blocchi di pietra rettangolare che formano l'architrave. La decorazione del fregio è costituita da lastre scolpite dette mètope alternate da pannelli solcate da tre scanalature detti triglìfi.
Ordine Ionico. Clicca
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Si caratterizza per una maggiore eleganza e leggerezza rispetto a quello dorico. La colonna non poggia direttamente sullo stilòbate, ma ha una propria base (o plinto) costituita da rientranze e sporgenze. Le scalanature sono più numerose e meno profonde. Il capitello è decorato da òvoli (così chiamati per la forma che ricorda delle mezze uova) e da due eleganti volute che si piegano lateralmente.
"Hermes con Dioniso" di
Prassitele: nella cultura greca l'eroe era rappresentato nudo.
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Tegola di Capua, museo di
Berlino.
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- Nel 438 a.C. la colonia romana di Fidenae caccia la guarnigione romana e si allea con i vicini etruschi di Veio e successivamente con i Falisci e i Capenati, per contrastare i Romani. La guerra contro gli Etruschi e i loro alleati sarà cruenta, risolvendosi solo nel 437 a.C. con la presa e la distruzione della città.
- La Sofistica è una corrente filosofica sviluppatasi in Grecia, e ad Atene in particolare, a partire dalla seconda metà del V secolo a.C., la quale, in polemica con la filosofia della scuola eleatica e avvalendosi del metodo dialettico di Zenone di Elea, pone al centro della sua riflessione l'uomo e le problematiche relative alla morale e alla vita sociale e politica. Non si trattò di una vera e propria scuola né di un movimento omogeneo, ma fu estremamente variegata al suo interno: i suoi esponenti (detti appunto sofisti), seppur accomunati dalla professione di «maestro di virtù», si interessarono di vari ambiti del sapere, giungendo ognuno a conclusioni differenti e a volte tra loro contrastanti. Tra questi emerse, distaccandosene, la figura di Socrate. Anticamente il termine σοφιστής (sophistés, sapiente) era sinonimo di σοφός (sophòs, saggio) e si riferiva ad un uomo esperto conoscitore di tecniche particolari e dotato di un'ampia cultura. A partire dal V secolo, invece, si chiamarono «sofisti» quegli intellettuali che facevano professione di sapienza e la insegnavano dietro compenso: quest'ultimo fatto, che alla mentalità del tempo appariva scandaloso, portò a giudicare negativamente questa corrente. Nell'antichità, il termine era spesso posto in antitesi con la parola «filosofia», intesa come ricerca del sapere, che presuppone socraticamente il fatto di non possedere alcun sapere. I sofisti vennero ritenuti falsi sapienti, interessati al successo e ai soldi, più che alla verità. Il termine mantiene anche nel linguaggio corrente un carattere negativo: con «sofismi» si intendono discorsi ingannevoli basati sulla semplice forza retorica delle argomentazioni. Solo a partire dal XIX secolo la Sofistica è stata rivalutata, e oggi è riconosciuta come un momento fondamentale della filosofia antica. I sofisti erano maestri di virtù che si facevano pagare per i propri insegnamenti, e per questo motivo essi furono aspramente criticati dai loro contemporanei, soprattutto da Socrate, Platone e Aristotele, ed erano offensivamente chiamati «prostituti della cultura»; ironicamente però furono i primi ad elaborare il concetto occidentale di cultura (paideia), intesa non come un insieme di conoscenze specialistiche, ma come metodo di formazione di un individuo nell'ambito di un popolo o di un contesto sociale. Essi riscossero successo soprattutto presso i ceti altolocati. Lo sviluppo della Sofistica ad Atene è legato a un insieme di fattori culturali, economici e politico-sociali. Con la sconfitta dei Persiani a Salamina nel 480 a.C. le poleis greche affermarono la propria autonomia, e la loro potenza si ampliò progressivamente nel corso dei successivi cinquant’anni di pace (la cosiddetta Pentecontaetia). In particolare, a primeggiare su tutte furono le città rivali di Sparta e Atene: la prima espanse la propria influenza su quasi tutto il Peloponneso attraverso un’ampia rete di alleanze, mentre Atene, membro di primo piano della Lega delio-attica, con l’avvento di Pericle finì con l’assumerne il comando. Con il potere politico ed economico crebbe però anche l’ostilità tra le due città, e il desiderio di supremazia sull’intera Grecia portò al disastro della Guerra del Peloponneso (430-404 a.C.). Pericle, leader carismatico della fazione democratica, governò Atene per circa un trentennio, dal 461 al 429 a.C., portando la città al suo massimo splendore. Egli fece trasferire il tesoro della Lega delio-attica da Delfi ad Atene, e trasformò il volto della città con un imponente piano di riforma architettonica (simbolo del potere dell’epoca sono gli edifici dell’Acropoli: il Partenone, l’Eretteo, i Propilei); inoltre, si intensificarono i rapporti con le altre città, attraverso alleanze e scambi commerciali. Fu proprio questo nuovo clima di pace a favorire l’affermarsi della Sofistica, poiché permise ai sofisti, «maestri di virtù» itineranti, di spostarsi di città in città, seguendo le rotte commerciali. Visitando luoghi con tradizioni e ordinamenti politici differenti, talvolta varcando addirittura i confini dell’Ellade, essi iniziarono ad interrogarsi sul valore intrinseco delle leggi e della morale, giungendo ad un sostanziale relativismo etico che riconosceva il valore delle norme morali solo in relazione alle usanze della città in cui ci si trova ad operare: la stessa areté (virtù) da loro insegnata si riduceva all’insieme delle norme e delle convenzioni riconosciute valide dai cittadini, alle quali il retore si deve adeguare per avere successo e buona fama. L’età di Pericle fu dunque al tempo stesso l’età dello splendore e della crisi della polis, poiché coincise con la crisi dei valori tradizionali, di cui i sofisti furono protagonisti; come scrive Mario Untersteiner, la Sofistica è «l’espressione naturale di una coscienza nuova pronta ad avvertire quanto contraddittoria, e perciò tragica, sia la realtà». Il primo interesse dei sofisti è la rottura con la tradizione giuridica, sociale, culturale, religiosa, fatta di regole basate sulla forza dell'autorità e del mito (e per questo motivo sono talvolta guardati come "precursori dell'Illuminismo"), a cui veniva contrapposta una morale flessibile, basata sulla retorica. D’altra parte, la stessa retorica che essi insegnavano aveva un’enorme importanza per la vita civile nel regime democratico dell’epoca, il quale riconosceva a tutti i cittadini l’uguaglianza giuridica (isonomia) e la libertà di parola durante l’assemblea pubblica (parresia). La figura del sofista, come persona che si guadagna da vivere vendendo il proprio sapere, si pone come precursore dell'educatore e dell'insegnante professionista. Argomento centrale del loro insegnamento è la retorica: mediante il potere persuasivo della parola essi insegnavano la morale, le leggi, le costituzioni politiche; il loro intento era di educare i giovani a diventare cittadini attivi, cioè avvocati o militanti politici e, per essere tali, oltre ad una buona preparazione, bisognava anche essere convincenti e saper padroneggiare le tecniche retoriche. I sofisti, a differenza dei filosofi greci precedenti, non si interessano alla cosmologia e alla ricerca dell'arché originario, ma si concentrano sulla vita umana, diventando così i primi filosofi morali. Vengono distinte due generazioni di sofisti:
Gorgia, un sofista dei sofisti.
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- Sofisti della prima generazione: Protagora, Gorgia, Prodico e Ippia
- Sofisti della seconda generazione: solitamente allievi dei primi, sono a loro volta distinguibili in:
- Sofisti politici: Antifonte, Crizia, Trasimaco, Licofrone, Callicle, Alcidamante, Polo, l'Anonimo di Giamblico
- Sofisti della physis, si interessano del rapporto natura-uomo, spesso conducendo studi naturalistici: Antifonte, (Ippia)
- Eristi, portano all'esasperazione il metodo dialettico: Eutidemo e Dionisodoro, Eubulide di Mileto
- Altri: Seniade di Corinto, l'anonimo autore dei “Dissoi logoi”.
Stando alle fonti, pare che anche il filosofo Aristippo sia stato un sofista prima di incontrare Socrate e unirsi a lui; in particolare pare fosse allievo di Protagora e sappiamo per certo che diede lezioni di eloquenza a pagamento. A questo proposito si racconta un aneddoto: protagonisti sono Aristippo e il padre di un suo alunno, il quale, contestando il prezzo troppo alto della retta annuale, gli avrebbe detto: «Mille dracme? Ma io con mille dracme ci compro uno schiavo!», e Aristippo avrebbe risposto: «E tu compralo questo schiavo, così ne avrai due in casa, questo e tuo figlio!». A quanto pare Aristippo praticava tariffe differenziate in base alle capacità degli allievi, così che se uno di questi aveva la sfortuna di essere poco dotato la sua tariffa aumentava vertiginosamente, mentre se al contrario era particolarmente brillante e intuitivo la tariffa ammontava a poco più di 1 dracma, praticamente gratis. La Sofistica fu un movimento disomogeneo, e ogni sofista differiva dagli altri per interessi e posizioni personali. Tuttavia, è possibile riconoscere in questi autori alcuni caratteri comuni. I sofisti si interessarono prevalentemente di problematiche umane ed antropologiche, tanto che gli studiosi parlano di antropocentrismo sofistico. Essi approfondirono i temi legati alla vita dell'uomo, che venne analizzata soprattutto dal punto di vista gnoseologico (ciò che l'uomo può conoscere e ciò che non può conoscere), etico (ciò che è bene e ciò che è male) e politico (il problema dello Stato e della giustizia). L’essere umano veniva considerato a partire dalla sua condizione di individuo posto all’interno di una comunità, caratterizzata da determinati valori culturali, morali, religiosi e via dicendo. Essi insegnavano pertanto a osservare formalmente le leggi e le tradizioni della polis, così da diventare cittadini rispettati e di successo, quindi virtuosi. Rottura con la “fisiologia” presocratica. Come conseguenza del punto precedente, i sofisti in genere trascurarono le discipline naturalistiche e scientifiche, che invece erano state tenute in grande considerazione dai filosofi precedenti. Per questa ragione alcuni studiosi hanno definito "cosmologica" la filosofia precedente ed "umanistico" o "antropologico" il pensiero sofistico. In realtà, va precisato che tale generalizzazione è per certi versi limitativa, poiché ad essa fanno eccezione i casi di Ippia di Elide (che, mirando ad un sapere enciclopedico, coltivò studi inerenti a vari campi scientifici, tra cui matematica, geometria e astronomia) e Antifonte (il quale, studioso dei testi ippocratici, fu esperto di anatomia umana ed embriologia). I sofisti concepivano la verità come una forma di conoscenza sempre e comunque relativa al soggetto che la produce e al suo rapporto con l'esperienza. Non esiste un'unica verità, poiché essa si frantuma in una miriade di opinioni soggettive, le quali, proprio in quanto relative, finiscono per essere considerate comunque valide ed equivalenti: si parla pertanto di relativismo gnoseologico. Questo relativismo investe tutti gli ambiti della conoscenza, dall'etica alla politica, dalla religione alle scienze della natura. Le tecniche dialettiche dell'argomentare (cioè dimostrare, attraverso passaggi logici rigorosi, la verità di una tesi) e del confutare (cioè dimostrare logicamente la falsità dell'antitesi, l'affermazione contraria alla tesi) erano già state utilizzate da Zenone all’interno della scuola eleatica, ma fu soprattutto con i sofisti che esse si affermarono e si affinarono. La dialettica divenne una disciplina filosofica essenziale e influenzò profondamente la retorica, ponendo l'accento sull'aspetto persuasivo dei discorsi, fino a scadere nell'eristica. Alla luce di tutto ciò, alcuni studiosi hanno voluto vedere nel movimento sofistico una sorta di “illuminismo greco” ante litteram, in quanto i miti e le credenze tradizionali vennero criticati e sostituiti con nozioni razionali: in altre parole la Sofistica avrebbe in un certo senso anticipato alcuni motivi tipici di quel movimento culturale sviluppatosi in Europa nel XVIII secolo, l'Illuminismo appunto. Nell'Atene del V secolo era costume che i maestri tenessero lezione all'aperto, in piazza o sotto i portici. Con la comparsa dei sofisti nascono nuovi luoghi deputati all'insegnamento: le case dei cittadini più ricchi, le palestre pubbliche e le piazze, le quali includevano dei portici in cui i maestri potevano passeggiare con i loro discepoli o sedere in banchi dove potevano discutere. In genere, la scelta del luogo in cui tenere lezione era legata al tipo di "sapienza" professata: Socrate, ad esempio, scelse la piazza pubblica per mostrare la sua disponibilità verso tutti i cittadini e il disinteresse per il denaro, e lo stesso faranno i cinici in epoca successiva, mentre gli accademici, i peripatetici e gli stoici preferiranno luoghi attrezzati con strumenti scientifici e biblioteche. D'altra parte, va ricordato ancora una volta che la Sofistica non fu una scuola filosofica, bensì un movimento caratterizzato da un ampio e variegato dibattito interno. Capisaldi dell'insegnamento sofistico sono:
- L'insegnabilità della virtù: essendo i sofisti "maestri di virtù", il loro insegnamento si basava sulle strategie per conseguirla, con fini eminentemente utilitaristici; non essendo infatti possibile conoscere il Bene in sé, l'educazione era volta a diffondere i valori più convenienti alla vita civile dell'individuo. Per questo motivo, essi si rivolsero non solo agli aristocratici, ma anche ai ceti emergenti che aspiravano al successo.
- La retorica: i sofisti non furono degli scienziati, poiché non limitavano il campo del loro sapere ad una disciplina specifica; piuttosto, per loro era importante il metodo di comunicazione, e per apprenderlo erano previsti due momenti, la dialettica e l'eristica: la prima consiste nell'arte di saper argomentare, la seconda nel saper vincere in una discussione. Il loro insegnamento abbracciava molte tematiche, e oltre alla morale si occuparono di problemi di diritto, ponendo la questione dell'esistenza o meno del diritto naturale (physis) e del suo rapporto col diritto positivo (nomos). Per quanto riguarda le leggi e le norme i sofisti, spostandosi di città in città, si accorsero che ogni cultura ha diverse regole e leggi. Ciò fece sorgere in loro domande quali: Ci sono regole uguali per tutti? In genere i sofisti propendono per il no, cioè per il relativismo etico. Vi è una cultura superiore alle altre? Porre la domanda già equivale ad una critica delle tradizioni e ad una propensione per il relativismo culturale. Dopo il successo del V secolo a.C., nel secolo successivo la Sofistica vide un progressivo ridimensionamento della propria importanza, soprattutto a causa delle già menzionate critiche rivolte ai sofisti dai filosofi Platone e Aristotele, e dalle loro scuole. Tuttavia, a partire dall'inizio del II secolo d.C. (quindi a distanza di circa 400 anni) si assiste, in piena età imperiale, ad una rinascita della Sofistica, grazie a un movimento filosofico-letterario definito da Filostrato Seconda sofistica (detta anche Nuova sofistica o Neosofistica, per differenziarla da quella antica). Diversamente dalla Sofistica del V secolo, però, la Seconda sofistica abbandona i temi di interesse filosofico ed etico (come la divinità, la virtù e via dicendo), per occuparsi esclusivamente di oratoria e retorica. La Nuova sofistica si presenta così subito come un movimento di impronta essenzialmente letteraria, orientato allo studio e all'esercizio dell'oratoria e ben distante dall'impegno politico e culturale dei sofisti dell'età di Pericle. I nuovi sofisti mirano all'affermazione personale e al successo pubblico, cercando (eccetto che in rari casi) di ingraziarsi la simpatia e i favori dei potenti; la loro produzione letteraria, improntata alla ricercatezza stilistica secondo lo stile del cosiddetto asianesimo, spazia attraverso vari generi: dialoghi, trattati, opere satiriche, novelle, fino a ben più leggere opere di intrattenimento, brani in cui veniva ostentata la propria bravura retorica. Tra i vari autori di lingua greca che rientrano in questo fenomeno letterario, i più importanti sono:
- Dione Crisostomo («dalla bocca d'oro»), vissuto tra I e II secolo, ricoprì varie cariche politiche e svolse la propria attività di retore e insegnante in Bitinia e a Roma, dove però fu condannato all'esilio;
- Erode Attico, tra i più importanti e rinomati, ricoprì vari incarichi nell'amministrazione pubblica romana, tra cui il consolato del 143;
- Elio Aristide, allievo di Erode Attico, famoso soprattutto per le opere di onirocritica e per la sua devozione al dio Asclepio;
- Luciano di Samosata, uomo vicino alla famiglia imperiale romana (dinastia degli Antonini), fu autore di vari scritti sui più disparati argomenti, nonché modello di purismo linguistico;
- Flavio Filostrato, membro di una famiglia di celebri retori e sofisti, fu tra i più potenti letterati alla corte dei Severi. Lungi dal concludersi con la fine del II secolo, la Seconda sofistica perdurò ancora nei secoli successivi. Tratti tipici di questo movimento sono rintracciabili in autori greci del IV secolo come Imerio, Libanio, Temistio e Sinesio, per giungere infine alla Scuola di Gaza (nel V secolo).
- Nel 431 a.C. Corcira (Corfù) chiede aiuto a Sparta per liberarsi del legame con Corinto, alleata di Atene.
- Il conflitto si concluse nel 404 a.C. con la supremazia di Sparta (Atene ebbe guide troppo scadenti come Cleone o troppo ambiziose come Alcibiade). Ad Atene fu imposto il regime oligarchico dei trenta tiranni.
- Nel 403 a.C. Trasibulo scacciò gli Spartani e restituì ad Atene gli istituti democratici e l'indipendenza.
- Il conflitto si concluse nel 404 a.C. con la supremazia di Sparta (Atene ebbe guide troppo scadenti come Cleone o troppo ambiziose come Alcibiade). Ad Atene fu imposto il regime oligarchico dei trenta tiranni.
- Nel 403 a.C. Trasibulo scacciò gli Spartani e restituì ad Atene gli istituti democratici e l'indipendenza.
L'Athena Parthenos di Fidia con la
"Nike", la
Vittoria alata.
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Nel 429 a.C. - Morte di Pericle, infetto da peste. La strategia di Pericle contro Sparta, consisteva nell'abbandonare le campagne, distruggere i raccolti esterni alla città, e raccogliere tutti i cittadini all'interno delle mura di Atene... ma con il sovrappopolamento della città, si scatenò la peste.
Nel 426 a.C. - Come conseguenza della vittoria di Veio contro l'esercito romano condotto dai tribuni militari Tito Quinzio Peno Cincinnato, Gaio Furio Pacilo Fuso e Marco Postumio Albino Regillense, ottenuta ad inizio dell'anno, Fidene inizia un nuovo conflitto contro Roma, uccidendo i coloni romani mandati sul suo territorio. Ai fidenati si alleano gli Etruschi di Veio e così si giunge ad una nuova battaglia, combattuta sotto le mura della città. Lo scontro è durissimo, ma alla fine i romani hanno la meglio, prendono la città e ne riducono gli abitanti in schiavitù.
Mater Matuta rinvenuta
a Capua.
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Carta della Campania "felix" e del Sannio.
Clicca per ingrandire.
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A lungo in conflitto con i rivali Etruschi, appena cinquanta anni dopo la vittoriosa battaglia navale, nel 421 a.C., Cuma cadrà anch'essa sotto il controllo dei Sanniti.
Nel 412 a.C. - Durante la Guerra del Peloponneso, Focea si ribella con le altre città della Ionia, ma re Dario II, alleato di Sparta, la riconquista.
Dal 408 a.C. - Ad Atene si incontrano Socrate e Platone. Socrate (in lingua greca Σωκράτης, Sōkrátēs), nato ad Atene nel 470 o 469 a.C. e morto ad Atene nel 399 a.C., è stato un filosofo ateniese, uno dei più importanti esponenti della tradizione filosofica occidentale. Il contributo più importante che egli ha dato alla storia del pensiero filosofico consiste nel suo metodo d'indagine: il dialogo che utilizzava lo strumento critico dell'elenchos (= "confutazione") applicandolo prevalentemente all'esame in comune (exetazein) di concetti morali fondamentali. Per questo Socrate è riconosciuto come padre fondatore dell'etica o filosofia morale e della filosofia in generale. Per le vicende della sua vita e della sua filosofia che lo condussero al processo e alla condanna a morte è stato considerato il primo martire occidentale della libertà di pensiero. Il periodo storico in cui visse Socrate è caratterizzato da due date fondamentali: il 469 a.C. e il 404 a.C.
Socrate.
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- il Socrate filosofo morale dei dialoghi giovanili di Platone
- il Socrate moralista dei "Memorabili" di Senofonte, la cui attendibilità è viziata dal fatto che l'autore, conservatore e filosoficamente ottuso, li abbia scritti per scagionare Socrate dall'accusa di empietà
- il Socrate di cui riferisce Aristotele, che non l'aveva conosciuto personalmente (e che può essere utile per aver informazioni sull'immagine di Socrate diffusa nel IV secolo). Ciascuno di questi Socrati virtuali è differente dagli altri. Nei dialoghi giovanili di Platone incontriamo un filosofo morale, che non si occupa di filosofia della natura e polemizza con i sofisti; nella commedia di Aristofane un sofista e naturalista adoratore delle nuvole, che insegna ragionamenti capziosi per sottrarsi alle leggi della città; nei resoconti di Senofonte, di contro, Socrate è un moralista alquanto tradizionale. Queste differenze possono essere viste come la conseguenza del rifiuto socratico di scrivere, che l'hanno abbandonato alla memoria - e alla libertà creativa - degli altri, soprattutto in un mondo come quello antico, ove la cultura rimaneva prevalentemente orale e mancava, per così dire, il senso della proprietà intellettuale. Ma possono anche essere viste, se ci valiamo della figura dell'ironia complessa, come un successo di Socrate: Socrate non è riuscito a tramandare un'immagine coerente di se stesso; questa, però è una testimonianza dell'efficacia del suo insegnamento, che mirava non a "trasferire" conoscenza, ma ad indurre (accettando il rischio di venir frainteso) gli altri a pensare per proprio conto. Il maestro di Platone (fra i Socrati virtuali, quello filosoficamente più interessante ed attendibile) è ricreato nei dialoghi giovanili di Platone, e in particolare in quelli detti elenctici: Apologia, Carmide, Critone, Eutifrone, Ione, Ippia minore, Lachete, Repubblica I, Protagora, Gorgia. Platone è filosofo e discepolo di Socrate e pertanto dispone degli strumenti più adatti a "interpretare" e re-interpretare il suo maestro, man mano che matura il suo pensiero personale. Infatti, a partire dagli ultimi dialoghi giovanili, che fungono da transizione (Eutidemo, Ippia maggiore, Liside, Menesseno, Menone), il suo Socrate abbandona l'élenchos e acquisisce altri e nuovi caratteri: l'interesse metafisico e matematico, la teoria ontologica delle idee, la dottrina della tripartizione dell'anima. Dottrine, queste, che Aristotele attribuisce non a Socrate, ma a Platone e al Socrate dei libri II-X della Repubblica. D'altra parte, i dialoghi elenctici hanno anche un valore filosofico proprio, perché Platone, nell'interpretare Socrate, riflette per suo conto sui problemi da lui proposti. Il Socrate del giovane Platone si caratterizza per questi aspetti:
- il metodo elenctico
- la professione di ignoranza
- l'equiparazione fra virtù e conoscenza
- una filosofia morale rivoluzionaria, che comporta il rifiuto della legge del taglione e dell'etica tradizionale, la quale discriminava amici e nemici: non dobbiamo rispondere all'ingiustizia con l'ingiustizia, e in ogni caso subire ingiustizia è meglio che compierla.
- la fedeltà critica alla città e alle sue leggi (vedi per esempio il Critone): Socrate è consapevole di dover molto alle leggi della città (alla libertà di parola della democratica Atene, cui è fedele fino alla morte), ma non esita a criticarne la morale politica. Le critiche socratiche alla città pongono in luce le contraddizioni e le debolezze della morale pubblica ateniese: il perdurare di uno spazio pubblico di uguaglianza è messo gravemente a repentaglio se:
- la comunicazione del sapere è monopolizzata da logiche di potere, politico ed economico, (e questo può apparire anche a noi come un problema attuale)
- la morale condivisa si basa su una tradizione competitiva e discriminatoria, trasmessa e recepita acriticamente, che in fondo tutti accettano, sofisti compresi,
- non ci si rende conto del nesso strettissimo che esiste fra la politica, la virtù politica, e la conoscenza: una democrazia non può sopravvivere senza l'autonomia e la consapevolezza di ciascuno dei cittadini.
Socrate, con la sua complessa ironia, potè apparire ai suoi concittadini come un sofista ben più insidioso di quelli che insegnavano retorica a pagamento, anche perché fra le persone che l'avevano frequentato, forse suoi allievi, c'erano stati l'ambiguo Alcibiade e Crizia, dei Trenta Tiranni. Per questo fu accusato di empietà, fu riconosciuto colpevole e fu condannato all'esilio o, in alternativa, alla morte. I dialoghi socratici di Platone non furono una sua invenzione personale, anche se hanno un preciso senso filosofico. Il rifiuto socratico di scrivere produsse una marea di sokratikoi logoi o discorsi socratici (di Eschine di Sfetto, Antistene, Aristippo, Brisone, Cebete, Critone, Euclide di Megara, Fedone), che non ci sono pervenuti. Per conoscere di un uomo che non ha voluto scrivere neppure una riga, dovremo leggere di lui come lo interpreta Platone, nell'"Apologia", nel "Protagora" e nel "Gorgia".
Dal 404 a.C. - Egemonia di Sparta in Grecia. La guerra del Peloponneso si concluse nel 404 a.C. con la supremazia di Sparta (Atene ebbe guide troppo scadenti come Cleone o troppo ambigue e ambiziose come Alcibiade). A seguito della disastrosa spedizione ateniese, voluta da Alcibiade, contro Siracusa, alleata di Sparta, Atene perde l'autodeterminazione. Sparta le impone il regime oligarchico dei trenta tiranni, con a capo Krizia e Alcibiade, ex allievi di Socrate; motivo che scatenerà malumori nei confronti di Socrate stesso che verrà poi processato ed ostracizzato. Si evidenzia comunque la vocazione marinara navale di Atene, che le aveva consentito la costruzione di un'impero intorno al mar Egeo, e la supremazia terrestre di Sparta.
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