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martedì 22 gennaio 2019

Storia dell'Europa n.20: dal 450 al 404 p.e.v. (a.C.)

Carta degli insediamenti europei
dei Celti successivi alla cultura
di Golasecca: Hallstatt, La Tène,
e successive espansioni.
Dal 450 a.C. - Si sviluppa in Europa centro-occidentale la cultura celtica di La Tène, preceduta dalla cultura di Hallstatt.
Cartina dell'Europa intorno
al 500 a.C.: in nero le città
e le vie dell'Ambra e in
rosso i siti di rinvenimento
di Ambra.  
La fine della cultura di Hallstatt, dovuta probabilmente a conflitti interni, con nuovi ceti che aspirano al potere e soppiantano la vecchia aristocrazia hallstattiana, segna l'inizio della  cultura di La Tène (450 - 50 a.C.), sviluppatasi sul lago di Neuchatel (nell'attuale Svizzera occidentale) e caratterizzata, oltre che da una spettacolare attività artigianale e artistica, soprattutto dalla nascita di una forte rete di commercio di massa (armi e accessori in ferro, suppellettili in oro, argento e ambra) e dalla conseguente nascita di una protoborghesia.
Ogham, l'alfabeto celtico. Gli ogha,
simboli-lettere, sono le iniziali
di alberi o piante, in gaelico.
Qui inoltre qui vi sono le
corrispondenze con il
calendario arboricolo
proposto da Robert Graves.
Dalla zona tra  basso Rodano e alto Danubio, a  partire già dal 700 circa a.C., principalmente per ragioni demografiche di sovrappopolamento, l'espansione di questi Celti interessò le isole britanniche (già raggiunte da una prima ondata precedente) e la penisola iberica (i Celtiberi) e, successivamente, l'Italia settentrionale e i territori dei Balcani, in cui vennero a contatto con l'impero di Alessandro Magno e svolsero attività di mercenari, mentre una parte ritornò verso l'Asia Minore (i Galati).

Dal 443 a.C. - Fino al 350 d.C. nell'antica Roma è istituita la magistratura del Censore, inutilizzata nel tardo periodo repubblicano e ripristinata da Augusto come appannaggio dell'imperatore. La magistratura del Censore fu istituita nel 443 a.C. sulla base di una proposta presentata al Senato, per ovviare al problema sempre più pressante, del ritardo con cui venivano tenuti i censimenti, fino ad allora di responsabilità dei consoli. «La censura si era resa necessaria non solo perché non si poteva più rimandare il censimento che da anni non veniva più fatto, ma anche perché i consoli, incalzati dall'incombere di tante guerre, non avevano il tempo per dedicarsi a questo ufficio. Fu presentata in senato una proposta: l'operazione, laboriosa e poco pertinente ai consoli, richiedeva una magistratura apposita, alla quale affidare i compiti di cancelleria e la custodia dei registri e che doveva stabilire le modalità del censimento.» (Tito Livio, Ab urbe condita, IV, 8)
I Censori erano sempre in numero di due ma, pur avendo funzioni importanti, erano privi di imperium. Venivano eletti direttamente dai comizi centuriati. All'inizio la durata in carica era di cinque anni, ma già dal 433 a.C., su proposta di Mamerco Emilio Mamercino alla sua seconda dittatura, il periodo fu diminuito in modo da non superare i 18 mesi. L'elezione rimase comunque a cadenza quinquennale. I censori si occupavano principalmente del censimento della popolazione, della cura morum (cioè della sorveglianza sui comportamenti individuali e collettivi) e della lectio senatus, che permetteva al censore di decretare i candidati alla carica senatoriale. Con il declino e la caduta della Repubblica romana la carica, prima cadde in disuso e poi venne assunta direttamente dagli imperatori, grazie ad Augusto che la ripristinò.
Con la nota censoria si punivano infrazioni nell'ambito della disciplina militare, gli abusi dei magistrati nei loro ruoli, gli eccessi nel lusso, ecc. La nota censoria causava una riprovazione morale che comportava ignominia. Coloro che erano colpiti da tale provvedimento venivano espulsi dall'ordine dei senatori e dei cavalieri e venivano posti in una classe inferiore dell'ordinamento centuriato e potevano anche essere privati dei diritti politici, cioè di voto e di eleggibilità (ius suffragii et honorum).
L'esercito dell'antica Roma era composto da proprietari di beni, che avessero interessi materiali nell'autonomia dello Stato: terreni coltivati o/e capi di bestiame. Il loro "censo", la quantità dei beni posseduti, ne determinava il ruolo all'interno dell'esercito stesso, per cui era necessario tenere aggiornati i registri dei "censimenti" per stabilire una sincronizzazione fra la composizione dell'esercito e il censo dei cittadini che ne facevano parte.
Una volta entrati in carica, i censori emanavano un editto in cui si stabilivano in quali giorni i cittadini dovevano recarsi nel Campo Marzio per dichiarare il proprio reddito. Il criterio di censura adottato conobbe due fasi ben distinte:
- una prima fase era basata sulla quantità di terra coltivabile posseduta oppure sul numero di capi di bestiame. Tale criterio fu in vigore dalle origini di Roma fino alla censura di Appio Claudio Cieco nel 312 a.C. quando si riformò il sistema:
- unità base del censimento divenne il capitale mobile.
Questa riforma fu fondamentale per l'apertura dei Comizi centuriati alle nuove classi sociali in ascesa, che fondavano la propria ricchezza sul commercio e sull'artigianato piuttosto che sull'agricoltura o l'allevamento.

Dal 440 a.C. - Nell'ecumene di Erodoto di Alicarnasso, redatto tra il 440 - 425 a.C., troviamo i Liguri dalla foce dello Jùcar, in Iberia, fino alla pianura padana.

L'Ecumene di Erodoto di Alicarnasso che svolse la sua
attività intorno agli anni 440 - 425 a.C. I viaggi che portò
a termine gli consentirono di allargare enormemente le
conoscenze geografiche dei suoi contemporanei. Da:

Democrito
- In quegli anni, in Grecia, visse Democrito. La vita di Democrito di Abdera è collocabile tra gli anni 470 e 400 a.C. Discepolo di Leucippo, è considerato il più autorevole rappresentante della scuola atomistica. Ricollegandosi alla ricerca dell'arché, vide il principio originario del mondo in particelle di materia più o meno piccole, non ulteriormente divisibili: gli atomi. Secondo Democrito, tutto ciò che esiste nel mondo è prodotto dalle varie combinazioni degli atomi. Essi sono le uniche realtà durevoli e l'esistenza del vuoto è condizione indispensabile al loro movimento. Democrito è anche considerato il primo pensatore ad aver introdotto il concetto di infinità del cosmo. Le idee filosofiche di Democrito (e Leucippo) furono riprese e sviluppate da Epicuro. L'atomismo conobbe poi una certa popolarità tra la fine del secolo XVI e la fine del XVII (anche se non contribuì direttamente alla nascita dell'atomismo moderno). Le migliori fonti su Democrito sono Epicuro, che fu uno strenuo sostenitore dell'atomismo e Aristotele, che lo osteggiò altrettanto strenuamente. Si sa che Democrito fu istruito da precettori Caldei che gli insegnarono, tra l'altro, l'astronomia. Si dice anche che abbia completato la sua istruzione recandosi in Egitto e in Persia. A Democrito si attribuiscono molte opere, andate tutte perdute. Tra esse una "Grande cosmologia" e una "Piccola cosmologia". Diogene Laerzio da una lista delle opere scritte da Democrito, tra esse cita "Sui numeri", "Sulla geometria", "Sulle tangenti", "Sulle mappe", "Sugli irrazionali". Concepì la Via Lattea come una banda di luce costituita di stelle molto piccole e fittamente raggruppate. Elaborò anche un calendario astronomico che presenta un grande interesse perché vi sono descritti eventi astronomico-astrologici collegati a fenomenologie terrestri, oppure viene data una corretta interpretazione nell'associare l'inondazione del Nilo alla stagione delle piogge che si manifestano a monte. E' stato recentemente accertato che Archimede afferma nel "Metodo" che Democrito affermò importanti teoremi su figure geometriche solide con un anticipo di circa cinquant'anni su Eudosso. Ecco infine un esempio di speculazione geometrica di Democrito che ci viene da Plutarco: "Se un cono venisse tagliato con un piano parallelo alla base, cosa dovremmo pensare confrontando la grandezza delle due superfici circolari? Se pensiamo che sono disuguali dovremmo anche ammettere che la superficie del cono abbia delle indentature. Se pensiamo che sono uguali dovremmo anche ammettere che il cono gode delle proprietà di un cilindro".

Rappresentazione
di filosofo greco.
Gli anni dal 470 al 400 a.C. furono quelli tra i quali si estese la vita di Metone di Atene e quelli dal 460 al 390 a.C. quelli della vita del suo discepolo e collaboratore Eutemone. Questi due astronomi vengono spesso citati assieme. Due sono i contributi fondamentali che vengono loro attribuiti e che li fanno considerare tra gli iniziatori dell'astronomia scientifica greca: l'osservazione del solstizio estivo del 432 a.C. e l'introduzione del ciclo lunisolare di 19 anni. Il primo contributo fa parte del primo tentativo (di cui si abbia notizia) di stabilire la durata dell'anno conteggiando il numero di giorni che intercorrevano tra solstizi ed equinozi. Tolomeo dice nell'Almagesto che il solstizio estivo osservato fu durante l'arcontato di Apseudes, il mattino del 21esimo giorno del mese egizio di Phamenoth (27 giugno del 432 a.C.). Questa osservazione è molto importante perchè venne usata da generazioni di astronomi successive. Per quanto riguarda la durata delle stagioni, ci si rifà ad un papiro del II secolo d.C. che viene denominato Ars Eudoxii, considerato una specie di brogliaccio di esercitazioni sull'opera di Eudosso e che attribuisce ai due la misura della durata delle stagioni in giorni, a cominciare dall'estate, con i valori 90, 90, 92 e 93. La maggior parte dei commentatori tende a prestare poca fede sui dati di questo papiro posteriore a Metone di più di 600 anni. Si tende a ritenere che la prima effettiva misura di durata delle stagioni sia quella eseguita da Callippo un secolo dopo Metone. L'indagine astronomica sulla durata dell'anno e delle singole stagioni doveva comunque già essere stata affrontata ai tempi di Metone ed Eutemone, perchè misurando le durate delle stagioni si poteva verificare l'assioma della uniformità del moto solare. A questo proposito va ricordato che nell'astronomia greca si ebbe fin dagli inizi, il sospetto latente, che perdurò fino ai tempi di Ipparco, circa una durata variabile dell'anno tropico. Diodoro Siculo dice che il ciclo lunisolare di 19 anni venne introdotto da Metone pure nel 432. Abbiamo visto che era stato introdotto (ed adottato) in Babilonia una cinquantina di anni prima. Non si è in grado di stabilire se Metone lo apprese dai Babilonesi o se fu il frutto di suoi studi. L'eguaglianza tra il numero di giorni di 235 mesi lunari e il numero di giorni di 19 anni non deve essere stata di molto difficile determinazione, per cui ad essa potrebbe essere pervenuto Metone indipendentemente. Le città greche non lo adottarono con uniformità. Si limitarono a tenerne conto per tenere sotto controllo le intercalazioni dei mesi. Ma inizialmente la scoperta di questo ciclo fu molto celebrata ad Atene. Si dice che il numero che ogni anno aveva nel ciclo venisse esposto nel Partenone su un'iscrizione d'oro, dando con ciò origine alla denominazione di numero d'oro. Ancora oggi del ciclo di Metone viene tenuto conto dalla Chiesa nel calcolo della data della Pasqua, in funzione di alcune costanti, tra le quali anche il numero d’oro. Per una convenzione stabilita da Dionigi il Piccolo, l’anno 1 a.C. corrisponde all’anno di inizio del ciclo di Metone numero 1. Dionigi, monaco di origine orientale vissuto a Roma a cavallo tra il V e il VI secolo d.C., è ricordato, tra l’altro, per aver riformato il sistema di datazione a partire dalla nascita di Gesù Cristo, data che venne da lui fissata al 25 dicembre dell’anno 758 dalla fondazione di Roma, introducendo con ciò un errore di calcolo di circa 5 anni. Allora, il numero d’oro di un anno qualunque (che è il numero d’ordine dell’anno all’interno del ciclo) è dato dal resto della divisione dell'anno + 1 per 19. Per esempio, per l’anno 2000 (2000 + 1) / 19 = 105 con resto 6: siamo cioè nel 105º ciclo di Metone, e il numero d’oro per l’anno 2000 è il 6.

Ricostruzione di come si doveva
presentare il Partenone di Atena,
in stile Ionico, progettato da
Fidia, nell'antica Atene.
- Per i Greci il tempio doveva esprimere un'idea di bellezza e armonia tra le parti, per questo alla sua costruzione partecipavano i più abili architetti del tempo. Presso il cantiere, le maestranze prima sbozzavano i blocchi facendo assumere loro la forma desiderata, poi servendosi di funi e carrucole, li collocavano nel punto stabilito dall'architetto. L'esterno del tempio veniva successivamente decorato da rilievi e da sculture, a volte dipinte con colori vivaci; i rilievi ornavano sia il frontone sia il fregio. Il tempio più ammirato dell'acropoli di Atene fu sicuramente il Partenone. Ciò che rendeva questo edificio il caposaldo dell'arte greca era soprattutto la ricchezza delle sue decorazioni, superiori a qualsiasi edificio mai costruito. L'artista chiamato a dirigere questo immenso cantiere fu lo scultore Fidia, uno dei più grandi artisti di tutti i tempi. Il tempio rappresentava per i Greci la costruzione più perfetta e armoniosa.
Ordine Dorico. Clicca
per ingrandire.
Per raggiungere questa perfezione gli architetti si servivano di regole geometriche e matematiche con cui legare ogni dettaglio all'edificio.
Questi diversi modi di concepire la costruzione di un tempio sono stati chiamati «ordini». Gli ordini utilizzati dai Greci sono tre:

- Dorico (dal nome del popolo dei Dori)
Si caratterizza per l'essenzialità e la solennità delle sue forme. La colonna dorica non ha una base, poggia direttamente sullo stilòbate (il pavimento del tempio), si restringe verso l'alto ed è solcata da scanalature tagliate a spigolo vivo. Il capitello ha una forma semplice che serve a sostenere i blocchi di pietra rettangolare che formano l'architrave. La decorazione del fregio è costituita da lastre scolpite dette mètope alternate da pannelli solcate da tre scanalature detti triglìfi.

Ordine Ionico. Clicca
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- Ionico (dal nome del popolo degli Ioni)
Si caratterizza per una maggiore eleganza e leggerezza rispetto a quello dorico. La colonna non poggia direttamente sullo stilòbate, ma ha una propria base (o plinto) costituita da rientranze e sporgenze. Le scalanature sono più numerose e meno profonde. Il capitello è decorato da òvoli (così chiamati per la forma che ricorda delle mezze uova) e da due eleganti volute che si piegano lateralmente.

Ordine Corinzio,
clicca per ingrandire.
- Corinzio (dal nome della città di Corinto)
L'ordine corinzio fu impiegato soprattutto per l'interno dei templi. Il fusto della colonna corinzia (simile a quella ionica) è sollevato da una pedana di marmo posta sotto la base. Il capitello è la parte che caratterizza maggiormente l'ordine corinzio; le sue forme ricordano un cesto di vimini da cui fuoriescono delle foglie stilizzate di acànto.

"Hermes con Dioniso"
di Prassitele: nella
cultura greca l'eroe
era rappresentato
nudo.
- Nelle sculture dell'età arcaica e classica, gli artisti della Grecia antica cercarono di produrre delle opere ideali, in grado di non sfigurare al cospetto delle divinità. Questo risultato fu raggiunto, specialmente nella scultura a tutto tondo, attraverso un lungo e ininterrotto processo di perfezionamento formale. Le prime testimonianze appartengono all'età arcaica, tra il VII e il VI secolo a.C.: si tratta di giovani nudi o di fanciulle vestite caratterizzati dalla fissità dell'espressione. Durante l'età classica (V-IV secolo a.C.), uno studio più attento del movimento e dell'anatomia umana permise agli scultori di raggiungere traguardi di sorprendente bellezza e armonia. I Greci idealizzavano la bellezza fisica, a cui doveva sempre rispondere la bellezza interiore: l'una doveva essere lo specchio dell'altra. Le opere di Policleto, di Mirone e di Prassitele testimoniano lo straordinario livello raggiunto nella ricerca delle proporzioni. Bisogna tuttavia ricordare che nessuna di queste statue è da intendersi come il ritratto di persone realmente esistite: sono piuttosto la rappresentazione delle qualità fisiche e morali del genere umano e, proprio perché distaccate dalla realtà terrena, si collocano in una sfera di ideale perfezione.

Tegola di Capua, museo di
Berlino.
Nel 438 Capua, che esisteva già da secoli, subì nel corso del V secolo a.C. circa, una profonda ristrutturazione che le diede un nuovo assetto urbano sotto l'impulso della presenza dominante etrusca. La Tegola di Capua, di questo periodo, merita una trattazione a parte. In questa lastra di terracotta trovata a S. Maria Capua Vetere e conservata al Museo di Berlino, vi è inciso il testo più lungo in lingua etrusca dopo quello della Mummia di Zagabria. Suddiviso in dieci sezioni da una linea orizzontale, risulta costituito da 62 righe, alcune in parte perdute, e da circa 390 parole, non tutte conservate per intero. La scrittura è quella in uso in Campania intorno alla metà del V secolo a.C., si tratta di un "calendario rituale" dove vengono prescritte cerimonie da compiere in certe date e in certi luoghi a favore di alcune divinità. Le popolazioni di lingua osca delle zone interne della Campania, spinte dalle prospettive economiche positive offerte dalla città, vi trovano posto come manodopera servile, in un primo tempo sottoposta all’elemento etrusco dominante, che nel 438 a.C. concesse loro il diritto di cittadinanza (a quest'anno Diodoro Siculo fa risalire la costituzione del popolo dei Campani). Con il declino etrusco, le tribù osche raggiunsero una posizione di predominio, prendendo Capua nel 425-423 a.C. e successivamente Nola e la colonia greca di Posidonia. Capua si pose così in quest'epoca a capo di una lega campana.

- Nel 438 a.C. la colonia romana di Fidenae caccia la guarnigione romana e si allea con i vicini etruschi di Veio e successivamente con i Falisci e i Capenati, per contrastare i Romani. La guerra contro gli Etruschi e i loro alleati sarà cruenta, risolvendosi solo nel 437 a.C. con la presa e la distruzione della città.

Gorgia, un sofista dei sofisti.
- La Sofistica è una corrente filosofica sviluppatasi in Grecia, e ad Atene in particolare, a partire dalla seconda metà del V secolo a.C., la quale, in polemica con la filosofia della scuola eleatica e avvalendosi del metodo dialettico di Zenone di Elea, pone al centro della sua riflessione l'uomo e le problematiche relative alla morale e alla vita sociale e politica. Non si trattò di una vera e propria scuola né di un movimento omogeneo, ma fu estremamente variegata al suo interno: i suoi esponenti (detti appunto sofisti), seppur accomunati dalla professione di «maestro di virtù», si interessarono di vari ambiti del sapere, giungendo ognuno a conclusioni differenti e a volte tra loro contrastanti. Tra questi emersedistaccandosene, la figura di Socrate. Anticamente il termine σοφιστής (sophistés, sapiente) era sinonimo di σοφός (sophòs, saggio) e si riferiva ad un uomo esperto conoscitore di tecniche particolari e dotato di un'ampia cultura. A partire dal V secolo, invece, si chiamarono «sofisti» quegli intellettuali che facevano professione di sapienza e la insegnavano dietro compenso: quest'ultimo fatto, che alla mentalità del tempo appariva scandaloso, portò a giudicare negativamente questa corrente. Nell'antichità, il termine era spesso posto in antitesi con la parola «filosofia», intesa come ricerca del sapere, che presuppone socraticamente il fatto di non possedere alcun sapere. I sofisti vennero ritenuti falsi sapienti, interessati al successo e ai soldi, più che alla verità. Il termine mantiene anche nel linguaggio corrente un carattere negativo: con «sofismi» si intendono discorsi ingannevoli basati sulla semplice forza retorica delle argomentazioni. Solo a partire dal XIX secolo la Sofistica è stata rivalutata, e oggi è riconosciuta come un momento fondamentale della filosofia antica. I sofisti erano maestri di virtù che si facevano pagare per i propri insegnamenti, e per questo motivo essi furono aspramente criticati dai loro contemporanei, soprattutto da Socrate, Platone e Aristotele, ed erano offensivamente chiamati «prostituti della cultura»; ironicamente però furono i primi ad elaborare il concetto occidentale di cultura (paideia), intesa non come un insieme di conoscenze specialistiche, ma come metodo di formazione di un individuo nell'ambito di un popolo o di un contesto sociale. Essi riscossero successo soprattutto presso i ceti altolocati. Lo sviluppo della Sofistica ad Atene è legato a un insieme di fattori culturali, economici e politico-sociali. Con la sconfitta dei Persiani a Salamina nel 480 a.C. le poleis greche affermarono la propria autonomia, e la loro potenza si ampliò progressivamente nel corso dei successivi cinquant’anni di pace (la cosiddetta Pentecontaetia). In particolare, a primeggiare su tutte furono le città rivali di Sparta e Atene: la prima espanse la propria influenza su quasi tutto il Peloponneso attraverso un’ampia rete di alleanze, mentre Atene, membro di primo piano della Lega delio-attica, con l’avvento di Pericle finì con l’assumerne il comando. Con il potere politico ed economico crebbe però anche l’ostilità tra le due città, e il desiderio di supremazia sull’intera Grecia portò al disastro della Guerra del Peloponneso (430-404 a.C.). Pericleleader carismatico della fazione democratica, governò Atene per circa un trentennio, dal 461 al 429 a.C., portando la città al suo massimo splendore. Egli fece trasferire il tesoro della Lega delio-attica da Delfi ad Atene, e trasformò il volto della città con un imponente piano di riforma architettonica (simbolo del potere dell’epoca sono gli edifici dell’Acropoli: il Partenone, l’Eretteo, i Propilei); inoltre, si intensificarono i rapporti con le altre città, attraverso alleanze e scambi commerciali. Fu proprio questo nuovo clima di pace a favorire l’affermarsi della Sofistica, poiché permise ai sofisti, «maestri di virtù» itineranti, di spostarsi di città in città, seguendo le rotte commerciali. Visitando luoghi con tradizioni e ordinamenti politici differenti, talvolta varcando addirittura i confini dell’Ellade, essi iniziarono ad interrogarsi sul valore intrinseco delle leggi e della morale, giungendo ad un sostanziale relativismo etico che riconosceva il valore delle norme morali solo in relazione alle usanze della città in cui ci si trova ad operare: la stessa areté (virtù) da loro insegnata si riduceva all’insieme delle norme e delle convenzioni riconosciute valide dai cittadini, alle quali il retore si deve adeguare per avere successo e buona fama. L’età di Pericle fu dunque al tempo stesso l’età dello splendore e della crisi della polis, poiché coincise con la crisi dei valori tradizionali, di cui i sofisti furono protagonisti; come scrive Mario Untersteiner, la Sofistica è «l’espressione naturale di una coscienza nuova pronta ad avvertire quanto contraddittoria, e perciò tragica, sia la realtà». Il primo interesse dei sofisti è la rottura con la tradizione giuridica, sociale, culturale, religiosa, fatta di regole basate sulla forza dell'autorità e del mito (e per questo motivo sono talvolta guardati come "precursori dell'Illuminismo"), a cui veniva contrapposta una morale flessibile, basata sulla retorica. D’altra parte, la stessa retorica che essi insegnavano aveva un’enorme importanza per la vita civile nel regime democratico dell’epoca, il quale riconosceva a tutti i cittadini l’uguaglianza giuridica (isonomia) e la libertà di parola durante l’assemblea pubblica (parresia). La figura del sofista, come persona che si guadagna da vivere vendendo il proprio sapere, si pone come precursore dell'educatore e dell'insegnante professionista. Argomento centrale del loro insegnamento è la retorica: mediante il potere persuasivo della parola essi insegnavano la morale, le leggi, le costituzioni politiche; il loro intento era di educare i giovani a diventare cittadini attivi, cioè avvocati o militanti politici e, per essere tali, oltre ad una buona preparazione, bisognava anche essere convincenti e saper padroneggiare le tecniche retoriche. I sofisti, a differenza dei filosofi greci precedenti, non si interessano alla cosmologia e alla ricerca dell'arché originario, ma si concentrano sulla vita umana, diventando così i primi filosofi morali. Vengono distinte due generazioni di sofisti:
- Sofisti della prima generazione: Protagora, Gorgia, Prodico e Ippia
- Sofisti della seconda generazione: solitamente allievi dei primi, sono a loro volta distinguibili in:
- Sofisti politici: Antifonte, Crizia, Trasimaco, Licofrone, Callicle, Alcidamante, Polo, l'Anonimo di Giamblico
- Sofisti della physis, si interessano del rapporto natura-uomo, spesso conducendo studi naturalistici: Antifonte, (Ippia)
- Eristi, portano all'esasperazione il metodo dialettico: Eutidemo e Dionisodoro, Eubulide di Mileto
- Altri: Seniade di Corinto, l'anonimo autore dei “Dissoi logoi”.
Stando alle fonti, pare che anche il filosofo Aristippo sia stato un sofista prima di incontrare Socrate e unirsi a lui; in particolare pare fosse allievo di Protagora e sappiamo per certo che diede lezioni di eloquenza a pagamento. A questo proposito si racconta un aneddoto: protagonisti sono Aristippo e il padre di un suo alunno, il quale, contestando il prezzo troppo alto della retta annuale, gli avrebbe detto: «Mille dracme? Ma io con mille dracme ci compro uno schiavo!», e Aristippo avrebbe risposto: «E tu compralo questo schiavo, così ne avrai due in casa, questo e tuo figlio!». A quanto pare Aristippo praticava tariffe differenziate in base alle capacità degli allievi, così che se uno di questi aveva la sfortuna di essere poco dotato la sua tariffa aumentava vertiginosamente, mentre se al contrario era particolarmente brillante e intuitivo la tariffa ammontava a poco più di 1 dracma, praticamente gratis. La Sofistica fu un movimento disomogeneo, e ogni sofista differiva dagli altri per interessi e posizioni personali. Tuttavia, è possibile riconoscere in questi autori alcuni caratteri comuni. I sofisti si interessarono prevalentemente di problematiche umane ed antropologiche, tanto che gli studiosi parlano di antropocentrismo sofistico. Essi approfondirono i temi legati alla vita dell'uomo, che venne analizzata soprattutto dal punto di vista gnoseologico (ciò che l'uomo può conoscere e ciò che non può conoscere), etico (ciò che è bene e ciò che è male) e politico (il problema dello Stato e della giustizia). L’essere umano veniva considerato a partire dalla sua condizione di individuo posto all’interno di una comunità, caratterizzata da determinati valori culturali, morali, religiosi e via dicendo. Essi insegnavano pertanto a osservare formalmente le leggi e le tradizioni della polis, così da diventare cittadini rispettati e di successo, quindi virtuosi. Rottura con la “fisiologia” presocratica. Come conseguenza del punto precedente, i sofisti in genere trascurarono le discipline naturalistiche e scientifiche, che invece erano state tenute in grande considerazione dai filosofi precedenti. Per questa ragione alcuni studiosi hanno definito "cosmologica" la filosofia precedente ed "umanistico" o "antropologico" il pensiero sofistico. In realtà, va precisato che tale generalizzazione è per certi versi limitativa, poiché ad essa fanno eccezione i casi di Ippia di Elide (che, mirando ad un sapere enciclopedico, coltivò studi inerenti a vari campi scientifici, tra cui matematica, geometria e astronomia) e Antifonte (il quale, studioso dei testi ippocratici, fu esperto di anatomia umana ed embriologia). I sofisti concepivano la verità come una forma di conoscenza sempre e comunque relativa al soggetto che la produce e al suo rapporto con l'esperienza. Non esiste un'unica verità, poiché essa si frantuma in una miriade di opinioni soggettive, le quali, proprio in quanto relative, finiscono per essere considerate comunque valide ed equivalenti: si parla pertanto di relativismo gnoseologico. Questo relativismo investe tutti gli ambiti della conoscenza, dall'etica alla politica, dalla religione alle scienze della natura. Le tecniche dialettiche dell'argomentare (cioè dimostrare, attraverso passaggi logici rigorosi, la verità di una tesi) e del confutare (cioè dimostrare logicamente la falsità dell'antitesi, l'affermazione contraria alla tesi) erano già state utilizzate da Zenone all’interno della scuola eleatica, ma fu soprattutto con i sofisti che esse si affermarono e si affinarono. La dialettica divenne una disciplina filosofica essenziale e influenzò profondamente la retorica, ponendo l'accento sull'aspetto persuasivo dei discorsi, fino a scadere nell'eristica. Alla luce di tutto ciò, alcuni studiosi hanno voluto vedere nel movimento sofistico una sorta di “illuminismo greco” ante litteram, in quanto i miti e le credenze tradizionali vennero criticati e sostituiti con nozioni razionali: in altre parole la Sofistica avrebbe in un certo senso anticipato alcuni motivi tipici di quel movimento culturale sviluppatosi in Europa nel XVIII secolo, l'Illuminismo appunto. Nell'Atene del V secolo era costume che i maestri tenessero lezione all'aperto, in piazza o sotto i portici. Con la comparsa dei sofisti nascono nuovi luoghi deputati all'insegnamento: le case dei cittadini più ricchi, le palestre pubbliche e le piazze, le quali includevano dei portici in cui i maestri potevano passeggiare con i loro discepoli o sedere in banchi dove potevano discutere. In genere, la scelta del luogo in cui tenere lezione era legata al tipo di "sapienza" professata: Socrate, ad esempio, scelse la piazza pubblica per mostrare la sua disponibilità verso tutti i cittadini e il disinteresse per il denaro, e lo stesso faranno i cinici in epoca successiva, mentre gli accademici, i peripatetici e gli stoici preferiranno luoghi attrezzati con strumenti scientifici e biblioteche. D'altra parte, va ricordato ancora una volta che la Sofistica non fu una scuola filosofica, bensì un movimento caratterizzato da un ampio e variegato dibattito internoCapisaldi dell'insegnamento sofistico sono:
- L'insegnabilità della virtù: essendo i sofisti "maestri di virtù", il loro insegnamento si basava sulle strategie per conseguirla, con fini eminentemente utilitaristici; non essendo infatti possibile conoscere il Bene in sé, l'educazione era volta a diffondere i valori più convenienti alla vita civile dell'individuo. Per questo motivo, essi si rivolsero non solo agli aristocratici, ma anche ai ceti emergenti che aspiravano al successo.
- La retorica: i sofisti non furono degli scienziati, poiché non limitavano il campo del loro sapere ad una disciplina specifica; piuttosto, per loro era importante il metodo di comunicazione, e per apprenderlo erano previsti due momenti, la dialettica e l'eristica: la prima consiste nell'arte di saper argomentare, la seconda nel saper vincere in una discussione. Il loro insegnamento abbracciava molte tematiche, e oltre alla morale si occuparono di problemi di diritto, ponendo la questione dell'esistenza o meno del diritto naturale (physis) e del suo rapporto col diritto positivo (nomos). Per quanto riguarda le leggi e le norme i sofisti, spostandosi di città in città, si accorsero che ogni cultura ha diverse regole e leggi. Ciò fece sorgere in loro domande quali: Ci sono regole uguali per tutti? In genere i sofisti propendono per il no, cioè per il relativismo etico. Vi è una cultura superiore alle altre? Porre la domanda già equivale ad una critica delle tradizioni e ad una propensione per il relativismo culturale. Dopo il successo del V secolo a.C., nel secolo successivo la Sofistica vide un progressivo ridimensionamento della propria importanza, soprattutto a causa delle già menzionate critiche rivolte ai sofisti dai filosofi Platone e Aristotele, e dalle loro scuole. Tuttavia, a partire dall'inizio del II secolo d.C. (quindi a distanza di circa 400 anni) si assiste, in piena età imperiale, ad una rinascita della Sofistica, grazie a un movimento filosofico-letterario definito da Filostrato Seconda sofistica (detta anche Nuova sofistica o Neosofistica, per differenziarla da quella antica). Diversamente dalla Sofistica del V secolo, però, la Seconda sofistica abbandona i temi di interesse filosofico ed etico (come la divinità, la virtù e via dicendo), per occuparsi esclusivamente di oratoria e retorica. La Nuova sofistica si presenta così subito come un movimento di impronta essenzialmente letteraria, orientato allo studio e all'esercizio dell'oratoria e ben distante dall'impegno politico e culturale dei sofisti dell'età di Pericle. I nuovi sofisti mirano all'affermazione personale e al successo pubblico, cercando (eccetto che in rari casi) di ingraziarsi la simpatia e i favori dei potenti; la loro produzione letteraria, improntata alla ricercatezza stilistica secondo lo stile del cosiddetto asianesimo, spazia attraverso vari generi: dialoghi, trattati, opere satiriche, novelle, fino a ben più leggere opere di intrattenimento, brani in cui veniva ostentata la propria bravura retorica. Tra i vari autori di lingua greca che rientrano in questo fenomeno letterario, i più importanti sono:
- Dione Crisostomo («dalla bocca d'oro»), vissuto tra I e II secolo, ricoprì varie cariche politiche e svolse la propria attività di retore e insegnante in Bitinia e a Roma, dove però fu condannato all'esilio;
- Erode Attico, tra i più importanti e rinomati, ricoprì vari incarichi nell'amministrazione pubblica romana, tra cui il consolato del 143;
- Elio Aristide, allievo di Erode Attico, famoso soprattutto per le opere di onirocritica e per la sua devozione al dio Asclepio;
- Luciano di Samosata, uomo vicino alla famiglia imperiale romana (dinastia degli Antonini), fu autore di vari scritti sui più disparati argomenti, nonché modello di purismo linguistico;
- Flavio Filostrato, membro di una famiglia di celebri retori e sofisti, fu tra i più potenti letterati alla corte dei Severi. Lungi dal concludersi con la fine del II secolo, la Seconda sofistica perdurò ancora nei secoli successivi. Tratti tipici di questo movimento sono rintracciabili in autori greci del IV secolo come Imerio, Libanio, Temistio e Sinesio, per giungere infine alla Scuola di Gaza (nel V secolo).

Cartina geografica politica con i nomi delle regioni e province dell'antica
Grecia durante la Guerra del Peloponneso, con le battaglie fra Atene e
Sparta (431- 404 a.C.). Clicca sull'immagine per ingrandirla.
Dal 431 a.C. - Inizia in Grecia la Guerra del Peloponneso: la causa fu l'insofferenza delle città greche nel subire il predominio di Atene, abbinata all'accresciuta competitività di Sparta.
- Nel 431 a.C. Corcira (Corfù) chiede aiuto a Sparta per liberarsi del legame con Corinto, alleata di Atene.
- Il conflitto si concluse nel 404 a.C. con la supremazia di Sparta (Atene ebbe guide troppo scadenti come Cleone o troppo ambiziose come Alcibiade). Ad Atene fu imposto il regime oligarchico dei trenta tiranni.
- Nel 403 a.C. Trasibulo scacciò gli Spartani e restituì ad Atene gli istituti democratici e l'indipendenza.

L'Athena Parthenos
di Fidia con la
"Nike", la
Vittoria alata.
Nel 430 a.C. -  In Grecia Fidia progetta e scolpisce l'Athena Parthenos, in avorio e oro, che sarà collocata al centro del Partenone di Atene.

Nel 429 a.C. -  Morte di Pericle, infetto da peste. La strategia di Pericle contro Sparta, consisteva nell'abbandonare le campagne, distruggere i raccolti esterni alla città, e raccogliere tutti i cittadini all'interno delle mura di Atene... ma  con il sovrappopolamento della città, si scatenò la peste.

Nel 426 a.C. - Come conseguenza della vittoria di Veio contro l'esercito romano condotto dai tribuni militari Tito Quinzio Peno Cincinnato, Gaio Furio Pacilo Fuso e Marco Postumio Albino Regillense, ottenuta ad inizio dell'anno, Fidene inizia un nuovo conflitto contro Roma, uccidendo i coloni romani mandati sul suo territorio. Ai fidenati si alleano gli Etruschi di Veio e così si giunge ad una nuova battaglia, combattuta sotto le mura della città. Lo scontro è durissimo, ma alla fine i romani hanno la meglio, prendono la città e ne riducono gli abitanti in schiavitù.


Mater Matuta rinvenuta
a Capua.
Nel 423 a.C. - Presa di Capua da parte delle popolazioni di lingua e cultura osco-sannitica, come ricorda anche lo storico Tito Livio, che segnò il definitivo tramonto dell'egemonia etrusca in Campania. Alla fase sannitica si lega la florida fioritura di due santuari extraurbani assai celebri in antico, quello di Diana Tifatina, alle pendici del Monte Tifata e quello, ancora senza nome, rinvenuto nel cosiddetto Fondo Patturelli, la cui documentazione più celebre è rappresentata da una cospicua messe di opere scultoree e fittili, fra le quali devono essere ricordate le "Madri capuane".
Carta della Campania "felix"
e del Sannio.
Clicca per ingrandire.
A lungo in conflitto con i rivali Etruschi, appena cinquanta anni dopo la vittoriosa battaglia navale, nel 421 a.C., Cuma cadrà anch'essa sotto il controllo dei Sanniti.

Nel 412 a.C. - Durante la Guerra del Peloponneso, Focea si ribella con le altre città della Ionia, ma re Dario II, alleato di Sparta, la riconquista.

Dal 408 a.C. - Ad Atene si incontrano Socrate e Platone. Socrate (in lingua greca Σωκράτης, Sōkrátēs), nato ad Atene nel 470 o 469 a.C. e morto ad Atene nel 399 a.C., è stato un filosofo ateniese, uno dei più importanti esponenti della tradizione filosofica occidentale. Il contributo più importante che egli ha dato alla storia del pensiero filosofico consiste nel suo metodo d'indagine: il dialogo che utilizzava lo strumento critico dell'elenchos (= "confutazione") applicandolo prevalentemente all'esame in comune (exetazein) di concetti morali fondamentali. Per questo Socrate è riconosciuto come padre fondatore dell'etica o filosofia morale e della filosofia in generale. Per le vicende della sua vita e della sua filosofia che lo condussero al processo e alla condanna a morte è stato considerato il primo martire occidentale della libertà di pensiero. Il periodo storico in cui visse Socrate è caratterizzato da due date fondamentali: il 469 a.C. e il 404 a.C.
Socrate.
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La prima data, quella della sua nascita, segna la definitiva vittoria dei Greci sui Persiani (battaglia dell'Eurimedonte). La seconda si riferisce a quando all'età dell'oro di Pericle seguirà, dopo il 404 con la vittoria spartana, l'avvento del governo dei Trenta Tiranni. La vita di Socrate si svolge dunque nel periodo della maggiore potenza ateniese ma anche del suo declino. Il padre di Socrate, Sofronisco, fu uno scultore e trasmise il mestiere al figlio: opera di Socrate sarebbero state le Cariti, vestite, sull'Acropoli di Atene. Sua madre, Fenarete, fu una levatrice. Interessante sottolineare il significato dei nomi dei genitori: "Fenarete" significa "colei che fa risplendere la virtù" mentre "Sofronisco" significa "colui che riconosce la saggezza". Significati non senza importanza nella biografia di Socrate. Probabilmente Socrate era di famiglia benestante e di origini aristocratiche: nei dialoghi platonici non risulta che egli esercitasse un qualsiasi lavoro e del resto sappiamo che egli combatté come oplita nella battaglia di Potidea, e in quelle di Delio e di Anfipoli. È riportato nel dialogo "Simposio di Platone" che Socrate fu decorato per il suo coraggio. In un caso, si racconta, rimase al fianco di Alcibiade ferito, salvandogli probabilmente la vita. Durante queste campagne di guerra dimostrò di essere straordinariamente resistente, marciando in inverno senza scarpe né mantello. Socrate è descritto da Platone come un uomo avanti negli anni e piuttosto brutto, e aggiunge anche che ricordava il contenuto delle teche apribili installate di solito ai quadrivi, che custodivano all'interno la statuetta di un satiro. Questo pare quindi fosse l'aspetto di Socrate, fisicamente simile a un satiro, e tuttavia sorprendentemente buono nell'animo, per chi si soffermava a discutere con lui. Diogene Laerzio riferisce che, secondo alcuni antichi, Socrate avrebbe collaborato con Euripide alla composizione delle tragedie, ispirando in esse temi profondi di riflessione. Socrate fu sposato con Santippe, che gli diede tre figli (ma, secondo Aristotele e Plutarco, due di questi li avrebbe avuti da una concubina di nome Mirto). Santippe ebbe fama di donna insopportabile e bisbetica. Socrate stesso attestò che avendo imparato a vivere con lei era divenuto ormai capace di adattarsi a qualsiasi altro essere umano, esattamente come un domatore che avesse imparato a domare cavalli selvaggi, si sarebbe trovato a suo agio con tutti gli altri. Egli d'altra parte era talmente preso dalle proprie ricerche filosofiche al punto da trascurare ogni altro aspetto pratico della vita, tra cui anche l'affetto della moglie, finendo per condurre un'esistenza quasi vagabonda. Socrate viene anche rappresentato come un assiduo partecipante a simposi, intento a bere e a discutere. Fu un bevitore leggendario, soprattutto per la capacità di tollerare bene l'alcool al punto che quando il resto della compagnia era ormai completamente ubriaca egli era l'unico a sembrare sobrio. «...dall'antichità ci è pervenuto un quadro della figura di Socrate così complesso e così carico di allusioni che ogni epoca della storia umana vi ha trovato qualche cosa che le apparteneva. Già i primi scrittori cristiani videro in Socrate uno dei massimi esponenti di quella tradizione filosofica pagana che, pur ignorando il messaggio evangelico, più si era avvicinata ad alcune verità del Cristianesimo. L'Umanesimo e il Rinascimento videro in Socrate uno dei modelli più alti di quella umanità ideale che era stata riscoperta nel mondo antico. Erasmo da Rotterdam, profondo conoscitore dei testi platonici era solito dire: «Santo Socrate, prega per noi» (Sancte Socrates, ora pro nobis).» tratto da E. Rodocanachi, La Réforme in Italie, I, Paris 1920 pagg.34,35. Socrate non ha lasciato nulla di scritto. Nel "Fedro", Platone giustifica questa scelta facendogli dire quanto segue: "L'alfabeto ingenera oblio nelle anime di chi lo imparerà: essi cesseranno di esercitare la memoria perché fidandosi dello scritto richiameranno le cose alla mente non più dall'interno di se stessi, ma dal di fuori, attraverso segni estranei: ciò che tu hai trovato non è una ricetta per la memoria, ma per richiamare alla mente. Nè tu offri vera sapienza ai tuoi scolari, ma ne dai solo l'apparenza, perché essi, grazie a te, potendo avere notizie di moltissime cose senza insegnamento, si crederanno d'essere dottissimi, mentre per la maggior parte non sapranno nulla; con loro sarà una sofferenza discorrere, imbottiti di opinioni invece che sapienti." ( Fedro, 275 a-b). Nel "Protagora", un dialogo che precede il "Fedro" e che risale al periodo giovanile di Platone, Socrate polemizza con la comunicazione sofistica e libresca, per il suo carattere monologico, cioè per la sua incapacità di coinvolgere e di farsi coinvolgere in un confronto critico interattivo. Conosciamo Socrate solo attraverso ciò che altri hanno scritto di lui, coll'effetto, apparentemente paradossale, che disponiamo di almeno quattro Socrati virtuali:
- il Socrate sofista e filosofo naturale delle "Nuvole" di Aristofane
- il Socrate filosofo morale dei dialoghi giovanili di Platone
- il Socrate moralista dei "Memorabili" di Senofonte, la cui attendibilità è viziata dal fatto che l'autore, conservatore e filosoficamente ottuso, li abbia scritti per scagionare Socrate dall'accusa di empietà
- il Socrate di cui riferisce Aristotele, che non l'aveva conosciuto personalmente (e che può essere utile per aver informazioni sull'immagine di Socrate diffusa nel IV secolo). Ciascuno di questi Socrati virtuali è differente dagli altri. Nei dialoghi giovanili di Platone incontriamo un filosofo morale, che non si occupa di filosofia della natura e polemizza con i sofisti; nella commedia di Aristofane un sofista e naturalista adoratore delle nuvole, che insegna ragionamenti capziosi per sottrarsi alle leggi della città; nei resoconti di Senofonte, di contro, Socrate è un moralista alquanto tradizionale. Queste differenze possono essere viste come la conseguenza del rifiuto socratico di scrivere, che l'hanno abbandonato alla memoria - e alla libertà creativa - degli altri, soprattutto in un mondo come quello antico, ove la cultura rimaneva prevalentemente orale e mancava, per così dire, il senso della proprietà intellettuale. Ma possono anche essere viste, se ci valiamo della figura dell'ironia complessa, come un successo di Socrate: Socrate non è riuscito a tramandare un'immagine coerente di se stesso; questa, però è una testimonianza dell'efficacia del suo insegnamento, che mirava non a "trasferire" conoscenza, ma ad indurre (accettando il rischio di venir frainteso) gli altri a pensare per proprio conto. Il maestro di Platone (fra i Socrati virtuali, quello filosoficamente più interessante ed attendibile) è ricreato nei dialoghi giovanili di Platone, e in particolare in quelli detti elenctici: Apologia, Carmide, Critone, Eutifrone, Ione, Ippia minore, Lachete, Repubblica I, Protagora, Gorgia. Platone è filosofo e discepolo di Socrate e pertanto dispone degli strumenti più adatti a "interpretare" e re-interpretare il suo maestro, man mano che matura il suo pensiero personale. Infatti, a partire dagli ultimi dialoghi giovanili, che fungono da transizione (Eutidemo, Ippia maggiore, Liside, Menesseno, Menone), il suo Socrate abbandona l'élenchos e acquisisce altri e nuovi caratteri: l'interesse metafisico e matematico, la teoria ontologica delle idee, la dottrina della tripartizione dell'anima. Dottrine, queste, che Aristotele attribuisce non a Socrate, ma a Platone e al Socrate dei libri II-X della Repubblica. D'altra parte, i dialoghi elenctici hanno anche un valore filosofico proprio, perché Platone, nell'interpretare Socrate, riflette per suo conto sui problemi da lui proposti. Il Socrate del giovane Platone si caratterizza per questi aspetti:
- il metodo elenctico
- la professione di ignoranza
- l'equiparazione fra virtù e conoscenza
- una filosofia morale rivoluzionaria, che comporta il rifiuto della legge del taglione e dell'etica tradizionale, la quale discriminava amici e nemici: non dobbiamo rispondere all'ingiustizia con l'ingiustizia, e in ogni caso subire ingiustizia è meglio che compierla.
- la fedeltà critica alla città e alle sue leggi (vedi per esempio il Critone): Socrate è consapevole di dover molto alle leggi della città (alla libertà di parola della democratica Atene, cui è fedele fino alla morte), ma non esita a criticarne la morale politica. Le critiche socratiche alla città pongono in luce le contraddizioni e le debolezze della morale pubblica ateniese: il perdurare di uno spazio pubblico di uguaglianza è messo gravemente a repentaglio se:
- la comunicazione del sapere è monopolizzata da logiche di potere, politico ed economico, (e questo può apparire anche a noi come un problema attuale)
- la morale condivisa si basa su una tradizione competitiva e discriminatoria, trasmessa e recepita acriticamente, che in fondo tutti accettano, sofisti compresi,
- non ci si rende conto del nesso strettissimo che esiste fra la politica, la virtù politica, e la conoscenza: una democrazia non può sopravvivere senza l'autonomia e la consapevolezza di ciascuno dei cittadini.
Socrate, con la sua complessa ironia, potè apparire ai suoi concittadini come un sofista ben più insidioso di quelli che insegnavano retorica a pagamento, anche perché fra le persone che l'avevano frequentato, forse suoi allievi, c'erano stati l'ambiguo Alcibiade e Crizia, dei Trenta Tiranni. Per questo fu  accusato di empietà, fu riconosciuto colpevole e fu condannato all'esilio o, in alternativa, alla morte. I dialoghi socratici di Platone non furono una sua invenzione personale, anche se hanno un preciso senso filosofico. Il rifiuto socratico di scrivere produsse una marea di sokratikoi logoi o discorsi socratici (di Eschine di Sfetto, Antistene, Aristippo, Brisone, Cebete, Critone, Euclide di Megara, Fedone), che non ci sono pervenuti. Per conoscere di un uomo che non ha voluto scrivere neppure una riga, dovremo leggere di lui come lo interpreta Platone, nell'"Apologia", nel "Protagora" e nel "Gorgia".
Carta della guerra del Peloponneso (431- 404 a.C.) con gli alleati di Sparta e
Atene, le maggiori battaglie, le spedizioni, fra cui la spedizione ateniese
a Siracusa. Clicca sull'immagine per ingrandirla.

Dal 404 a.C. Egemonia di Sparta in Grecia. La guerra del Peloponneso si concluse nel 404 a.C. con la supremazia di Sparta (Atene ebbe guide troppo scadenti come Cleone o troppo ambigue e ambiziose come Alcibiade). A seguito della disastrosa spedizione ateniese, voluta da Alcibiade, contro Siracusa, alleata di Sparta, Atene perde l'autodeterminazione. Sparta le impone il regime oligarchico dei trenta tiranni, con a capo Krizia e Alcibiade, ex allievi di Socrate; motivo che scatenerà malumori nei confronti di Socrate stesso che verrà poi processato ed ostracizzato. Si evidenzia comunque la vocazione marinara navale di Atene, che le aveva consentito la costruzione di un'impero intorno al mar Egeo, e la supremazia terrestre di Sparta.


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