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mercoledì 23 gennaio 2019

Storia dell'Europa n.34: dal 286 al 313 e.v. (d.C.)

Massimiano
Nel 286 - L'Impero Romano, per la prima volta, è diviso fra impero d'Oriente e impero d'Occidente. Ottenuto il potere, nel novembre del 285, Diocleziano nomina suo vice (col titolo di Cesare) un valente ufficiale, Marco Aurelio Valerio Massimiano Erculio, e il 1º aprile 286 lo eleva al rango di Augusto (suo pari, costituendo così una diarchia, nella quale i due imperatori si dividevano su base geografica il governo dell'Impero, la responsabilità della difesa delle frontiere e la lotta contro gli usurpatori. Introducendo il nuovo sistema di  governo,  Diocleziano si attribuisce il titolo di Augusto d'Oriente, stabilendo la propria capitale a Nicomedia, nell'Oriente e nomina Augusto d'Occidente Massimiano, che sceglie come capitale dell'Occidente Mediolanum (Milano), più vicina al confine con i territori "caldi" di Roma. Di Marco Aurelio Valerio Massimiano Erculio, noto più semplicemente come Massimiano, (Sirmio 250 circa - Massilia luglio 310), co-imperatore di Diocleziano, le arti politiche erano inversamente proporzionali alle capacità militari. Nel corso del III secolo altri imperatori avevano preferito come sede a Roma (resa dalla posizione geografica troppo distante dalle turbolenti frontiere renana e danubiana), quelle città (come Milano) che gli avrebbero consentito di raggiungere rapidamente le zone sottoposte a minacce e con Diocleziano questo dato di fatto fu in qualche modo istituzionalizzato. Roma restava comunque il riferimento ideale dell'Impero, rimanendo la sede di quelle istituzioni (come il Senato) che ora a rivestivano un ruolo puramente simbolico a seguito di un secolare processo di erosione delle proprie originarie prerogative. Il potere effettivo era oramai circoscritto all'imperatore e alla cerchia dei suoi più stretti collaboratori (consilium e poi consistorium), nei nuovi centri amministrativi dell'Impero (Milano, nella pars Occidentis; Nicomedia e poi Costantinopoli, nella pars Orientis).

Nel 288 - L'imperatore d'Occidente Massimiano istituisce un regno vassallo dei germanici Franchi, al quale viene affidata la difesa della frontiera contro gli altri Germani. I Germani così, in questo caso i Franchi, oltre ad essere arruolati individualmente o a gruppi nei corpi regolari ed ausiliari dell'esercito, cominciano ad entrare al servizio di Roma come federati, conservando la loro organizzazione, i loro capi nazionali, la loro lingua e i loro costumi, ciò che li renderà tanto meno assimilabili e tanto più pericolosi per la compagine dell'impero. Nello stesso 288 Costanzo Cloro è nominato, dall'imperatore Massimiano, prefetto del pretorio (comandante militare). Flavio Valerio Costanzo, (Illyricum 250 circa - Eboracum 306) passato alla storia come Costanzo Cloro da "chlorus", che significa "pallido", epiteto datogli dagli storici bizantini, aveva fatto carriera nell'esercito romano ricoprendo le cariche di protector sotto gli imperatori Aureliano e Probo, tribunus e praeses Dalmatiarum (governatore della Dalmazia) sotto l'imperatore Caro. Aveva avuto un legame con Elena di Bitinia, che gli aveva dato un figlio maschio, Costantino, nato all'inizio degli anni 270. A Costanzo, che aveva sposato in un secondo tempo la figlia di Massimiano, Teodora, sono assegnate la Gallia e la Britannia e gli vien fatto capire che avrebbe dovuto avere successo lì dove Massimiano aveva fallito: sconfiggere Carausio (Marco Aurelio Mauseo Carausio, militare romano nato nella Gallia Belgica fra i Menapíi, popolazione gallica con sedi tra la Fiandra e le coste del Mare del Nord), un usurpatore che deteneva il potere sulla Britannia romana. Carausio, inviato dall'augusto Massimiano a combattere la pirateria dei Franchi Salii nella Manica, che controllavano dagli estuari del Reno, si era limitato invece a sequestrare loro il bottino lasciandoli in attività. Intimato poi ad eseguire gli ordini, sfuggiva ad un tentativo di assassinio e riparava in Britannia, dove si era proclamato imperatore nel 286. Massimiano aveva preparato così un'invasione della Britannia che era però fallita, forse anche in seguito all'invasione dei Franchi Salii guidati dal loro re Gennobaude, che aveva impegnato l'Augusto lungo il fronte renano, meritandogli alla fine il titolo di Germanicus maximus insieme a Diocleziano. All'inizio del 288 Massimiano incarica perciò Costanzo di condurre una campagna contro i Franchi Salii alleati di Carausio, che controllando gli estuari del Reno, impedivano attacchi via mare alla Britannia, mentre Carausio sperava di essere riconosciuto dal potere centrale e cominciava a battere moneta a Londra, a Rouen e forse a Colchester. Nelle sue monete si attribuiva i titoli di "Restitutor Britanniae" ("Restauratore della Britannia") e di "Genius Britanniae" ("Spirito della Britannia"), a dimostrazione di come facesse leva sul risentimento della popolazione nei confronti del governo di Roma.  


Nel 291 - Viene attestata per la prima volta la suddivisione fra i Goti. La prima citazione dei Tervingi risale all'incirca a questo periodo in un elogio all'imperatore Massimiano (285 - 305), scritto nel 291 o poco dopo (forse a Treviri il 20 aprile 292), ascritto tradizionalmente a Claudio Mamertino, il quale affermava che i "Tervingi, un'altra divisione dei Goti" (Tervingi pars alia Gothorum) si erano alleati con i Taifali per attaccare i Vandali ed i Gepidi. Il termine "Vandali" potrebbe essere un'erronea citazione dei "Victohali", visto che secondo Eutropio la Dacia era in quel periodo (nunc = adesso) abitata da Taifali, Victohali e Tervingi.

Nel 293 - Fino al 293, Costanzo Cloro combatte i Franchi Salii alleati di Carausio della Gallia

Costanzo Cloro
settentrionale, muovendosi verso nord attraverso il loro territorio portando distruzione e diffondendo panico fino al Mare del Nord. Isolò così Carausio assediando il porto di Bononia e invadendo la Batavia (il delta del Reno), per assicurarsi le spalle da possibili attacchi degli alleati Franchi di Carausio. Ma decise di non tentare una nuova invasione della Britannia finché non avesse costruito una flotta adeguata. Nello stesso anno, il tesoriere di Carausio, Allecto, assassinò l'usurpatore prendendone il posto. Dopo tre anni di regno, Allecto sarà sconfitto e ucciso per incaprettamento (cioè per strangolamento) da un uomo di Costanzo Cloro, Giulio Asclepiodoto. I Franchi chiesero la pace e con l'accordo conseguente Massimiano rimise al potere il deposto re franco Gennobaude. Essendosi distinto per la sua abilità militare, il 1º marzo 293, a Mediolanum, Massimiano nomina Costanzo Cloro proprio Cesare, un vice-imperatore per la parte occidentale dell'impero e Diocleziano fa lo stesso con Galerio: nasceva così la tetrarchia, il "governo a quattro". Nella prima tetrarchia l'impero è così diviso in quattro macro-aree: 1) a Diocleziano, Augusto d'oriente, spettavano le province orientali dell'Egitto con capitale Nicomedia; 2) a Galerio, Cesare d'oriente, le province balcaniche con capitale Sirmio. 
Galerio
Proveniente da una modesta famiglia illirica, Galerio aveva scalato rapidamente la gerarchia nell'esercito romano fino ad essere notato dall'imperatore Diocleziano, di cui aveva sposato la figlia Valeria e di cui divenne Cesare il 1º marzo 293, ricevendo il controllo delle province orientali balcaniche. Nella veste di cesare d'Oriente condusse delle campagne, lungo il limes danubiano, contro Sàrmati, Carpi e Bastarni nel 294-296, per poi conseguire una grande e prestigiosa vittoria contro i Sasanidi sul limes orientale, a seguito della quale i Romani ottennero condizioni di pace estremamente favorevoli nel 298. Pagano ed estremamente critico della religione cristiana, approvò, se non addirittura ispirò, la persecuzione dei cristiani decretata nel 303 dal suo superiore Diocleziano. 3) Massimiano, Augusto d'occidente, governava su Italia e Africa settentrionale con capitale Milano (Mediolanum); 4) Costanzo Cloro, Cesare d'occidente, ebbe in affidamento la Spagna, la Gallia e la Britannia con capitale Treviri (Augusta Treverorum).

- Ora si contavano quindi quattro gerarchi a capo dell'impero, due Augusti e due loro vice e successori, i Cesari. Tra il 293 e il 295, il Cesare di Diocleziano, Galerio, sconfigge gli EruliFranchi e Batavi

Carta dell'Impero Romano dal 293 al 305, ripartito in 4 aree
dall'imperatore Diocleziano con la tetrarchia: 4 governanti
distinti in 2 Augusti e due Cesari, loro vice e successori.
Le diocesi sono i raggruppamenti di province individuate
come aree fiscali per la tassazione.
La tetrarchia tentò di introdurre un sistema di successione al trono imperiale che evitasse le lotte per la successione. Il sistema si rivelò efficace per la stabilità dell'impero e rese possibile agli augusti di celebrare i vicennalia, ossia i vent'anni di regno, come non era più successo dai tempi di Antonino Pio. Tutto il territorio venne ridisegnato dal punto di vista amministrativo, abolendo le regioni augustee con la relativa divisione in "imperiali" e "senatoriali". Vennero create dodici circoscrizioni amministrative (le "diocesi", tre per ognuno dei tetrarchi), rette da vicarii e a loro volta suddivise in 101 province, aumentate di numero. Le varie diocesi furono a loro volta raggruppate in quattro regioni più ampie, denominate prefetture, ciascuna governata da un personaggio di dignità imperiale (prefetto del pretorio). In tal modo, venne a cadere qualsiasi residuo di privilegio dell'Italia, che si trovò completamente equiparata alle altre parti dell'Impero. Il sistema fiscale fu razionalizzato eliminando  antiche  esenzioni e privilegi. L'amministrazione civile, a cui venne affidata la riscossione delle imposte, venne riorganizzata, con nuove suddivisioni amministrative e nettamente separata da quella militare. Le riforme volute da Diocleziano e i successi militari ottenuti, consentirono di  ridare pace e sicurezza all'impero, che continuò in Occidente per altri due secoli e ancora per un millennio in Oriente. Il sistema tetrarchico terminerà solo nel 324, con Costantino I che riunificò nelle proprie mani l'Occidente e l'Oriente romani.

Sculture raffiguranti i 4 tetrarchi
trafugate dai veneziani a Costantinopoli
nel 1201 durante la IV crociata.
I canoni dell'arte classica stanno
mutando in quella che sarà
l'arte medievale.
- L'estensione dell'impero e la lunghezza dei confini rendeva inefficace un controllo centrale da Roma; inoltre scarseggiavano le milizie per garantire la sicurezza del "limes", il confine, e si passò quindi ad utilizzare sempre più mercenari proprio da quelle popolazioni, perlopiù Germaniche, che periodicamente effettuavano incursioni nell'impero. Col tempo si assisterà a lotte fra i tetrarchi e fa i loro successori per dominare su tutto l'impero, fino alla supremazia di Costantino, poi detto il Grande. Diocleziano scatena persecuzioni contro i cristiani. Le persecuzioni contro i Cristiani non avevano un fondamento giuridico specifico, l'unico appiglio legale che l'autorità imperiale poteva impugnare era la lesa maestà dei "mores", i costumi dei cristiani che non riconoscevano l'autorità divina all'imperatore, rifiutandosi di offrire incenso all'immagine della sua persona, e per questo accusati poi di ateismo. Nella cultura antica, così come lo scritto era sacro, così l'immagine evocava la presenza fisica del rappresentato. Nei tribunali le immagini  dell'imperatore garantivano la sua presenza e per tali motivi nell'ebraismo erano proibite le raffigurazioni di immagini e idoli: l'Islam stesso adotterà tali provvedimenti e nei secoli successivi si scatenerà nell'impero bizantino l'iconoclaustia che provocherà la distruzione delle immagini sacre.

- Molti imperatori romani erano di origine illirica; oltre agli imperatori-soldati (Claudio il Gotico, Aureliano e Marco Aurelio Probo) vi sono stati Gaio Decio, Diocleziano, Galerio e Costantino il Grande. Diocleziano, quando lasciò il potere, si ritirò nel palatium, il palazzo che fece costruire a Spalato, in Illiria, che da "palatium" prese il nome.

Nel 303 - Eusebio di Cesarea scrive la sua "Storia Ecclesiastica" dotata di tavole cronologiche. Vedi anche https://storianet.blogspot.it/2015/03/storia-degli-storici-delloccidente.html. Nello stesso anno inizia (terminando nel 311)  la persecuzione di Diocleziano contro i cristiani, ultima e una delle più cruente che  Roma abbia subito e che fra l'altro renderà impossibile l'elezione del nuovo vescovo per 4 anni. La religione cristiana si opponeva al potere tetrarchico poiché pretendeva che tutti i sudditi riconoscessero nell'imperatore il loro "signore e dio" (dominus ed deus) e il loro rifiuto al culto pubblico e del conseguente sacrificio all'imperatore (con relativo rifiuto del servizio militare e degli impieghi pubblici) minava così, fin dalle fondamenta, l'ordinamento politico-religioso romano, provocando le pesanti persecuzioni al tempo di Diocleziano (dal 303) e generando nuove tensioni sociali. Del resto la "minoranza cristiana", secondo alcune stime di storici moderni, al tempo della giovinezza di Costantino (fine del III secolo), poteva già contare su 7-15 milioni di fedeli su una popolazione complessiva di 50 milioni. Fu il peggiore errore commesso da Diocleziano nei vent'anni del suo principato, trucidando inutilmente migliaia di innocenti. Secondo un'altra interpretazione storica che non vede la religione come un compartimento stagno rispetto al resto dell'evoluzione storica, ma come un fattore importante di tutto il contesto sociale antico, i cambiamenti religiosi del terzo secolo furono fra i più importanti, se non i più importanti, quali motore di cambiamento e quindi conseguentemente di crisi del mondo romano.

Nel 305 - Viene messa alla prova il meccanismo della successione dei tetrarchi: il 1º maggio del 305 Diocleziano e Massimiano abdicarono, ritirandosi il primo a Spalato (da palatium, il palazzo che si era fatto costruire) ed il secondo in Lucania. La seconda tetrarchia prevedeva che i loro rispettivi due cesari diventassero augustiGalerio per l'Oriente e Costanzo Cloro per l'Occidente, provvedendo questi ultimi a nominare a loro volta i propri successori designati, i nuovi cesari. Fu in questo frangente che Costantino raggiunse il padre in Britannia (alcune fonti vogliono che quella di Costantino sia stata una vera e propria fuga da Nicomedia, dove Galerio avrebbe voluto trattenerlo per garantirsi la fedeltà di Costanzo Cloro) e condusse con lui alcune campagne militari nell'isola.
Massimino Daia da: https://
Galerio scelse come cesare dell'oriente Massimino Daia. Gaio Galerio Valerio Massimino Daia (270 circa - 313), nato probabilmente in Dacia intorno al 275, era figlio di una sorella di Galerio. Nel 305, in seguito all'abdicazione degli augusti Diocleziano e Massimiano in favore di Galerio e Costanzo Cloro, fu nominato cesare e suo successore al titolo di augusto da Galerio, insieme all'altro cesare Flavio Severo scelto da Costanzo Cloro. Gli fu assegnato il governo delle province balcaniche. Nel 308 costrinse suo zio Galerio a conferirgli la nomina ad augusto insieme a Costantino. Sappiamo che condusse una campagna militare vittoriosa in Armenia, contro un popolo che in passato si era dimostrato alleato dei Romani, ma che ora abbracciava la religione cristiana, nemica dell'imperatore poiché "estremamente rispettosa della pietà verso Dio". In seguito alla sconfitta di Massenzio da parte di Costantino I, si scontrò nel 313 con Licinio, ma, sconfitto da quest'ultimo nella battaglia di Tzirallum, si ritirò a Tarso dandosi la morte strangolandosi con le sue stesse mani. Uomo ambizioso e ostile ai cristiani, è descritto da Lattanzio come un creatore di scandali e autore di condanne ingiuste. Anche Eusebio di Cesarea ne traccia una pessima descrizione, ma gli studi più recenti tendono a considerare queste opinioni come propaganda diretta a colpire un nemico di Costantino e a ritenere che Massimino non sia stato un sovrano incapace.
Costanzo Cloro scelse come cesare d'occidente Flavio Valerio Severo, più raramente noto come Severo II. Valerio Severo nacque nelle province illiriche da una famiglia di umili origini. Era stato comandante dell'esercito, con un contingente ai suoi ordini ed era amico di Galerio; per sua intercessione fu coinvolto nella seconda tetrarchia. 
Moneta del 305-307 con Flavio
 Valerio Severo, da: https:
Nella seconda tetrarchia l'impero fu così diviso fra:
- Galerio, augusto d'oriente,
- Massimino Daia, cesare d'oriente,
- Costanzo Cloro, augusto d'occidente,
- Flavio Valerio Severo, cesare d'occidente.
Poco tempo dopo, lo stesso Costanzo Cloro rinunciò a parte dei suoi territori (Italia e Africa) a vantaggio dello stesso Galerio, il quale si trovò a dover gestire due cesari: Massimino Daia a cui aveva affidato l'Oriente e Flavio Valerio Severo, a cui rimase l'Italia e forse l'Africa, mentre tenne per se stesso l'Illirico. 

Dal 306 - La Guerra civile romana degli anni 306-324 vide lo scatenarsi di un lungo conflitto durato quasi un ventennio tra numerose fazioni di pretendenti al trono imperiale (tra augusti, cesari ed usurpatori) in diverse parti dell'Impero, al termine del quale prevalse su tutti Costantino I, che riuscì a riunire il potere imperiale nelle mani di un solo monarca dopo il periodo della Tetrarchia. Flavio Valerio Aurelio Costantino, conosciuto anche come Costantino il Grande e Costantino I (Naissus, l'odierna Niš, in Serbia, 27 febbraio 274 - Nicomedia, 22 maggio 337), fu imperatore romano dal 306. Era figlio di Costanzo Cloro (imperatore romano nel 305-306) e della sua compagna Elena, moglie o forse concubina, che i cattolici venerano come sant'Elena Imperatrice, forse nata a Drepanum, in Bitinia, nel golfo di Nicomedia (nell'attuale Turchia); suo figlio Costantino rinominò infatti la città in Helenopolis, "città di Elena", in suo onore. Non è noto quando Elena incontrò il suo futuro compagno, Costanzo Cloro. Lo storico Timothy Barnes ha suggerito che l'incontro ebbe luogo quando Costanzo, all'epoca al servizio dell'imperatore Aureliano, era stazionato in Asia minore per la campagna contro il Regno di Palmira.
La testa della colossale
 statua di Costantino,
nei musei Capitolini
di Roma. L'arte sta mutando
da classica a medievale.
Costantino aveva una statura imponente, in grado di terrorizzare i suoi coetanei, ed era detto “Trachala” per il suo largo collo. Nel 288 suo padre Costanzo era stato nominato Prefetto del pretorio (cioè comandante militare) delle Gallie da Massimiano, ed ebbe notevoli successi in questo ruolo, tanto da riuscire a sconfiggere Carausio, un usurpatore di origine franca che aveva conquistato il controllo della regione del Reno. Grazie a questi successi nel 293, in base al sistema della Tetrarchia voluta da Diocleziano, Costanzo Cloro viene nominato cesare dall'augusto di Occidente, Massimiano, di cui sposò la figliastra Teodora. Costantino, che aveva 19 anni, venne affidato all'Augusto d'Oriente, il quarantanovenne Diocleziano, che si assicurava così la fedeltà di Costanzo. Costantino fu formato a Nicomedia, presso la corte dell'imperatore, sotto il quale iniziò la carriera militare: prima fu tribuno, viaggiò in Palestina e partecipò alla guerra romano/danubiana contro i Sàrmati. Fu ancora con Diocleziano in Egitto nel 296 e quindi combatté sotto Galerio, il cesare d'Oriente, contro i Persiani e i Sàrmati. Quando nel 305 Costanzo Cloro divenne augusto dell'occidente, Costantino raggiunse il padre in Britannia (alcune fonti vogliono che quella di Costantino sia stata una vera e propria fuga da Nicomedia, dove Galerio avrebbe voluto trattenerlo per garantirsi la fedeltà di Costanzo Cloro) e condusse con lui alcune campagne militari nell'isola. Il 25 luglio 306, Costanzo Cloro moriva a Eboracum, nei pressi dell'attuale York; le fonti sulle cause della morte di Costanzo sono piuttosto discordi, dall'uccisione in battaglia, morte in seguito alle ferite a misteriosa malattia. L'esercito, guidato dal generale germanico Croco (di origine alamanna), proclamava il figlio illegittimo di Costanzo Cloro, Costantino, nuovo augusto di Gallia e Britannia. Fu un atto d'usurpazione nei confronti di Severo, cesare d'Occidente destinato a diventare augusto, che metteva a repentaglio il meccanismo della tetrarchia ideato da Diocleziano proprio per porre termine all'uso ormai consolidato degli eserciti di proclamare di propria iniziativa gli imperatori. Nel frattempo, a Roma, Massenzio fu proclamato augusto al posto del successore designato, Severo, nei territori precedentemente governati dal padre Massimiano, ossia l'Italia e l'Africa. Galerio intervenne, offrendo a Costantino di riconoscerlo non come augusto ma come cesare e Costantino accettò, fece ritorno a Augusta Treverorum nell'autunno di quello stesso anno, da dove le frontiere della Gallia, che erano tornate ad essere minacciate dalle popolazioni germaniche dei Franchi, sarebbero state meglio controllate. Qui rimase a difendere questo importante tratto di limes per i sei anni successivi, trasferendovi la propria corte imperiale e trasformandola nella propria capitale (di 80.000 abitanti), come risulta anche dall'imponente costruzione dell'Aula palatina, fatta erigere dal padre e completata da Costantino nel 310. Per cui lo schema della terza tetrarchia sarebbe stata: Galerio augusto e Massimino Daia cesare in Oriente, Flavio Valerio Severo augusto e Costantino cesare in Occidente. Severo divenne augusto d'occidente nell'estate del 306 ma il suo potere era limitato dall'usurpazione di Massenzio, figlio di Massimiano, che governava Roma e nominalmente l'Italia e l'Africa. Poi, ritenendo insicuro regnare da solo, poiché era un usurpatore, inviò al padre Massimiano delle vesti imperiali e lo salutò come "Augusto per la seconda volta", offrendogli un governo teoricamente alla pari ma in realtà un ruolo con meno poteri e di rango inferiore.

Nel 307 - Galerio, rifiutandosi di riconoscere Massenzio come augusto, inviò a Roma Severo (che si trovava a Mediolanum, capitale dell'augusto d'occidente) con un esercito, allo scopo di deporlo. Poiché, però, gran parte dei soldati di Severo avevano servito sotto Massimiano, dopo aver accettato denaro da Massenzio, disertarono in massa. Severo fuggì a Ravenna, dove fu assediato da Massimiano (che era corso in soccorso del figlio, Massenzio). La città era molto ben fortificata, cosicché Massimiano offrì delle condizioni per la resa che Severo accettò: fu preso da Massimiano e ucciso. Secondo Zosimo invece, Severo fu catturato in un'imboscata da Massenzio in località tre taverne (tra Spoleto e Terni) e fu impiccato.
Massenzio
Nell'autunno di quell'anno Galerio guidò un secondo esercito contro Massenzio, ma anche questa volta non riuscì a conquistare Roma, e tornò a nord con il proprio esercito praticamente intatto, anche perché si era accorto che i soldati non gli erano fedeli. E mentre Massenzio era occupato a rafforzare le difese di Roma, Massimiano si recò in Gallia per negoziare con Costantino: i due giunsero ad un accordo in base al quale Costantino avrebbe sposato la figlia minore di Massimiano, Fausta, e sarebbe stato elevato al rango di augusto nel dominio secessionista di Massenzio; in cambio Costantino avrebbe confermato l'antica alleanza famigliare tra Massimiano e Costanzo, oltre a sostenere la causa di Massenzio in Italia, ma tenne come punto fermo la sua neutralità nella guerra contro Galerio. L'accordo fu stretto con una doppia cerimonia, tenutasi a Augusta Treverorum nell'estate avanzata del 307, durante la quale Costantino sposò Fausta e fu proclamato augusto (del dominio secessionista di Massenzio) da Massimiano. Massimiano tornò a Roma nell'inverno 307-308, poiché non era riuscito a persuadere Costantino ad inseguire Galerio che si ritirava dall'Italia, pur avendo creato i presupposti per mettere malessere tra il nuovo genero (Costantino) ed il figlio Massenzio, con cui poco dopo entrò egli stesso in contrasto. Massenzio continuò a tenere l'Italia e l'Africa sotto il suo dominio, facendo leva sul malcontento del popolo di Roma e della Guardia pretoriana, che vedevano declinare la propria importanza a vantaggio delle capitali delle province (Treviri capitale della Gallia Belgica, Milano, Nicomedia, Antiochia, terza città dell'impero dopo Roma e Alessandria), anche grazie al possesso della provincia africana che gli consentì inizialmente di assicurare a Roma il vettovagliamento di grano e olio. Per qualche tempo Massenzio cercò di destreggiarsi tra le minacce rappresentate dagli eredi di Diocleziano, richiamando al potere suo padre Massimiano, cercando l'alleanza con Costantino (il cui potere al momento era ancora precario quanto il suo) anche attraverso il matrimonio con la propria sorella Fausta nel 307.

Nel 308 - In primavera, Massimiano sfidò l'autorità del figlio, sforzandosi di alienare a Massenzio le simpatie dei soldati per impadronirsi egli stesso del potere. Davanti ad una assemblea di soldati romani, Massimiano parlò del debole governo, di cui accusò Massenzio, e strappò le vesti imperiali del figlio. Si attendeva che i soldati lo acclamassero, ma questi si schierarono con Massenzio, e Massimiano fu obbligato a lasciare l'Italia. Il 21 aprile 308, nonostante la contrarietà di Galerio, Massenzio si proclamò Augusto legittimo. Sempre nel corso di quell'anno ebbe luogo una secessione africana guidata da Lucio Domizio Alessandro, l'allora viceprefetto del pretorio, che un paio d'anni dopo si alleerà esplicitamente con Costantino). Il peggioramento dei rapporti con Massimiano (che passerà anch'egli dalla parte di Costantino) e la morte del figlio Valerio Romolo nel 309 che privava il suo disegno imperiale di ogni possibilità di continuità dinastica, rappresentano nella vicenda di Massenzio l'inizio della fine. Il ripristino della grandezza di Roma e dei suoi dèi fu al centro del progetto imperiale di Massenzio. Ciò è evidente anche nel programma iconografico della sua monetazione, coniata nelle officine di Roma e di Ostia, ispirato alle grandi leggende di fondazione della Città: la lupa che allatta Romolo e Remo, Marte rappresentato sia come dio guerriero che come padre dei gemelli fondatori. Nella stessa direzione andava il vasto programma edilizio dell'imperatore, che per la brevità del suo regno fu realizzato solo in parte, del quale può essere considerata emblema la grandiosa basilica. Oltre all'avvio della basilica, Massenzio volle la ricostruzione del vicino Tempio di Venere e Roma dell'epoca adrianea, l'ampliamento del Clivus Sacrae Viae, dove innalzò da una parte l'heroon di suo figlio Romolo e la Basilica Nova, e dall'altra la Porticus margaritaria, il restauro e l'innalzamento delle mura di Aureliano, che dotò anche di un fossato. Provvide inoltre a restaurare la via Appia fino a Brindisi e diversi acquedotti. Nella sua tenuta sulla Via Appia edificò una grande villa suburbana, dotata anche di un circo e di un mausoleo. Accanto alla villa fu costruito il mausoleo del figlio defunto. Altra maestosa testimonianza del suo prestigio è nella celebre Villa di Piazza Armerina (Enna), a lui ascritta. Visto che l'anno precedente era morto Severo, l'augusto d'occidente, l'11 novembre 308 si tenne a Carnuntum, sull'alto Danubio, un incontro a cui parteciparono Galerio, che lo organizzò, Massimiano e Diocleziano, richiamato da Galerio.
Sul posto è stata rinvenuta un'iscrizione relativa all'evento:
Moneta del 309 con
Costantinoe il Sol invictus.
« Al dio Sole invitto Mitra, sostenitore del loro impero, gli Augusti ed i Cesari, Iovii ed Herculii, devotissimi, restaurarono il suo santuario »
In questa occasione venne riorganizzata una quarta tetrarchia di cui Galerio rimaneva l'augusto d'Oriente, Massimiano fu obbligato ad abdicare da tutte le sue cariche, mentre Costantino fu nuovamente degradato a cesare d'Occidente, pur ottenendo il titolo di filius Augustorum, insieme a Massimino Daiacesare d'Oriente, mentre Licinio, un leale commilitone di Galerio, fu nominato augusto d'Occidente.
Testa della colossale statua
di Licinio a Roma, musei
Capitolini.
Valerio Liciniano Licinio, talvolta detto Giovio Licinio (265 circa - Tessalonica, 325), è stato imperatore romano dal 308 al 324. Nel 307 era stato inviato come ambasciatore di Galerio, assieme a Pompeo Probo, presso Massenzio, per deporlo, ma l'ambasciata non sortì effetti. Oltre al titolo, Licinio ricevette anche il comando delle province dell'Illirico, Tracia e Pannonia. Al di fuori del quadro della quarta tetrarchia si trovavano Massenzio, che deteneva effettivamente il potere su parte dell'Occidente, e suo padre Massimiano, che sperava di riottenere il potere che aveva perduto.

Nel 309 - Agli inizi di quell'anno, Massimiano tornò alla corte di Costantino in Gallia, l'unica dove fosse ancora ben accetto, ottenendo incarichi militari. Contemporaneamente la morte del figlio di Massenzio, Valerio Romolo, privava Massenzio stesso del suo disegno imperiale e di ogni possibilità di continuità dinastica.

Nel 310 - Massimiano, durante operazioni militari in Gallia, si ribella all'autorità di Costantino, mentre quest'ultimo era impegnato in una campagna contro i Franchi. Massimiano era stato inviato verso sud, ad Arelate (l'attuale Arles in Francia), con parte dell'esercito e il compito di difendere la Gallia meridionale dagli attacchi di Massenzio. Giunto in città, Massimiano annunciò la morte di Costantino e assunse la porpora imperiale ma gran parte dell'esercito rimase leale a Costantino e Massimiano fu obbligato a fuggire. Costantino, che all'annuncio del tradimento (piano rivelato dalla moglie Fausta, figlia dello stesso Massimiano) aveva abbandonato la sua campagna contro i Franchi e si era rapidamente recato in Gallia meridionale, raggiunse il fuggitivo a Massilia (Marsiglia, Francia), città adatta a sostenere un lungo assedio.
Solidus aureo di Costantino
 battuto a gr. 4,54.  
La sorte volle che alcuni cittadini aprirono le porte della città a Costantino, permettendogli di catturare Massimiano e costringendolo al suicidio.
Nella parte occidentale dell'impero, quella di sua competenza, Costantino riforma radicalmente l'economia introducendo il solidus in oro (da cui l'italiano soldo), dopo anni di grande inflazione e svalutazione della moneta, che ormai era coniata con metalli non nobili.

Nel 311 - Galerio cade vittima di una lunga e dolorosa malattia; il suo ultimo atto politico fu l'editto di tolleranza del 30 aprile 311, col quale mise fine alla persecuzione dei cristiani, iniziata con Diocleziano imperatore. Estremo difensore della tetrarchia, la sua morte nel maggio del 311 ne segnò la fine. Alla morte di Galerio, Massimino Daia si impadronì dell'Oriente, lasciando a Licinio l'Illirico. Ora l'impero romano era diviso in quattro parti (Massimino Daia e Licinio in Oriente, Costantino e Massenzio in Occidente) formando la quinta tetrarchia solo di fatto, senza intese comuni. In realtà poco  dopo MassiminoCostantino  Licinio si coalizzarono per eliminare il primo dei quattro augusti: Massenzio. Contemporaneamente Massenzio inviava una spedizione militare in Africa, guidata dal prefetto del pretorio, Rufio Volusiano, con lo scopo di porre fine al potere di Lucio Domizio Alessandro. Quest'ultimo dopo essere stato sconfitto ad un primo assalto, fu catturato e strangolato. Massenzio era riuscito così ad ampliare le sue conquiste, che celebrò con un trionfo. Possedeva ora Italia ed Africa.

- Nello stesso anno inizia lo scisma  Donatista, destinato a durare più di un secolo (Milziade scomunicherà Donato due anni dopo), che darà motivo all'Imperatore Costantino di indire  il primo Concilio di ampio respiro in Occidente (quello di Arles).

Nel 312 - Costantino, riunito un grande esercito formato anche da barbari catturati in guerra, oltre a Germani e a popolazioni celtiche e provenienti dalla Britannia, mosse alla volta dell'Italia attraverso le Alpi, forte di 90.000 fanti e 8.000 cavalieri (25.000 complessivi invece per E.Horst), determinato a spodestare Massenzio, che si era proclamato augusto. Lungo la strada, Costantino, lasciò intatte tutte le città che gli aprirono le porte (come Mediolanum) e al contrario assediò tutte quelle che non si arresero in un primo momento, ma evitò ove possibile di distruggerle per raccoglierne il loro consenso una volta vinte, come avvenne a Susa e a Torino. Al contrario Massenzio assediò e distrusse le città che si opposero alla sua avanzata. Dopo aver sconfitto due volte consecutive le armate di Massenzio, prima presso Torino e poi presso Brescia, Costantino pose sotto assedio Verona, dove riuscì a sottomettere la città ed a battere le forze di Massenzio, comandate dal prefetto del Pretorio, Ruricio Pompeiano, che nello scontro perse la vita. Occupata l'intera Italia settentrionale (compresa l'importante città di Aquileia) e non trovando altra resistenza lungo le via Flaminia che portava a Roma, si scontrò con l'esercito di Massenzio poco a nord della Città eterna, prima presso i Saxa Rubra, poi nella decisiva battaglia di Ponte Milvio, il 28 ottobre del 312. Qui Massenzio, pur potendo contare secondo Zosimo su 170.000 fanti e 18.000 cavalieri (tra i quali vi erano 80.000 tra Romani, Italici, Tirreni e 40.000 Africani, oltre ai Siculi, invece di ripararsi dietro le mura che aveva ricostruito, uscì in battaglia incontro al suo avversario, e ne fu sconfitto ed ucciso, gettato nel Tevere dopo essere stato decapitato. Con la morte di Massenzio, tutta l'Italia passò così sotto il controllo di Costantino, mentre la guardia pretoriana ed i castra praetoria di Roma furono soppressi. Durante questa campagna sarebbe avvenuta la celebre e leggendaria apparizione della croce sovrastata dalla scritta “In hoc signo vinces” che avrebbe avvicinato Costantino al cristianesimo. Secondo Eusebio di Cesarea questa apparizione avrebbe avuto luogo nei pressi di Torino.
Raffigurazione di Chi-Rho.
In hoc signo vinces” è una frase latina dal significato letterale: "con questo segno vincerai", traduzione del greco Ἐν Τούτῳ Νίκα (letteralmente: "con questo vinci"). La comparsa in cielo di questa scritta accanto a una croce sarebbe uno dei segni prodigiosi che avrebbero preceduto, secondo alcuni, la battaglia di Ponte Milvio. A partire dal Rinascimento, l'episodio compare ampiamente nell'iconografia cristiana. L'episodio, avvenuto nei pressi di Torino, è raccontato soltanto nella “Vita di Costantino” in un'opera del vescovo Eusebio di Cesarea, stretto collaboratore di Costantino dal 325. Egli stesso mostra un certo scetticismo, dichiarando di credervi solo perché l'imperatore stesso glielo aveva riferito sotto giuramento. Secondo il racconto di Eusebio, scritto subito dopo la morte dell'imperatore, Costantino I si orientò verso il monoteismo (senza distinguere se si trattasse del culto del Sol invictus o del cristianesimo) quando ancora si accingeva a venire a Roma per combattere contro Massenzio. Rivoltosi in preghiera alla divinità, poco dopo mezzogiorno fu testimone, lui e il suo esercito, di un evento celeste prodigioso, l'apparizione appunto di un incrocio di luci sopra il sole e della scritta “Εν Τουτῳ Νικα”. Nella notte successiva, gli sarebbe apparso Cristo, ordinandogli di adottare come proprio vessillo il segno che aveva visto in cielo. Nei giorni successivi Costantino avrebbe chiamato dei sacerdoti cristiani per essere istruito sulla loro religione, il cui contenuto non gli era ancora noto. Costantino inoltre avrebbe fatto precedere le proprie truppe dal labaro imperiale con il simbolo cristiano del Chi-rho, detto anche monogramma di Cristo, formato dalle lettere XP (che sono le prime due lettere greche della parola “ΧΡΙΣΤΟΣ” cioè "Christos") sovrapposte, e sotto queste insegne i soldati sconfissero l'avversario. Poiché Eusebio non specifica il luogo in cui sarebbe avvenuto il fenomeno miracoloso, sono sorte varie leggende che lo hanno collocato in diverse parti d'Italia, da dove Costantino sarebbe passato. Una di queste, che affermava che la croce sarebbe apparsa a Costantino alla vigilia della battaglia di Torino, stagliandosi al disopra del Monte Musinè, ha fatto sì che nel 1901, sulla cima del monte stesso venisse eretta una gigantesca croce sulla quale vi è una piastra con la seguente scritta: IN HOC SIGNO VINCES - A PERPETUO RICORDO DELLA VITTORIA DEL CRISTIANESIMO CONTRO IL PAGANESIMO RIPORTATA IN VIRTÙ DELLA CROCE NELLA VALLE SOTTOSTANTE IN PRINCIPIO DEL SECOLO IV SUA MAESTÀ IL RE VITTORIO EMANUELE III MARCH. MEDICI SEN. DEL REGNO CONT. CARLO E CONT. GIULIA CAYS DI CASELETTE. La vittoria di Costantino su Massenzio era già stata raccontata da Eusebio in un'altra sua opera, la “Storia Ecclesiastica”. La narrazione fu scritta poco dopo i fatti (anche se l'opera fu completata con un altro libro nel decennio successivo), quando Eusebio non aveva ancora conosciuto Costantino. In questa opera manca qualunque evento prodigioso. Eusebio paragona la brutta fine di Massenzio, annegato nel crollo del ponte Milvio, da lui stesso costruito, alla fine del faraone affogato durante l'Esodo del popolo ebraico dall'Egitto e attribuisce la vittoria di Costantino alla protezione divina. La vicenda è trattata anche dallo scrittore cristiano Lattanzio, precettore dei figli di Costantino, nel “De mortibus persecutorum”, opera anch'essa scritta poco dopo i fatti. Egli non menziona alcuna visione prodigiosa, ma riferisce che la notte prima della battaglia, Costantino avrebbe ricevuto in sogno l'ordine di mettere sullo scudo dei propri soldati un segnale celeste divino (coeleste signum dei), senza specificare chi avesse dato quell'ordine né quale simbolo gli fosse stato ordinato di utilizzare.
Staurogramma
Il segno concretamente utilizzato da Costantino è descritto da Lattanzio in modo poco chiaro: potrebbe trattarsi non di un Chi-rho, ma di uno staurogramma, un simbolo comunque anch'esso interpretabile come cristiano. Lo staurogramma è un monogramma ottenuto sovrapponendo due lettere greche maiuscole, tau (T) e rho (P). Dato che il rho è scritto con un carattere più alto del tau, il simbolo risultante è una croce latina, in cui il braccio verticale superiore è dotato anche dell'occhiello del rho. I primi staurogrammi compaiono in manoscritti dell'anno 200 come abbreviazioni delle quattro lettere "taur" inserite nella parola greca stauros, che indica la croce a cui fu appeso Gesù, o in voci del corrispondente verbo stauroo (crocifiggere). Vi è anche un'interpretazione pagana degli eventi. Costantino avrebbe avuto un sogno o una visione mentre visitava il tempio di Apollo-Grannus a Grand, una località sulla via da Treviri a Lione. Costantino avrebbe visto tre "X" o tre corone d'alloro, promessa di un trentennio di vittorie: “Vidisti enim, credo, Constantine, Apollinem tuum comitante Victoria coronas tibi laureas afferentem quae tricenum singulae ferunt omen annorum”. Si osservi che Apollo era proprio il dio, a cui Ottaviano aveva attribuito il merito della vittoria di Azio. Il panegirico sarebbe stato letto a Treviri nel 310 e descriverebbe una visione che, però, sarebbe da collocarsi verso il 309 o prima, in modo che l'emissione di monete costantiniane dedicate al sole invitto, iniziata appunto in quell'anno, possa esserne interpretata come una conferma. La precisione temporale della previsione (il regno di Costantino, mai sconfitto in battaglia, durò esattamente poco più di trent'anni) induce a sospettare che si tratti di una profezia ex post, da collocarsi quindi in contemporaneità alla Vita di Costantino. La presenza di eventi prodigiosi e la discordanza fra le diverse versioni degli eventi ha portato a conclusioni contrapposte. Alcuni hanno cercato di conciliare Eusebio e Lattanzio, dando origine alla versione tradizionale, più rappresentata nell'iconografia, che colloca la visione celeste nel giorno precedente la battaglia. Altri hanno ipotizzato che la Vita di Costantino non sia opera di Eusebio o comunque sia stata interpolata dalla tradizione ecclesiastica. Altri ancora hanno polemizzato se la profezia cristiana sia stata ricalcata su quella pagana o viceversa.
Con Vega come riferimento, dall'alto
in basso le costellazioni Cigno,
Aquila, Capricorno e Saggitario,
Nel 1948, Fritz Heiland, dello Zeiss Planetarium di Jena, (il planetario Zeiss di Jena, in Turingia, Germania, è il più antico planetario a funzionamento continuo del mondo, inaugurato il 18 luglio 1926. I pianeti e le stelle fisse sono proiettati sulla superficie interna di una cupola bianca) ha pubblicato una interpretazione della visione di Costantino, secondo lui la visione di una congiunzione planetaria. Nell'autunno del 312, tre pianeti luminosi, Marte, Saturno e Giove erano allineati fra il Capricorno e il Sagittario. La congiunzione astrale poteva essere interpretata dalle truppe come un presagio sinistro e Costantino si sarebbe inventato la leggenda cristiana per trasformare questo pericolo in un segno celeste di vittoria. Lo spettacolo celeste, a cui avrebbe assistito Costantino col suo esercito, può essere ricostruito col computer. All'ora del tramonto (alba e tramonto erano i momenti più significativi secondo gli astrologi Romani, così come per i Celti) sarebbe comparsa maestosa allo zenit la croce del Cigno. Proprio sotto di essa si trovava la costellazione dell'Aquila (simbolo di Roma e del suo esercito). Ancora più in basso, fra le costellazioni del Capricorno, la zona più a sud del cielo boreale e quella del Sagittario, si trovavano allineati i principali pianeti: VenereGioveSaturno e Marte, le principali divinità pagane. Poco dopo il tramonto del Sole ( il Sol invictus era un'altra divinità), anche i pianeti tramontarono. Uno scenario, quindi, unico e molto simbolico, che forse potrebbe essere stato interpretato associando in qualche modo ai pianeti una lettera (i pianeti sono quattro, come le lettere della parola greca nikà, “vinci”).

Nel 313 - In febbraio Licinio si recò a Mediolanum, per incontrare Costantino, divenuto l'unico imperatore della parte occidentale dopo aver sconfitto Massenzio: i due strinsero un'alleanza, rafforzata dal matrimonio di Licinio con la sorella di Costantino, Flavia Giulia Costanza (da cui ebbe nel 315 il figlio Valerio Liciniano Licinio), e promulgarono insieme l'Editto di Milano, che garantì ampia libertà di culto alle diverse religioni dell'Impero. L'Editto viene difatti a rappresentare nella Chiesa un confine epocale tra l'era della semplicità e della spiritualità evangelica del periodo delle catacombe e quella della graduale acquisizione, almeno da parte della gerarchia, di interessi terreni, materiali e politicia scapito della  funzione spirituale. Costantino è Imperatore e Pontifex Maximus (titolo a cui non rinunciò mai e di cui in seguito si approprieranno i papi). Lo Stato  pone termine alle persecuzioni ma  nello stesso tempo tenta di controllare (e spesso vi riesce) la gerarchia sia della Chiesa che delle religioni pagane. Dal 313 il vescovo di Alessandria usa per sé stesso il termine "Papa". Tale titolo, che i vescovi di Roma cominceranno ad usare intorno al 400, sarà per lungo tempo adottato da diversi vescovi e anche da semplici presbiteri. Dopo l'editto di Milano del 313 la diffusione del simbolo della croce si espande ed assume l'aspetto della "crux commissa" (T), o della "croce latina" (†) detta anche "crux immissa", o della croce greca a bracci uguali (+). L'alleanza tra Licinio e Costantino escludeva chiaramente il terzo imperatore, Massimino Daia, che si fece proclamare unico imperatore dalle truppe e mosse dalla Siria verso occidente con un esercito di 70.000 armati, conquistando Bisanzio dopo soli 11 giorni: Licinio lo affrontò e lo sconfisse nella battaglia di Tzirallum il 30 aprile di quell'anno. Massimino Daia, dopo aver provocato una nuova rivolta contro Licinio presso Tarso, qui morì, prevenendo la propria rovina. Restavano ora solo due augustiCostantino per l'Occidente Licinio per l'Oriente. Divenuto unico signore della parte orientale dell'impero, Licinio si rese colpevole della purga che colpì le famiglie dei tetrarchi: per suo ordine vennero uccisi Candidiano, figlio di Galerio, Severiano, figlio di Flavio Severo, e il figlio e la figlia di Massimino, di otto e sette anni. Dichiaratosi cristiano per mossa politica sin dal periodo della sua rivalità con Massimino Daia, cominciò progressivamente ad inimicarsi i seguaci di quella religione, adottando politiche insensatamente ostili a questi, ritenendo, probabilmente non in maniera del tutto infondata, che costoro appoggiassero il suo rivale Costantino. Avviò pertanto una serie di attività persecutorie nei confronti dei cristiani, che lo abbandonarono nella fase decisiva del suo conflitto contro Costantino. A partire dall'Editto di Milano, la Diocesi di Roma diventa proprietaria di immobili e terreni, frutto delle donazioni dei fedeli. Il patrimonio terriero del vescovo di Roma era denominato Patrimonium Sancti Petri, poiché le donazioni erano devolute a quella che era stata ja diocesi di san Pietro, l'apostolo fondatore della Chiesa romana. Già nel VI secolo il patrimonio petrino assumeva un'estensione di rilievo.


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