Rappresentazione della Storia. |
Cartina degli spostamenti e migrazioni
degli Indoeuropei
nel 3.500/2.500 a.C. di Dbachmann
(discussione contributi)
- Opera propria, CC BY-SA 3.0, QUI.
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- Seconda migrazione dalle steppe/caucaso (Cultura di Majkop) nei Balcani e in Europa centro-orientale ("Seconda ondata Kurgan" 3500 - 3000 a.C.) e conseguente diffusione della cultura di Baden e Coţofeni e della cultura delle anfore globulari che ricalca in parte l'area geografica occupata dalla precedente cultura del bicchiere imbutiforme (pre-indoeuropea).
- La cultura dell'ascia da combattimento (o della ceramica cordata) è considerata come la culla dei popoli germanici, celtici, baltici e slavi. Per i sostenitori dell'ipotesi kurgan lo sviluppo iniziale di questo vasto complesso archeologico (derivante dalla cultura delle anfore globulari e da influssi della cultura di Jamna) è da attribuire agli immigrati indoeuropei giunti dalle steppe. A partire dal nucleo originario, localizzabile nell'Europa centro-orientale, si estenderà fino a raggiungere la Scandinavia e la Russia centrale e nord-orientale (cultura di Fatyanovo-Balanovo).
- Gli Ittiti emigrano in Anatolia dai Balcani (Cultura di Ezero) o dal Caucaso (Cultura di Majkop). In Siberia meridionale, presso i monti Altaj, si sviluppa la cultura di Afanasevo, imparentata con quella di Jamna e associata ai Tocari o proto-Tocari.
Nel 3.450 a.C. - Secondo Zecharia Sitchin, il primato a Sumer passa a Nannar/Sin. Marduk proclama Babilonia "Porta degli Dèi". Episodio della Torre di Babele. Gli Anunnaki confondono le lingue dell'uomo. Fallito il suo "golpe", Marduk/Ra torna in Egitto, depone Thoth e cattura il suo fratello minore Dumuzi, che si era fidanzato con Inanna. Dumuzi viene accidentalmente ucciso; Marduk viene imprigionato vivo nella Grande Piramide. Liberato poi attraverso un condotto di emergenza, va in esilio.
Dal 3.250 a.C. - Inizia la migrazione dall'India di quelli che noi chiamiamo Fenici e che erano gli stessi che abitavano sulle coste orientali dell’italia meridionale, che allora si chiamavano Yoni perchè portavano un bastone biforcuto per simbolizzare i genitali femminili (erano portatori di una cultura matriarcale).
La Y degli Ioni.
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Carta con le migrazioni indoeuropee dal
3.500 a.C.
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Nal 3.100 a.C. - La cultura di Jamna si estende
dall'Ucraina ai Balcani ("Terza ondata Kurgan" 3100
- 2900 a.C.). Le tombe a tumulo si propagano in tutta la penisola
balcanica sino alla Grecia settentrionale, cambiamento culturale
associato alla penetrazione degli Elleni (2300 - 2200 a.C.). È
probabile che anche le altre lingue paleobalcaniche (oltre il greco),
almeno in parte, siano da far risalire a questa terza ondata. Il kurgan è il tumulo funerario
usato dagli Sciti per inumare i feretri della propria aristocrazia.
Non solo monumento funebre ma, al tempo stesso, espressione del
potere e della ricchezza raggiunti, simbolo distintivo in una società
guerriera fortemente stratificata.
- Nel 3.100 a.C. secondo Zecharia Sitchin, dopo 350 anni di caos, il primo faraone egizio si installa a Menfi. La civiltà arriva nella Seconda Regione, la valle del Nilo.
Dal 3.000 a.C. - Prende avvio la seconda fase di costruzione di megaliti in numerose aree europee.
I Dolmen e i Menhir sono tra i più antichi monumenti esistenti, databili al neolitico. Nessuno sa con certezza quale fosse la loro funzione ma ciò che li rende misteriosi è il fatto che, sebbene i più famosi dolmen e menhir del mondo si trovino in Irlanda, a Stonehenge in Inghilterra e nella bretone Carnac in Francia, sono sparsi per tutta l’Europa, specialmente nella parte occidentale.
Dal 3.000 a.C. - Prende avvio la seconda fase di costruzione di megaliti in numerose aree europee.
Siti di rilievo per la presenza di
costruzioni megalitiche databili
dal 4800 a.C. al 1200 a.C..
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Menhir nei pressi di
Carmo dei Brocchi ad
Andagna, in provincia
di Imperia.
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Dolmen a Roccavignale, in
provincia di Savona.
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Menhir di Carnac.
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Alcuni menhir (come a Carnac, in Bretagna, Francia) sono enormi. I menhir e i dolmen, nell’Europa occidentale, sono generalmente datati dal III° al II° millennio a.C., e sono perlopiù grandi pietre sbozzate e allungate con forme armoniose (accatastate nel caso del dolmen). Altri megaliti sono antropomorfi o zoomorfi. In tutti e tre i casi è arte applicata al monumento a fini di culto, ma i menhir antropomorfi sono molto più antichi rispetto agli altri e alcuni sono paleolitici, cioè hanno oltre 12.000 anni; questa è l’opinione degli archeologi che seguono il metodo megalitico antropomorfico. I menhir antropomorfi e la sculture rupestri antropomorfe rappresentano soggetti di culto in cui si identificavano coloro che li produssero e nelle zone dove c’erano le rupi, si scolpivano le rupi, dove non c’erano, si doveva faticare di più, dovendo estrarre ed innalzare i massi dal terreno oppure trasportarli nei luoghi di culto da lontano, ma con lo stesso risultato. Al Paleolitico superiore (da circa 20.000 a 12.000 anni fa) sono attribuiti molti grandi menhir antropomorfi di Carnac. Nel Paleolitico superiore in Europa troviamo civiltà molto diverse da zona a zona, ma le due più importanti sono quella degli scultori della pietra con soggetti di culto antropomorfi (con forma umana) che non conoscevano la pittura, e quella dei pittori con soggetti zoomorfi (a forma di animali), che dipingevano nelle grotte (Francia, Spagna, ecc.) e che non scolpivano la pietra. Per interpretare il significato della scultura antropomorfa paleolitica è necessario fare parallelismi storici ed etnografici con civiltà che hanno avuto o adottano ancora la scultura antropomorfa. E’ stato stabilito di recente che in questa fase era ancora presente Homo sapiens neanderthalensis, il quale conviveva con Homo sapiens sapiens, a cui era accomunato culturalmente, anche per la produzione di sculture antropomorfe, e quindi con simili pratiche spirituali e religiose. Nella scultura rupestre e nei menhir del Paleolitico le raffigurazioni di Neanderthaliani sono frequenti (e precedenti), mentre quelle di Homo sapiens sapiens sono rare. Le sculture antropomorfe, nella quasi totalità, sono semifrontali o laterali.
- Nel 3.000 a.C. l'Europa occidentale è abitata da una civiltà proto-Ligure che parla una lingua di cui il basco è una reliquia, secondo Adolf Schulten. Questa civiltà, autoctona e non indoeuropea, con vocazione megalitica, potrebbe essere derivata da gruppi del genere Cro-Magnon. Sono i Greci che ci danno una prima descrizione di chi aveva abitato l'Europa prima dei loro stanziamenti: la fonte più antica è rappresentata da una discussa versione di un frammento di Esiodo (fine VIII inizi VII secolo a.C.), riportato da Strabone, che cita i Liguri insieme agli Etiopi e agli Sciti come i più antichi abitanti dell’Europa.
Vie di penetrazione e di traffici in
Europa da parte della civiltà
megalitica proto-ligure, da
"Atlante storico" di Hermann
Kinder e Werner Hilgemann, 1964.
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Ricostruzione del Lago Ligur,
Ligustinus per i romani, alla
foce dell'antico Tartesso, il
Guadalquivir.
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Cassiterite, minerale contenente
stagno.
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Carta con i 7 fiumi importanti per la
storia
dei popoli Liguri, dal Guadalquivir
all'Arno.
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Carta con l'enclave dell'impero
tartessico ed i suoi confini
in verde. Sono segnate anche le colonie
greche e
cartaginesi sorte durante il primo
millennio a.C.
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- La civiltà pre-tartessica sarebbe stata costituita dal substrato culturale di diversi popoli: principalmente liguri, ma anche iberici e coloni orientali arrivati da Creta intorno al 3.000 a.C. I Liguri di gestirono i commerci in ambito mediterraneo e atlantico fino al 1.200 a.C., quando i di Tirseni, o Tirreni, da cui derivarono gli Etruschi occuparono la Tartesso Ligustica (nel delta acquitrinoso del Tartesso, il Guadalquivir, navigabile fin dopo l'attuale Cordova, in territori ricchi di metalli fino alla Sierra Morena) e i fenici, dopo aver edificato Gadir, l'attuale Cadiz, dopo 200 anni monopolizzarono il Mar Mediterraneo occidentale, difendendo con spaventosi racconti e dove non bastavano, con la violenza, la conoscenza geografica e l'ubicazione dei metalli delle terre oltre le colonne d'Ercole.
Per il post "Liguri: storia e cultura" clicca QUI,
per il post "Antichi Liguri: i Miti e le Fonti storiche" clicca QUI,
per il post "Antichi Liguri: le Datazioni e le Fonti storiche" clicca QUI,
per il post "Antichi Liguri: dai Primordi ai Megaliti" clicca QUI,
per il post "Il Lago Ligure nella mitica Tartesso" clicca QUI,
per il post "Tartesso: prima i Liguri, poi Fenici e Greci" clicca QUI,
per il post "Ercole e altri miti a Tartesso" clicca QUI,
per il post "Tartesso: l'Economia" clicca QUI,
per il post "Antichi Liguri: Alleanza e fusione con i Celti" clicca QUI.
Cartina dell'isola di Creta con
foto dei vari siti e città.
Clicca sull'immagine per ingrandirla.
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- L'Europa centro-orientale, ormai completamente indoeuropeizzata linguisticamente e culturalmente, diventa una seconda Urheimat (= casa originaria), il secondo centro dal quale si irradieranno tutte quelle culture protostoriche che favoriranno l'indoeuropeizzazione dell'Europa occidentale e meridionale. La divisione centum-satem è così completata.
Mappa diacronica che mostra gli areali
centum (blu) e satem
(rosso), la cui probabile area di
origine è in rosso scuro, da:
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- La divisione centum-satem (bisogna specificare, per il lettore italiano abituato alla pronuncia scolastica del Latino, che Centum va inteso nell'antica pronuncia dura della C, come K, altrimenti la derivazione dal termine indoeuropeo *ḱṃtóm non si comprende), è un'isoglossa (una linea che delimita la zona di un territorio che condivide un tratto linguistico comune) delle famiglia delle lingue indoeuropee, legata all'evoluzione delle tre consonanti dorsali ricostruite per il proto-indoeuropeo: *[kʷ] (labiovelare), *[k] (velare), e *[ḱ] (palatoalveolare). I due termini provengono dalle parole adottate per esprimere il numero "cento" (dall'indoeuropeo *ḱṃtóm) in due lingue rappresentative dei due gruppi (in latino centum e in avestico satəm). Le lingue centum sono caratterizzate da articolazioni velari, mentre nelle lingue satem ad articolazioni velari corrispondono articolazioni anteriorizzate (affricate palatali) o nettamente anteriori (sibilanti). Quanto a geografia, la divisione si presenta grosso modo verticale, con le lingue centum prevalentemente ad ovest (lingue germaniche, celtiche, latino e lingue romanze, greco, venetico e macedone antico) e le lingue satem specificatamente ad est, tra Europa orientale ed Asia, da cui derivarono i linguaggi *arya indoari del Rigveda e iranici dell'Avestā. Il tocario combina tutte le occlusive dorsali in una singola serie di velari e anche se la cronologia del cambiamento è sconosciuta, manca delle sibilanti tipiche delle lingue satem, perciò viene considerata centum. Le lingue satem includono le lingue indoarie, le lingue iraniche, le lingue baltiche, le lingue slave, l'albanese, l'armeno e altre poche lingue ormai estinte o assorbite, come il tracio ed il daco. Questo gruppo ha unito le velari e le labiovelari indoeuropee in un unico gruppo di velari e ha cambiato le palatoalveolari in sibilanti. Anche se si considera l'albanese una lingua satem, le velari e le labiovelari non si sono fuse in albanese e inoltre le palatovelari diventano sempre velari davanti alle sonanti (caratteristica centum). A lungo si è creduto che questa partizione rispecchiasse uno stato di fatto già indoeuropeo, ossia che già l'indoeuropeo in fase unitaria si presentasse diviso in un ramo occidentale di tipo centum e un ramo orientale di tipo satem. Teoria smontata in seguito alla scoperta, agli inizi del Novecento, di due lingue fino ad allora sconosciute, convenzionalmente battezzate tocario A e tocario B, nel nord-ovest della Cina, che si sono rivelate lingue centum. Ciò suggerisce che le lingue indoeuropee fossero in origine tutte centum e che solo successivamente le varie lingue indoeuropee centro-orientali abbiano anteriorizzato le occlusive velari divenendo quindi satem. Il proto-anatolico apparentemente non ha subito nessuno dei due cambiamenti. La serie delle velari rimane separata in luvio, mentre l'ittita può aver subito in un secondo tempo un cambiamento di tipo centum, ma l'esatta fonetica non è chiara.
- Originatasi verosimilmente nella penisola Iberica (Gimbutas la faceva derivare invece dalla balcanica cultura di Vučedol), la cultura del vaso campaniforme, giunta nell'area dei Paesi Bassi e del Reno si fonde con la cultura dell'ascia da combattimento assorbendo tratti indoeuropei, forse proto-celtici. Durante il III e il II millennio a.C. il popolo del vaso campaniforme ricolonizza, in un movimento detto di riflusso, una vasta porzione dell'Europa occidentale tra cui le isole britanniche, la penisola iberica, l'Italia centro-settentrionale e le due isole maggiori, Sardegna e Sicilia. Si tratta probabilmente della seconda apparizione di popolazioni indoeuropee in territorio italiano; infatti una prima possibile avanguardia indoeuropea in Italia è stata più volte associata alle culture eneolitiche di Remedello, del Rinaldone e del Gaudo. In particolare le statue stele erette dai Remedelliani presenterebbero segni distintivi riconducibili all'"ideologia indoeuropea" ; questa supposizione si basa sul fatto che vi sono alcune similitudini con le steli antropomorfe ritrovate in Ucraina appartenenti alla cultura indoeuropea di Jamna.
- Dal III millennio a.C. si avranno nel Mar Mediterraneo orientale due aree culturali corrispondenti a due diverse civiltà: la Civiltà Minoica nell'isola di Creta e la Civiltà Cicladica nelle isole Cicladi.
Carta con le isole Cicladi e l'isola di
Creta con le sue
proto-città. Micene è indicata ma nel
3000 a.C. non
esiste ancora. Clicca sull'immagine per
ingrandirla.
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Le isole Cicladi nel dettaglio,
con i loro nomi.
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- I Germani furono il risultato dell'indoeuropeizzazione, nella prima metà del III millennio a.C., della Scandinavia meridionale e dello Jutland da parte di genti provenienti dall'Europa centrale, già indoeuropeizzata nel corso del IV millennio a.C.
Carta dei primi insediamenti dei
Germani in: Scandinavia meridionale,
penisola Jutland e nord Germania.
Clicca sull'immagine per ingrandirla.
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Ceramiche a cordicella
degli antichi Germani.
Clicca sull'immagine
per ingrandirla.
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La fusione, più o meno pacifica, di questi elementi pre-indoeuropei con i gruppi indoeuropei provenienti da sud determinò la cristallizzazione dei Germani, che adottarono la lingua indoeuropea dei nuovi venuti. A partire soprattutto dal III secolo, numerose tribù germaniche migrarono in molteplici ondate verso ogni direzione, toccando gran parte del continente europeo e arrivando fino in Nordafrica e in Nordamerica. Dal III millennio, i Germani furono a lungo in contatto, linguisticamente e culturalmente, con i Celti e quei popoli che diventeranno Italici (sia Osco-umbri come Umbri, Volsci, Sanniti, Marsi e Sabini, sia proto-Latini che proto-Veneti) a sud e con i Balti a est. I rapporti con gli Italici, certificati dalla linguistica storica, si interruppero alla fine del II millennio a.C., quando questi popoli avviarono la loro migrazione verso sud e sarebbero ripresi soltanto a partire dal I secolo a.C., quando con Gaio Giulio Cesare l'espansione di Roma sarebbe arrivata fino al Reno.
- I Balti o popoli Baltici (anche baltici, in lettone: balti, in lituano: baltai, in latgolico: bolti), definiti come coloro che parlano una delle lingue baltiche, sono un ramo dei popoli di origine indoeuropea, discendenti di un gruppo di tribù indoeuropee che si stabilirono nell'area tra il basso corso della Vistola e la Daugava ed il Dnepr, sulle coste sud-orientali del mar Baltico. Secondo alcune vecchie teorie, l'area di formazione dei balti si trovava, fino alla fine del secondo millennio a.C. vicino all'alto e medio corso del Dnepr, nell'odierna Ucraina, dove si riteneva che si fosse stabilita un'ipotetica proto-comunità balto-slava, cioè un popolo comune che in seguito si fosse scisso e avesse dato origine agli odierni balti e slavi. La grande quantità di laghi e paludi in quest'area isolò i balti, e il risultato di questo isolamento è l'alto tasso di arcaicismi e di caratteristiche conservative nelle lingue baltiche. Tra i popoli baltici si annoverano i lituani, i lettoni ed i latgolici, tutti balti orientali, così come le culture baltiche occidentali dei prussiani antichi, gli jotvingi ed i galindi, al giorno d'oggi completamente estinti. Il termine balti fu creato dal linguista tedesco Georg Nesselmann nel 1845, per descrivere i gruppi etnici simili fra loro che vivevano vicino al mar Baltico. La culla preistorica dei popoli baltici, secondo le ricerche paleogenetiche e gli studi archeologici, fu la zona tra il mar Baltico e l'Europa centrale tra la fine dell'ultima era glaciale e l'inizio del mesolitico. Si diffusero nell'area dal Baltico fino al fiume Volga ad est.
- La culla dei popoli Slavi fu, molto probabilmente, la regione tra Cracovia ed il Danubio, vicina alle zone di origine dei balti. Gli slavi si espansero nella pianura ucraina del Dnepr nel VI secolo DC, dopo l'invasione degli avari, conquistando ed assimilando la maggior parte degli slavi orientali. Secondo alcune vecchie teorie, l'area di formazione dei balti si trovava, fino alla fine del secondo millennio a.C. vicino all'alto e medio corso del Dnepr, nell'odierna Ucraina, dove si riteneva che si fosse stabilita un'ipotetica proto-comunità balto-slava, cioè un popolo comune che in seguito si fosse scisso e avesse dato origine agli odierni balti e slavi.
- La ricerca moderna, si è trovata in sostanziale accordo con quanto sostenuto già dalla storiografia latina: i Veneti condividono con i Latini una comune origine protostorica, anche se non attraverso quel comune legame con l'Antica Grecia (e con Troia in particolare) postulato dai Romani mediante il mito di Antenore. L'insieme indoeuropeo veneto-latino si era formato come gruppo a sé in un'area dell'Europa centrale, probabilmente ubicato entro i confini dell'odierna Germania e parte di un vasto continuum indoeuropeo esteso nell'Europa centro-orientale fin dagli inizi del III millennio a.C. Da qui mosse verso sud nel corso del II millennio a.C., probabilmente intorno al XV secolo a.C.; mentre una parte di queste genti proseguì fino all'odierno Lazio (i Latini), il gruppo che avrebbe dato origine ai Veneti si insediò a nord del Golfo di Venezia e lì si attestò definitivamente. Sempre di origine indoeuropea sono altri popoli che diventeranno poi Italici, gli Osco-umbri come Umbri, Volsci, Sanniti, Marsi e Sabini,
Cnosso, a Creta. Resti del
palazzo di Minosse.
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Creta - Resti del palazzo di Minosse a
Cnosso, con parziale ricostruzione.
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Valle Lagorara
(Maissana - SP)
Il fronte di estrazione;
le caratteristiche fratture
concoidi prodotte dai colpi
inferti con percussioni
come in primo piano.
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Valle Lagorara
(Maissana - SP)
L'affioramento
di diaspro.
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Dal 2.600 a.C. - Al periodo compreso fra 2.600 e 2.300 a.C. appartengono le cave di diaspro rosso in Valle Lagorara presso Maissana, in Liguria, nel territorio di La Spezia. Dal diaspro gli antichi Liguri ottenevano schegge che, opportunamente lavorate, diventavano taglienti punte di freccia.
Dal 2.500 a.C. - A Creta prospera la Civiltà Minoica, con grande diffusione nelle isole e coste dell'Egeo, in Grecia continentale, Peloponneso, e nel Mar Mediterraneo orientale.
Questa civiltà prende il nome dal mitico re cretese Minosse. Si è appurato che "minosse" non fosse un nome proprio, ma l'antico nome cretese per re, così come "faraone" nell'antico Egitto.
Nel palazzo di Minosse a Cnosso, nell'isola di Creta, c'erano 1.300 camere disposte su quattro piani, collegate fra di loro da chilometri di corridoi.
Le protocittà della Civiltà Minoica sull'isola di Creta furono: Cnosso, Festo e Mallia, caratterizzate da grandiosi palazzi.
Creta arrivava certamente ad esercitare il proprio potere sul continente, e lo si può intuire leggendo fra le righe del mito greco.
La leggenda di Teseo che si oppone al tributo di giovani a Creta da parte di Atene e che sfida il Minotauro uccidendolo, indica un antico ruolo di sottomissione a Creta da parte di Atene.
Per quello che riguarda la raffigurazione delle corna di toro, nel periodo arcaico erano indubbiamente indice di divinità e quindi attributi degli dèi; la corona regale stessa supplisce alle corna.
- Nel III millennio a.C. è fondata Atene, probabilmente un piccolo centro miceneo concentrato solo sull'attuale collina dell'Acropoli. La città riuscì in qualche modo a sfuggire alle invasioni doriche e durante il cosiddetto medioevo ellenico inizierà a svilupparsi. Secondo il mito di fondazione, Atene fu fondata nel III millennio a.C. da due dei, Poseidone e Atena, i quali però successivamente iniziarono a litigare su chi di loro avrebbe dovuto dare il proprio nome e la propria protezione alla città. Le due divinità decisero di mettersi al giudizio degli ateniesi: Poseidone donò loro del sale e un toro e promise il suo appoggio in battaglia, Atena invece offrì un magnifico ulivo e promise agli abitanti il dono della saggezza, dell'intelligenza e della pace.
Gli ateniesi, dopo una lunga discussione, decisero di affidarsi proprio ad Atena, da cui derivò il nome. La dea della guerra nominò primo re l'egiziano Cecrope, che era mezzo uomo e mezzo serpente. Atene venne governata poi da dieci re (umani), tra cui Teseo e l'ultimo Codro che, avendo saputo dall'oracolo di Delfi che i Dori che stavano assediando Atene avrebbero perso solo se lo avessero ucciso, si intrufolò di nascosto fra di loro travestito ma questi, credendolo una spia, lo uccisero. Pare che ad Atene, in età "mitica", il comando fosse in mano al re, infatti Strabone, citando Filocoro, afferma che Cecropia era una delle dodici città fondate in Attica dal mitico re di Atene Cecrope. La sua ascesa, diversamente dalle altre polis, si concretizzò per "sinecismo", "abitare insieme", spontaneo processo di aggregazione di 12 villaggi fondati, secondo la leggenda, dal mitico re Cecrope e che in seguito Teseo aveva unito nella città di Atene. Cecropia fu proprio il nucleo iniziale di Atene. Si contano quattro re prima dell'eroe Teseo e altri sette fino alla calata dei Dori, poi altri sovrani. Atene si prodigò per la colonizzazione della Ionia non consentendo ad altre località di emergere, sfruttando così il porto del Falero e i contatti con le nuove colonie.
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perdita della sovranità italiana" clicca QUI
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Dal 2.500 a.C. - A Creta prospera la Civiltà Minoica, con grande diffusione nelle isole e coste dell'Egeo, in Grecia continentale, Peloponneso, e nel Mar Mediterraneo orientale.
Questa civiltà prende il nome dal mitico re cretese Minosse. Si è appurato che "minosse" non fosse un nome proprio, ma l'antico nome cretese per re, così come "faraone" nell'antico Egitto.
Cnosso, Rappresentazione delle labris,
ascie bipenne, da cui il nome
labirinto.
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Creta, interno del palazzo di
Minosse a Cnosso.
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Il nome labirinto, attribuito al palazzo stesso, significa "la casa della scure" e deriva da labris, la scure bipenne. La labris, un'ascia a due tagli, simboleggiava il potere assoluto del monarca ed era utilizzata per i riti sacrificali: era rappresentata un po' ovunque nel palazzo.
Creta, interno del palazzo di
Minosse a Cnosso.
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Creta, interno del palazzo di
Minosse a Cnosso.
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Creta arrivava certamente ad esercitare il proprio potere sul continente, e lo si può intuire leggendo fra le righe del mito greco.
Taurocatapsia o Danza del Toro,
affresco nel Grande
Palazzo di Cnosso, a Creta.
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Per quello che riguarda la raffigurazione delle corna di toro, nel periodo arcaico erano indubbiamente indice di divinità e quindi attributi degli dèi; la corona regale stessa supplisce alle corna.
- Nel III millennio a.C. è fondata Atene, probabilmente un piccolo centro miceneo concentrato solo sull'attuale collina dell'Acropoli. La città riuscì in qualche modo a sfuggire alle invasioni doriche e durante il cosiddetto medioevo ellenico inizierà a svilupparsi. Secondo il mito di fondazione, Atene fu fondata nel III millennio a.C. da due dei, Poseidone e Atena, i quali però successivamente iniziarono a litigare su chi di loro avrebbe dovuto dare il proprio nome e la propria protezione alla città. Le due divinità decisero di mettersi al giudizio degli ateniesi: Poseidone donò loro del sale e un toro e promise il suo appoggio in battaglia, Atena invece offrì un magnifico ulivo e promise agli abitanti il dono della saggezza, dell'intelligenza e della pace.
Atene e il porto
del Falero da:
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